(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 136 – Centro Ed. Valtortiano)
(G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 64 – Ed. Segno)


6. E’ Natale, a conclusione del primo anno di vita pubblica.
E conoscerete l’alba di Cristo. Udite…

6.1 Teofilo, l’amico di Dio

L’episodio della cacciata di Gesù da Nazaret, che abbiamo meditato nel capitolo precedente, è raccontato solo da Luca.
Alcuni ‘critici’ diventano sospettosi quando vedono che un episodio è raccontato da un evangelista ma non dagli altri.
Sentono subito puzza di bruciato, sospettano ad ogni passo l’interpolazione, specie ove il brano sembrasse favorevole alla divinità di Gesù, come ad esempio quello famoso ‘In principio era il Verbo…’ del prologo del vangelo di S.Giovanni.
Nel nostro caso tuttavia no, perché qui Gesù lo cacciano e quindi non avrebbe senso una interpolazione visto che il brano non ha un valore ‘apologetico’.
Dunque neanche i nostri tre teologi  forse troverebbero niente da ridire  se non sulla frase che Gesù aveva pronunciato - e che essi attribuirebbero senza alcun dubbio alle invenzioni delle prime comunità ‘fabulatrici’ cristiane creatrici del ‘mito divino’ – circa il fatto che le Scritture si erano in quel giorno adempiute, nel senso che il Messia di cui parlava Isaia era proprio Lui.
Ma Luca è stato il solo a parlarne perché egli ha scritto il vangelo per ultimo ed ha attinto a delle fonti dirette alle quali gli altri evangelisti non hanno avuto l’opportunità di attingere, come a quella di Maria SS., appunto.
E’ il Gesù stesso di Maria Valtorta che ce lo ha spiegato, nel primo capitolo del precedente volume, quando diceva che i vangeli che lo rispecchiavano di più sono quelli di Matteo (il primo) e di Giovanni (che è l’ultimo), gli unici dei quattro evangelisti ad esser stati ‘apostoli’, mentre il vangelo di Marco è molto stringato ed essenziale, come quello di Luca che era stato però arricchito dalle testimonianze della Madonna che riguardavano l’infanzia di Gesù. 
Luca, medico, colto, dice infatti nel Prologo del suo vangelo – rivolgendosi ad un certo Teofilo - di aver fatto ‘diligenti ricerche su tutte queste cose fin dalle loro origini’.
Altre fonti delle sue ricerche saranno stati gli apostoli, i loro parenti e tanti altri discepoli.
Per inciso, rilevo una cosa curiosa nelle ‘note’ di Redazione apposte in calce a questo brano del Prologo del vangelo di Luca che sto rileggendo mentre vi parlo.1
Vi si dice: ‘Teofilo, è persona a noi sconosciuta, ma il nome, nel suo significato etimologico di amico di Dio, può riferirsi a tutti i cristiani’.
Ora, non è che io abbia niente in contrario al fatto, supposto dal notista, che Luca abbia voluto indirizzare il suo Vangelo ‘a tutti i cristiani’, dei quali anch’io mi onoro di far parte.
Mi sembra tuttavia che la spiegazione del notista sia invece un esempio – minimo, ma sempre un esempio – di come sia dura a morire una certa mentalità ‘razionalista’, anche nelle persone migliori,
Qualsiasi persona che non pretenda di essere ‘razionale’ ad ogni costo ma si legga i vangeli non spaccando il capello in quattro ma semplicemente con buon senso penserebbe che Teofilo sia proprio Teofilo, e cioè un suo amico, e che se Luca avesse veramente voluto rivolgersi ai ‘cristiani in genere’ avrebbe potuto dire molto più semplicemente ‘o miei cari cristiani’…, no?
Teofilo ha certo il significato etimologico di ‘amico di Dio’, è vero.
Ma a quei tempi – in Israele – molti nomi propri di persona avevano un significato etimologico di natura ‘religiosa’, ed erano molto amati dalla gente che li affibbiava ai proprio figli senza chiedere il loro parere come  facciamo anche noi adesso – con rispetto parlando – con i nomi dei santi o dei nostri genitori e nonni.
Chiamare un figlio Teofilo - come oggi dargli il nome della Madonna, Maria – era certamente ben augurante.
Cosa ci poteva esser di meglio se non chiamarsi ‘amici di Dio’?
