8. L’ULTIMA CENA:
(1)
L’ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA, IL NUOVO PATTO NEL SANGUE

 

8.1 L’addio di Gesù alla Madre: «Mamma, sono venuto per prendere forza e conforto da te. Sono come un piccolo bambino, Mamma, che ha bisogno del cuore della madre per il suo dolore e del seno della madre per sua forza…’.

Dopo il discorso fatto nella giornata del Giovedi santo ai Gentili - in cui Gesù aveva detto loro che era arrivato il momento della sua ‘glorificazione’ perché era prossimo il momento della sua Crocifissione e quindi della Redenzione dell’Umanità per la cui salvezza Egli si era incarnato -  eccoci ora i giunti alla sera del Giovedì, quella dell’ultima Cena: la sera della consumazione dell’agnello mosaico in ricordo della liberazione del popolo ebraico dalla schiavitù nella terra d’Egitto.
Il momento è drammatico ed il dolore e la malinconia di Gesù sono grandi, non solo per sé, per la piena consapevolezza della prossima perdita degli amici nonchè di tutte le cose belle e care del mondo, ma per la Mamma, la ‘sua’ Mamma che Egli avrebbe lasciato presto nel dolore e soprattutto sola.
Nulla dicono i vangeli ‘ufficiali’ del rapporto e compartecipazione di dolore fra Gesù e sua Mamma, la Corredentrice, ma io ho dedicato un libro intero a Lei ed ai suoi rapporti con il figlio1 proprio in relazione a questa missione che entrambi hanno portato avanti insieme.
Gesù – quel Giovedi - sapeva che di lì a poco sarebbe stato fatto prigioniero, processato sommariamente e condannato a morte. Potete mai pensare che non abbia dato un addìo a sua Mamma, in tutta intimità?
Nulla ci dicono al riguardo i Vangeli ma ce lo dice invece in visione Maria Valtorta.2

 

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599. L'arrivo al Cenacolo e l'addio di Gesù alla Madre.3

