CAP. 9

DIO DISSE: «SIA LA LUCE!». E LA LUCE FU.

 

9.1 La prima grossa contraddizione nel testo della Genesi: la luce del primo giorno

Segretario: A mio avviso è da questo versetto che emerge una prima grossa incongruenza in Genesi:

Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. (Gn 1,3)

Siamo sempre nel ‘primo giorno’ della creazione, cioè nel corso della prima azione creativa, la prima operazione di ‘generazione’, e dal versetto apprendiamo che la prima preoccupazione di Dio è stata quella di creare la luce, dando così via – come precisato nei versetti successivi – al succedersi dei giorni e delle notti.
Poi però, con maggiori espliciti dettagli, il testo di Genesi ‘si contraddice’ quando racconta che è invece nel quarto giorno che vengono creati sole e luna per distinguere il giorno dalla notte e le stelle del firmamento.
Qui – nel primo oppure nel quarto giorno – ci potrebbe essere stata una svista dello scrittore di Genesi, insomma di Mosè.
Il racconto della creazione del quarto giorno è però molto dettagliato e allora c’è forse qualcosa di sbagliato in questo primo giorno.
Potrà essere stato un ‘refuso’ ma – se ammettiamo sviste e refusi di questa portata – allora significa che qualcuno potrebbe veramente essere tentato dall’idea che di ‘refusi’ ce ne siano chissà quanti e giungere alla conclusione che – di refuso in refuso – questa sia più un’opera umana che un’opera dettata veramente da Dio che refusi certo non ne farebbe.
Sentiamo dunque cosa ne dice Crombette:

   Crombette: In ebraico…: i

Ossia in testo coordinato: Vedendo saggiamente più lontano, Elohidjm disse di nuovo questa parola: Si faccia giorno! Dal tempo in cui la Parola fu e­messa, si è fatto giorno.
Se questo testo non appare molto esplicativo, non lo si deve a Mosè ma alla successiva divisione in versetti e che non sempre è molto felice. I due ver­setti seguenti ci apportano i chiarimenti utili. Di questo, riteniamo solo che Dio non dice: "Che la luce sia!" o, come si dice talvolta: "Che si abbia la luce!", ma semplicemente: "Che faccia giorno!". Ora, si fa giorno fin dall'alba; si tratta dunque di una luminosità tenue, e non di piena luce. É ciò che rivela la geologia riguardo ai tempi primitivi della terra: essa non rice­veva allora che una luce diffusa. Forse ci si obietterà che il sole è necessa­rio alle piante, che appaiono fin dalle prime epoche geologiche. Ecco ciò che risponde l'abate Brevet1: "Una forte luce solare non è assolutamente necessaria alle parti verdi dei vegetali; una mezza luce produce sovente più effetto che dei raggi più brillanti... É unicamente per la produzione delle parti colorate in blu, giallo, rosso, violetto, come avviene nei fiori, che la luce è assolutamente indispensabile, e può essere fornita anche da una sor­gente diversa dal sole. Ma siccome non conosciamo... nel passato, altra sorgente di luce, possiamo concludere che, il giorno in cui i fiori si mostra­rono, il sole aveva già la luce attuale, il che ebbe luogo, secondo i dati della paleontologia, verso la metà delle formazioni cretacee, cioè nel periodo cenomaniano".
Segretario: Il Dio della Genesi – seguendo la traduzione di Crombette – sembrerebbe dunque da assolvere perché il Mosè ‘ispirato’ non avrebbe in realtà detto ‘si faccia la luce’, come tradotto nel testo ufficiale, ma ‘si faccia giorno’.
E per ‘farsi giorno’ – precisa Crombette – si intende qui solo una certa luminosità come quando si fa giorno allo spuntare della prima alba.
Una luminosità che, seppur tenue, sarebbe stata già sufficiente a fare sopravvivere le prime specie vegetali che sarebbero state create nel terzo giorno, cioè prima del sole del quarto giorno.
Non è che questa ipotesi di una luce senza sole sia una cosa che mi convinca molto, ma l’abate Brevet, forse un botanico, sembra confortare l’ipotesi interpretativa di Crombette.
Egli sapendo evidentemente che il sole vero e proprio come quello odierno di cui parla Genesi si formerà solo successivamente nel quarto giorno, ma che pur in qualche maniera esso doveva aver cominciato ad irradiare, spiega che una forte luce solare non sarebbe stata assolutamente necessaria alle parti verdi dei vegetali, bastando allo scopo anche una mezza luce
In effetti tutti possiamo constatare che nelle nostre case, ma anche nei laboratori di ricerca botanica, le piante possono sopravvivere anche con luce artificiale, ben diversa da quella solare.
La contraddizione a cui avevo accennato prima fra questo versetto del primo giorno e quelli che parlano della creazione del sole nel quarto giorno parrebbe dunque superata, anche se non ho ben capito di quale ‘luminosità’ si possa trattare.
Il Dio della Genesi attira comunque l’attenzione sul fatto che quella luce ‘era una cosa buona’, e allora cerchiamo di capire meglio approfondendo il quarto versetto:

