56.  CREAZIONE DELL’UNIVERSO E DELLA TERRA ED INCARNAZIONE DEL VERBO

 

Fino ad oggi vi ho sintetizzato con parole mie le ‘lezioni’ di Azaria, scegliendo per ragioni di spazio e per esigenze di ‘comunicazione’ solo alcuni dei temi da Lui trattati.
Mi sono anche più volte scusato per la povertà del mio linguaggio, lontano dal modo di parlare e fraseggiare di Azaria, molto ‘ricco’ e poetico.
Oggi – mentre si avvicina la fine di questo libro – ho deciso però di ‘premiarvi’ facendovelo conoscere un poco meglio, trascrivendovi in forma integrale l’inizio della sua Lezione dedicata al tema importantissimo dell’Ubbidienza, dell’ubbidienza alla volontà di Dio.
Sono sicuro che molti di voi, sentendolo parlare ‘in diretta’, saranno presi dalla voglia e dalla curiosità di procurarsi e andarsi a leggere tutto il ‘Libro di Azaria’, per non parlare delle altre Opere di Maria Valtorta, a cominciare dalle sue visioni e descrizioni di vita evangelica di Gesù e degli Apostoli.
Il tema dell’ubbidienza trattato oggi da Azaria è importante - e lo capirete meglio in seguito - ma qui mi preme farvi conoscere una autentica gemma delle rivelazioni di Azaria che  spiega come si sono svolti i fatti della Creazione e della Incarnazione del Verbo in Gesù.
Quanti teologi si saranno chiesti come dovesse essere interpretata la Genesi biblica?
Quanti avranno pensato ad un mito oppure avranno visto in quel racconto sulla creazione e formazione della Terra la traccia di una visone cosmogonica tanto antica quanto poco ‘scientifica’?
Ebbene ora affronteremo – con Azaria prima e poi commentandola – questa tematica che è da considerare di capitale importanza.
Intanto, se nella lettura siete arrivati fin qui, vuol dire che – anche se spiegato e narrato dalla mia prosa limitata – gli insegnamenti di Azaria sono assolutamente… angelici.
Avrete dunque cominciato a dargli credito e non vi stupirà ora più molto ascoltare con reverenziale rispetto quanto Egli, parlando dell’Ubbidienza in rapporto all’Increato ed al Creato, si appresta a spiegarci (i ‘grassetti’ sono i miei): 1

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5 gennaio 1947
Ss. Nome di Gesù e Vigilia dell’Epifania