17 febbraio 1944.
Vedo il cenacolo dove deve consumarsi la Pasqua. Lo vedo distintamente.
Potrei enumerare tutte le rugosità del muro e le crepe del pavimento.
E’ uno stanzone non perfettamente quadrato, ma anche poco rettangolare. Vi sarà la differenza di un metro o poco più, al massimo, fra il lato più lungo e quello più corto. E’ basso di soffitto. Forse appare tale anche per la sua grandezza, alla quale non corrisponde l'altezza. E’ lievemente a volta, ossia i due lati più corti non finiscono ad angolo retto col soffitto, ma con un angolo smusso…
In questi due lati più corti vi sono due larghe finestre, larghe e basse, prospicienti. Non vedo dove guardano, se su un cortile o su una via, perché ora hanno le impannate, che le chiudono, chiuse. Ho detto: impannate. Non so se sia giusto il termine. Sono delle imposte di tavoloni ben serrate in grazia di una sbarra di ferro che le traversa.
Il pavimento è a larghi mattoni di terracotta, che il tempo ha reso pallida, quadrati.
Dal centro del soffitto pende un lume ad olio a più becchi.
Nelle due pareti più lunghe, una è tutta senza aperture. Nell'altra, invece, vi è una porticina in un angolo, alla quale si accede per una scaletta senza ringhiera di sei scalini, terminanti in un ripiano di un metro quadro. Su questo vi è, contro la parete, un altro gradino, sul quale si apre la porta a filo del gradino. Non so se mi sono spiegata. Mi sforzo a fare il grafico…
Le pareti sono semplicemente imbiancate, senza fregi o righe.
Al centro della stanza, un tavolone rettangolare, molto lungo rispetto alla larghezza, messo parallelo alla parete più lunga, di legno semplicissimo.
Contro le pareti lunghe, quelli che saranno i sedili.
Alle pareti corte, sotto la finestra di un lato, una specie di cassapanca con su dei bacili e delle anfore, e sotto l'altra finestra una credenza bassa e lunga, sul cui piano per ora non c'è nulla.
E’ questa è la descrizione della stanza dove si consumerà la Pasqua.
E’ tutt'oggi che la vedo distintamente, tanto che ho potuto contare i gradini ed osservare tutti i particolari. Ora, poi, che viene la notte, il mio Gesù mi conduce al resto della contemplazione.
Vedo che lo stanzone conduce, per la scaletta dai sei gradini, in un andito scuro che a sinistra, rispetto a me, si apre sulla via con una porta larga, bassa e molto massiccia, rinforzata di borchie e strisce di ferro.
Di fronte alla porticina, che dal cenacolo conduce nell'andito, vi è un'altra porta che conduce ad un’altra stanza, meno vasta.
Direi che il cenacolo è stato ricavato da un dislivello del suolo rispetto al resto della casa e della via, è come un seminterrato, una mezza cantina ripulita od aggiustata, ma sempre infossata per un buon metro nel suolo, forse per farlo più alto e proporzionato alla sua vastità.
Nella stanza che vedo ora vi è Maria con altre donne. Riconosco Maddalena e Maria madre di Giacomo, Giuda e Simone.
Sembra che siano appena arrivate, condotte da Giovanni, perché si levano i manti e li posano piegati sugli sgabelli sparsi per la stanza, mentre salutano l'apostolo che se ne va e una donna e un uomo accorsi al loro arrivo, che ho l'impressione siano i padroni di casa e discepoli o simpatizzanti per il Nazareno, perché sono pieni di premure e di rispettosa confidenza per Maria. Questa è vestita di celeste cupo, un azzurro di indaco scurissimo. Ha sul capo il velo bianco, che appare quando si leva il manto che le copre anche il capo.
E’ molto sciupata in volto. Pare invecchiata. Molto triste, per quanto sorrida con dolcezza. Molto pallida. Anche i movimenti sono stanchi e incerti, come quelli di persona assorta in un suo pensiero.
Dalla porta socchiusa vedo che il proprietario va e viene nell'andito e nel cenacolo, che illumina completamente accendendo i restanti becchi della lumiera.
Poi va alla porta di strada e la apre, ed entra Gesù con gli apostoli.
Vedo che è sera, perché le ombre della notte scendono già nella via stretta fra case alte.
E’ con tutti gli apostoli. Saluta il proprietario col suo abituale saluto: «La pace sia a questa casa», e poi, mentre gli apostoli scendono nel cenacolo, Egli entra nella stanza dove è Maria.
Le pie donne salutano con profondo rispetto e se ne vanno, chiudendo la porta e lasciando liberi la Madre e il Figlio.
Gesù abbraccia sua Madre e la bacia in fronte. Maria bacia prima la mano al Figlio e poi la guancia destra. Gesù fa sedere Maria e si siede al suo fianco, su due sgabelli vicini. La fa sedere, accompagnandola ad essi per mano, e continua a tenere la mano anche quando Ella è seduta.
Anche Gesù è assorto, pensieroso, triste, per quanto si sforzi a sorridere.
Maria ne studia con ansia l'espressione. Povera Mamma, che per la grazia e per l'amore comprende che ora sia questa! Delle contrazioni di dolore scorrono sul viso di Maria, ed i suoi occhi, si dilatano ad un'interna visione di spasimo. Ma non fa scene. E’ maestosa come il Figlio.
Egli le parla. La saluta e si raccomanda alle sue preghiere.
«Mamma, sono venuto per prendere forza e conforto da te. Sono come un piccolo bambino, Mamma, che ha bisogno del cuore della madre per il suo dolore e del seno della madre per sua forza.
Sono tornato, in quest'ora, il tuo piccolo Gesù di un tempo. Non sono il Maestro, Mamma. Sono unicamente il Figlio tuo, come a Nazareth quando ero piccino, come a Nazareth prima di lasciare la vita privata.
Non ho che te. Gli uomini, in questo momento, non sono amici, e leali, del tuo Gesù. Non sono neppure coraggiosi nel bene. Solo i malvagi sanno essere costanti e forti nell'operare il male. Ma tu mi sei fedele e sei la mia forza, Mamma, in quest'ora. Sostienimi col tuo amore e col tuo orare. Non ci sei che tu che in quest'ora sai pregare, fra chi più o meno mi ama. Pregare e comprendere.
Gli altri sono in festa, assorbiti da pensieri di festa o da pensieri di delitto, mentre lo soffro di tante cose.
Molte cose moriranno dopo quest'ora. E fra queste la loro umanità, e sapranno essere degni di Me, tutti meno colui che s'è perduto e che nessuna forza vale a ricondurre almeno al pentimento.
Ma per ora sono ancora uomini tardi che non mi sentono morire, mentre essi giubilano credendo più che mai prossimo il mio trionfo.
Gli osanna di pochi giorni sono li hanno ubriacati.
Mamma, sono venuto per quest'ora e soprannaturalmente la vedo giungere con gioia. Ma il mio Io anche la teme, perché questo calice ha nome tradimento, rinnegamento, ferocia, bestemmia, abbandono. Sostienimi, Mamma. Come quando col tuo pregare hai attirato su te lo Spirito di Dio, dando per Esso al mondo l'Aspettato delle genti, attira ora sul Figlio tuo la forza che mi aiuti a compiere l'opera per cui venni.
Mamma, addio. Benedicimi, Mamma; anche per il Padre. E perdona a tutti. Perdoniamo insieme, da ora perdoniamo a chi ci tortura».
Gesù è scivolato, parlando, ai piedi della Madre, in ginocchio, e la guarda tenendola abbracciata alla vita.
Maria piange senza gemiti, col volto lievemente alzato per una interna preghiera a Dio. Le lacrime rotolano sulle guance pallide e cadono sul suo grembo e sul capo che Gesù le appoggia alla fine sul cuore.
Poi Maria mette la sua mano sul capo di Gesù come per benedirlo e poi si china, lo bacia fra i capelli, glieli carezza, gli carezza le spalle, le braccia, gli prende il volto fra le mani e lo volge verso di Lei, se lo serra al cuore. Lo bacia ancora fra le lacrime, sulla fronte, sulle guance, sugli occhi dolorosi, se lo ninna, quel povero capo stanco, come fosse un bambino, come l'ho vista ninnare nella Grotta il Neonato divino.
Ma non canta, ora. Dice solo: «Figlio! Figlio! Gesù! Gesù mio!».
Ma con una tal voce che mi strazia.
Poi Gesù si rialza. Si aggiusta il manto, resta in piedi di fronte alla Madre, che piange ancora, e a sua volta la benedice.
Poi si dirige alla porta. Prima di uscire le dice: «Mamma, verrò ancora prima di consumare la miaPasqua. Prega attendendomi». Ed esce.