Nell’opera valtortiana, ad esempio, si scopre che il padre di Lazzaro – ed è lo stesso Lazzaro che lo racconta a Gesù  - era morto un tre anni prima che essi si conoscessero e si chiamava appunto Teofilo.
E il fatto che Teofilo – come dice il notista di questo brano – sia un personaggio ‘a noi sconosciuto’ che significa?
Forse che deve esser dubbio che sia esistito perché il personaggio a noi è sconosciuto, e che quindi per questo Teofilo debba essere un nome immaginario e simbolico per riferirsi in genere a tutti i cristiani?
Mi fa venire in mente ancora una volta Bultmann, quello che negava la storicità di tutti gli episodi e li riduceva a mero ‘simbolo’.
Ma non aveva detto lo stesso Giovanni verso la fine del suo vangelo che ‘Gesù fece in presenza dei suoi discepoli molti altri prodigi che non sono scritti in questo libro’, e non aveva poi ancora ribadito nelle ultime righe conclusive – forse ad uso di certi commentatori e critici che sarebbero venuti qualche secolo dopo - che ‘vi sono molte altre cose fatte da Gesù le quali, se fossero scritte ad una ad una, non so se il mondo stesso potrebbe contenere tutti i libri che si dovrebbero scrivere’?
Avevo già avuto occasione di dire in precedenza che quest’ultima frase  era evidentemente una iperbole, ma ora non ne sono più tanto sicuro, ed il ‘vangelo’di Maria Valtorta con le sue oltre seicento visioni ce lo dimostra.
E sono solo dieci volumi e non una intera Biblioteca, come dalle parole di Giovanni sembrerebbe di poter almeno capire.

 

6.2 Il ‘black out’ di Matteo e…degli altri due, prima della Festa delle ‘luci’

Seguendo il racconto valtortiano e più ancora lavorando sulla bella ‘Sinossi valtortiana dei quattro vangeli’ curata da Emilio Pisani (Centro Editoriale Valtortiano) ci accorgiamo che Matteo ha interrotto il suo racconto dopo quell’episodio della sua ‘chiamata’ ad apostolo a cui avevamo accennato.
Il successivo brano di Matteo sarà quello in cui i discepoli del Battista (Mt 9, 14-17), che forse per gelosia nutrivano nei confronti di Gesù una certa ‘diffidenza’, gli vanno a chiedere come mai, loro, facevano penitenza e digiuno - come aveva predicato il Battista – mentre invece ‘i suoi’ discepoli   si guardavano bene dal farlo.
Ma poichè Matteo nulla dice di questo periodo - e poiché Marco ‘copia’ Matteo e Luca ‘copia’ Marco – succede che neanche Marco e Luca aprono bocca. Matteo aveva dunque avuto un vuoto di memoria?
No, aveva la memoria di un elefante. Era un gabelliere, un esattore delle imposte. Non so se a quei tempi gli esattori li pagassero a percentuale, ma è certo che lui non si dimenticava proprio niente. Le aveva tutte scritte in testa le tasse che la gente, specie i commercianti o i pescatori come Pietro, dovevano pagare. E forse pare di capire che fosse talvolta solito ‘sbagliarsi’, a proprio favore.
Ecco perché in Israele dicevano che i pubblicani erano ‘ladri’: o incassavano più del dovuto o si facevano pagare per chiudere un occhio!
Matteo aveva dunque buona memoria, ed era anzi solito – da buon contabile – annotarsi per bene, e lo vedremo nel Discorso della Montagna, i detti ed i concetti di Gesù che gli sembravano più interessanti.
Solo che Matteo, con il suo vangelo, non si è riproposto di scrivere una ‘cronistoria’ della vita di Gesù, che ci avrebbe tra l’altro reso tutto molto più comprensibile , ma l’elaborazione invece di un testo dove i brani erano raccolti soprattutto a fini didattici, per le esigenze dell’apostolato.
Il suo era un racconto destinato a convertire e formare i fedeli, cioè a salvarne le anime, e non a soddisfare l’animo razionalistico di certi teologi e critici modernisti, cosa che invece farà il Gesù di Maria Valtorta.