Dice Azaria:
« Le S. Messe di oggi: Domenica celebrativa del S. Nome di Gesù e Vigilia dell’Epifania, sono il poema dell’ubbidienza, di questa grande virtù che, dopo le tre virtù teologali2, andrebbe amata e seguita alla perfezione, e che all’opposto passa quasi inosservata, o osservata male o amata meno ancora. Eppure essa è uno dei cardini dell’Increato e del Creato, ed è indispensabile cardine per sorreggere l’edifizio della santità. Contempliamola insieme, anima mia, e vedrai che essa è, dovunque è, cosa buona.
Ubbidienza dell’Increato: Il Verbo ubbidisce al desiderio del Padre. Sempre. Non si rifiuta mai di essere Colui per la cui Parola i voleri del Padre si fanno. Del Verbo divino si sanno le perfette ubbidienze. Brillano, a voi mortali, dalle prime parole della Genesi:
“Dio disse: ‘Sia fatta la luce’3.
Ecco che subito il Verbo espresse il comando che il Padre aveva pensato, e la luce fu.
Fu la luce, e il Verbo prese presso gli uomini Carne dichiarandosi più volte ‘Luce’, e Luce è detto dalla bocca ispirata di Giovanni Apostolo: “In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di Lui nessuna delle cose create è stata fatta. In Lui era la Vita e la Vita era la Luce degli uomini. E la Luce splendé nelle tenebre, ma le tenebre non la compresero. Ci fu un uomo mandato da Dio. Il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone, per attestare la Luce, affinché tutti credessero per mezzo di Lui. Non era lui la Luce, ma venne per rendere testimonianza alla Luce. Era la vera Luce che illumina ogni uomo che viene in questo mondo”.
Questa pagina serafica del serafico che aveva conosciuto Dio, e non soltanto Dio-Uomo, Salvatore e Maestro, ma Dio, l’Inconoscibile, e ne aveva compreso la Natura, è veramente un canto, il canto della verità sulla Natura del Verbo e mette ali all’anima di chi lo sa ascoltare, ali per salire a contemplare il Verbo che si fece Uomo per dare la Vita e la Luce agli uomini.
Il Verbo ha voluto a sua caratteristica il nome di “Luce”. Ha quasi battezzato Sé stesso di questo nome che è stato detto da Lui nel primo suo atto di ubbidienza al Padre: “La Luce sia!”.
Il Verbo ha sempre ubbidito.
Il Padre gli disse: “Tu sarai Uomo perché Tu solo puoi istruire l’Umanità”.
Il Verbo disse: “Sarò Uomo. La tua Volontà sia fatta”.
Il Padre disse: “Tu morrai perché solo il tuo Sacrificio potrà redimere l’Umanità”.
Il Verbo disse: “Io morrò. La tua Volontà sia fatta”.
Il Padre disse: “E morrai sulla Croce perché per redimere il mondo non mi è sufficiente il sacrificio della tua vita fra i dolori della morte per  malattia”.
Il Verbo disse: “E morirò sulla Croce. La tua Volontà sia fatta.
Passarono i secoli, e il Verbo, venuta la sua ora, si incarnò nel Seno della Vergine e nacque come tutti i nati d’uomo; piccino, debole, incapace di parlare e camminare; e crebbe lentamente come tutti i figli degli uomini, ubbidendo anche in questo al Padre che lo voleva soggetto alle leggi comuni per preservarlo dalle insidie di Satana e degli uomini, guatanti  feroci in attesa del temuto Messia, e per prevenire le future obbiezioni dei negatori e degli eretici sulla vera Umanità del Figlio di Dio.
Crebbe in sapienza e grazia, ubbidendo. Si fece uomo e operaio, ubbidendo. A Dio Padre, e ai parenti. Giunto al 30° anno divenne il Maestro per istruire l’Umanità, ubbidendo. Passati tre anni e tre mesi, e giunta l’ora del morire, e di morte di Croce, ubbidì ripetendo: “La tua Volontà sia fatta”.
