9. Satana è!
Satana che dice: ‘Non risorgerà. Nessun profeta l’ha detto’.

 

9.1 La logica della ‘Croce’.

Medito sulle sofferenze di Maria e sul suo ruolo di Corredentrice.
Gesù amò la Croce non perché fosse un masochista ma perché solo con quel gesto sublime di amore, un amore di Uomo-Dio, avrebbe potuto riscattare l’Umanità dalle conseguenze del Peccato originale che le avevano precluso il Cielo ma più ancora le avevano aperto le porte dell’Inferno.
Dunque, perché la Croce abbia valore redentivo bisogna amarla, o quanto meno accettarla e offrirla.
Stiamo toccando un punto molto difficile della dottrina cristiana che sarebbe umanamente inaccettabile se non fosse visto in un’ottica di mistica assoluta, cioè nell’ottica di Gesù… e di Maria.
Io ho sempre temuto la ‘croce’, non quella di Gesù Cristo - che fu tutta sua – quanto quella degli uomini.
Avevo sempre provato una repulsione istintiva per questo concetto, lo consideravo frutto di una ideologia malata.
In effetti come può, una persona ‘normale’, amare la ‘croce’?
L’uomo moderno ragiona in maniera diversa, non vuole la ‘croce’, vuole il benessere, il successo, i soldi. Non vuol sentir parlare di penitenze ed espiazioni: roba da Medioevo!
Però ogni uomo ha dentro di sé, innato, il senso di Dio ed allora -  più la società ed il sistema di valori in cui viviamo ci allontanano da Dio - più l’uomo avverte una forza eguale e contraria, come nella legge della idrodinamica dei corpi immersi nei liquidi, che lo spinge verso l’alto a ‘galleggiare’ ed a prendere una boccata d’aria pura.
Il Cristianesimo è tuttavia una religione ‘tosta’, specie con la sua dottrina della morale che fa a pugni con quella che noi viviamo, ed ecco che allora l’uomo moderno, sostanzialmente edonista e consumista, cerca dei surrogati che non disturbino troppo la sua vita ma che soddisfino in qualche modo il suo bisogno interiore di ‘religiosità’, cioè di Dio.
Fioriscono le religioni ‘New age’, le ‘religioni dei fiori’, e sono sempre più in auge quelle forme di filosofia-religiosa che, con tecniche di rilassamento di vario genere,  mirano a darti una certa ‘serenità’ e gioia di vita.
Aumentano i seguaci delle religioni che ti offrono una ‘reincarnazione’, dottrina che ha il vantaggio di farti sperare che anche se non ti comporti bene in questa vita ne hai sempre davanti cento altre  dove ti andrà ancora meglio perché poi tutti alla fine si ‘salvano’ comunque, anche se magari ti accorgerai – giunto dall’altra parte la prima volta – che non si può più tornare indietro per ricominciare di nuovo e che hai sprecato quell’unica cartuccia che avevi a disposizione.
La religione cristiana insegna invece che di vita ce ne è una sola, che dolore e odio sono conseguenza del Peccato originale e che solo imparando ad amare si può risalire la china della purificazione’ interiore che ci consentirà – nell’altra vita – una sorte migliore in Cielo
Questo non significa che il cristiano debba vivere da ‘asceta’, ma certamente che per ‘amare’ esso debba in una certa misura percorrere un sentiero stretto che cozza contro i nostri costanti egoismi, contro le nostre ambizioni, contro i valori correnti.
Amare è insomma ‘faticoso’ e molto ‘impopolare’.
Quando però – parlando di Gesù e di Maria – parliamo di riscatto dell’uomo dal Peccato Originale e di salvezza eterna  dalle sue conseguenze, dobbiamo essere consapevoli del fatto che si tratta di una battaglia contro uno spirito Tentatore che in odio a Dio vuole la dannazione dell’uomo.
Per combattere più efficacemente questa battaglia ci vogliono mezzi sovraumani che Gesù Cristo ci ha indicato per primo suggerendoci – non per tutti ma solo per chi viene chiamato a questa speciale vocazione, quella di anima-vittima – la strada da percorrere per essere corredentori con Lui nel suo Corpo Mistico.
La vita normale offre ad ognuno di noi – nel suo corso – una serie lunga di croci, più o meno grandi.
Non si tratta di volere la croce, perché le croci vengono senza che Dio ce le mandi.
Può essere un problema di salute, una disgrazia improvvisa, una sofferenza economica, la perdita del lavoro, di un figlio, di un genitore, lutti per guerre, fame e così via.
Se potessimo scandagliare il cuore di una persona di una certa età e le chiedessimo di scavare nel suo passato, chissà quante croci troveremmo che la vita le ha elargito gratuitamente.
Le croci dunque le subiamo e in quanto subìte hanno un valore relativo anche se il Padre buono ne terrà conto quando peserà sulla sua bilancia le buone e le cattive azioni, mettendo sul piatto delle buone anche il peso delle sofferenze che la vita ci ha dato e che sono servite di espiazione.
Ma la mia ‘Luce’, una volta, aveva cercato di insegnarmi – anche senza successo – come sarebbe stato possibile trasformare una normale croce della vita, che comunque subiamo, in qualcosa d’altro che abbia un valore soprannaturale che serva a noi e…agli altri:1