Gesù darà sovente anch’egli alla mistica i suoi dettati e visioni in ordine non cronologico in funzione di esigenze particolari didattiche per la formazione del suo strumento e di coloro che lo assistevano, ma poi - alla fine - le indicherà l’ordine esatto in cui i vari episodi andranno inseriti nell’Opera, consentendoci in tal modo di ricostruire il contesto ‘storico’ in cui vanno posti i vari brani dei vangeli.
Questo vuoto narrativo di Matteo verrà parzialmente riempito da Giovanni quando – anche lui con i suoi bravi ricordi e annotazioni personali – deciderà una cinquantina di anni dopo di colmare tante altre lacune, in specie quelle che riguardavano episodi ai quali egli attribuiva una particolare importanza o discorsi di Gesù dai quali rifulgeva in modo particolare più che l’umanità perfetta, come avviene per i tre sinottici, la sua divinità.
Solo per un accenno in sintesi dirò che di questo periodo di ‘black out’ dei tre sinottici – intercorrente come già detto fra l’episodio della chiamata di Matteo e quello dei discepoli del Battista che interpellano Gesù sulla penitenza e sul digiuno dei suoi discepoli - Giovanni (Gv 3, 1-21) racconta quel celebre incontro notturno di Gesù con Nicodemo con quelle spiegazioni dategli da Gesù su come si dovesse imparare a ‘rinascere di nuovo’ per poter entrare nel regno dei Cieli.
Nicodemo aveva infatti in un primo tempo equivocato pensando che Gesù, anziché riferirsi ad una riconversione spirituale, alludesse al fatto che per entrare nel Regno dei Cieli si dovesse ritener buona la teoria della reincarnazione delle anime, anche allora molto di moda per l’influsso delle civiltà orientali e dell’ellenismo anche in Israele, e che ancor oggi – per gli spiritisti e reincarnazionisti moderni – prevede un miglioramento automatico e progressivo della elevazione spirituale di un’anima man mano che questa si reincarna di vita in vita.
In realtà è una dottrina ingannevole perché nulla può ragionevolmente autorizzare a pensare che ci sia più di una vita ma per contro – facendo credere che ognuno possa invece godere di una serie lunghissima di vite – toglie ogni stimolo  al miglioramento spirituale in questa vita, perché tanto ci sarà sempre tempo in un’altra, favorendo così il rilassamento, l’abbassarsi della guardia e della tensione morale e in ultima analisi – a meno che la persona non sia veramente un ‘giusto’ – esponendo maggiormente al rischio di una  dannazione.
In questa dottrina – propria dello spiritismo moderno – viene qui anche stravolto il concetto della Misericordia divina (come nel caso delle dottrine eretiche di coloro che sostengono che alla fine anche i dannati verranno da Dio salvati) perchè per sottolineare l’attributo della Misericordia di Dio, si finisce per dimenticare l’altro attributo di Dio che è  la Giustizia.
Insomma, se mi consentite la battuta, ‘Dio è buono ma non è…stolto!’.
Poi vi è un intermezzo (Gv 3, 22-24) con  Gesù andato con i suoi discepoli  a battezzare non lontano da dove stava battezzando Giovanni Battista che non era stato ancora messo in prigione per la seconda volta.
Infine vi è l’episodio in cui (Gv 3, 25-36) i discepoli del Battista – un poco invidiosetti - fanno le rimostranze al loro Maestro recriminando perché quello stesso Gesù che egli aveva battezzato al Giordano ora si permetteva di battezzare a sua volta le turbe, sottintendendo così che Gesù gli stava rubando il ruolo e gli sottraeva l’audience di ascolto dei ‘seguaci’.
Ad essi comunque il Battista riconfermerà però che ‘Colui che viene di lassù’ (e cioè Gesù che è Dio) è  sopra di tutti’.
Intanto, durante il ‘black out’ di Matteo ma nella cronistoria delle visioni valtortiane, Gesù si era trasferito in una zona di campagna isolata.
Più che trasferito in vacanza vi si era rifugiato dopo che egli era stato informato dallo stesso Nicodemo, che era membro del Sinedrio, del fatto che in Gerusalemme si stava segretamente cospirando, aspettando solo il minimo pretesto per incarcerarlo e condannarlo.
I rapporti tumultuosi fra Gesù e il Sinedrio li abbiamo già meglio approfonditi nella trilogia dedicata a “Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni”.