E ubbidire sinché l’ubbidienza è soltanto di pensiero è facile ancora. Dire: “Tu farai…’ E rispondere: “Io farò”, avendo davanti anni fra l’ordine e l’esecuzione del medesimo – nel caso di Cristo: secoli – è ancora facile. Ma ripetere: “Sia fatta la tua Volontà” quando la Vittima ha già davanti tutti gli strumenti della Passione ed è l’ora di abbracciarli per compiere la volontà di Dio, è molto più difficile. Tutto ripugna alla creatura umana: il dolore, le offese, la morte. Nel caso di Cristo, anche il peso dei peccati degli uomini che si accalcavano su Lui, Redentore prossimo alla Redenzione. Ma Gesù ubbidì dicendo: “Sia fatta la tua Volontà” e morì sulla Croce dopo aver tutto sofferto e consumato.
Questa l’ubbidienza dell’Increato.
Nel Creato.
Gli elementi che erano confusi nel caos, ubbidirono ordinandosi. Ricordati qui le parole della Genesi, per non dire che il portavoce sente malamente: “Dio creò il cielo e la terra, e la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso, e lo Spirito di Dio si librava sulle acque e Dio disse: “Sia fatta la Luce”.
Aria, acqua, fuoco, luce, erano dunque fatti, ma non erano separati ed ordinati.
Dio comandò loro di separarsi e ordinarsi, secondo la legge che Egli dava loro, ed essi ubbidirono, e ubbidiscono da migliaia di anni, facendo il giorno e la notte, i mari e le terre, e lavorando, il fuoco, nelle vene del globo, a preparare i minerali dei quali l’uomo necessita.
Ubbidienza nel Creato: Dio, dopo aver fatto il cielo, ossia gli strati dell’atmosfera, li sparse d’astri comandando loro di seguire una certa via immutabile, e gli astri ubbidirono. Dio, dopo aver fatto la Terra, ossia dopo aver reso compatta e ordinata la materia, prima sparsa e confusa di polvere e di acque, creò le piante e gli animali della Terra e delle acque, e comandò loro di fruttificare e moltiplicare, ed animali e piante ubbidirono.
Poi venne l’uomo, la creatura-re del creato e Dio diede all’uomo comando di ubbidienza.
E l’ubbidienza dell’uomo avrebbe mantenuto la Terra allo stato di un Paradiso terrestre nel quale morte, fame, guerre, sventure, malattie, fatiche, sarebbero state ignorate; un giocondo soggiorno di pace e amore nell’amicizia di Dio sarebbe stata la vita dell’uomo sino al suo passaggio alla Dimora celeste, nel modo che lo fu per Maria Ss., che non morì, ma si addormì nel Signore e si svegliò sul suo Seno, bella e glorificata col suo spirito perfetto e con le sue carni senza colpa.
E Satana non volle questa gioia dell’uomo, questa gioia di poco inferiore a quella degli angeli e con, a compenso della differenza fra gli angeli e gli uomini, la gioia dei figli avuti senza concupiscenza - che è sempre dolore - e senza dolore, frutto della concupiscenza. E l’uomo secondò il desiderio di Lucifero e disubbidì, portando a sé e ai suoi discendenti tutte le conseguenze della disubbidienza che non è mai buona e che crea sempre delle rovine.
Da allora, da quando lo spirito dell’uomo si è inquinato con la disubbidienza, caratteristica di Satana, soltanto gli amanti di Dio sanno ubbidire e, su questo cardine che è lo spirito di ubbidienza, santificarsi.
L’ubbidienza, che sembra inferiore alle tre teologali virtù, soltanto perché non è nominata neppure nelle quattro virtù cardinali4, è in realtà presente in tutte, inscindibile da tutte le virtù.
Essa è come il sostegno su cui esse si appoggiano per crescere in voi…’’» .