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E’ una scena struggente, nella sua semplicità ed umanità, una scena per capire la quale bisogna mettersi nei panni di un padre o di una madre verso il proprio figlio di cui essi sanno che sta per morire  o di un figlio - che sapendo di dover presto morire – si rivolge alla propria madre che lo ha allattato, curato ed allevato.
E’ anche una scena di dolore profondo e composto, di rassegnazione sofferta ma fiduciosa alla volontà di Dio, in funzione della Corredenzione dell’Umanità.
Dopo l’istituzione dell’Eucarestia, Maria rivedrà Gesù ancora una volta, quando Egli si alzerà dalla tavola con un pezzo di pane ed il calice del vino e si recherà nella sua cameretta adiacente alla sala del Cenacolo per darle la ‘comunione’.
Poi lo rivedrà solamente all’indomani sulla strada del Calvario e sulla Croce, e non potrà più avere con lui un colloquio materno se non nel giorno della sua Resurrezione, quando Egli apparirà a lei per prima, ‘materializzandosi’ nella sua cameretta del Cenacolo con il suo Corpo glorificato non più di Uomo-Dio ma di Dio-Uomo.4
Le si manifesterà all’alba della ‘Domenica’, in carne ed ossa, per abbracciarla e rassicurarla sulla propria Resurrezione e sul compimento dell’Opera di Redenzione, mentre agli apostoli dubbiosi - che alla sua cattura erano anche fuggiti, tranne Giovanni - apparirà solo alla sera, dopo aver dato la ‘precedenza’ fin da quel mattino alle sue discepole che lo avevano invece accompagnato lungo la salita del Calvario.
 Gesù apparirà alla Madre in gran segreto, il Segreto del Re, segreto che Lei avrebbe serbato al punto che gli evangelisti non lo verranno a sapere neanche dopo e nei Vangeli menzioneranno come prima apparizione di Gesù risorto solo quella a Maria Maddalena.
Potreste però mai pensare che questo Gesù, che ora avete conosciuto meglio, fosse apparso a molti e non a sua Madre, anzi prima di tutti a sua Madre, la Corredentrice, anche se i Vangeli non ne parlano?

 

8.2 La lavanda dei piedi e i suoi due significati fondamentali, a futura memoria degli apostoli e dei loro successori: vescovi e sacerdoti.