Fatto sta che Lazzaro mette allora a disposizione del gruppo apostolico una specie di casale di campagna, molto fuori mano in una località chiamata Acqua speciosa, dove essi avrebbero potuto rifugiarsi temporaneamente in attesa che le acque si calmassero un poco.
In questa località Gesù – qui costretto a farsi predicatore solitario con piccoli gruppi di persone che giornalmente vengono ad ascoltarlo - terrà una serie di discorsi sulla spiegazione dei dieci comandamenti che sono dei piccoli capolavori.
Bellissimi, e se uno è convinto di esser perfetto e di non aver peccati sulla coscienza perché sa di aver sempre fatto una vita da galantuomo è meglio che se li vada a leggere, giusto per pentirsi in tempo e tanto non aver sorprese alla fine della vita.
Dopo la conclusione di questi discorsi Gesù decide di ritornare temporaneamente nella sicura Betania, presso la casa dell’amico.
Anzi non proprio nella casa di Lazzaro ma  - per non comprometterlo troppo, vista l’aria che tirava in quel momento per Gesù a Gerusalemme che è a un passo da Betania - in quella casa di Simone lo zelote di cui abbiamo già parlato e che era attigua a quella di Lazzaro.
Mentre Gesù parla da una terrazza rivolto alla folla, lì accorsa da Betania e dai luoghi vicini per ascoltare le sue parole, ecco che arriva improvvisamente  Maria di Magdala, la quale - credendo per via di tutta quella gente di non essere stata notata - si nasconde dietro alcune siepi ad ascoltare Gesù.
Gesù – facendo mostra di non averla vista ma non dimentico del desiderio del suo amico Lazzaro circa una sua conversione  – cambia allora il taglio del discorso  indirizzandolo tutto – a buon intenditor - al cuore di Maria Maddalena.
Un discorso il cui ricordo comincerà da quel momento in poi a scavarle nella mente, anzi nell’anima, come una goccia nella roccia.
E’ l’inizio della sua conversione, dapprima incerta e poi sempre più impetuosa fino a frantumare – qualche tempo dopo che ella (sempre in incognito) avrà ascoltato durante il ‘Discorso della montagna’ la parabola della pecorella smarrita alla quale abbiamo già accennato in un capitolo precedente – le dighe del suo cuore facendola irrompere nella casa del fariseo, piangente, per umiliarsi pubblicamente ai piedi di Gesù  e implorare perdono.
Ma ormai a Betania e in tutto Israele c’è la Festa delle Encenie e Lazzaro invita Gesù a voler essere l’ospite d’onore a cena in casa sua.

 

6.3 A proposito di Betlemme e della nascita di Gesù…

Nei vangeli i vari racconti si snodano tra una festa religiosa e l’altra, tanto che a volte se ne perde il conto, come quello del numero delle ‘Pasque’ dei suoi tre anni di vita pubblica.
La Pasqua ebraica cadeva nel plenilunio di nisan, fra marzo e aprile,  seguita un mese dopo dalla ‘Pasqua supplementare’ per quelli che non avevano potuto celebrare la prima.
Quindi, cinquanta giorni dopo Pasqua, vi era la Pentecoste.
Poi in autunno, alla fine dei raccolti, vi era la Festa dei Tabernacoli, detta anche Festa delle capanne.
Infine il 25 di casleu, e cioè a novembre/dicembre, le Encenie, detta anche della Purificazione o Dedicazione del Tempio.
Ma come se non fossero bastati tre nomi, tale ricorrenza veniva chiamata anche Festa delle Luci e in quel giorno della cena a Betania ricorreva l’anniversario della nascita di Gesù in una analoga Festa delle Luci di trentuno anni prima in quella stalla di Betlemme.
A proposito di Betlemme e della nascita di Gesù…
Nella parte iniziale del precedente volume vi avevo raccontato di mio fratello e di quel suo amico.2
Erano venuti dalla loro residenza sui Monti Cimini, nel Viterbese, per fare provvista di vino delle mie terre, vino che custodisco gelosamente nella mia cantina come fosse liquore dopo aver curato l’uva e il raccolto meglio di un figlio unico.
L’amico doveva aver saputo da mio fratello che io ero un tipo ‘strano’ che aveva lasciato la ‘carriera’ per fare delle brillanti scelte spirituali che mi avevano portato però a fare il contadino salvo inchiodarmi anche – nel tempo libero, specie d’inverno  – davanti al mio computer per scrivervi le cose che state leggendo.