Luce:
Amare la Croce...
La vita dell'uomo è una serie ininterrotta di piccole e grandi 'croci', comunque croci.
'Amare la Croce' significa accettarle per quello che sono.
Te l'ho detto, non è Dio che le 'manda'... sono una conseguenza del comportamento 'consapevole' dell'uomo sia dal punto di vista del 'Peccato Primo' che da quello dei 'peccati altri'.
La Terra, vestibolo dell'Inferno e feudo di Satana, è 'tempio' d'espiazione. Sono gli uomini che si danno dolore, con il loro libero arbitrio. E Dio lo consente, lascia fare. Rispetta la loro libera volontà sapendo che il Regno vero è quello dei Cieli. E allora permette la sofferenza perché con questa si riscattano le proprie colpe, e anche quelle degli altri, e - nell'economia mondiale della Comunione dei Santi -  si guadagna la felicità eterna.
Ma  come nelle cose umane e come nel lavoro  non sono le cose 'subìte' e fatte di malavoglia quelle che danno merito, ma quelle fatte con entusiasmo sono quelle che attirano la benevolenza dei superiori, così - applicato allo spirito - l'entusiasmo per la 'croce', cioè l'amore, cioè la buona volontà, la volontà di farsi animo ed accettarla, sono tutte - queste - cose che ti concedono la benevolenza di Dio, cioè la salvezza.
Ma poiché l'Io è forte, poiché l'umanità dell'uomo è forte, opporsi violentemente vorrebbe dire per te 'spezzarsi', fallire. Allora ti devi flettere come giunco, cioè 'abbandonarti'. Come? Vivendo alla giornata le tue sconfitte e vittorie spirituali, senza porti traguardi ambiziosi, che ti scoraggerebbero, ma facendo alla sera il rendiconto della giornata con l'unico proponimento di migliorare il bilancio il giorno dopo.
Ti troverai sulla Croce senza essertene neanche accorto... Capito?
Non vi è altro da aggiungere, per oggi.

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Bene, Maria non avrebbe voluto la Croce, perché mai una madre avrebbe potuto volere di sua iniziativa quella tragica Passione del Figlio, ma – per fare la volontà di Dio che la chiamava a speciale missione di anima-vittima, anzi di Madre dell’Anima-vittima per eccellenza e di tutte le altre anime-vittime che sarebbero seguite – Maria la volle accettare in anticipo con piena consapevolezza e…la offerse per la salvezza dell’Umanità: fu dunque Corredentrice.
Nella nostra narrazione siamo giunti al punto in cui Gesù affronta il culmine della ‘sua’ Passione.
Non parleremo però di questa, quanto invece della Passione di Maria.
Il parlarne ora non è una questione di eccesso di ‘madonnismo’, come certuni potrebbero dire, ma un fatto di semplice coerenza con il tema che mi sono proposto di svolgere con questo libro.
Il capitolo precedente si era concluso – la sera del Giovedì santo – con l’addio di Gesù alla Mamma in quello che entrambi sapevano che stava diventando il Prologo della Passione.
Finita la Cena, il Gruppo apostolico lascerà la Casa del Cenacolo per recarsi al Getsemani dove Gesù voleva prepararsi nella preghiera a quanto stava per accadere.
Aveva forse bisogno il Verbo di Dio - che è Dio e che è sempre unito a Dio – di pregare Dio che è uno e Trino, cioè di pregare Se stesso?
Non sono un teologo di fine sapienza, ma ‘a occhio e croce’ - visto che siamo in tema di croce -  direi di no.
Chi ne aveva bisogno era la natura umana di Gesù, cioè la sua anima, che - dall’unione con Dio data dalla preghiera - avrebbe dovuto trarre forza per affrontare la prova finale.
Maria era rimasta in preghiera nella sua stanzetta per ‘sostenerlo’.
E’ il concetto della Comunione dei Santi.
Gesù e Maria erano il Nuovo Adamo e la Nuova Eva, venuti per riscattare la Colpa dei Primi Due.
Anch’essi erano senza Macchia d’origine ed erano ricolmi della pienezza  dei doni dello Spirito Santo.
Uno di questi era quello – come esseri umani – di sentire molto meglio la Voce di Dio, un altro era quello della introspezione dei cuori, cioè del saper intuire spiritualmente bene quanto passava nell’animo degli altri.
Gesù come Uomo perfetto aveva questo Dono, ma – quando in Lui per l’esigenza della missione si manifestava il Verbo – allora aveva anche l’Onniscenza.
Ma in questo momento Gesù è ‘uomo’, per giunta ‘abbandonato’ da Dio affinché nella sensazione di abbandono Egli soffra ancora di più e ancor più profondamente Egli espii per i peccati dell’Umanità passata, presente e futura.
E anche Maria si sentirà abbandonata senza che le Voci del Cielo giungano a darle conforto.
I doni mistici sono una cosa molto misteriosa.
Mentre Lei pregava e al Getsemani iniziava la tragedia, Lei non ‘vedeva’ quanto stava accadendo ma – con il suo Cuore unito a quello di Gesù – lo ‘sentiva’, e soffriva, e pregava ancora di più per dare forza a Lui.
Quando il mattino del Venerdì Giovanni bussa forte alla sua porta, Lei apre ma ‘sa’ già tutto, persino della condanna alla Croce.
Non sa però dove è Gesù che Lei non riesce a ‘vedere’.
Glielo dice Giovanni, reduce dalla conclusione del processo in piazza: Gesù è davanti al Pretorio, condannato a morte, e si prepara a salire il Calvario con la sua Croce sulle spalle.
Le altre discepole che erano nella casa – casa di proprietà di Lazzaro – sentendo il trambusto di Giovanni piangente, accorrono, capiscono e scoppiano tutte in lacrime.
Maria – accasciata – si erge, prende in mano la situazione, ordina loro di prepararsi e di seguirla.