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Azaria continua poi la sua esposizione illustrando come la virtù dell’ubbidienza stia alla base delle virtù teologali e cardinali e come Maria Ss. e Giuseppe fossero stati sempre ubbidienti a quanto il Signore chiedeva loro attraverso ispirazioni e sogni: come quando Giuseppe venne avvisato in sogno di fuggire in Egitto, e poi ancora dall’Egitto di tornare in Palestina e infine di stablirsi in Galilea. Anche i Magi furono ubbidienti quando decisero – dopo aver adorato il neonato Messia – di prendere un’altra via per il ritorno senza passare da Erode.
Alla base dell’obbedienza – conclude Azaria – vi era infatti una illimitata fiducia in Dio per cui ‘Chi sa obbedire regnerà. Perché se la Carità è Dio, l’ubbidienza è segno di figliolanza da Dio’.

 

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Eccoci ora dunque al nostro commento.
A ben vedere questa lezione di Azaria è una miniera di informazioni, anzi di certezze.
Mi piacerebbe fra l’altro commentarvi proprio quella sua frase concernente Maria che non morì nel senso comunemente da noi inteso ma – distesa su un letto, in una delle sue numerose contemplazioni estatiche - si ‘addormì’ avendo vicino Giovanni apostolo che le leggeva i brani profetici dell’Antico Testamento che le parlavano del suo Gesù di cui Lei serbava una struggente nostalgia.
Una sorta di estasi, con lo spirito (cioè l’anima spirituale che è diversa da quella ‘animale’ che pur l’uomo possiede) che si era proteso verso le infinità celesti distaccandosi dal corpo inerte ma ancora vivo.
Nella splendida visione della Valtorta5 lei venne fisicamente ‘sollevata’ da uno stuolo di angeli (mentre Giovanni Apostolo che la vegliava notte e giorno si era addormentato seduto al suo fianco sfinito) e ‘trasportata’ in Cielo risvegliandosi nel ‘tragitto’ con il suo corpo glorificato, con Gesu che – affiancato da Giuseppe, attorniato dai Re e Patriarchi della sua stirpe, dai primi santi e martiri – attendeva a braccia aperte lei, la Corredentrice,  divenuta ‘Regina degli Angeli e dei Santi’. Ne ho già parlato a lungo in un altro mio libro6  al quale rimando.
Mi piacerebbe anche commentarvi la frase di Azaria concernente Satana, invidioso della gioia dell’uomo inferiore solo a quella degli Angeli ma compensata – cosa che gli Angeli, esseri solamente spirituali, mai avrebbero potuto avere – dalla gioia di poter avere dei figli, senza concupiscenza, cioè senza passione di ‘libidine’, risvegliata invece dal Peccato originale.
Anche di questo parlo in un altro mio libro.7
Parimenti non ha bisogno di commenti quel tacito dialogo fra Padre e Figlio, tacito perché Entrambi purissimi spiriti, in merito alla necessità della Incarnazione del Verbo ed alla successiva Crocifissione.
E’ un dialogo che va solo riletto e meditato nel silenzio.
Mi preme invece commentarvi qui quel racconto della Creazione, che molti, troppi, anche nelle stesse Gerarchie ecclesiastiche moderne, tendono a credere un mito, mentre la scienza si arrampica su pure ipotesi prive di qualsiasi prova a sostegno.
Nel testo della Genesi biblica8 – nella traduzione che ci è pervenuta - si dice che in principio Dio creò il cielo e la Terra che era deserta, vuota, ricoperta dalle tenebre mentre lo Spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse allora ‘Sia la luce’, e la luce fu e – dice il testo tradotto - nominò la luce ‘giorno’ e le tenebre ‘notte’.  Fine del primo ‘giorno’.
Poi - secondo giorno - fece apparire il firmamento che chiamò ‘cielo’.
Quindi al terzo giorno fece apparire la terraferma, separandola dalle acque marine. Allora fece germogliare sulla terraferma erbe ed alberi fruttiferi.
Nel quarto giorno creò il sole e la luna, il primo per illuminare la terra di giorno e la seconda per illuminarla di notte distinguendo la luce dalle tenebre.
Nel quinto giorno creò animali delle acque e volatili della terra.
Nel - sesto creò altri animali della terra e infine l’uomo.
Fine dei sei giorni e – con la creazione di Eva – inizio anche della vita dei Progenitori e del cosiddetto Riposo di Dio del settimo ‘giorno’.
Ho avuto occasione di affrontare a fondo l’argomento dei sei giorni della Creazione in un mio lavoro che mi è costato cinque anni di studio per prepararlo e due anni di impegno per fissare in tre libri le mie conclusioni9.
Qui mi limiterò a fare solo poche osservazioni.
Vi è una palese contraddizione nel testo della Genesi riferito al primo ed al quarto giorno, contraddizione che io attribuirei forse ad una traduzione imperfetta da parte degli ‘scribi’ che misero i testi per iscritto.
Dal primo giorno sembrerebbe che la creazione della luce sia quella connessa ad una contestuale creazione del sole, perché vi si dice che la luce venne separata dalle tenebre, per cui la ‘luce’ venne chiamata ‘giorno’ e le tenebre ‘notte’.
Ma della creazione del sole e della luna (i due ‘luminari’ che il testo dice furono creati per distinguere il giorno dalla notte) se ne parla invece molto chiaramente solo nel quarto giorno.
Ora Azaria dice che il primo atto di ubbidienza al Padre fu la creazione della luce quando sopra dice : ‘Il Verbo ha voluto a sua caratteristica il nome di “Luce”. Ha quasi battezzato Sé stesso di questo nome che è stato detto da Lui nel primo suo atto di ubbidienza al Padre: “La Luce sia!”.
Ma di quale luce si parla, allora, se la Genesi dice successivamente che solamente nella quarta fase creativa apparvero il giorno e la notte come conseguenza della creazione del sole e della luna?