Dio vide che la luce era cosa buona, e separò la luce dalle tenebre. (Gn 1,4)

Crombette:   Passiamo al versetto 4 che è scritto:

i

Coordinando il testo, viene: Ehèlohidim osservò saggiamente che il sistema che faceva un giorno sufficiente era una cosa pura. Saggiamente, Egli as­semblò queste luci in mansioni. In questo modo, Ehèlohidjm mise a parte ciò che costituiva un giorno sufficiente da ciò che restava nelle tenebre.
La documentazione sulla natura della luce si precisa.
Mosè ci dice ora che questa non era ancora la grande luce del sole, ma un sistema che produceva un giorno sufficiente; era ciò che il poeta chiama: “Quell'oscura luminosità che scende dalle stelle” e che, in Oriente, raggiunge tutta la sua limpidezza. Come, la Via Lattea, fino ad allora anello di materia oscura, è diventata ciò che conosciamo ora? É evidentemente producendo al suo interno dei centri di rotazione agglomerativa, come ci mostrano ancora le nebulose a diversi stadi della loro concentrazione, che Dio vi formò le miriadi di stelle che vi si trovano.

i

Jeans2 scrive:”Le prove sono piuttosto fa­vorevoli all'idea di una creazione unica di stelle all'incirca all'epoca della nascita del nostro sole”.
Che le stelle si siano costituite per un movimento di rotazione, sembra im­plicare che le particelle materiali che le compongono si sono come avvitate l'una sull'altra, giacché, se si fosse trattato di una ro­tazione globale della massa della stella, la forza sarebbe stata centrifuga e non centripe­ta. Queste particelle sarebbero dunque for­mate da atomi in rotazione elicoidale su se stessi, un po' come l'ha intuito Weyher3 nei suoi studi sui vortici (vedi figura), o in vibrazione come le sfere pulsanti di Bjerkness. É in questo che potrebbe risiedere la forza cen­tripeta della gravitazione.
Queste particelle sarebbero in qualche modo una specie di "fulmini in botti­glia", dell'energia in rotazione sferoidale, ed è questo stato di rotazione su se stessa che darebbe alla materia la sua inerzia, la sua massa; massa che sa­rebbe proporzionale a questa velocità interna le cui variazioni avrebbero prodotto le differenze di densità che si constatano tra i corpi. Sarebbe così bastato che Dio facesse girare più veloci su se stesse le particelle che dove­vano costituire il nucleo di ciascun astro per dar loro una massa più grande e, di conseguenza, formarne dei centri d'attrazione in un certo campo riunen­te il campo d'attrazione delle stelle vicine. W. Thomson è, anche lui, ar­rivato alla conclusione della necessità di una “rotazione inerente e preesi­stente nelle molecole di materia”.
Ora, già per il solo fatto dell'agglomerazione delle particelle materiali in se­no a una stella, doveva prodursi un accrescimento della temperatura, così come, in misura molto inferiore, l'ha costatato Weyher nei suoi vortici. Ma, inoltre, la rotazione globale della stella una volta formata si produce, come si vede nel sole, con delle velocità differenziali tra i poli e l'equatore; ne conseguono dei movimenti di convenzione, degli attriti interni la cui in­tensità è proporzionale alla velocità di rotazione dell'astro e può facilmente portarlo all'incandescenza se la velocità è abbastanza elevata.
É verosimil­mente così che la Via Lattea è divenuta luminosa. Halley, dice Wolf4, era stato colpito dai fenomeni (delle nebulose) che egli credeva propri a spiega­re una cosa che sembra difficile da capire nel libro della Genesi, cioè che la luce fu creata prima del sole”.