9.2 Ma non vedete che non credete alla sua Resurrezione? Lo credete? No.

Qui comincerà il Calvario delle ‘donne’ di cui raccontano i Vangeli, e soprattutto quello di Maria.
Tutti gli altri apostoli erano fuggiti la notte precedente al momento della cattura.
Anche Pietro – dopo quella sua triplice negazione di conoscere Gesù – è fuggito via spaventato, forse per paura che qualcun altro lo riconoscesse, ma anche affranto dal dolore e dalla vergogna per aver rinnegato il suo Maestro.
Solo le donne seguiranno dunque Gesù in quella mattinata lungo il percorso, le donne con Giovanni,  e con lui resteranno sotto la croce in quelle interminabili ore di agonia da mezzogiorno alle tre del pomeriggio.
La morte per crocifissione – quella con i chiodi, non quella di ‘legatura’ che nell’opera valtortiana era stata impartita ai due ‘ladroni’ contigui - è più rapida ma molto più atroce, ed infatti veniva riservata a coloro che dovevano essere particolarmente puniti.
I chiodi sigillano i buchi delle ferite, il dissanguamento e la morte sono dunque più lenti, ma il dolore è atroce, mentre il respiro – con il torace stirato dal peso del corpo appeso per le mani ai bracci alti della Croce – si fa sempre più corto, affannoso, come pure il senso di soffocazione e asfissia.
Se poi per prendere respiro si fa forza sui piedi inchiodati per risollevarsi un poco, allora sono altri dolori lancinanti.
Se le donne vedono ‘tutto’, e piangono, Maria vive quella Passione di Gesù nelle proprie carni di ‘madre’.
Lei ‘sente’ fisicamente nel proprio corpo la ferocia straziante di quei chiodi, mentre per compartecipazione vive nel proprio ‘cuore’ la sofferenza morale del Figlio.
Una doppia sofferenza, dunque.
La morte di Gesù, se pur le deve essere stata terribile perché rappresentava per Lei il distacco definitivo, deve essere stata anche una sorta di liberazione, penso.
Maria sapeva bene che Gesù era Figlio di Dio e aveva creduto dunque fermamente alle parole del Figlio quando Questi aveva annunciato più volte – oltre che la propria morte - anche la sua successiva Resurrezione, al terzo giorno.
Ma in quel momento Lei non capiva più nulla, accecata dal dolore.
Vedeva solo suo Figlio torturato e ben morto, definitivamente cadavere.
Suo figlio era lì, morto, morto, morto!
Gesù viene deposto dalla croce, avvolto in un telo a sua volta posato su dei mantelli che servono da improvvisata portantina.
Giovanni, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea – seguiti dal corteo di donne - lo trasportano giù, ai piedi del Golgota, in un campo di proprietà di Giuseppe dove questi si era fatto costruire la tomba di famiglia, una cosa ‘lussuosa’ ma ancora inutilizzata, scavata dentro la roccia calcarea.
Gesù era morto alle tre del pomeriggio ma per Giuseppe c’era voluto del tempo per tornare al Pretorio, e – con la sua autorità di membro del Sinedrio – farsi ricevere da Pilato ed ottenere l’autorizzazione al rilascio del cadavere, tornare indietro sul Calvario, staccare il Corpo dalla Croce e portarselo via per inumarlo  nella propria tomba.
Si stava già quindi avvicinando il tramonto del ‘Venerdi’, tramonto con il quale sarebbe iniziato il sabato ebraico quando ogni attività sarebbe stata assolutamente vietata dalla Legge, senza che ci si potesse neanche allontanare più di qualche centinaio di metri dal luogo in cui ci si trovava quando si veniva sorpresi dal tramonto.
Dovevano quindi far presto, preparare sommariamente il corpo di Gesù con degli unguenti di imbalsamazione, una sorta di prima preparazione, che avrebbero terminata il giorno successivo al sabato quando avrebbero potuto riprendere quel compito pietoso.
Se lo volevano imbalsamare era perché evidentemente i tre uomini non credevano alla sua Risurrezione.
Una sua Risurrezione – anche se ci avessero creduto - doveva sembrare in effetti impossibile con un cadavere così ridotto e con il cuore spaccato dal colpo di lancia che i soldati - come prescrivevano le norme militari - avevano inferto mentre Gesù era ancora sulla Croce, per essere sicuri che fosse effettivamente morto prima che i discepoli se lo portassero via.
Del resto gli stessi apostoli – lo si capisce bene leggendo il Vangelo di Marco che lo ripete più volte in differenti versetti2non credettero ai racconti delle varie donne che – andate la Domenica all’alba al Sepolcro per completare l’imbalsamazione – erano tornate di corsa riferendo che Gesù era risorto.
Essi, maschilisti, avevano pensato che le loro fossero allucinazioni da ‘femmine’.
Gli apostoli (che dopo la fuga del Giovedì notte, alla sera della Domenica si erano nuovamente riuniti insieme nel Cenacolo, tranne Tommaso, ancora alla macchia, e Giuda, impiccatosi nel frattempo) non credettero però nemmeno ai due uomini di Emmaus. 3
Costoro, percorrendo la strada da Gerusalemme ad Emmaus - discorrendo di Gesù e della sua crocifissione e dubitando perciò che Egli fosse stato il Messia che avrebbe dovuto liberare Israele, nonostante delle discepole avessero detto quel mattino che era risorto - se lo erano visto arrivare al proprio fianco sotto l’aspetto di un comune viandante.
Questi – discutendo dei fatti accaduti ed illustrando loro con sapienza le Scritture – li aveva convinti che quel Gesù crocifisso era proprio il Messia profetizzato.
Israele aveva sbagliato a concepire la ‘regalità’ di Gesù, che sarebbe stato invece non re di umana e caduca gloria ma Re di un Regno spirituale, eterno nel tempo. Un Re che era effettivamente risorto.
Giunti ad Emmaus sul far della sera i due – riconoscenti e rinfrancati dai suoi insegnamenti sapienti – gli chiedono di fermarsi a cena e, quale ospite d’onore, lo invitano a spezzare e ‘offrire’ al Cielo il pane.
Mentre il Viandante compie questo gesto in maniera solenne, ripetizione dell’Eucarestia, si trasfigura in volto e appare loro divinamente maestoso quale Egli è, il Risorto, scomparendo alla loro vista subito dopo.
Quando i due uomini ritornano trafelati ed emozionati da Emmaus, giungendo a Gerusalemme a notte tarda, per dare agli apostoli ancora riuniti nel Cenacolo la notizia che Gesù era effettivamente risorto, come avevano detto le ‘donne’ quello stesso mattino, gli apostoli non credono nemmeno a loro.4
Sarà poco dopo questo annuncio dei due di Emmaus nel Cenacolo che Gesù - apparso in quel giorno praticamente a tutte le donne tranne che agli apostoli colpevoli di viltà – attraverserà i muri delle pareti del Cenacolo e si materializzerà davanti ai loro occhi, in carne ed ossa, lasciandoli attoniti e…atterriti al punto che li inviterà a dargli qualcosa da mangiare per convincerli di non essere un fantasma.
Ma per tornare alla Croce, la nostra mistica vede tutto nei minimi particolari e descrive in pagine e pagine quanto avviene durante la Crocifissione, le sofferenze di Gesù, la folla che urlava, irrideva e lo sfidava a scendere dalla Croce se era vero che era Figlio di Dio.
Vede la morte, la deposizione dalla Croce, il trasporto di Gesù fin nella tomba, nonché i gesti e la disperazione di Maria che – sia pur Madre di Dio, ma pur sempre Mamma e di cultura e mentalità orientale – reagisce con quelle manifestazioni di dolore e di disperazione che vediamo avvenire in televisione anche ai giorni nostri e che sono estranee alla maggior contenutezza della nostra ‘cultura’ occidentale.
Qui mi limito a dire solo l’essenziale.
Il sepolcro è composto da due stanze, una sorta di anticamera con un tavolo di pietra che serve per la composizione del corpo, ed una stanza successiva, la vera e propria camera sepolcrale nelle cui pareti vi sono tutta una serie di loculi vuoti in attesa – suppongo – degli altri ‘ospiti’ futuri.
Gesù viene deposto sul tavolo dell’anticamera e viene sommariamente pulito, Maria gli sta accanto, piange, gli parla, lo chiama, se lo abbraccia serrandoselo al petto…:5