Le rivelazioni valtortiane – specie se non facili da comprendere, come questa di Azaria - vanno interpretate, e ho già avuto occasione di dirlo in una precedente occasione, alla luce di altre sue rivelazioni concernenti lo stesso argomento. Che a parlare sia l’Angelo Azaria, oppure sia il Gesù Valtortiano o lo stesso Spirito Santo, la Parola divina è sempre la stessa, come sempre la stessa è la Luce che la pervade.
Ecco allora – sempre sul tema della creazione, che qui è trattato sinteticamente da Azaria solo al fine di illustrare l’importanza dell’ubbidienza – quanto ci dice invece più diffusamente lo Spirito Santo che – nelle ‘Lezioni sull’Epistola ai Romani’ - offre una più ampia spiegazione (i ‘grassetti’ sono sempre i miei) alla nostra mistica concernente la Creazione: 10

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2 febbraio 1948

Dice il Divinissimo Autore:
….

‘Lo Spirito di Dio si librava sulle acque’, è detto, ed è una delle prime parole della meravigliosa storia della Creazione. Già era Dio. Sempre Egli fu. E per suo Essere poté creare dal nulla il tutto; dal disordine l’ordine; dall’incompleto - più: dall’informe - il completo, il formato con legge di sapienza potentissima. Dal caos sorse l’universo. Dai vapori carichi di molecole confuse, dalla anarchia degli elementi, ‘creò il cielo e la terra’ e subito il suo Spirito ‘si librò sopra le acque’.
E mano a mano che le successive opere della creazione si compievano, ‘lo Spirito del Signore’ si librava su esse con le sue leggi e provvidenze. Successive opere e sempre più potenti. Dal caos che si separa e ordina per, dirò, famiglie – parti solide con parti solide per formare il globo del pianeta Terra, parti umide con parti umide per formare successivamente i mari, laghi, fiumi, ruscelli – alla luce, la prima delle cose non solo ordinate con elementi già esistenti nel caos, ma creata, con potere proprio, dal nulla.
Poiché la luce non era, ‘le tenebre coprivano la faccia dell’abisso’, ossia del caos nel quale confusamente si urtavano masse di vapori, carichi di umidità, di gas, di molecole.
E Dio creò la luce. La sua luce. Egli concesse al mondo, che sorgeva dal nulla per suo volere, l’attributo, uno degli attributi suoi: la luce.
Dio è Luce ed è il Padre della Luce e delle luci. E alla Terra, sua prima creatura, concede e dona la luce. Così come all’uomo, perfezione della creazione e ultima delle sue opere delle sei giornate divine dopo le quali Dio si riposò, concede l’attributo che lo fa a Lui somigliante: lo spirito libero, immortale, l’alito suo divino, infuso nella materia perché essa sia animata da Dio e abbia diritto al Cielo, alla dimora del Padre…

 

E, ancora, lo Spirito Santo – sempre parlando della Creazione - approfondisce alcuni giorni dopo l’argomento: 11

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12 febbraio 1948
Ai Romani Cap. 5° v. 1-5
Dice il Divinissimo Autore:
….
….

