CAP. 20

NEL PARADISO TERRESTRE
(1)

L'ALBERO DELLA CONOSCENZA DEL BENE E DEL MALE E L'ALBERO DELLA VITA

 

20.1 La localizzazione del Paradiso terrestre nel continente unico Pangea.

Segretario: Avevamo lasciato l'analisi del testo della Genesi laddove essa ci parlava di Dio che - nel Paradiso terrestre - aveva plasmato l'uomo con 'polvere del suolo' soffiando nelle sue narici un 'alito di Vita'.
Abbiamo pertanto dovuto chiarire il significato della 'polvere del suolo', spiegando che per 'terra' si devono intendere le sostanze minerali che la compongono così come ne é composto il corpo umano, illustrando poi la questione dell'argilla colloidale di cui è costituita la sostanza protoplasmatica delle cellule animali e vegetali.
Parlando quindi dell'alito di Vita - altro punto fondamentale - abbiamo dovuto chiarire in cosa esso sia consistito e quindi abbiamo cercato di spiegare nel miglior modo che ci é stato possibile in cosa consista la nostra anima, fatto che ci riguarda molto personalmente e che quindi meritava di essere approfondito.
La Genesi dunque riprende il suo racconto spiegando che Adamo era stato posto a vivere in un 'giardino' situato in una regione chiamata 'Eden', termine quest'ultimo che significa 'pianura'.
Vediamo allora questi versetti di Genesi:1

Poi il Signore Dio piantò un giardino in Eden; a oriente, e vi collocò l’uomo che aveva plasmato.
Il Signore Dio fece germogliare dal suolo ogni sorta di alberi graditi alla vista e buoni da mangiare, tra cui
l’albero della vita in mezzo al giardino e l’albero della conoscenza del bene e del male.

Un fiume usciva da Eden per irrigare il giardino, poi di lì si divideva e formava quattro corsi.
Il primo fiume si chiama Pison: esso scorre intorno a tutto il paese di Avila, dove c’è l’oro e l’oro
di quella terra è fine; qui c’è anche la resina odorosa e la pietra d’onice.
Il secondo fiume si chiama Ghicon: esso scorre intorno a tutto il paese d’Etiopia.
Il terzo fiume si chiama Tigri: esso scorre ad oriente di Assur. Il quarto fiume è l’Eufrate.
Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse.
Il Signore Dio diede questo comando all’uomo:
«Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi,
certamente moriresti ».

Nell'Eden vi sono pertanto i due Progenitori in una regione che più 'paradisiaca' non potrebbe essere. Vi sono anche - fra i tanti altri - due alberi dal ruolo molto particolare e vi é infine un fiume che si divide in quattro corsi che vanno a lambire territori oggi non del tutto identificabili perché dovevano corrispondere ad una realtà geografica che allora era probabilmente diversa da quella attuale.
Se questi nomi dicono poco ad una normale persona, essi - grazie al copto - hanno invece potuto dire molto a F. Crombette.
Poiché infatti conosco abbastanza la sua opera2, lo pregherei - per non uscire troppo fuori dai binari degli argomenti che stiamo affrontando oggi - di voler omettere il suo commento alla parte geografica concernente la localizzazione dell'Eden, commento che contiene una lunga e dettagliata ricostruzione di quale dovesse essere esattamente la posizione di questo 'Eden' ed il percorso originario dei famosi quattro fiumi e delle terre da essi attraversate. Tuttavia il suo é uno studio molto interessante su quella che dovette essere presumibilmente l'antica geografia della Terra prima che - a causa del Peccato originale e quindi, successivamente, a seguito del Diluvio universale con la contestuale deriva dei continenti - la faccia del nostro pianeta e pertanto anche il corso dei quattro fiumi venissero totalmente sconvolti.
Qui vi basti ricordare quanto già all'inizio accennato, e cioé che all'epoca della creazione di Adamo ed Eva la Terra era ancora un continente unico3 che - tenendo conto dei rilievi sottomarini rilevati da F. Crombette a 2000 metri sotto l'attuale livello degli oceani - assumeva l'aspetto di una enorme isola con la forma di un fiore ad otto petali:

i

 