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Nicodemo e Giuseppe si avvicinano, appoggiando ad una specie di sedile, che è all'altra parte della pietra, vasi e bende, e la sindone monda e un catino con acqua, mi pare, e batuffoli di filacce, mi pare.
Maria vede e chiede, forte: «Che fate voi? Che volete? Prepararlo? A che?
Lasciatelo in grembo alla sua Mamma. Se riesco a scaldarlo, prima risorge. Se riesco a consolare il Padre e a consolare Lui dell'odio deicida, il Padre perdona prima, e Lui prima torna».
La Dolorosa è quasi delirante.
«No, non ve lo do! L'ho dato una volta, una volta l'ho dato al mondo, e il mondo non lo ha voluto. L'ha ucciso per non volerlo. Ora non lo do più! Che dite? Che lo amate? Già! Ma perché allora non l'avete difeso? Avete atteso, a dirlo che lo amavate, quando non era più che uno che non poteva più udirvi. Che povero amore il vostro! Ma se eravate così paurosi del mondo, al punto di non osare di difendere un innocente, almeno lo dovevate rendere a me, alla Madre, perché difendesse il suo Nato. Lei sapeva chi era e che meritava. Voi!... Voi lo avete avuto a Maestro, ma non avete nulla imparato. Non è vero forse? Mento forse? Ma non vedete che non credete alla sua Risurrezione? Ci credete? No.
Perché state là, preparando bende e aromi? Perché lo giudicate un povero morto, oggi gelido, domani corrotto, e lo volete imbalsamare per questo. Lasciate le vostre manteche. Venite ad adorare il Salvatore col cuore puro dei pastori betlemmiti. Guardate: nel suo sonno non è che uno stanco che riposa. Quanto ha faticato nella vita! Sempre più ha faticato! E in queste ultime ore, poi!... Ora riposa. Per me, per la Mamma sua non è che un grande Bambino stanco che dorme. Ben misero il letto e la stanza! Ma anche il suo primo giaciglio non fu più bello, né più allegra la sua prima dimora. I pastori adorarono il Salvatore nel suo sonno di Infante. Voi adorate il Salvatore nel suo sonno di Trionfatore di Satana. E poi, come i pastori, andate a dire al mondo: "Gloria a Dio! Il Peccato è morto! Satana è vinto! Pace sia in Terra e in Cielo fra Dio e l'uomo!". Preparate le vie al suo ritorno.
Io vi mando. Io che la Maternità fa Sacerdotessa del rito. Andate. Ho detto che non voglio. Io l'ho lavato col mio pianto. E basta. Il resto non occorre. E non vi pensate di porlo su di Lui.
Più facile sarà per Lui il risorgere se libero da quelle funebri, inutili bende.
Perché mi guardi così, Giuseppe? E tu perché, Nicodemo? Ma l'orrore di questa giornata ebeti vi ha fatto? Smemorati?
Non ricordate? 'A questa generazione malvagia e adultera, che cerca un segno, non sarà dato che il segno di Giona... Così il Figlio dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della Terra". Non ricordate?  ‘Il Figlio dell'uomo sta per essere dato in mano agli uomini che l'uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà". Non ricordate? "Distruggete questo Tempio del Dio vero ed in tre giorni Io lo risusciterò". Il Tempio era il suo Corpo, o uomini. Scuoti il capo? Mi compiangi? Folle mi credi? Ma come? Ha risuscitato i morti e non potrà risuscitare Se stesso? Giovanni?».
«Madre!».
«SI, chiamami "madre". Non posso vivere pensando che non sarò chiamata così! Giovanni, tu eri presente quando risuscitò la figlioletta di Giairo e il giovinetto di Naim. Erano ben morti, quelli, vero? Non era solo un pesante sopore? Rispondi».
«Morti erano. La bambina da due ore, il giovinetto da un giorno e mezzo».
«E sorsero al suo comando?».
«E sorsero al suo comando».
«Avete udito? Voi due, avete udito? Ma perché scuotete il capo? Ah! forse volete dire che la vita torna più presto in chi è innocente e giovinetto. Ma il mio Bambino è l'Innocente! Ed è il sempre Giovane. E’ Dio, mio Figlio! ... ».
La Madre guarda con occhi di strazio e di follia i due preparatori che, accasciati ma inesorabili, dispongono i rotoli delle bende inzuppate ormai negli aromi.
Maria fa due passi. Ha rideposto il Figlio sulla pietra con la delicatezza di chi depone un neonato nella cuna. Fa due passi, si curva ai piedi del letto funebre, dove in ginocchio piange la Maddalena, e l'afferra per una spalla, la scuote, la chiama: «Maria. Rispondi. Costoro pensano che Gesù non possa risorgere perché uomo e morto di ferite. Ma tuo fratello non è più vecchio di Lui?».
«Non era tutto una piaga?».
«Sì».
«Non era già putrido prima di scendere nel sepolcro?».
«Sì».
«E non risorse dopo quattro giorni di asfissia e di putrefazione?».
«Sì».
«E allora?».
Un silenzio grave e lungo.
Poi un urlo inumano.
Maria vacilla portandosi una mano sul cuore. La sostengono. Ma Lei li respinge. Pare respinga i pietosi.
In realtà respinge ciò che Lei sola vede. E urla: «Indietro! Indietro, crudele! Non questa vendetta! Taci! Non ti voglio udire! Taci! Ah! mi morde il cuore!».
«Chi, Madre?».
«O Giovanni! Satana è! Satana che dice: 'Non risorgerà. Nessun profeta l'ha detto".
O Dio altissimo! Aiutatemi tutti, o voi, spiriti buoni, o voi, uomini pietosi! La mia ragione vacilla! Non ricordo più nulla. Che dicono i profeti? Che dice il salmo? Oh! chi mi ripete i passi che parlano del mio Gesù?».
E’ la Maddalena che con la sua voce d'organo dice il salmo davidico sulla Passione del Messia.
La Madre piange più forte, sorretta da Giovanni, e il pianto cade sul Figlio morto che ne è tutto bagnato. Maria vede, e lo asciuga, e dice a voce bassa: «Tanto pianto! E quando avevi tanta sete neppure una stilla te ne ho potuto dare. E ora... tutto ti bagno! Sembri un arbusto sotto una pesante rugiada. Qui, che la Mamma ti asciuga, Figlio! Tanto amaro hai gustato! Sul tuo labbro ferito non cada anche l'amaro e il sale del materno pianto! ... ».
Poi chiama forte: «Maria. Davide non dice... Sai Isaia? Di' Ie sue parole ... ».
La Maddalena dice il brano sulla Passione e termina con un singhiozzo: «... consegnò la sua vita alla morte e fu annoverato tra i malfattori, Egli che tolse i peccati del mondo e pregò per i peccatori».
«Oh! Taci! Morte no! Non consegnato alla morte!
No! No! Oh! che il vostro non credere, alleandosi alla tentazione di Satana, mi mette il dubbio nel cuore!
E dovrei non crederti, o Figlio? Non credere alla tua santa parola?!
Oh! dilla all'anima mia! Parla. Dalle sponde lontane, dove sei andato a liberare gli attendenti la tua venuta, getta la tua voce d'anima alla mia anima protesa, alla mia che è qui, tutta aperta a ricevere la tua voce. Dillo a tua Madre che torni! Di': 'Al terzo giorno risorgerò".
Te ne supplico, Figlio e Dio!
Aiutami a proteggere la mia fede. Satana la attorciglia nelle spire per strozzarla. Satana ha levato la sua bocca di serpe dalla carne dell'uomo perché Tu gli hai strappato questa preda, e ora ha confitto l'uncino dei suoi denti velenosi nella carne del mio cuore e me ne paralizza i palpiti, e la forza, e il calore.
Dio! Dio! Dio! Non permettere che io diffidi! Non lasciare che il dubbio mi agghiacci!
Non dare libertà a Satana di portarmi a disperare!
Figlio! Figlio! Mettimi la mano sul cuore. Caccerà Satana. Mettimela sul capo. Vi riporterà la luce. Santifica con una carezza le mie labbra, perché si fortifichino a dire: "Credo" anche contro tutto un mondo che non crede.
Oh! che dolore è non credere! Padre! Molto bisogna perdonare a chi non crede. Perché, quando non si crede più... quando non si crede più... ogni orrore diviene facile. Io te lo dico... io che provo questa tortura. Padre, pietà dei senza fede! Da' loro, Padre santo, da' loro, per questa Ostia consumata e per me, ostia che si consuma ancora, da' la tua Fede ai senza fede!».
Un lungo silenzio.
Nicodemo e Giuseppe fanno un cenno a Giovanni e alla Maddalena.
«Vieni, Madre». E’ la Maddalena che parla, cercando di allontanare Maria dal Figlio e di dividere le dita di Gesù intrecciate fra quelle di Maria, che le bacia piangendo.
La Mamma si raddrizza.
E’ solenne. Stende un'ultima volta le povere dita esangui, conduce la mano inerte a fianco del Corpo. Poi abbassa le braccia verso terra e, ben dritta, colla testa lievemente riversa, prega e offre.
Non si ode parola. Ma si capisce che prega da tutto l'aspetto.
E’ veramente la Sacerdotessa all'altare, la Sacerdotessa nell'attimo dell'offerta. «Offerimus praeclarae majestati tuae de tuis donis, ac datis, hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam immaculatam ... ».
Poi si volge: «Fate pure. Ma Egli risorgerà. Inutilmente voi diffidate della mia ragione e siete ciechi alla verità che Egli vi disse. Inutilmente tenta Satana di insidiare la mia fede.
A redimere il mondo manca anche la tortura data al mio cuore da Satana vinto. La subisco e la offro per i futuri.
Addio, Figlio! Addio, mia Creatura!
Addio, bambino mio! Addio…Addio…Addio…Santo…Buono…Amatissimo e amabile…Bellezza…Gioia…Fonte di salute… Addio … Sui tuoi occhi…sulle tue labbra…sui tuoi capelli d’oro…sulle tue membra gelide…sul tuo Cuore trafitto…oh! sul tuo Cuore trafitto…il mio bacio…il mio bacio…il mio bacio…Addio…Addio…Signore! Pietà di me! ».