 

9.2 Una luce misteriosa dal potere proprio, una sorta di ‘attributo’ di Dio

Segretario: Più ascolto e più mi rendo conto che, per darci una ragione dell’universo e della materia, non si può prescindere dall’intervento diretto da parte di Dio.
Solo ammettendo un intervento ‘intelligente’ che modifichi le leggi di comportamento della materia, si può in qualche misura cercare di spiegare come si possa essere giunti dalla materia ‘gassosa’ del Big-bang a quella attuale che compone la Terra.
Una ipotesi che escluda Dio ci rende impossibile darci delle risposte che diano un senso a tutto ciò che vediamo e che siamo, un senso anche alla nostra autocoscienza.
Hanno un bel dire – certi ‘scienziati’ – che non c’è bisogno dell’ipotesi ‘Dio’, e che un giorno capiremo tutto con la nostra testa, perché è solo questione di tempo…
Sarà…, ma io dispongo solo del tempo di questa mia vita e vorrei sapere da subito cosa mi aspetta dall’altra parte, e non vorrei scoprirlo – proprio perché è solo una questione di tempo – quando di tempo non me ne rimane più.
Se dal punto di vista matematico probabilistico è praticamente nulla la possibilità che l’universo si sia creato da sé, allora è ben Dio che ha formato l’universo e lo ha fatto gradualmente ‘evolvere’ fino allo stadio attuale.
Egli ‘deve’ per forza di cose essere intervenuto in qualche modo, e le traduzioni ed ipotesi scientifiche di Crombette potrebbero anche non essere lontane dalla realtà, nel senso che anche se non fossero ‘perfette’ ci andrebbero comunque piuttosto vicino.
Aveva dunque proprio ragione Pio XII, quando sottolineava l’importanza di saper tradurre bene le lingue antiche…
C’è però sempre il problema di questa misteriosa natura della luce, che Crombette identifica non in quella solare ma in una tenue ‘luminosità’, come quella stellare.
Non è che io sia molto convinto: infatti  questa, più che una ‘traduzione’, mi è sembrata quasi una sua ‘interpretazione’.
Vi chiedo tuttavia un attimo di attenzione: in Crombette bisogna valutare sempre con molto discernimento le sue traduzioni, che potrebbero essere abbastanza esatte ma non sempre del tutto esatte, perché – al di là della sua serietà scientifica e della sua convinzione profonda di lavorare per la gloria di Dio – non può escludersi che esse possano in qualche modo essere state influenzate da una sua personale anche inconscia visione delle cose.
Nelle sue traduzioni, poi, bisognerebbe a mio avviso guardare al senso generale e non solo al singolo particolare.
É più facile sbagliarsi sull’interpretazione di un singolo particolare che non sul senso generale di un concetto complesso.
Sempre parlando di quella primitiva ‘luminosità’, potrebbe tuttavia essere anche possibile che le stelle – in quell’epoca primordiale, con una atmosfera anche diversa da quella attuale, inquinata – emanassero una luce molto più vivida di quanto non facciano adesso, in misura comunque sufficiente a fare vivere la vegetazione, una vegetazione non ancora ricca dei colori che oggi ci sono grazie alla luce solare…
In ogni caso a Crombette sembrerebbe che la cosiddetta luminosità vada riferita ad un qualcosa di simile a quella emanata dalla nebulosa stellare che circondava la terra.
Se fosse questa la ‘luce’ di cui si parla in Genesi – assodato che non si tratta di quella del sole e che si tratta di una ‘luminosità’ tenue come quando si fa giorno – non può nemmeno essere quella delle stelle, perché anche queste vengono ‘accese’ il quarto giorno.
Dobbiamo dunque dire che l’ipotesi di Crombette meriterebbe ben altro approfondimento, se solo fossimo in condizione di dargli una risposta…