F. Crombette - grazie alle sue ricerche geografiche basate  anche sull'onomastica, e cioè sullo studio e decrittazione del significato degli antichi nomi propri di persona e dei luoghi - è riuscito ad individuare il punto di origine dei quattro fiumi che egli ha localizzzato sulle pendici del monte Ararat. 4
Era infatti questo il monte dal quale nasceva un fiume potente che - dividendosi in quattro rami principali, senza contare gli affluenti - bagnava tutto il continente unico.
Questi rami - secondo gli studi di F. Crombette - volgevano verso i quattro punti cardinali di Pangea.
Allora - sempre secondo questi studi - non c'erano ancora gli attuali mari interni, che sono frutto di successivi sconvolgimenti, ed i quattro fiumi si gettavano necessariamente nell'unico oceano che circondava Pangea attraversando tutta la calotta sferica continentale nella direzione generale dei quattro raggi
La lunghezza di ciascun  braccio era approssimativamente doppia di quella del Nilo ed il loro punto di partenza doveva essere in origine molto elevato affinché vi fosse la necessaria pendenza.
La sorgente unica dei quattro fiumi era dunque situata quasi al centro di Pangea  fra le alte montagne del massiccio dell'Ararat che, allora, era più alto di adesso. 5
Il fiume iniziale - secondo Crombette - si divideva però nei vari bracci non dopo la sua uscita dal Paradiso terrestre (come tradotto nella Genesi) ma prima del suo ingresso, ad una certa distanza dalla sorgente ed ai piedi dell'Ararat.
Uno dei suoi bracci sarebbe andato poi a lambire la terra nelle cui vicinanze - sempre secondo gli studi di Crombette - era situata la località geografica da noi conosciuta come Palestina presso la quale sarebbe stato il 'Paradiso terrestre' e dove - nei millenni successivi - sarebbe sorta la città di Gerusalemme.
Non dovrebbe meravigliare il fatto che il centro del Paradiso terrestre fosse situato in vicinanza di Gerusalemme che oggi - climaticamente e paesaggisticamente - non si può certo considerare un 'Eden'.
Il clima della Terra ha infatti subito più volte sconvolgimenti improvvisi come dimostrato dai fossili di intere foreste tropicali rinvenute sepolte in territori oggi desertici o glaciali oppure come dimostrato anche dai resti perfettamente conservati del piccolo di mammut rinvenuto congelato nel 1977 in Siberia: segno che era rimasto sorpreso da un evento climatico tanto veloce e catastrofico da congelarlo di colpo impedendo al corpo di corrompersi.
Non dovrebbe neppure meravigliare il fatto che il Dio-Verbo - nel corso della Storia - si sarebbe incarnato per riscattare i peccati dell'Umanita, conseguenza del Peccato 'originante', per lasciarsi immolare nello stesso luogo in cui il primo uomo aveva peccato la prima volta contro Dio compromettendo le sorti dell'Umanità che sarebbe da lui discesa.
E' una sorta di legge del contrappasso e ritorna qui il concetto del Cristocentrismo che abbiamo già molto approfondito nella prima e nella seconda sessione di questa Conferenza.
Ma tornando ai quattro fiumi dell'Eden, Crombette mostra nei suoi studi che anche se gli sconvolgimenti successivi hanno profondamente modificato la superficie terrestre, interrotto e stravolto il loro corso, la loro 'memoria' è stata tramandata da Adamo e dai patriarchi suoi discendenti insieme a quella delle località da tali fiumi toccate: ne fanno fede gli antichissimi nomi di tali località di quell'area geografica ancor oggi esistenti.
Detti  nomi, decrittati onomasticamente nel loro significato primitivo, sono tali - secondo Crombette - da troncare qualsiasi discussione sulle esatte posizioni e natura di quei luoghi.6
Comunque, anche solo rifacendoci al testo di Genesi, questo cita il Tigri e l'Eufrate, fatto che  già di per se stesso localizza abbastanza l'antico Eden in prossimità della regione mediorientale nella quale questi fiumi si sono inizialmente  formati.
Oggi questi due fiumi - con acque molto abbondanti - nascono in Turchia.
Il Tigri è lungo 1.900 km. e l'Eufrate 2.700 km. e, dopo aver attraversato l'Iraq ed essersi uniti fra di loro, sfociano nel Golfo persico.