(19 febbraio 1944)
I due preparatori hanno finito la preparazione delle bende.
Vengono alla tavola e denudano Gesù anche del suo velo. Passano una spugna, mi pare, o un batuffolo di lino sulle membra in una molto frettolosa preparazione delle membra goccianti da mille parti.
Poi spalmano tutto il Corpo di unguenti. Lo seppelliscono addirittura sotto una crosta di manteca. Prima lo hanno sollevato, nettando anche la tavola di pietra su cui posano la sindone, che pende per oltre la metà dal capo del letto. Lo riadagiano sul petto e spalmano tutto il dorso, le cosce, le gambe. Tutta la parte posteriore. Poi delicatamente lo girano, osservando che non venga asportata la manteca degli aromi, e lo ungono anche dalla parte anteriore. Prima il tronco, poi le membra. Prima i piedi, per ultime le mani, che uniscono sul basso ventre.
La mistura degli aromi deve essere appiccicosa come gomma, perché vedo che le mani restano a posto, mentre prima scivolavano sempre per il loro peso di membra morte. I piedi no. Conservano la loro posizione: uno più dritto, l'altro più steso.
Per ultimo, il capo. Dopo averlo spalmato accuratamente, di modo che le fattezze scompaiono sotto lo strato di unguento, lo legano con la fascia mentoniera per mantenere chiusa la bocca.
Maria geme più forte.
Poi alzano il lato pendente della sindone e la ripiegano sopra a Gesù.
Egli scompare sotto la grossa tela della sindone. Non è più che una forma coperta da un telo.
Giuseppe osserva che tutto sia bene a posto e appoggia ancora sul viso un sudario di lino e altri panni, simili a corte e larghe strisce rettangolari, che passano da destra a sinistra, al disopra del Corpo, e tengono a posto la sindone, bene aderente al Corpo. Non è la caratteristica fasciatura che si vede nelle mummie e neppure nella risurrezione di Lazzaro. E’ un embrione di fasciatura.
Gesù ormai è annullato. Anche la forma si confonde sotto i lini. Sembra un lungo mucchio di tela, più stretto ai vertici e più largo al centro, appoggiato sul grigio della pietra.
Maria piange più forte.