‘Ho detto che dal caos Dio creò l’Universo, ordinando le caotiche materie ed elementi in quella perfezione di mondi, stagioni, creature ed elementi che da milioni di secoli dura.
Ma pochi, osservando il Creato, sanno meditare come la Creazione sia simile ad una scala ascensionale, ad un canto che sempre più sale da nota a nota sino a toccare la nota perfetta e sublime. Come simile ad un generarsi di vite che dalla precedente escono sempre più complete e perfette, sino a raggiungere la completezza perfetta.
Guarda: prima dalle molecole solide, dai vapori e fuochi disordinati che erano la nebulosa primitiva, si formano la Terra e le acque, e nella Terra e nelle acque ancor mescolati ai futuri mari, laghi, sorgenti, fiumi, vengono chiusi o diluiti minerali. Mentre le molecole solide fanno crosta e forno agli interni fuochi e agli interni zolfi e metalli e fondo alle acque.
L’atmosfera si purifica alquanto, liberata come è in parte, da ciò che rendeva pesante la nebulosa originaria, il nulla caotico, e la terra, lanciata nella sua traiettoria, ancor nuda, sterile, muta, trascorre pei muti spazi con le creste calve delle sue montagne emergenti appena dalle cupe acque dei futuri bacini.
Poi fu la luce.
Non quella solare, non quella lunare, non quella stellare.
Il sole, la luna, le stelle, sono creature più giovani del globo terrestre.
Dopo la loro creazione il cielo, ossia l’elemento ‘aria’, fu mondo da ogni resto della nuvola primitiva, e gli astri e i pianeti splendettero dando col loro splendore elementi vitali al globo terrestre.
Ma la luce fu prima di essi.
Una luce propria, indipendente da ogni altra sorgente che non fosse il volere di Dio.
Una luce misteriosa, che solo gli angeli videro operare misteriose operazioni a favore del globo terrestre. Perché nessuna delle cose create da Dio è inutile, né nessuna è stata creata senza una ragione d’ordine perfetto.
Così, se prima fu la luce che non gli astri e pianeti, segno è che la Perfezione volle quest’ordine creativo per motivo utile e ragionevole.
Poi fu il sole, la luna, le stelle.
E l’elemento ‘aria’, privato dai gas deleteri e ricco di quelli utili alla vita, favorì il persistere delle nuove creature: i vegetali.
Quelle che ancora sono creature schiave nelle radici, ma che già hanno moto nelle fronde; quelle che create una volta, hanno già in se stesse elementi per riprodursi, cosa che non è concessa alla polvere della Terra, ai minerali, alle acque.
Queste tre cose possono mutare aspetto e natura, da legna sommersa diventar carbone, da fuochi zolfi, da carboni gemme, trasformarsi da acque in vapori e da questi in acque, o consumarsi, ma riprodursi non possono.
Il mondo vegetale sì. In esso è già la linfa, gli organi riproduttivi atti a fecondare e ad essere fecondati. Manca però ad essi la libertà del volere, anche istintivo. Ubbidiscono a leggi climatiche, stagionali, al volere degli elementi e dell’uomo. Non può la palma vivere e fruttificare nelle terre fredde, né il lichene polare decorare le rocce delle zone torride. Non può la pianta fiorire fuor della stagione della fioritura o sfuggire al ciclone, all’incendio, alla scure. Eppure la vita vegetale è già un prodigio di ascesa dal caos alla perfezione della Creazione.
Ascesa che aumenta con la vita animale, libera nei moti, negli istinti, nel volere dei suoi esseri. Vi è un ordine anche in essa. Ma l’animale gode già della libertà di scegliersi una tana e una compagna, di fuggire dall’insidia dell’uomo e degli elementi; ha anzi un istinto, più: un magnetismo suo proprio, che lo avverte dell’avvicinarsi di un cataclisma e lo guida nel cercare salvezza, così come ha una rudimentale capacità di pensare e decidere sul come nutrirsi, e difendersi, e offendere, sul come farsi amico l’uomo ed essergli amico.
Nell’animale, oltre che perfezioni creative della linfa vitale (il sangue) e gli organi riproduttori come sono nelle piante, sono anche le perfezioni creative della polvere, della pietra, dei minerali. Lo scheletro, il midollo, il sangue, gli organi, non vi insegnano forse gli scienziati che sono composti e contengono quelle sostanze chiamate minerali delle quali è, in fondo, composta la Terra che l’uomo abita  e che popolano gli animali?
Dunque negli animali è già rappresentato e perfezionato ciò che è nei regni inferiori: il minerale e il vegetale.
E la scala ascende. La nota si fa più alta e pura, più completa, più magnificante Iddio.
Ed ecco l’uomo. L’uomo nel quale ai tre regni precedenti - privo di linfa il primo, di moto il secondo, di ragione il terzo - è aggiunto il quarto regno: quello della creatura ragionevole dotata di parola, di intelligenza, di ragione.
Ragione che regola gli istinti. Intelligenza che apre il pensiero a comprensioni e visioni che sono molto, talora infinitamente, superiori a quelle che danno agli animali capacità di pensare ad un bene materiale.