Azaria:5
Dio disse: ‘Sia fatta la luce’.
Ecco subito che il Verbo espresse il comando che il Padre aveva pensato, e la luce fu. Fu la luce e il Verbo prese presso gli uomini Carne dichiarandosi più volte ‘Luce’, e Luce è detto dalla bocca ispirata di Giovanni Apostolo: ‘In principio era il Verbo e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. Questi era in principio presso Dio. Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui, e senza di lui nessuna delle cose create è stata fatta. In lui era la Vita e la Vita era la Luce degli uomini. E la Luce splendè nelle tenebre, ma le tenebre non la compresero…’ .
Il Verbo ha avuto a sua caratteristica il nome di ‘Luce’. Ha quasi battezzato se stesso di questo nome che è stato detto da Lui nel primo suo atto di ubbidienza  al Padre: ‘La Luce sia!’…
Nel Creato. Gli elementi, che erano confusi nel Caos, ubbidirono ordinandosi. Ricordati qui le parole della Genesi… ‘Dio creò il cielo e la terra, e la terra era informe e vuota, e le tenebre coprivano la faccia dell’abisso, e lo Spirito di Dio si librava sulle acque e Dio disse ‘Sia fatta la Luce’.
Aria, acqua, fuoco, luce erano dunque fatti, ma non erano separati e ordinati. Dio comandò loro di separarsi e di ordinarsi, secondo la legge che Egli dava loro, ed essi ubbidirono e ubbidiscono da migliaia di anni, facendo il giorno e la notte, i mari e le terre, e lavorando, il fuoco, nelle vene del globo, a preparare i minerali dei quali l’uomo necessita.
Ubbidienza del Creato: Dio, dopo aver fatto il Cielo, ossia gli strati dell’atmosfera, li sparse d’astri comandando loro di seguire una certa via immutabile, e gli astri ubbidirono. Dio, dopo aver fatto la terra, ossia dopo aver reso compatta e ordinata la materia, prima sparsa e confusa di polvere e di acque, creò le piante e gli animali della Terra e delle acque, e comandò loro di fruttificare e moltiplicare, ed animali e piante ubbidirono...

Segretario: Le parole di Azaria meritano una attenta riflessione perché si parla in certo qual modo dell’ordine e della successione degli atti creativi.
Proviamo a ragionarci sopra, confrontando quanto dice Azaria – che credo non possa sbagliare – con le traduzioni ed ipotesi scientifiche di Crombette.
Innanzitutto viene fatto un parallelo fra le ‘proprietà’ di questa misteriosa luce e l’appellativo di Luce che sarà dato nei Vangeli al Verbo divino incarnato in Gesù Cristo.
Questo penso significhi l’esistenza di un rapporto diretto fra la ‘luce’ apparsa il primo giorno della Creazione e il Verbo.
La ‘luce’ è tuttavia un qualcosa che viene creato, e quindi non può essere confusa con il Verbo che è ‘increato’.
Il Verbo è stato ‘creatore’ perché Egli è stato la ‘Parola’ che ha reso manifesto il Pensiero e la Volontà del Padre, dandogli esecuzione.
Il Verbo lo ha però fatto in ‘joint-venture’ con lo Spirito Santo che ci ha messo l’Energia, la Fantasia e la sua impareggiabile… Creatività.
Rapporto stretto, dunque, fra la ‘luce’ di questi versetti di Genesi ed il Verbo che è ‘Luce’, senza però che ciò ci autorizzi a pensare che la ‘luce’ si identifichi con il  Verbo.
Siamo dunque di fronte ad una ‘luce’ che sembra qui avere un ruolo molto importante nell’opera creativa, senza che però questo ruolo ci venga spiegato meglio.

 