(4 ottobre 1944)
Dice Gesù: «E la tortura continuò con assalti periodici sino all'alba della Domenica. Io ho avuto, nella Passione, una sola tentazione.
Ma la Madre, la Donna, espiò per la donna, colpevole di ogni male, più e più volte. E Satana sulla Vincitrice infierì con centuplicata ferocia.
Maria l'aveva vinto. Su Maria la più atroce tentazione. Tentazione alla carne della Madre. Tentazione al cuore della Madre. Tentazione allo spirito della Madre.
Il mondo crede che la Redenzione ebbe fine col mio ultimo anelito. No. La compì la Madre, aggiungendo la sua triplice tortura per redimere la triplice concupiscenza, lottando per tre giorni contro Satana che la voleva portare a negare la mia Parola e non credere nella mia Risurrezione. Maria fu l'unica che continuò a credere.
Grande e beata è anche per questa fede.
Hai conosciuto anche questo. Tormento che fa riscontro al tormento del mio Getsemani.
Il mondo non capirà questa pagina. Ma "coloro che sono nel mondo senza essere del mondo" la comprenderanno e aumentato amore avranno per la Madre Dolorosa. Per questo l'ho data.
Va' in pace con la nostra benedizione».

 

9.3 ‘Il mondo non capirà questa pagina…’. Ed io allora vi spiego meglio la Tentazione finale di Maria.