Parola che lo fa capace di esprimere i suoi bisogni e affetti, capire quelli del suo simile e soprattutto lodare Dio suo Creatore e pregarlo o evangelizzarlo a chi lo ignora.
Nell’uomo sono il regno minerale, quello vegetale, quello animale, quello umano e, perfezione nella perfezione, quello spirituale.
Ecco la scala che dal disordine del caos sale all’ordine soprannaturale passando per quello naturale.
Ecco che alla creatura naturale in cui sono rappresentati e riuniti in sintesi tutti gli elementi e caratteri di ciò che forma le altre creazioni, riuniti e perfezionati; alla creatura - medita bene - fatta col fango, ossia con la polvere nella quale sono sminuzzati i sali minerali, e con l’elemento acqua, dotata di calore (elemento fuoco), di respiro (elemento aria), di vista naturale e intellettiva (elemento luce), di sangue e umori, di glandole e organi riproduttivi (linfa), di istinti e di pensiero, di moto, libertà e volere, Dio infonde il suo soffio, ossia il ‘soffio della Vita’.
L’anima: la parte immortale come tutto ciò che viene dato direttamente dall’Eterno, lo spirito che non muore, lo spirito libero da tutte le leggi di tempo, di malattie, di cataclismi metereologici, di insidie umane, lo spirito creato per riunirsi al suo Fonte, possederlo, goderlo eternamente, lo spirito che l’uomo soltanto, di sua propria volontà, può fare schiavo di un re crudele, ma che, per sua natura e volontà divina, non ha schiavitù alcuna, ma solo dolce figliolanza, sublime destino di eredità al Signore e al suo Regno.
Coloro che negano l’anima e la sua immortalità (immortalità perché creazione, infusione; ‘parte’ 12 di Dio eterno) e dicono che l’uomo ha l’intelletto, il genio, la libertà e volontà e capacità di rapire al Creato le sue forze e i suoi segreti solo perché è ‘l’uomo’, ossia la creatura che si è evoluta al grado perfetto, e non per l’anima, sono simili a cocciuti che pretendessero che una perfetta opera di artista (scultore o pittore) abbia vita e vista solo perché è stata modellata o dipinta con una realtà perfetta.
Anche l’animale ha vita e vista. Ha anche una rudimentale ragione.
Nell’animale da secoli addomesticato dall’uomo, questa rudimentale ragione si è ancor più sviluppata, raggiungendo più una ragione che un istinto, per comportarsi nei suoi rapporti con l’uomo, cosa che manca negli animali selvatici e selvaggi nei quali predomina solo l’istinto. Ma nessun animale, per addomesticato che sia, amato, istruito, può avere quella potenza di intelletto e di capacità multiformi che ha l’uomo.
É' l’anima quella che distingue l’uomo dall’animale, e lo fa dio sopra tutti gli esseri creati, dio-re che domina, soggioga, comprende, istruisce, provvede, e lo fa dio per sua origine e destino futuri.
É' l’anima quella che, illuminata dalla sua divina origine, sa, vuole, può, con forza già semidivina. Forza che Dio potentemente sorregge e aiuta quanto più l’anima si eleva nella giustizia e l’uomo si divinizza con una vita di giustizia.
E' l’anima che dà all’uomo il diritto di dire a Dio: ‘Padre mio’.
E' l’anima che fa dell’uomo un vivente Tempio dello Spirito di Dio.
É' l’anima che fa della creazione dell’uomo l’opera più perfetta del Creato.
E allora si potrebbe dire. ‘Ecco che con l’uomo, e uomo giusto, si è toccato l’ultimo gradino della scala ascensionale, la nota più alta di questo divino canto, la perfezione della perfezione creativa’.
No. Tutto ciò è creazione di un creato sensibile. É processione da processione. É unione della creazione naturale con una creazione soprannaturale. Ma non è ancora la Perfezione.
La Perfezione è Gesù. La Perfezione è il Cristo. L’Uomo-Dio.
La Perfezione è il Figlio di Dio e dell’Uomo, Colui che per la Divinità non ebbe che il Padre, Colui che per l’Umanità non ebbe che la Madre.
Colui che in veste di carne rinchiuse due Nature. Unite queste due nature, che l’infinita distanza - che è fra la perfezione anche dell’uomo più santo e quella di Dio -  tiene sempre separate.
Solo in Gesù è la natura divina e quella umana unite e non confuse e pur facenti un sol Cristo. In Lui, Figlio dell’uomo, è rappresentato tutto il creato sensibile così come in ogni uomo; è rappresentato tutto il creato soprasensibile: la natura spirituale; è infine rappresentato l’Increato, l’Eterno: Dio, Colui che, senza mai essere stato generato, è, Colui che, senza altra operazione che il suo amore, genera.
Il Cristo: Colui che divinizza la materia, la glorifica, restituisce all’Adamo la sua dignità; il Cristo: anello che ricongiunge ciò che si è spezzato, l’Agnello che riverginizza l’uomo nell’innocenza che è Grazia.
Per la sua natura divina può tutto; per la sua carità umano-divina può tutto; per la sua volontà può tutto, poiché dà tutto.
Chi sa contemplare il Cristo possiede la Sapienza. Perché Egli è la Perfezione non solo divina ma anche umana. Chi lo contempla con sapienza vede l’ammirabile persona del Figlio dell’Uomo nel quale è la pienezza della santità…’.