Ormai mancavano poche ore all’epilogo della cattura.
Ecco come – nella sottostante nota - l’evangelista Giovanni ci racconta quell’ultima Cena.5
Giuda – che già in linea di massima  si era accordato con i Capi Giudei per far arrestare Gesù nell’isolamento notturno del Getsemani, luogo dove Gesù in quel periodo di feste pasquali aveva preso l’abitudine di ritirarsi dopo cena per pregare al chiaro di luna – era uscito dal Cenacolo anzitempo perché avrebbe dovuto solo andar da loro per la conferma definitiva.
«Quello che fai, fallo presto», gli aveva detto Gesù, guardandolo negli occhi mentre Giuda si accingeva ad uscire.
In questo brano di Giovanni notiamo subito una ‘caratteristica’ che è di tutto il suo Vangelo altamente ispirato quasi gli fosse stato ‘dettato’ direttamente da Gesù: quella cioè di mettere in luce degli aspetti particolari che gli altri tre evangelisti avevano omesso o non avevano saputo cogliere nel loro valore profondo ma che hanno invece grande importanza sul piano teologico-dottrinario.
Non è che gli altri – come evangelisti – non sapessero il fatto loro, ma è che invece Giovanni - l’Autore anche dell’Apocalisse, oltre che essere il discepolo più amato da Gesù per la sua purezza era, spiritualmente parlando, un’aquila che volava alta nelle sfere celesti di Dio…
Mentre dunque gli altri tre evangelisti narrano i particolari dell’istituzione dell’Eucarestia (ma essi non avevano a suo tempo però parlato dell’importantissimo discorso sul Pane del Cielo, allegoria dell’Eucarestia, che abbiamo trattato nel volume precedente e del quale aveva invece riferito Giovanni), quest’ultimo nel suo Vangelo tocca altri temi molto importanti.
Egli descrive qui l’episodio della ‘lavanda dei piedi’ che sembrerebbe magari un episodio banale ma che è invece importante, quasi  un faretto laterale, che illumina il dono dell’Eucarestia di un riflesso tutto particolare.
Come sarà venuta a Gesù l’idea di questa pittoresca lavanda dei piedi, proprio nel corso dell’Ultima Cena, lavanda che tanto scandalizzava Pietro? E quale ne è il significato profondo?
Quanto al ‘come’, mi vien da pensare che forse l’idea gli sia venuta da un episodio curioso che l’evangelista Luca racconta essere avvenuto nel corso di quella stessa serata.6
Luca dice infatti che quella sera era nata una discussione fra gli apostoli su chi di essi fosse da considerare il più grande, cioè il più importante.
Luca non spiega perché fosse nata una discussione del genere ma mi viene in mente che – nel momento di mettersi a tavola – ognuno di loro facesse a gara per aver il privilegio d’amore di sedersi il più vicino possibile a Gesù, che oltretutto era sempre un piacere stare ad ascoltare: ve ne sarete resi conto anche voi dalla Valtorta.
Quanto meno i più anziani avrebbero dovuto stargli vicini, e poi i più giovani, in progressione…, un poco più in là.
Stare vicino a Gesù non era però solo un privilegio d’amore ma – un poco più umanamente – poteva essere considerato un segno di ‘importanza’, insomma un posto d’onore.
Cos’è che aveva detto Gesù di loro durante quel colloquio di cui sopra con la propra mamma?

«… Molte cose moriranno dopo quest'ora. E fra queste la loro umanità, e sapranno essere degni di Me, tutti meno colui che s'è perduto e che nessuna forza vale a ricondurre almeno al pentimento.
Ma per ora sono ancora uomini tardi che non mi sentono morire, mentre essi giubilano credendo più che mai prossimo il mio trionfo.
Gli osanna di pochi giorni sono li hanno ubriacati…»