 

20.2 Gli 'effetti' dei frutti dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male e dell'Albero della Vita.

La Genesi dice comunque che Dio pose l'uomo e la donna in una terra situata in quelle regioni dando loro un solo comando: nutrirsi di tutto ciò che volevano ma non del frutto dell'Albero della Conoscenza del Bene e del Male, perché il mangiarne avrebbe dato loro la morte.
Ora, ragionandoci sopra, noi potremmo anche pensare che tutto questo racconto biblico sia un mito: in tal caso crollerebbe la Dottrina del Peccato originale e lo stesso Cristianesimo. Infatti se l'Eden é un mito, e se pure l'Albero dal frutto proibito è un mito, non vi può essere Peccato originale perché nessuno avrebbe potuto mai cogliere quel frutto.
Se cade la Colpa del Peccato originale non sarebbe allora nemmeno più credibile la missione sulla Terra del Verbo incarnato, missione volta a riscattare l'Umanità dalle conseguenze del peccato stesso.
Cadrebbe anche il concetto dell'angelo decaduto Lucifero, tentatore dell'uomo.
Il Male che oggi constatiamo nel mondo non sarebbe a questo punto più attribuibile alla nefasta influenza sugli uomini di questa personalità angelica, ma verrebbe genericamente ricondotto ad un principio astratto.
Cadrebbe naturalmente anche l'idea dell'Inferno e, a catena, quella del Paradiso che ne é l'antitesi.

Si parla qui in Genesi anche di un Albero della Vita.
Potremmo al riguardo pensare che - nel quadro di una alimentazione umana originariamente vegetariana - esso producesse frutti con particolari caratteristiche energetiche e proprietà curative atte a fornire al corpo umano un adeguato nutrimento e salute fisica: sono del resto molto note le proprietà nutritive e medicamentose di molti frutti ed erbe. La Dottrina cristiana insegna che, se l'uomo non avesse peccato perdendo la 'Grazia', egli avrebbe povuto vivere sulla Terra una vita lunghissima in attesa di andare un giorno col proprio corpo in 'Paradiso' come successo a Maria SS. in occasione dell'Assunzione, ed allo stesso Gesù nell'Ascensione.
In effetti - a proposito di lunga vita - secondo il racconto di Genesi risulterebbe che Adamo ed i suoi discendenti vissero per parecchi secoli, coesistendo gli uni con gli altri 7, prima che Dio dicesse a Noé - in occasione dell'ormai imminente Diluvio - che dopo tale avvenimento la vita degli uomini sopravvissuti si sarebbe accorciata fino a ... 120 anni.8
Sempre dalla Genesi, emerge che Adamo - il quale visse oltre novecento anni e quindi contemporaneamente a numerosi suoi discendenti, quasi parimenti longevi - trascorse anzi la parte finale di vita contemporaneamente a Lamech, padre di Noé.
Ed è stata questa straordinaria longevità dei patriarchi antediluviani (poiché geneticamente più vicini al primo esemplare e quindi con un fisico ancora relativamente integro) quella che ha consentito che la storia della Creazione raccontata in Genesi  si mantenesse sostanzialmente inalterata fino al Diluvio.
Infatti i patriarchi succeduti ad Adamo ed ai suoi discendenti - proprio a causa di questa loro originaria longevità - si sono trovati quasi tutti a vivere insieme ai propri 'antenati' per centinaia di anni.
Noé - che al momento del Diluvio aveva circa 600 anni - disponeva quindi di informazioni precise in merito alla creazione dell'Universo, della Terra e di Adamo ed Eva da lasciare ai propri figli Sem, Cam e Japhet  che avrebbero dato avvia ad una nuova generazione dell'Umanità.
Solo dopo la dispersione dei popoli,  provocata da Dio a seguito dell'episodio culminante della Torre di Babele, la memoria della Genesi si sarebbe imbarbarita e - pur in qualche modo sopravvissuta in popolazioni ormai separate e ripiombate nel paganesimo degli idoli - si sarebbe deformata e trasformata in miti varianti da popolo a popolo, rimanendo tuttavia integra nella memoria 'storica' del 'popolo eletto' che - grazie alla fedeltà dei suoi patriarchi all'unico Dio spirituale Javhé - l'avrebbe mantenuta intatta.
Ma tornando dopo questa digressione al tema dei due alberi del Paradiso terrestre, e accettato il fatto che l'Albero della Vita avesse proprietà energetiche e nutritive eccezionali, é più difficile pensare che il secondo albero, quello della Conoscenza del Bene e del Male, producesse invece un frutto che di per sé - in quanto frutto - desse questa conoscenza.
Un frutto non dà alcuna conoscenza.
Rimane però parimenti difficile accettare l'idea che tale frutto, per poter dare la morte fisica, fosse velenoso. Che senso avrebbe infatti avuto da parte di Dio collocare al centro dell'Eden un albero velenoso?
Rimane quindi la possibilità di un suo significato allegorico o simbolico dove l'albero ed il frutto sottintenderebbero qualcosa di più profondo e spirituale, e dove la morte sarebbe da collegare al fatto di aver voluto appetire indebitamente ad una qualche forma non consentita di Conoscenza.
  Vediamo comunque cosa ne pensa F. Crombette...

