18. LA RAGIONE DELL'INCARNAZIONE DEL DIO-VERBO 'IN UN UOMO':
ERA NECESSARIO INSEGNARE ALL'UOMO, CHE AVEVA PERDUTO LA GRAZIA
DOPO IL PECCATO ORIGINALE, COME FOSSE POSSIBILE - PUR FERITO  - PERCORRERE LA STRADA CHE LO RIPORTASSE AL CIELO

 

É la Domenica della Pasqua di Resurrezione.1
Azaria spiega alla mistica come poter conservare i doni carismatici che il Signore le ha dato.
Questa di Azaria è una 'direttiva' che vale per tutti i carismatici, ma in particolare per quelli votati a specialissima missione e, ancora più in particolare, alle 'anime' che volontariamente si fanno 'vittime' per assomigliare a Gesù nella sofferenza e nell'amore, affinché all'Amore redentivo di Gesù per salvare l'Umanità si aggiunga anche il loro.
Gesù - continua Azaria - non ha bisogno, in quanto Uomo-Dio, dell'aiuto delle anime-vittima per la salvezza del genere umano, ma accetta queste offerte per rendere queste persone compartecipi e far loro beneficare un giorno, in Cielo, della Gloria che deriverà loro dal fatto di essere state in certo qual modo 'corredentrici'.
Sono peraltro queste le anime che, viste divinamente da Gesù durante la Passione, contribuirono a dargli sollievo facendogli capire - mentre Satana lo invitava a rinunciare alla salvezza di una Umanità che per tutta risposta lo inchiodava - che già solo per queste sarebbe valsa la pena del Suo Sacrificio.
Azaria spiega dunque alla mistica l'importanza del 'non giudicare' mai il prossimo che la critica e le procura sofferenze.
Successe anche a Gesù di non essere compreso spingendolo a dire 'Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno'.2
E' infatti molto difficile poter comprendere coloro che vengono destinati da Dio a particolare consacrazione ed elezione. Infatti il 'Naturale' fatica a comprendere il 'Soprannaturale'.
Gli stessi 'Atti degli apostoli' accennano e parlano delle incomprensioni fra San Paolo e San Barnaba, e ancora fra San Paolo e San Pietro, anche se tutti questi erano dei 'sant'uomini' che solo dopo sono diventati santi. E ciò perché l'uomo - chiarisce Azaria - rimane sempre 'uomo' e solo in Cielo, dove tutto sarà compreso con perfetta intelligenza e l'amore sarà massimo, si comprenderà finalmente la ragione di tutto.
L'uomo – continua Azaria - è infatti menomato dal Peccato originale e, anche se il Battesimo risana dalla 'ferita', gli rimane pur sempre la 'cicatrice', e cioé i 'fomiti' delle 'passioni' che non sono sempre ben dominate anche dai migliori.
Era pertanto necessario insegnare all'uomo, che aveva perduto la Grazia dopo il Peccato originale, come fosse possibile - pur ferito - percorrere la strada che lo riportasse al Cielo.
Gesù avrebbe aperto - attraverso l'Incarnazione del Verbo - le porte chiuse del Paradiso, ma l'uomo avrebbe dovuto meritarselo combattendo contro i propri istinti degenerati.
Ecco dunque l'Incarnazione: un Dio che si incarna in un uomo per dire parole di Verità soprannaturale ed insegnare agli uomini la via migliore di salvezza.
Poteva il Verbo - potremmo domandarci noi - salvare gli uomini senza incarnarsi e senza assumere la realtà di un uomo ma magari solo la forma? Poteva, certo avrebbe potuto, ma – dice Azaria - come avrebbe fatto l'uomo a percorrere quella strada tanto difficile, misurandosi su di un esempio che non era quello di un 'uomo' ma di un Dio?
Solo l'umanità di Gesù avrebbe reso credibile il percorso che Egli suggeriva a tutti gli uomini, e quello delle anime vittima è un esempio della sua percorribilità.
Dio non vuole che tutti siano 'anime-vittima' ma affida ad ogni uomo - nel momento in cui crea la sua anima - una missione particolare: buon padre, buona madre, buon medico, buon sacerdote..., ma poi chiede a talune anime di voler accettare di essere faro.
Se le anime - una volta entrate nell'embrione e smemorate della visione di Dio che avevano intravisto nell'attimo infinitesimale della loro creazione - dimenticheranno la 'missione' affidata loro, esse sentiranno comunque in qualche modo dentro se stesse quella particolare 'chiamata' e saranno libere di assecondarla o meno.
Solo che cotanto dono è anche una prova e se colui o colei che ne beneficiano non si mostrano all'altezza della missione ricevuta, ma anzi la volgono al male cercando di mettere il dono al servizio di se stessi o del Nemico, allora il dono viene tolto ed essi ne pagheranno le conseguenze in proporzione al dono che hanno ricevuto ma che hanno calpestato nonostante la 'forza' che Dio aveva dato loro per portarlo a buon fine.
Dio chiede infatti all'uomo la 'buona volontà' perchè al resto pensa Lui.
Se il dono – continia Azaria - venisse dunque contraccambiato con menzogne, superbia e disubbidienza, la conseguenza può essere il Purgatorio se non lo stesso Inferno, e ciò perché - come nella parabola dei talenti - questa grande Grazia è stata sprecata.
Dio può tutto, e a maggior ragione fare di un 'nulla' uno 'strumento': chi vuole mettere limiti a Dio pecca di superbia!
Di fronte alle critiche ed incomprensioni, gli strumenti non dovranno rinnegare il dono ricevuto ma - volgendo gli occhi al Cielo - rispondere chiedendo aiuto allo Spirito Santo.
Gli strumenti (che Azaria chiama i 'segregati' al servizio di Dio) troppo spesso all'occhio umano sembrano 'stolti' se non addirittura indemoniati.
Chi ha il dono straordinario rimane sbigottito e timoroso di conoscere la morte spirituale.
E' un'ansia continua e ci vuole dunque tanta comprensione.
Ecco la loro croce, e per restarle fedeli è necessario abbandonarsi sul Cuore di Gesù.