Non ricordate l’episodio7 – capitato proprio pochi giorni prima in Samaria mentre gli apostoli si apprestavano a venire a Gerusalemme per la Pasqua – in cui  la madre dei due figli di Zebedeo, cioè gli apostoli Giovanni e Giacomo, era andata a ‘raccomandarsi’ a Gesù – con i due figli dietro – perché Egli riservasse a loro i primi due posti: uno alla destra e l’altro alla sinistra del suo trono, nel suo futuro Regno?
Questo significa che il ‘mammismo’ esisteva anche allora, ma anche che - ai posti a tavola - gli apostoli ci tenevano, eccome.
Gesù rispose a dovere alla madre e ai due figli, spiegando fra l’altro agli altri apostoli - che si erano indignati per la pretesa dei due - che chi di essi avesse voluto essere primo avrebbe dovuto essere servo agli altri, ad imitazione di Gesù che, pur essendo Figlio di Dio, era sceso in terra per essere servo agli altri fino alla morte di croce per ottenerne la redenzione.
Agli apostoli, e attraverso di essi a coloro che sarebbero diventati suoi ministri in terra (vale a dire ai futuri vescovi: ‘pastori’ che lo avrebbero rappresentato di fronte alle ‘pecore’ del gregge, vale a dire ai  ‘sacerdoti’, anche nei rapporti con gli ‘agnelli’ e cioè i comuni ‘fedeli’) Gesù, prima dell’istituzione e somministrazione dell’Eucarestia, con la ‘lavanda dei piedi’ voleva dunque insegnare due valori fondamentali:

- l’umiltà del servire, perché senza l’umiltà non vi può essere neanche l’amore che è quello che tiene unita la Chiesa contro chi vuole dividerla o abbatterla
- la purezza del cuore, perché senza purezza non si è degni né di somministrare Dio che è nell’Ostia Eucaristica, né a maggior ragione di ricevere dentro di sé Dio in persona.

L’evangelista Giovanni dice dunque che Gesù ad un certo punto si alza da tavola, depone il mantello e si cinge i fianchi con una specie di asciugamano.
Egli versa dell’acqua in un catino, fa un cenno agli apostoli che eran lì seduti, si inginocchia davanti a loro e…, davanti ai loro occhi sbalorditi e alla loro bocca ammutolita, comincia a lavare loro i piedi.
Gesù era venuto per dar ‘scandalo’ a quelle mentalità ebraiche un poco ristrette - persino restìe a diffondere la sua dottrina ai pagani, considerati degli ‘impuri’ - e lo ‘scandalo’ di lavare loro i piedi serviva egregiamente a provocare rotture psicologiche che sarebbero state utili ad aprire le menti al nuovo.
 ‘Signore, tu mi lavi i piedi?’, è infatti la domanda costernata di Pietro dalla quale si può arguire lo stupore e lo sconcerto di tutti.
‘Quel che faccio ora tu non lo comprendi, ma lo saprai in avvenire’, è la risposta di Gesù, che prosegue: ‘Se non ti laverò, non avrai parte con me’.

 