F. Crombette: Mosè ci parla in seguito di una obbligazione imposta da Dio ad Adamo, nei versetti 15, 16 e 17 del Capitolo II di Genesi...

i

Ossia, in testo coordinato: Per completare saggiamente ciò che aveva fatto, Djehoouôh-Ehélohidjm condusse Adamo verso l'albero che faceva la vita abbondante, in mezzo alla terra produttrice, e gli diede questa parola: "Mangia molto di questo frutto che ti darà giorni numerosi, sani e buoni".  
Djehoouôh-Ehélohidjm raccomandò ad Adamo di stare attento a non avvicinarsi all'albero che faceva compiersi la generazione e di non coglierne prima che fosse giunto il tempo"Mangiare ciò che è dell'albero accende la passione di unirsi prima del tempo adatto al commercio intimo, è un'azione proibita che è permessa solo nel tempo stabilito.  Se per caso tu allunghi la mano per mangiare ciò che sai essere per mettere in stato d'ardore fuori dal tempo fissato.  La morte sarà il frutto prodotto da questo mangiare".

Pertanto Dio, avendo formato Adamo al Giordano, lo condusse al centro del Paradiso terrestre, dove si trovava l'albero della vita e gli ingiunse di mangiarne i frutti; ma nello stesso tempo gli impedì, sotto minaccia di morte, di toccare, prima di averne ricevuto l'ordine, dell'altro albero che provocava la generazione. 
Così come abbiamo detto in precedenza, Dio impose ad Adamo di astenersi dall'utilizzare le sue parti genitali fino al momento in cui Egli stesso gli avrebbe intimato di mangiare un frutto particolare che provocava lo stato passionale. 
Questo frutto, che gli era vietato mangiare prematuramente, era un afrodisiaco al quale doveva ricorrere solo dopo un ordine ricevuto da Dio.

Se le cose sono così, si dirà, perché Dio avrebbe dato ad Adamo e ad Eva (creati adulti, bisogna rimarcarlo, poiché non avevano una madre per allevarli) l'attitudine a generare, e gli avrebbe intimato questo ordine strano e contro natura, di imporsi cioè l'astinenza per un tempo determinato? 
Non era crudele lasciare insieme due esseri fatti l'uno per l'altra impedendo loro di darsi l'uno all'altra? 
Un tale supplizio di Tantalo non eccedeva forse i limiti delle forze umane? 
Come, Adamo ed Eva, avrebbero potuto restare padroni dei loro desideri malgrado la minaccia di morte?
Diamo una spiegazione chiara di queste apparenti anomalie. 
Adamo non doveva morire.  Vuol dire che era stato creato immortale? 
Ecco, al riguardo, l'opinione di S. Agostino: "Secondo una doppia causa che si può intuire, si deve dire che l'uomo prima del peccato era mortale e immortale; mortale, perché poteva morire; immortale, perché poteva non morire.  Una cosa è non poter morire (prerogativa delle nature che Dio ha fatto immortali), altra cosa è poter non morire.  È in quest'ultimo modo che il primo uomo è stato creato immortale".