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Beh, … avrei voluto fare ancora un commento ma mi accorgo ora che non c’è niente da commentare: è tutto chiarissimo, specialmente per quelli che dicono che la Creazione dell’Universo e dell’uomo raccontata nella Genesi è un mito, a cominciare dagli ‘evoluzionisti’.  


1 M.V.: ‘Libro di Azaria’ – Cap. 47 – 5 gennaio 1947 – Centro Editoriale Valtortiano

2 Fede, Speranza e Carità

3 Genesi, 1, 1-5 // Gv 1, 1-9  // 3, 19-21 Mt 4, 12-17 // Ap 21, 22 // 22, 5

4 Prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.

5 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’, Vol. X, Cap. 651: ‘Sul transito, sull’assunzione e sulla regalità di Maria Ss.’- C.E.V.

6 G.L.: ‘La Donna più bella del mondo’ – Cap. 10 – Ed. Segno, 2004 – vedi anche sito internet dell’autore

7 G.L.: ‘La Genesi biblica fra scienza e fede’ (I sei giorni della Creazione) – Vol. III, Ed. Segno, 2006 – vedi anche sito internet dell’autore

8 Gn 1

9 G.L.: «LA GENESI BIBLICA FRA SCIENZA E FEDE – I sei giorni della Creazione - Dal Big bang al Peccato originale » – Vol. I, II. III – Ed. Segno, 2005 e 2006 – vedi anche sito internet dell’autore

10 M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola ai romani’ - pagg. 82/83 - Centro Ed. Valtortiano. Nota bene: è qui lo Spirito Santo che ammaestra la mistica nelle ‘Lezioni’. Si tratta di  un ciclo di ‘lezioni’ che sono di straordinaria intensità spirituale e cultura teologica perfettamente in linea con le verità di fede, oltre che di gradevole e facile lettura.

11 Maria Valtorta: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai romani’: pagg. 86/87 - Centro Ed. Valtortiano

12 Il termine ‘parte’ va inteso non come ‘parte della natura divina’ ma come ‘partecipazione’