8.3 L’Eucarestia come ve la spiego io…, a modo mio.

Dopo la cena del vecchio rito ebraico con il sacrificio e la consumazione dell’agnello mosaico, Gesù si appresta ad aprire il rito nuovo, che è Sacrificio e Consumazione dell’Agnello di Dio: il più grande miracolo d’amore,  un Dio che si trasfonde nel Pane e nel Vino facendolo diventare Corpo e Sangue di Gesù che si immola ogni volta per noi e risorge.
Si dice che si è trattato di un miracolo di ‘transustanzazione’.
Io non sono un ‘teologo’ e non saprei spiegarvi bene il significato di questo termine ma l’Eucarestia ve la racconto a modo mio.
Vi ricordate il miracolo di Cana, quello di quel banchetto di matrimonio dove – rimasti i commensali all’asciutto, o meglio: solo con l’acqua – Gesù aveva trasformato quell’acqua in vino?
Cos’è che era successo? Un miracolo! Era cambiata ‘sostanza’.
Ecco, questa è l’Eucarestia. L’Ostia diventa Gesù: un altro miracolo, molto più grande, perché Gesù è Dio!
Ma perché è così importante per noi? Perché Gesù, prima di ascendere al Cielo, ci ha voluto lasciare un poderoso aiuto: sé stesso.
L’Ostia eucaristica – se accolta con fede - è infatti come una Medicina.
La sua Sostanza penetra dentro di noi - esseri psico-somatici – nei quali la ‘Psiche’, che è l’anima, è intimamente legata al corpo.
Essendo l’Ostia – al di là delle apparenze esteriori - ‘Gesù-Uomo-Dio’- Essa ci pervade misteriosamente nella nostra essenza spirituale e materiale e ci aiuta pertanto – forti della forza di Dio – ad affrontare le difficoltà  spirituali e morali che incontriamo.
Come noi non riusciamo a ‘vedere’ l’azione nel nostro corpo di una pillola medicinale che inghiottiamo per curarci – ma sappiamo che quella minuscola pillolina bianca funziona - così funziona anche l’Eucarestia.
Ricevere l’Eucarestia significa dunque ricevere Dio direttamente dentro di noi.
Dio è Purezza spirituale assoluta, oltre che Amore.
Gesù aveva fin dall’inizio detto a Pietro: ‘Quel che faccio ora tu non lo comprendi, ma lo saprai in avvenire…, se non ti laverò, non avrai parte con me…’
Ritornando dunque al significato della ‘lavanda dei piedi’, se noi – con l’Eucarestia – ci apprestiamo a ricevere Gesù, che è Dio e per di più Dio d’Amore, dobbiamo prima ‘purificarci’ attraverso un’umile e pentita confessione delle nostre colpe, alla quale fa seguito il perdono dei peccati che il Sacerdote impartisce non di suo ma per conto del Signore.
Oltre ai due significati già illustrati in merito alla necessità di essere umili e puri, la ‘lavanda dei piedi’ implica dunque un terzo insegnamento: la valorizzazione della Confessione.
Per ricevere dentro se stessi l’Eucarestia, cioè Dio, bisogna essere puri, ma per essere puri bisogna essere mondi da peccato, come quei piedi impolverati furono resi mondi dalla ‘lavanda’.
Per essere mondi da peccato bisogna pentirsi confessando peccato e pentimento.
 La ‘lavanda’ simboleggia dunque anche l’umiltà nel confessare i propri peccati e la ‘pulizia’ dell’anima peccatrice che viene apportata dal perdono divino grazie alla propria Confessione ed alla ‘mediazione’ del Sacerdote che ‘assolve’ per conto del Signore.
‘Conoscendo il valore dell’umiltà – continua il Gesù del Vangelo di Giovanni - sarete certi di poter entrare da ‘beati’ nel regno dei Cieli. Non tutti però, perché – anche se Io so bene quali sono quelli che ho personalmente ‘eletto’- si deve compiere quanto profetizzato nelle Scritture: uno di voi che mangia qui con noi il pane su questo tavolo ha alzato contro di me il suo calcagno…’.
‘Alzare il calcagno’ credo dovesse essere una espressione idiomatica ebraica, come dire ‘alzare il pugno’, o ‘mordere la mano in cui uno ha mangiato’.
Gli apostoli, Giuda compreso, capiscono al volo il termine e vi lascio immaginare che faccia fanno ma, dopo essersi rapidamente interrogati la coscienza e quindi ‘confessati’ internamente – a parte Giuda – credo si debbano essere ‘assolti’ da soli.
Gesù continua, spiegando che Egli predice loro queste cose in anticipo perchè essi, nell’assistere a posteriori al verificarsi di queste sue profezie,  avrebbero a quel punto creduto veramente che Lui era Dio.
Il fatto che gli apostoli avessero dei dubbi sulla sua divinità ancora dopo la sua morte in croce - forse proprio perché lo avevano visto prima quasi impotente di fronte alla sua cattura nel Getsemani e poi morire, per di più in quel modo obbrobrioso - ce lo confermerà il giorno della ‘Domenica’ la loro incredulità alla notizia - portata dalle donne di ritorno dal Sepolcro - della avvenuta risurrezione di Gesù.
Gesù, nel lasciare questo dono immenso dell’Eucarestia all’Umanità,– doveva però essere ben triste - nella sua Onniscienza - nel vedere quanto poco l’Umanità di lì a breve e anche nei secoli successivi gliene sarebbe stata grata.
 Durante questi fatti nel corso dell’Ultima Cena, intervallati da inni secondo l’uso della Pasqua ebraica, i commensali – nelle visioni della mistica - mangiavano l’agnello pasquale che Gesù di volta in volta tagliava e distribuiva.
E’ più o meno a questo punto che Egli – nella visione della mistica - si alza in piedi.8
Egli versa del vino nel calice e prima di berlo e farne bere  intona un lungo salmo, dove un ‘distico’, cioè una strofa, viene intonata da ciascuno degli apostoli a turno ed il resto del brano viene cantato da tutti insieme.
Alla fine Gesù si siede e comunica di voler adesso celebrare il Nuovo Rito ricordando agli apostoli che Egli aveva loro promesso un miracolo di amore che sarà in futuro consumato in un perpetuo rito di amore.
Egli dice loro che se ne andrà, ma essi resteranno sempre uniti a Lui attraverso il miracolo che Egli si accinge ora a compiere.
Gesù prende un pane tutto intero, lo pone sul calice colmo di vino, lo benedice e offre al Padre sia il Pane che il Vino, quindi spezza il pane in tredici pezzi e li porge uno per uno agli apostoli, compreso Giuda, dicendo le parole ripetute più o meno anche dagli evangelisti9: «Prendete e mangiate. Questo è il mio Corpo. Fate questo in memoria di Me che me ne vado».
Egli porge quindi il calice a turno agli altri dicendo:«Prendete e bevete. Questo è il mio Sangue. Questo è il calice del nuovo patto nel Sangue e per il Sangue mio, che sarà sparso per voi per la remissione dei vostri peccati e per darvi la Vita. Fate questo in memoria di Me».
La Valtorta dice che Gesù è tristissimo e che gli apostoli lo guardano angosciati.
Gesù si alza invitando gli amici a non muoversi perché sarà subito di ritorno. Prende il tredicesimo pezzetto di pane, prende anche il calice, esce dalla sala del Cenacolo e… va nella stanza della Madre, salvo ritornare poco dopo.
Il Nuovo Rito è terminato, semplice come semplice era iniziato.
Più che la Passione, che Gesù come Redentore aveva ardentemente desiderato anche se come Uomo la temeva, lo addolorava il pensiero dell’atto di delazione finale che Giuda – addirittura uno dei ‘suoi’ - si apprestava a fare.
Giovanni continua il suo racconto e dice infatti che Gesù – evidentemente pensando a tutte queste cose - si turba nello spirito, cioè si commuove, in altre parole piange, e piangendo esclama sconfortato: ‘In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà’.
Questa di Gesù è una denuncia formale vera e propria.
Uno di voi…! Perché egli non svela allora pubblicamente il  nome del traditore? Non lo svela per tre buone ragioni.
Perché Egli non voleva che gli animi trascendessero passando a vie di fatto mancando così essi alla legge dell’amore.
Perché Gesù voleva esser certo che gli apostoli – ripensando in seguito ai fatti ed al tradimento di Giuda - ricordassero che egli sapeva veramente tutto fin da prima, e che quindi Egli non era stato dunque un povero ‘uomo’, raggirato e tradito dall’ultimo degli apostoli, ma che era  Onniscente in quanto Dio.
Perché, infine, voleva che ricordassero bene in seguito che Egli – pur sapendo in anticipo della propria futura cattura e morte - non aveva fatto proprio niente per sottrarsi alla Passione, poiché era venuto volontariamente sulla Terra per espiare e salvare l’Umanità riscattandola davanti al Padre.