Era un simpatico ‘scettico’, l’amico di mio fratello, e forse durante il pranzo in quel ristorante rivierasco stava studiando da tempo fra sé e sé quale domanda ‘birichina’ farmi per mettermi un pochino in imbarazzo.
Fu così che – mentre mio fratello stava pagando il conto ed io, più rilassato, mi stavo già alzando a metà dalla sedia - l’amico a bruciapelo e con un sorrisetto diabolico e sornione mi fa: ‘Ma dì un po’, com’è questa storia della verginità di Maria?!’…
Ripiombai sulla sedia preso alla sprovvista e dopo un attimo di panico – non potendo rinunciare ai miei doveri di apostolato verso un miscredente - cominciai a spiegarglielo ma poi, rendendomi conto che sotto i baffi lui continuava a sorridere, conclusi dicendogli che era meglio gliene avessi  parlato un’altra volta con più calma, magari con i piedi sotto il tavolo del suo ristorante - visto che lui era anche cuoco, e bravo per giunta – così mio fratello maggiore non avrebbe dovuto preoccuparsi del conto.
Volete sapere come è finita?
E’ finita un anno dopo a casa sua, a cinquecento chilometri di distanza,  con lui che se l’era velocemente cavata offrendo quel famoso pranzo  mentre io da parte mia avevo lavorato per mesi e mesi a scrivere un libro, il volume precedente appunto, non tutto sulla verginità di Maria, ovviamente, ma sull’infanzia di Gesù fino al ritrovamento di lui dodicenne fra i dottori del Tempio.
Mio fratello sostiene – probabilmente per gratificarmi, perché è un ‘buono’ - di essersi convertito. Ma l’amico è ancora lì che attende sardonico, forse aspettando che ora io gli ricambi quel suo ultimo invito a pranzo, a meno che non aspetti invece quest’altro libro.
A proposito di Betlemme, della Festa delle Luci e della nascita di Gesù, stavo dunque prima per dirvi che mi aveva molto colpito la visione di Maria Valtorta sulla  nascita di Gesù nella stalla con il bue e l’asinello e che parlava anche della verginità di Maria.
Ho scoperto che – oggi che la sessualità è così di moda – quello della sua verginità è un argomento che interessa moltissimo, perché pare una cosa proprio impossibile.
Come detto, lo avevo già affrontato nell’altro libro, rivolto idealmente a quel mio amico, ma ora lo tocco con un altro ‘taglio’ per voi, che avrete magari già cominciato ad aggrottare le sopracciglia, forse un poco scandalizzati se siete dei fedeli ‘ortodossi’, o forse un poco curiosi ed ironici se siete ‘miscredenti’ o rotti a tutte le malizie.
Maria, figlia di Gioacchino ed Anna, era nata con l’anima priva di macchia d’origine, priva cioè dell’impronta del Peccato originale.
Parlando della Immacolata Concezione di Maria, che è un dogma della dottrina cristiana, mi esprimerò – come al solito quando affronto temi di questo genere - con un linguaggio comune.
Vi prego di interpretarlo ‘giornalisticamente’, vale a dire con i suoi limiti,  comprendendo che non sto cercando di spiegare appropriatamente delle verità di fede – cosa che non saprei neanche fare - ma di far comprendere appunto con stile ‘giornalistico’ dei concetti che espressi con precisione dogmatica risulterebbero magari un poco astrusi e forse poco convincenti, per non dire un pochino ‘eretici’.
Dire  dunque di Maria che venne concepita ‘immacolata’ è come dire che ella venne concepita nel seno della madre senza che la sua anima contraesse il Peccato di origine trasmesso di padre in figlio fin dai due Primi Progenitori.
Poiché la dottrina cristiana spiega che l’anima viene donata all’embrione da Dio, è bene allora chiarire che Dio di norma non fa ‘figli e figliastri’, non ‘fabbrica’ cioè alcune anime – come appunto quella di Maria - senza Peccato ed altre invece – come la mia e la vostra - con il Peccato d’origine.