9.3 E Dio creò la luce. La ‘sua’ luce.

Mi sembra in definitiva che Azaria abbia voluto in qualche modo indirizzarci nella comprensione, centellinando però le informazioni, forse perché non meritiamo ancora una spiegazione completa o forse per lasciarci il gusto intellettuale della ricerca, che è pur sempre una ricerca di Dio.
D’altra parte è stato ben Gesù, nei Vangeli, a dirci che dopo la sua dipartita dalla Terra ci avrebbe inviato lo Spirito Santo che ci avrebbe in futuro fatto comprendere meglio le cose che Gesù aveva detto e che gli apostoli non avevano ancora ben compreso.
Azaria ci fa anche comprendere che il Caos era già una forma di creazione, perché era costituito da elementi, sia pur caotici, e quindi da ‘materia’.
Se infatti Dio ha creato dal nulla, la prima creazione materiale, a parte quella spirituale degli angeli che era stata precedente, è stata quella di questi elementi, che potrebbero essere magari qualcosa di simile a quelli di cui si parla nella ipotesi ‘scientifica’ del Big-bang.
Azaria accenna qui all’azione di qualcosa di molto importante, e cioè lo Spirito di Dio che si libra sulle acque, modo poetico per far capire che in quella desolazione lo Spirito Santo, terza Persona della Trinità, dava la sua cooperazione al Verbo-Parola, procedendo a sostanziali trasformazioni della Terra.
Bisogna rendersi conto che Dio è Uno e Trino e se Dio Padre è la Prima Persona (Pensiero potente che esercita la ‘volontà’), allora il Verbo  (che è Parola che traduce il Pensiero del Padre)  e lo Spirito Santo (che è la ‘Energia creatrice’ per eccellenza) non possono che avere operato insieme, ognuno dei due per la sua parte di ‘competenza’.
Al ‘Sia fatta la Luce’, gli elementi (aria, acqua, fuoco, luce) già creati ma ancora confusi nel Caos, cominciano a separarsi ed ordinarsi.
Azaria non ci fornisce spiegazioni scientifiche come intendiamo noi uomini o alla maniera di Crombette. Egli vola alto, ha un linguaggio spirituale e poetico, non invade la nostra libertà di pensiero anche se dovessimo sbagliare, ma lascia a noi il gusto di addentrarci e cercare di capire i particolari. Egli tuttavia ci fa capire qui – quasi parlasse con noncuranza – che con il termine ‘cielo’ non si intende il firmamento ma l’atmosfera nel suo complesso, l’atmosfera composta di gas come l’ossigeno, l’azoto, ed altri ancora.
Nella scala delle priorità e dell’ordine, Dio crea la terra informe, poi i vari strati dell’atmosfera.
Questa doveva essere all’inizio piena di gas venefici e quindi ben diversa da quella respirabile odierna.
Ciò mi fa pensare che avendo Egli creato, come detto nel primo versetto, il cielo e la terra ed essendo il termine ‘cielo’, come spiegato da Azaria’, da interpretare come ‘atmosfera terrestre’ e non come il luminoso firmamento,  questa sia una ulteriore conferma alla mia supposizione precedente che qui non ci si trovi di fronte alla luminosità stellare ‘quasi alba’ che Crombette ha ipotizzato. Ci deve dunque essere davvero sotto un bel mistero, destinato magari a rimanere tale fino alla fine dei tempi…
È solo dopo aver fatto l’atmosfera – dice Azaria – che Dio dissemina nel cielo gli astri, cioè le stelle, il sole, i pianeti con i loro satelliti, vincolandoli a quelle leggi misteriose di movimento che fanno sì che essi si spostino nello spazio con ordine e l’universo continui ad esistere senza disintegrarsi in uno scontro immane.
Azaria dice qui senza dubbio che le stelle vengono dopo il cielo, inteso come atmosfera terrestre e non come firmamento.
Egli precisa infine che Dio, dopo aver reso compatto il globo che all’inizio era un amalgama di terra e acqua, crea la vegetazione e i primi animali dando ad entrambi ‘l’ordine’ di produrre frutti e moltiplicarsi.
Ne parleremo rispettivamente nel terzo e nel quarto giorno di Genesi, ma dare l’ordine ai vegetali di produrre frutti e moltiplicarsi significa crearli non solo con all’interno un ‘principio vitale’ che li contraddistingue dalla materia inerte, ma anche con dentro – scritto in quel che potremmo chiamare il loro ‘Dna’ – le ‘leggi’ che presiederanno alla loro produzione fruttifera ed alla riproduzione.
Direi che Azaria abbia fin qui confermato nel complesso l’ordine creativo enunciato da Crombette ma, ciò nonostante, non ho proprio compreso questo rapporto fra la luce che è stata ‘creata’ e la Luce, cioè il Verbo, che è Increato.
Sembra quasi una contraddizione. Mi spiego…?