Vi invito a riflettere su quelle parole di Gesù quando dice che nella sua Passione del Getsemani Egli subì – come uomo - una sola Tentazione, mentre la Madre, la Donna, espiò più e più volte per la donna, ‘colpevole di ogni male’, perché Satana infierì su di Lei sapendo che sarebbe stata la  Vincitrice.
Non sorridete, voi uomini, al pensare alla donna come ‘colpevole di ogni male’ e non arrabbiatevi voi donne.
Gesù non si riferisce infatti alla donna di oggi, ma alla prima di allora, Eva, perché fu a causa della sua disobbedienza che il Male, ogni male, è entrato nel mondo.
Satana ‘sapeva’ – come dice Gesù - che Maria sarebbe stata la Vincitrice perché il Dio della Genesi aveva predetto a lui ‘Serpente’, scacciandolo dal Paradiso terrestre, che un’altra Donna con il suo Calcagno gli avrebbe un giorno schiacciato il capo.
Per questo egli infierì. Per vendetta… e nella speranza, sempre ultima a morire, che anche la seconda Donna potesse ‘cadere’ come la prima.
Sarete però forse un poco curiosi di conoscere quale sia stata la Tentazione di Satana che subì Gesù.
E’ quella per cui Gesù finì per sudare sangue.
Una tentazione allucinante, di cui parlo in un capitolo di venti pagine di un altro libro ma che - per spiegarvela bene - dovrei qui ritrascrivere per intero. Andrei fuori tema.6
Avete invece qui ben compreso in cosa consistette l’estrema Tentazione di Satana a Maria: insinuarle il dubbio sulla sua Risurrezione!
Gesù, nel ‘dettato’ di cui sopra, spiega quale fu la ‘Tentazione’ di Maria ma non ne illustra le sottili implicazioni, lasciandole forse al nostro intuito.
Ci proverò io.
A prima vista non sembrerebbe neppure che il perdere la fede nella Risurrezione di Gesù fosse poi stata una gran ‘Tentazione’…
Se ci pensate però bene, vi accorgerete che Satana è stato invece di una astuzia… luciferina.
Egli non si era limitato a dirle nella mente che Gesù non sarebbe risorto, perché la sua ‘parola’ valeva meno della Fede di Maria, ma molto più sottilmente aveva chiamato a testimonianza l’autorità degli stessi Profeti che avevano parlato di Gesù, facendole notare che essi non avevano mai parlato di alcuna Risurrezione.
La finezza della Tentazione, se ben riflettete e guardate alla capacità psicologica di Satana, non consistette però solo nel chiamare a testimoni i profeti del fatto che Gesù non sarebbe risorto, bensì nell’indurre implicitamente Maria a pensare che – essendosi Gesù ingannato sulla propria risurrezione – Egli si era anche sbagliato sulla propria Divinità.
La Risurrezione, anzi la ‘auto-risurrezione’, avrebbe infatti dovuto essere la prova ‘inoppugnabile’, che Gesù aveva promesso a quegli scribi e farisei che in segno di sfida gli chiedevano appunto un ‘segno’ della sua Divinità.
Gesù aveva risposto che avrebbe dato loro il ‘segno’ di Giona,.
Essi – che pur conoscevano il racconto del profeta Giona, ‘restituito’ alla vita dopo essere stato per tre giorni nel ventre del pesce che lo aveva inghiottito – non avevano però compreso il significato dell’episodio applicato a Gesù.7
Gesù lo aveva poi chiaramente spiegato agli apostoli, anche se quelli rifiutavano di credere ai suoi annunci di morte, parendo loro impossibile.
Se però Gesù non fosse risorto, che senso avrebbe avuto per Maria tutta quella sua vita di tribolazioni? Che senso quella tragedia finale sulla croce?
Che pagliacciata era mai stata quella storia della Redenzione?
Ingannata da quell’Angelo dell’Annunciazione.
Ingannata da Dio!
Una vita di triboli, sacrifici e sofferenze del tutto vana. Il figlio ucciso.
Il figlio!
Che Dio era mai quello che aveva permesso tutto questo?
Che Dio era mai quello che li aveva così ingannati?
Ecco cosa voleva Satana.
Voleva la disperazione di Maria, facendo leva sul suo amore di Madre sofferente ed ingannata, per indurla a dubitare di Dio, a diffidarne.
Non solo, però, perché Satana nel Male è un Grande.
Satana – tocco d’artista, se gli fosse andata bene – voleva che Lei, la Tutta Bella, la Figlia Diletta nella quale Dio si era compiaciuto ancor prima della Creazione, maledicesse il suo Dio.
Contento, finalmente?
Nemmeno questo bastava a Satana.
Non gli bastava umiliare Dio, egli voleva anche la dannazione dell’Umanità intera.
Gesù e Maria, come ‘uomini’, dovevano redimere in due, Gesù per le colpe di Adamo, Maria per quelle di Eva.
Gesù e Maria, due Cuori uniti.
Sarebbe mai stata possibile la Redenzione se uno di questi due, avesse mai – nella disperazione dell’inganno satanico – maledetto Dio?
Neanche Adamo ed Eva, pur disobbedendo e peccando, lo avevano fatto!
La Redenzione, il salvataggio dell’Umanità, sarebbe fallita?
Io, che scrivo da ‘uomo della strada’ e sono solo un ‘catecumeno’, cioè un ‘apprendista’, non saprei come rispondervi. Bisognerebbe chiederlo ad un ‘teologo’, specie a certuni di quelli ‘moderni’.
Dico solo che Dio avrebbe potuto riaprire le porte dei Cieli all’Umanità con un semplice atto del suo volere.
Bastava Dio, ovviamente, a ‘redimere’ l’uomo, ma Dio-Verbo – incarnandosi in una Donna e nascendo come Uomo - aveva voluto la collaborazione della Donna e dell’Uomo.
Alla Redenzione dell’Uomo-Dio – così come pensata da Dio – era necessario il dolore, l’ubbidienza e la fede fino in fondo anche da parte della Donna.
Maria però, che è la Tutta Pura, intuisce che a farle girare nelle mente quel pensiero tremendo di dubbio sulla risurrezione non poteva essere che Satana, respinge l’idea e nel suo Amore si aggrappa invece a Dio, rifiutando di dubitare della sua Bontà, e supererà la Prova delle prove, vincendo – senza saperlo - la sua battaglia finale per la Redenzione.
Come già detto - all’alba della Domenica di Risurrezione, prima ancora che alla Maddalena - il Gesù valtortiano apparirà alla Mamma in segreto - in carne ed ossa - materializzandosi all’improvviso davanti a Lei nella sua stanzetta del Cenacolo, così:8

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618. Gesù risorto appare alla Madre.