Tutte le anime degli uomini (e delle donne!) sono create da Dio senza Peccato, ma il Peccato, o meglio le sue conseguenze, vi ho già spiegato che esse lo contraggono al momento in cui - in qualche modo che non sappiamo, come non sappiamo tante altre cose sulla natura e sull’universo – esse vengono ‘inserite’ da Dio nell’embrione concepito dai due genitori.
La nostra intelligenza non arriva a comprendere tanti misteri della creazione, a cominciare da come si può essere formato un genoma umano, ma possiamo tuttavia sperare di avvicinarci a certe ’verità’ almeno per approssimazione, anzi per intuizione.
E allora – nel capitolo precedente - ho cercato di spiegarvi questo concetto dell’anima, creata pura ma che contrae il contagio del Peccato dopo il suo inserimento nell’embrione.
Per spiegare in cosa consiste l’anima spirituale e come fa a contrarre il peccato originale dopo che essa entra nel corpo, avevo portato l’esempio di un programma software aggiuntivo molto sofisticato che viene inserito nel preesistente ambiente software di un computer (ambiente software che equivarrebbe all’anima-animale) il quale ultimo è stato però precedentemente destabilizzato da un ‘virus’ informatico, per cui il software aggiuntivo (l’anima spirituale, o spirito dell’anima) non è più in condizione di girare al meglio delle sue possibilità, anzi gira al peggio.
Ogni ‘anima spirituale’, nel fulgore del momento creativo, riceve da Dio una ‘missione’ che lei - una volta ‘incarnata’ nella natura umana - sarà poi libera di seguire o meno.
L’io dell’uomo non è di norma consapevole di questa missione, perché altrimenti non sarebbe più completamente libero, ma è come se dentro di sè - nel suo subconscio, nella parte cioè più profonda di sè – egli sentisse una sorta di ‘vocazione’, un richiamo od un invito appena sussurrato a fare una certa cosa: il medico per curare, il padre o la madre per allevare (bene) i propri figli che dovrebbero diventare ‘figli di Dio’, l’insegnante per educare, il politico per dirigere con equilibrio, il magistrato per giudicare con giustizia, il giornalista per informare correttamente, il sacerdote per aiutare nel cammino di fede.
Ogni attività della vita sociale, se svolta secondo il criterio di Dio, è infatti una attività ‘santa’ se indirizzata al bene.
Ma l’uomo ha la sua libertà, il suo io, e spesso non vuole ascoltare la voce o, se la ascolta, la interpreta a modo proprio: ecco perché la società non funziona come dovrebbe.
E ogni anima viene munita da Dio dei ‘doni’ atti a svolgere la sua missione.
Maria aveva la missione di ospitare nel suo seno di vergine un Dio che  non avrebbe potuto convivere con una natura umana contaminata dal Peccato e – in previsione di questa missione e del suo ruolo futuro nella Chiesa dei credenti – Ella venne allora preservata dal Peccato originale, un poco come se fosse stata ‘immunizzata’ dal suo ‘virus’.
Tutta facile per lei? Al contrario, tutto molto più difficile.
Eva - anch’essa priva del Peccato originale e in un mondo perfetto - a causa del proprio libero arbitrio cadde.
Maria - in un mondo enormemente più difficile perché era un mondo di peccato - grazie allo stesso libero arbitrio che aveva fatto cadere Eva resistette,  accettando anche il suo martirio di corredentrice per cooperare con il Figlio alla salvezza dell’Umanità.
Ricordo, proprio a riguardo di Maria ‘concepita immacolata’, una spiegazione datami qualche anno fa dalla ‘Luce’ del mio ‘Subconscio creativo’ e ve la ripropongo:3

Luce:
Il vero 'superuomo' è l'amante nello spirito. Il vero superuomo è l'amante - nello spirito - dello Spirito, che è Amore.
Solo chi ama è il vero superuomo.
Ecco la conseguenza più importante della Colpa, del Peccato d' Origine.
L'uomo, come Maria SS. concepita immacolata, cioè priva di colpa d'origine, amava perchè pieno di 'Grazia'.
La Grazia è Sapienza, la Sapienza è Dio, Dio è Amore.
L' uomo aveva in sè l' Amore ed amava.
Ma quando la Superbia, quel vapore che già si era condensato in Lucifero, si condensò nei primi due - ed essi, non paghi di avere praticamente tutto, vollero essere come Dio, come Lucifero - ecco essi diventarono di fatto ribelli, usurpatori, e come ribelli ed usurpatori vennero cacciati dal Paradiso. Perchè essi avevano perso la Grazia, cioè l'Amore di Dio, che sta e permane solo in coloro che amano.