(Si sente all’improvviso una armonia di suono potente provenire  dall’Alto…)

Voce:6
‘Lo Spirito di Dio si librava sulle acque’, è detto, ed è una delle prime parole della meravigliosa storia della Creazione. Già era Dio. Sempre Egli fu. E per suo Essere poté creare dal nulla il tutto; dal disordine l’ordine; dall’incompleto - più: dall’informe - il completo, il formato con legge di sapienza potentissima. Dal caos sorse l’universo. Dai vapori carichi di molecole confuse, dalla anarchia degli elementi, ‘creò il cielo e la terra’ e subito il suo Spirito ‘si librò sopra le acque’.
E mano a mano che le successive opere della creazione si compievano, ‘lo Spirito del Signore’ si librava su esse con le sue leggi e provvidenze. Successive opere e sempre più potenti. Dal caos che si separa e ordina per, dirò, famiglie – parti solide con parti solide per formare il globo del pianeta Terra, parti umide con parti umide per formare successivamente i mari, laghi, fiumi, ruscelli – alla luce, la prima delle cose non solo ordinate con elementi già esistenti nel caos, ma creata, con potere proprio, dal nulla.
Poiché la luce non era, ‘le tenebre coprivano la faccia dell’abisso’, ossia del caos nel quale confusamente si urtavano masse di vapori, carichi di umidità, di gas, di molecole. E Dio creò la luce. La sua luce. Egli concesse al mondo, che sorgeva dal nulla per suo volere, l’attributo, uno degli attributi suoi: la luce.
Dio è Luce ed è il Padre della Luce e delle luci. E alla Terra, sua prima creatura, concede e dona la luce. Così come all’uomo, perfezione della creazione e ultima delle sue opere delle sei giornate divine dopo le quali Dio si riposò, concede l’attributo che lo fa a Lui somigliante: lo spirito libero, immortale, l’alito suo divino, infuso nella materia perché essa sia animata da Dio e abbia diritto al Cielo, alla dimora del Padre…