Gli apostoli, sentendo parlare di un traditore, si guardano allora tutti l’un altro, con sospetto, studiandosi obliquamente per capire chi di loro potesse avere la faccia da traditore.
Giovanni stava appoggiato al petto di Gesù e Pietro gli dice: ‘Domanda  di chi parla’…
Rifletto…
Se Giovanni – come dice il Vangelo – era appoggiato sul petto di Gesù, è segno che gli stava a fianco, sicuramente a destra.
 Infatti, se Pietro fa un cenno di intesa a Giovanni o gli sussurra di chiedere a Gesù chi fosse il traditore senza farsi vedere o sentire da Gesù, certamente Pietro non doveva essere alla sinistra di Gesù - con Gesù in mezzo fra lui e Giovanni - ma alla destra di Giovanni, cioè un posto più in là, dopo Giovanni, al quale avrà magari anche dato di gomito, prima di sussurrargli o fargli intendere con un’occhata quel ‘Domanda di chi parla’.
Ecco perché – rifletto ancora – avevano in precedenza discusso per il posto a tavola e su chi fosse più importante…
Giovanni – nonostante fosse il più giovane –  a tavola si era piazzato alla destra, e Pietro – nonostante fosse più anziano e ‘Capo’ degli apostoli – sapendo che il giovane apostolo era il prediletto di Gesù si era accontentato umilmente del posto dopo Giovanni…
Giovanni obbedisce a Pietro e gira la domanda – sempre  sussurrando -  a Gesù il quale (dopo aver  intinto anche qui molto simbolicamente un boccone di pane in quel sugo dell’agnello sacrificato per quella sera) glielo dice e mostra porgendo significativamente quel famoso  boccone a Giuda.
Quest’ultimo lo prende, lo manda giù e si alza perché – con Satana che a quel punto è ormai entrato del tutto in lui per dirigere l’operazione finale - si ricorda che deve sbrigarsi, mentre Gesù – che certo legge nel suo pensiero – conclude da parte sua, come già detto: ‘Quello che fai, fallo presto’.