Come dunque Adamo poteva essere al contempo mortale e non morire? 
Esattamente allo stesso modo degli ultimi uomini giusti che saranno ancora viventi sulla terra alla fine dei tempi, secondo ciò che dice san Paolo nella Iª ai Corinti, versetti 52 e 53; se i morti dovranno allora risuscitare in un corpo spirituale e immortale, quelli che vivranno ancora in quel momento, saranno trasformati, spiritualizzati così, ma senza morire. 
Se dunque Adamo non avesse peccato, la durata normale della sua vita avrebbe potuto essere tale che raggiungesse il Giudizio generale e fosse spiritualizzato ed effettivamente immortalato allora senza morire. 
L'ampiezza di vita di Adamo sarebbe dunque stata tanto grande da andare dal 4004 a.C. fino alla fine del mondo? 
Se già, avendo commesso il peccato, Adamo visse comunque circa 1000 anni, quale non sarebbe stata la durata della sua vita se avesse conservato l'integrità del corpo in un mondo che nè i periodi glaciali, nè il Diluvio universale, nè tutte le intemperie e le malattie di cui noi soffriamo avrebbero sconvolto e se avesse potuto continuare a consumare regolarmente il frutto dell'albero della vita!...  
...San Pietro ci dice, in una delle sue Epistole, che agli occhi del Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno.
Cosa vuol dire?  È che di mille anni Dio fa un giorno, e siccome ne sono trascorsi circa seimila dalla creazione di Adamo, restano da percorrere un po' più di mille anni perché la settimana di sette giorni sia completa. 9  
Se dunque Adamo avesse potuto vivere 7000 anni, avrebbe raggiunto la fine di questo mondo e non sarebbe morto, ma sarebbe passato senza morire dal tempo all'eternità non essendo più il suo corpo, spiritualizzato, sottomesso a tutte le necessità di quaggiù.  
Cosa doveva fare per questo?  Secondo una legge che Buffon10 trae dalle sue osservazioni, l'età nubile11 è approssimativamente al settimo di vita degli esseri. 
Così noi, che siamo nubili verso i 15 anni, superiamo raramente i 100 anni. 
Quindi, se Adamo avesse generato all'età di 1000 anni, poteva normalmente vivere 7000 anni; ecco perché, avendo generato verso i 100 anni, non visse neanche 1000 anni. 
Ecco la ragione del divieto di Dio ad Adamo di non servirsi delle sue parti genitali finchè non ne avesse ricevuto l'ordine.  Forse si troverà inaccettabile una tale durata di vita. 
Ci si ricordi dunque con quale facilità si avvallano i miliardi di anni per l'età della terra e i milioni di anni per quella dell'umanità, anni, questi, certamente immaginari!12

Che il frutto dell'albero proibito fosse un afrodisiaco, è appunto ciò che mostra il nome Allôki dato dai Copti all' Arbor Adami.  Questo nome è, in effetti, la contrazione di Alou = Juvenis = Giovane uomo; Lôkh = Ardere = Bruciare di passione; I = Venire = Divenire; cioè: Ciò che fa che il giovane uomo divenga bruciante di passione; più semplicemente ancora: plurale rovinato di Halkou, stimulus, afrodisiaco.

Qui non è più questione di un albero che avrebbe dato ad Adamo la conoscenza del bene e del male ed il cui frutto, di conseguenza, non avrebbe mai dovuto essere mangiato. 
No, Adamo sapeva perfettamente come comportarsi sul divieto divino, Adamo ed Eva non avevano lo stato di innocenza dei bambini, ma, illuminati da Dio, la loro castità era perfettamente cosciente e sapevano anche a cosa si esponevano in caso d'infrazione; non a morire di morte, come si dice commettendo una superfetazione in più, ma semplicemente a morire. 
La ripetizione apparente M'oou'th, Tôm'ouo'th (notare la sfumatura "oou" "ouo") nasconde un gioco di parole sulla morte, conseguenza della manducazione del frutto. 
Questa morte risultava, in effetti, automaticamente dal fatto che Adamo ed Eva avrebbero anticipato l'ora dei loro rapporti, e di conseguenza accorciato la loro vita per applicazione di una legge naturale e niente affatto per la pretesa perdita di un dono preternaturale. 
Da notare che, se i nostri progenitori avessero osservato gli ordini divini, i concepimenti di Eva sarebbero stati convenientemente spaziati in vista di ottenere il numero di eletti che Dio aveva previsto e non di più: la procreazione era diretta a un perfetto eugenismo realizzato.