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Possiamo dunque fare alcune riflessioni.
Perché è bene esercitarsi nel 'non giudicare'?
Perché delle persone e dei fatti noi abbiamo sempre e solo delle 'immagini' esterne e quindi spesso non veritiere. Inoltre la nostra limitatezza di vedute e le nostre prevenzioni mentali ci offuscano la capacità di retto giudizio.
Conseguentemente il nostro giudizio specie nei confronti di chi ci critica è sovente sbagliato per non dire ingiusto e - anche a causa del nostro orgoglio che in qualche caso può restare ferito - si traduce in una sorta di 'cattiveria' che è ben lungi dall'essere 'amore'.
Per contro il volerci noi stessi impedire il giudizio diventa un esercizio 'eroico', un atto di 'violenza' contro il nostro 'ego' perché va contro uno dei nostri istinti più forti e contro la nostra 'aggressività', e quindi spiritualmente diventa una 'prova' che, se superata, acquista molto valore agli occhi del Signore.
Il Dio-Verbo si è dunque incarnato in un uomo, sia pur perfetto perché esente dalle conseguenze del Peccato originale, per dimostrarci che un uomo poteva seguire la strada che Egli ci aveva indicato, come del resto fanno le anime-vittima.
Ovviamente Dio chiama solo pochi al ruolo di 'vittime' - che peraltro aiuta dando loro la forza di farlo - e non pretende che gli altri uomini siano in tutto e per tutto simili a Gesù, Uomo-Dio, ma che cerchino quantomeno di imitarlo seguendo i suoi insegnamenti per poter meritare la Salvezza eterna in quel Cielo da cui Egli è sceso ad aprirci le porte.


1 M.V. 'Libro di Azaria' - Cap. 9 - Domenica 21 aprile 1946 - Centro Editoriale Valtortiano

2 G.L.: 'Alla ricerca del Paradiso perduto' - Capp. 84, 85, 86 - Edizioni Segno, 2007 e sito internet dell'autore