Finito tutto, dunque?
No, perché la ‘cena’ continua, nel prossimo capitolo.


1 G.L.: ‘La donna più bella del mondo’ – Cap. 8 – Ed. Segno, 2004, vedi anche sito internet dell’autore

2 M.V. ‘L’Evangelo…’ – Vol. IX, Cap. 599 – C.E.V.

3 M.V.:’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. IX, Cap. 599 – Centro Ed. Valtortiano

4 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. IV, Cap. 16 – Ed. Segno, 2004

5 Gv 13, 1-30: Prima della festa di Pasqua, sapendo Gesù che era venuta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, avendo amato i suoi che erano nel mondo, li amò fino all’estremo.
Durante la cena, avendo già il diavolo messo in cuore a Giuda di Simone Iscariote di tradirlo, sapendo che il Padre gli aveva già dato tutto nelle mani e che, venuto da Dio, a Dio tornava, si alza da tavola, depone il mantello e, preso un asciugatoio, se lo cinge.
Poi versa l’acqua nel catino e incomincia a lavare i piedi ai discepoli e ad asciugarli con l’asciugatoio di cui si era cinto.
Arriva a Simon Pietro e questi gli dice: «Signore, tu mi lavi i piedi?».
Gli rispose Gesù: «Quel che faccio, tu ora non lo comprendi, ma lo saprai in avvenire».
E Pietro a lui:«Tu non mi laverai i piedi in eterno!».
Gesù gli risponde: «Se non ti laverò, non avrai parte con me».
Esclama Pietro: «Signore, non soltanto i piedi, ma anche le mani e il capo!».
Gesù risponde: «Chi ha fatto il bagno, non ha bisogno che di lavarsi i piedi ed è tutto puro. Or, voi siete puri, ma non tutti».
Dopo aver lavato loro i piedi, riprese la sua veste e, rimessosi a mensa, disse loro: «Intendete quello che vi ho fatto? Voi mi chiamate Maestro e Signore, e dite bene, perché lo sono. Se dunque vi ho lavato i piedi io, Signore e Maestro, dovete anche voi lavarvi i piedi l’uno con l’altro. Io, infatti, vi ho dato l’esempio, affinchè come vi ho fatto io facciate anche voi. In verità, in verità vi dico: un servo non è da più del suo padrone; né un inviato è da più di chi lo ha mandato. Sapendo questo, beati voi se lo praticherete. Non parlo di voi tutti: io so quelli che ho eletto, ma si deve compiere la Scrittura: ‘Uno che mangia il mio pane ha levato contro di me il suo calcagno’.
Ve lo dico sin d’ora, prima che avvenga, affinchè, quando sarà avvenuto, crediate che io sono.
In verità, in verità vi dico: chi accoglie colui che io manderò accoglie me, e chi accoglie me accoglie Colui che mi ha mandato».
Detto ciò, Gesù si turbò nello spirito e dichiarò: «In verità, in verità vi dico: uno di voi mi tradirà».
I discepoli si guardarono l’un altro, non sapendo a chi alludesse.
Or uno dei suoi discepoli, quello da Gesù prediletto, stava appoggiato sul petto di lui.
A questo fè cenno Simon Pietro per dire: «Domanda di chi parla».
Ed egli, appoggiato così sul petto di Gesù, domandò: «Signore, chi è?».
Gesù gli rispose: «E’ quello a cui darò un pezzetto di pane intinto».
Poi, intinto un pezzetto di pane, lo diede a Giuda di Simone Iscariote.
Appena preso il boccone, Satana entrò in lui.
Gesù gli disse: «Quello che fai, fallo presto».
Ma nessuno dei commensali comprese perché gli avesse detto questo. Alcuni pensavano che, tenendo Giuda la borsa, Gesù gli avesse detto di comprare quanto occorreva per la festa, o di dare qualche cosa ai poveri.
Egli dunque, preso il boccone, uscì subito. Ed era notte.

 

 

6 Lc 22, 24-27

7 Mt 20, 20-28

8 M.V. ‘L’Evangelo…’ – Vol. IX, Cap. 600.13/14 – C.E.V.

9 Mt 26, 26-29  / Mc 14, 22-25  / Lc 22, 19-20