Resta il fatto, si dirà, che Adamo ed Eva avrebbero dovuto resistere 1000 anni alla tentazione di unirsi, il che era praticamente impossibile. 
Assolutamente no: Adamo ed Eva, benchè adulti, non sentivano il pungiglione della concupiscenza e potevano benissimo vivere come fratello e sorella. 
Come poteva avvenire?  Per mezzo dell'albero che si è chiamato "l'albero di vita". Quest'albero si dice in ebraico (Gen. II, 9):

i

in testo coordinato: Il frutto contro le numerose voglie di accoppiarsi, che esonera dall'usura e che stabilisce una vita facile e sicura.

Così, l'albero detto di vita era innanzitutto un anafrodisiaco; consumando il suo frutto quotidianamente, Adamo ed Eva annullavano gli slanci della carne; ignorando dunque la passione, erano degli esseri di ragione. 
Insieme alla sua azione sedativa, questo frutto aveva un effetto riparatore dell'usura che i rapporti sessuali avrebbero fatto subire all'organismo quando sarebbe venuto il momento. 
Infine, senza dubbio per un'alta selezione di vitamine, esso manteneva il corpo, nonostante l'età, in un reale stato di giovinezza, di agilità e di forza; Adamo ed Eva, fedeli, avrebbero ignorato la caducità e la senescenza. 
Era questo il piano armonioso del Creatore sui nostri progenitori.

Segretario: Devo ammettere che Crombette - come nel precedente caso della androginia di Adamo da lui presunta - non sembra a mio avviso conoscere mezze misure, non tanto nel decrittare i monosillabi copti, ma piuttosto talvolta nell'interpretarli o nel sostenere le proprie opinioni.
In buona sostanza, secondo la sua personale interpretazione del testo decrittato, il frutto dell'Albero della Vita oltre ad avere un effetto inibitore sugli stimoli sessuali - una specie di effetto-bromuro come quello che una volta veniva dato ai giovani soldati che venivano chiamati ad adempiere il servizio militare di leva - avrebbe anche dovuto contemporaneamente funzionare da 'ricostituente' contro l'usura della sessualità.
Il frutto dell'Albero della conoscenza del Bene e del Male sarebbe stato invece un 'afrodisiaco', da mangiare tuttavia solo al momento considerato giusto da Dio.
Mi limito a dire - da osservatore che si sforza di essere neutrale - che, indipendentemente dalle decrittazioni in senso stretto fatte da F. Crombette, decrittazioni che potrebbero avere una base seria di verità,  sia piuttosto da ritenere in qualche caso forzata l'interpretazione aggiuntiva che egli ne dà.
Ad esempio, cosa aveva 'decrittato' Crombette a proposito del frutto dell'Albero della conoscenza del Bene e del Male?

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... Djehoouôh-Ehélohidjm raccomandò ad Adamo di stare attento a non avvicinarsi all'albero che faceva compiersi la generazione e di non coglierne prima che fosse giunto il tempo.  "Mangiare ciò che è dell'albero accende la passione di unirsi prima del tempo adatto al commercio intimo, è un'azione proibita che è permessa solo nel tempo stabilito.  Se per caso tu allunghi la mano per mangiare ciò che sai essere per mettere in stato d'ardore fuori dal tempo fissato.  La morte sarà il frutto prodotto da questo mangiare".

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Crombette deduce dunque da questa decrittazione che il frutto dell'Albero fosse afrodiaico.
Ma questa sulla 'passionalità' del frutto non è necessariamente la sola 'interpretazione' possibile perché invece - anche fermo restando il testo decrittato - si potrebbe ritenere che ve ne possa essere almeno un'altra, di tipo allegorico.
La passione sessuale di cui parla la decrittazione avrebbe potuto ad esempio essere non una conseguenza dovuta a supposte proprietà di questo frutto quanto invece dovuta alla 'animalità' scaturita dal Peccato originale e quindi al ribaltato equilibrio fra anima-animale e anima-spirituale, con predominio della prima sulla seconda, a seguito della disubbidienza al comando divino con la conseguente perdita della Grazia.
La traduzione 'tecnica' di Crombette almeno nei termini complessivi potrebbe essere giusta ma potrebbe essere invece sbagliata l'interpretazione che egli dà alla decrittazione stessa perché egli potrebbe avere confuso - come suol dirsi -  la causa con l'effetto.
D'altro canto l'uomo - a parte l'anima spirituale, che come abbiamo già ben spiegato si 'integra' con quella animale - é indubitabilmente un 'animale'.
Ciò che lo rende 'uomo' rispetto agli altri animali è infatti proprio l'anima spirituale che egli riceve da Dio e che gli altri animali non hanno.
Ma se gli altri animali per riprodursi o non riprodursi non hanno alcun bisogno di ricorrere né ad afrodisiaci né ad anafrodisiaci, ma lo fanno secondo le leggi congenite della loro specifica natura, perché mai l'uomo avrebbe dovuto far dipendere la sessualità o comunque la riproduzione dal mangiare o non mangiare un frutto afrodisiaco?
Questa interpretazione di F. Crombette sulle pretese proprietà del frutto merita dunque una pausa di ulteriore riflessione.
Ne riparleremo...