 Segretario: Signori…, capisco il vostro silenzio attonito…, ma non possiamo che inchinarci alle ‘Voci’ che vengono dall’Alto.
In questo caso ‘Qualcuno’ ha ritenuto forse opportuno, in considerazione dei nostri dubbi, o forse dei miei, integrare ulteriormente quanto già detto da Azaria.
Cominciamo dunque a ragionare su quest’ultimo insegnamento seguendo l’ordine delle informazioni.
Viene confermata la creazione dal nulla.
Il caos iniziale (di elettroni, protoni, e poi di vere e proprie ‘molecole’) viene ‘ordinato’. Per inciso il caos non va confuso con il ‘nulla’, perché il caos di elementi materiali è già una prima forma di creazione.
Viene anche chiarito che qui, nelle parole ‘le tenebre ricoprivano la faccia dell’abisso’, il termine di ‘abisso’ non sta a significare le acque dei mari, come avevo io supposto prima, ma il Caos sterminato.
Lo Spirito del Signore interviene dunque sin dall’inizio per ordinare il caos e poi la materia vera e propria.
Si assiste all’ingresso in campo della ‘luce’, con un chiarimento che essa è stata la prima delle cose non solo ordinate con elementi già esistenti nel caos, ma creata ‘con potere proprio’, dal nulla.
La Voce chiarisce che Dio creò la luce, aggiungendo subito dopo che si trattava della ‘sua’ luce. Come a voler significare che non era né una luce prodotta dal sole né tantomeno dalle stelle.
Mi sembra inoltre che quando si dice che Dio l’aveva creata con ‘potere proprio’ non ci si riferisca al ‘potere’ di Dio, quanto ad una specifica ‘proprietà’ della Luce: Dio dota la luce di un suo (della luce) particolarissimo potere: la luce misteriosa – precisa infatti la Voce – è addirittura uno degli ‘attributi’ di Dio, pur senza essere ‘Dio’.
Ribadisco: non siamo di fronte ad una luminosità stellare.
Crombette ha sempre detto per primo – nelle sue opere – che egli si considerava solo un precursore e che lasciava ai ‘giovani’ il compito di correggere e… proseguire sulla strada che egli aveva aperto.
Dovendo allora pensare – tanto per fare un esempio – a un ‘qualcosa’ che abbia un suo ‘potere proprio’ io non posso fare a meno di pensare al principio vitale che è caratteristico nel mondo vegetale ed animale.
Nel nostro mondo moderno non è facile trovare il tempo di meditare, ma vi siete mai chiesti cosa possa essere quel ‘qualcosa’ che ‘fa vivere’ un vegetale od un animale, per non parlare dell’uomo?
Un vegetale si riproduce per seme, d’accordo, come del resto l’animale, anche se in modo diverso.
Ma cosa è mai quel misterioso ‘qualcosa’ che ‘fa vivere’ sia il vegetale che l’animale, facendo poi in modo che ciascuno si comporti secondo la propria finalità?
La Voce dice dunque che Dio, che è Luce ed è il ‘Padre della Luce e delle luci’, concede e dona alla Terra, sua prima creatura,  uno dei suoi attributi: la luce.
La ‘Voce’ fa al riguardo un parallelo: come Dio concede alla Terra la ‘luce’, attributo di Dio, così Egli concede all’uomo l’attributo che lo fa a Dio più somigliante, e cioè lo ‘spirito’ che non è lo Spirito di Dio ma è uno spirito ‘creato’ da Dio che viene infuso nella carne umana affinché essa sia animata da Dio…
E lo spirito dell’uomo vivrà in eterno…
La ‘luce’ è quindi un ‘quid’ che dà la vita?
Che sia dunque questa ‘luce’ quella che imprime moto alle stelle ed ai pianeti, che presiede alle leggi chimiche che ‘animano’ e fanno aggregare la materia, e che fornisce infine un principio vitale a vegetali ed animali dando loro vita terrena così come l’altro attributo di Dio dà invece all’uomo la vita spirituale eterna?
Per quanto riguarda stelle e pianeti, ricordo di aver letto che il famoso Keplero, rompendo con la tradizione scolastica, avesse ripreso – pare – la tradizione cosmologica platonica che parlava di una sorta di ‘anima del mondo’ come causa dei movimenti celesti.
Platone – se ben ricordo – ne parlava in Timeo, ma era un concetto derivato da antiche cosmologie mitiche dell’Oriente dove il mondo era immaginato come un grande animale che vive ed è fecondo.
Anche gli stoici ritengono che Dio sia l’anima del mondo.
Non vorrei nemmeno dare l’impressione di pensare io in maniera immanentisca, dando cioè alla materia proprietà ‘divine’: la grande avanzata del sapere scientifico ha fatto giustizia liberandoci da questi elementi fantastici famigliari a taluni pensatori italiani del Rinascimento dediti alla magia.
Non so proprio se Platone avesse comunque intuito giusto nel filosofeggiare che gli astri siano di per se stessi dotati di una proprietà intrinseca che li fa muovere in un modo piuttosto che in un altro.
É certo però che queste ‘leggi’ precise che ‘fanno muovere’ gli astri sono una cosa che dalla scienza è stata studiata e misurata ma di cui non si è scoperta né la natura né la causa prima.
Per quanto riguarda vegetali ed animali - non escluso l’animale-uomo - io ipotizzo che il ‘principio vitale’ possa identificarsi con quella che persino nei testi di teologia viene comunemente menzionata come ‘anima-vegetativa’, cioè ‘vegetale’,  e ‘anima-sensitiva’, cioè  ‘animale’.
L’anima ‘vegetale’ o quella ‘animale’ è quella che ‘anima’, che cioè dà ‘vita’, ma vita terrena, destinata ad estinguersi con la morte fisica del vegetale od animale.
San Paolo – in un paio delle sue Epistole – aveva però detto e ribadito che l’uomo è costituito da tre realtà: carne, anima e spirito.
Se dunque l’anima è ‘l’anima animale’ che dà la vita e si trasmette con la riproduzione della specie, ma perisce con il corpo, lo spirito è invece qualcosa di molto più sofisticato, qualcosa che – sia pur ad un livello inferiore a Dio che è purissimo spirito, sia pur di un livello ancora inferiore agli angeli, che sono puri spiriti – rende l’uomo immortale.


1 La gèologie et la Bible, p. 199, Stamperie salesiane, Parigi, 1895

2 L’Univers, p. 271, Payot, Parigi, 1930

3 Toujours les tourbillons, Gauthier-Villars, Parigi, 1910

4 Les hypothèses cosmogoniques, p. 118, r.l, Gauthiers-Villars, Parigi, 1889

5 M.Valtorta: ‘Il libro di Azaria’, pagg. 375 e segg., Centro Ed. Valtortiano di Isola del Liri

6 M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola ai romani’ - pagg. 82/83 - Centro Ed. Valtortiano.
Nota bene: La ‘Voce’ è qui lo Spirito Santo che ammaestra la mistica nelle ‘Lezioni’. Si tratta di un ciclo di ‘lezioni’ che sono di straordinaria intensità spirituale e cultura teologica perfettamente in linea con le verità di fede, oltre che di gradevole e facile lettura.