[21 febbraio 1944]
Maria ora è prostrata col volto a terra. Pare una povera cosa abbattuta. Pare quel fiore morto di sete di cui Ella ha parlato.
La finestra chiusa si apre con un impetuoso sbattimento delle pesanti imposte e, col raggio del primo sole, entra Gesù.
Maria, che s'è scossa al rumore e che alza il capo per vedere che vento abbia aperto le imposte, vede il suo raggiante Figlio: bello, infinitamente più bello di quando ancora non aveva patito, sorridente, vivo, luminoso più del sole, vestito di un bianco che par luce tessuta, e che si avanza verso di Lei.
Ella si raddrizza sui ginocchi e, congiungendo le mani sul petto, in croce, dice con un singhiozzo che è riso e pianto: «Signore, mio Dio». E resta così rapita nel contemplarlo, col viso tutto lavato di lacrime ma fatto sereno, pacificato dal sorriso e dall'estasi.
Ma Egli non la vuole vedere, la sua Mamma, in ginocchio come una serva. E la chiama, tendendole le Mani dalle cui ferita escono raggi che fanno ancor più luminosa la sua Carne gloriosa: «Mamma!». Ma non è la parola accorata dei colloqui e degli addii avanti la Passione, né il lamento straziato dell'incontro sul Calvario e dell'agonia. E’ un grido di trionfo, di gioia, di liberazione, di festa, di amore, di gratitudine. E si curva sulla sua Mamma, che non osa toccarlo, e le mette le sue Mani sotto i gomiti piegati, e la alza in piedi e la stringe al Cuore e la bacia.
Oh! allora Maria comprende che non è una visione, che è il Figlio realmente risorto, che è il suo Gesù, il Figlio che l'ama da Figlio ancora. E con un grido gli si getta al collo e lo abbraccia e lo bacia, ridendo nel pianto. Lo bacia sulla Fronte dove non sono più ferite, sulla Testa non più spettinata e sanguinosa, sugli Occhi fulgidi, sulle Guance risanate, sulla Bocca non più enfiata. E poi gli prende le Mani e ne bacia il dorso e la palma, sulle raggianti ferite, e d'un subito si curva ai suoi Piedi e li scopre da sotto la veste splendente e li bacia.
Poi si alza, lo guarda, non osa.
Ma Egli sorride e capisce. Socchiude la veste sul petto e dice: «E questa, Mamma, non la baci questa che t'ha fatto tanto male e che tu sola sei degna di baciare? Baciami sul Cuore, Mamma. Il tuo bacio mi leverà l'ultimo ricordo di tutto quanto è dolore, e mi darà quella gioia che ancora manca alla mia Gioia di Risorto».
E prende fra le sue Mani il volto della Madre e ne appoggia le labbra sulle labbra della ferita del Costato, da cui escono fiotti di luce vivissima. Il viso di Maria è aureolato da quella luce, tuffato come è nel suo raggio. Ella bacia, bacia, mentre Gesù la carezza. Non si stanca di baciare. Pare un assetato che abbia attaccato la bocca alla fonte e ne beva la vita che gli sfuggiva.
Ora Gesù parla.
«Tutto è finito, Mamma. Ora non hai più da piangere per il tuo Figlio.
La prova è compiuta. La Redenzione è avvenuta.
Mamma, grazie di avermi concepito, allevato, aiutato in vita e in morte. Ho sentito venire a Me le tue preghiere. Esse sono state la mia forza nel dolore, le mie compagne nel mio viaggio sulla Terra ed oltre la Terra.
Esse sono venute meco sulla Croce e nel Limbo.
Erano l'incenso che precedeva il Pontefice, che andava a chiamare i suoi servi per portarli nel Tempio che non muore: nel mio Cielo.
Esse sono venute meco in Paradiso, precedendo come voce angelica il corteo dei redenti guidati dal Redentore, perché gli angeli fossero pronti a salutare il Vincitore che tornava al suo Regno.
Esse sono state udite e viste dal Padre e dallo Spirito, che ne hanno sorriso come del fiore più bello e del canto più dolce nati in Paradiso.
Esse sono state conosciute dai Patriarchi e dai nuovi Santi, dai nuovi, primi cittadini della mia Gerusalemme, ed lo ti porto il loro grazie, Mamma, insieme al bacio dei parenti e alla loro benedizione e a quella del tuo sposo d'anima, Giuseppe.
Tutto il Cielo canta il suo osanna a te, Madre mia, Mamma santa! Un osanna che non muore, che non è bugiardo come quello dato a Me pochi giorni or sono.
Ora Io vado al Padre con la mia veste umana.
Il Paradiso deve vedere il Vincitore nella sua veste d'Uomo con cui ha vinto il Peccato dell'Uomo. Ma poi verrò ancora.
Devo confermare nella Fede chi non crede ancora ed ha bisogno di credere per portare altri a credere, devo fortificare i pusilli che avranno bisogno di tanta fortezza per resistere al mondo.
Poi salirò al Cielo. Ma non ti lascerò sola. Mamma, lo vedi quel velo? 9
Ho, nel mio annichilimento, sprigionato ancora potenza di miracolo per te, per darti quel conforto.
Ma per te compio un altro miracolo. Tu mi avrai, nel Sacramento, reale come ero quando mi portavi.
Non sarai mai sola. In questi giorni lo sei stata. Ma alla mia Redenzione occorreva anche questo tuo dolore.
Molto va continuamente aggiunto alla Redenzione, perché molto sarà continuamente creato di Peccato. Chiamerò tutti i miei servi a questa compartecipazione redentrice. Tu sei quella che da sola farai più di tutti i santi insieme. Perciò ci voleva anche questo lungo abbandono.
Ora non più. Io non sono più diviso dal Padre. Tu non sarai più divisa dal Figlio. E, avendo il Figlio, hai la Trinità nostra. Cielo vivente, tu porterai sulla Terra la Trinità fra gli uomini e santificherai la Chiesa, tu, Regina del Sacerdozio e Madre dei Cristiani.
Poi lo verrò a prenderti. E non sarò più Io in te, ma tu in Me, nel mio Regno, a far più bello il Paradiso.
Ora vado, Mamma. Vado a fare felice l'altra Maria. Poi salgo al Padre. Indi verrò a chi non crede.
Mamma. Il tuo bacio per benedizione. E la mia Pace a te per compagna. Addio».
E Gesù scompare nel sole che scende a fiotti dal cielo mattutino e sereno.


1 G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 123 – Ed. Segno, 1997

2 Mc 15,9-11  ///  Mc 15,14

3 G.L.: ‘Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni’ – Vol. III, Cap. 12 – Ed. Segno, 2000 - G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. IV, Cap. 17 – Ed.  Segno, 2004

4 Mc 15, 12-13

5 M.V. ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X, Cap. 610.11/610.16 – Centro Ed. Valtortiano

6 G.L.: ‘I Vangeli di Matteo…’ – Vol. IV, Cap. 14 – Ed. Segno, 2004

7 G.L.: ‘I Vangeli di Matteo…’ – Vol. III, Cap. 12 – Ed. Segno, 2003

8 G.L.: “I Vangeli di Matteo…” – Vol. IV – Cap. 16,2 – Ed. Segno 

9 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. IV – Cap. 20.1: ‘Il  velo della Veronica’ – Ed. Segno, 2004