1 Gn 2, 8-17

2 F.Crombette: 'La rivelazione della Rivelazione' - Vol. I, n° 42.351, pagg. 227 e segg. - vedi http://digilander.libero.it/crombette

3 G. Landolina: 'La Genesi biblica fra scienza e fede' - Vol. II, Capp. 6 e 7 - Ed. Segno, 2005 - Vedi anche www.ilcatecumeno.net

4 Sul tema degli eventi catastrofici che hanno colpito la terra prima in occasione del Peccato originale e poi del Diluvio universale (con cataclismi tellurici  e vulcanici, sconvolgimento di orografia, formazione di nuove catene montuose, modifica della originaria regione dell'Eden, spostamento dell'asse terrestre, glaciazioni, deriva dei continenti) vedi anche l'Opera di F. Crombette nella versione italiana 'Saggio di Geografia divina', Tomo III, Codice 42.30 in sito internet Ceshe-Italia: http://digilander.libero.it/crombette
Vedi inoltre nello stesso sito il libro 'Sintesi preistorica'.

5 A chi dovesse apparire strano che determinate regioni della Terra potessero essere situate a quote più o meno elevate rispetto a quelle odierne basti sapere che la catena dell'Himalaya forma oggi il sistema montuoso più elevato del globo, con una superficie di 594.400 km2 ed una lunghezza di 2.400 km, dove una trentina di vette, fra le quali l'Everest, superano i 7.600 metri. In molte zone sono stati tuttavia scoperti sedimenti marini, segno che un tempo quella regione dovette trovarsi ottomila metri più in basso e sotto il livello oceanico.
La geologia ufficiale 'attualista' ritiene di datare l'innalzamento successivo di questa regione - come pure quello del massiccio turco dell'Ararat - ad epoche lontanissime ed a ritmi lentissimi, ma vi sono altri studiosi che propendono invece per una formazione relativamente recente dove almeno una parte dei residui fossili marini sarebbero da imputare al Diluvio universale che avrebbe sommerso queste regioni prima che - per eventi sismici catastrofici di cui alcuni contestuali al Diluvio stesso come ad esempio la deriva dei continenti - alcune venissero sollevate.

6 Per  una analisi più approfondita rifarsi all'opera di F. Crombette
già citata precedentemente

7 Al riguardo vedi in Appendice la Tabella genealogica dei patriarchi antidiluviani secondo la Genesi e secondo l'Opera di F. Crombette

8 Gn 6, 3

9 F. Crombette parte qui dal presupposto della 'settimana universale'. Sette millenni di vita della Umanità come sette (6+1) sono stati i giorni della Creazione. Credenza accettata da molti Padri della Chiesa delle origini per cui la storia dell'Umanità, con la fine del mondo, si sarebbe conclusa dopo sette millenni dalla creazione di Adamo avvenuta nel 4004 a.C.

10 Buffon, Georges-Louis Leclerc (1707-1788) naturalista francese, autore di uno dei primi compendi di storia della biologia e della geologia che si stacca dalla visione biblica. Scrisse l'Histoire naturelle, un trattato in 36 volumi che descrive la storia della Terra dal punto di vista mineralogico, botanico e geologico, proponendo ipotesi scientifiche basate sull'osservazione e sul confronto e rifiutando le spiegazioni bibliche. Le sue opere furono fra le più celebri dell'Illuminismo.

11 Nubile: Per 'nubile' intendi qui l'età adatta al matrimonio e procreazione

12 In merito all'età della Terra vedi l'ampia trattazione dell'autore in 'La Genesi biblica fra scienza e fede' - Vol. II, Capp. 8,9,10 - Ed. Segno, oppure www.ilcatecumeno.net