E poichè i primi due avevano smesso di amare, sotto le lusinghe e le adulazioni del Ribelle, essi persero la Grazia e, con la Grazia, tutte le virtù 'psichiche', cioè virtù dell'anima, che fino a quel momento avevano reso integra la loro 'psiche' ed il loro corpo.
La 'Psiche', non nella misura limitata in cui la potete intendere e comprendere voi ora, in realtà è l'Anima e dell'Anima, ora, voi non avete alcuna conoscenza: anzi, la negate.
Ma la relazione fra la psiche-anima ed il corpo è strettissima, perchè la Psiche 'anima' il corpo, lo permea in ogni suo poro della pelle, come voi dite, lo permea in ogni sua cellula, molecola, atomo.
La 'psiche-anima' dell'uomo, nell'uomo, è quella che lo mantiene in vita.
E' non solo un principio vitale - chè questo, per bontà del Signore che li ha voluti, e li ha voluti 'vivi' perchè all'uomo servissero, è concesso agli animali, che lo meritano pienamente perchè essi sì, come i fiori e le piante e le erbe (che pure hanno un loro diverso principio vitale) lo servono - ma è anche un principio 'spirituale'.
Perchè questa è la differenza fra l'uomo e l'animale, o animali che, per credervi superiori, vi reputate inferiori a quello che siete: figli di Dio, Figli di Dio, grazie alla psiche-anima, non psiche-animale, che vi dà, che dà a voi uomini, animali ma di un gradino superiore al resto del regno animale, quella differenza che vi rende appunto figli miei e pertanto degni di entrare nel mio Paradiso.
Un Paradiso fatto su misura per voi: come per voi, uomini di carne, feci il primo paradiso terrestre - poi per mia volontà decaduto - come per voi feci l'universo.
Chi come Dio ?
Ma nel mio Regno, in quello dove regno Io, che sono Amore, può entrare solo chi è in 'grazia', solo cioè chi conosce l'Amore.
E come l'uomo primo perse la Grazia - e quindi il diritto, per cominciare, al Paradiso terrestre, anticipazione di quello celeste - così i 'successivi' perdono la Grazia, grazie al peccato: non quello d'origine ma quello che ogni giorno essi commettono contro se stessi andando contro la legge che Dio ha messo nei loro cuori, la legge dei comandi, e peccando d'amore per mancanza d'amore contro Dio e contro se stessi: omicidi degli altri, dell'anima degli altri, grazie al saper odiare, suicidi ad un tempo di se stessi uccidendo la Grazia in sè, quella che rende l' Anima 'viva', quella che la mantiene figlia di Dio e che, una volta perduta, vi fa figli di Satana.
Ed ecco che allora - non tanto per Adamo ed Eva, che pur sbagliarono ma sbagliarono su istigazione perfetta del superbamente intelligente e superbo, il Lucifero, portatore di luce che a loro portò le tenebre - ecco che Io allora, per Pietà per i discendenti che avrebbero automaticamente contratto la 'malattia' con la riproduzione delle specie (perchè l'uomo, persa la Grazia, si può ben considerare un animale e quindi, certo, qui si può parlare di 'specie'), feci loro la promessa di salvezza
La feci per loro conforto, per dare loro forza ed aiutarli a ravvedersi, come infatti successe dopo l'omicidio di Caino sul povero Abele, sul dolce Abele: prima anticipazione dei tanti omicidi che i caini della terra continuano a commettere, caini ed omicidi nello spirito, prima ancora che dei corpi.
Ma la feci anche per i successivi che sarebbero arrivati ad essere 'caini' non solo per loro merito ma anche a causa della Colpa prima che li aveva privati della Grazia.
Nè potete dire che i successivi, se avessero mantenuta la Grazia sarebbero stati migliori dei primi, perchè anche questa sarebbe superbia.
Già ti dissi che il Peccato originale fu provvidenziale perchè, se l' uomo primo non avesse sbagliato e non fosse piombato nel fango conoscendone tutte le miserie, i successivi - nel loro libero arbitrio  (ricorda sempre, sempre, sempre questo: che non è condanna ma dono, perchè altrimenti non figli ma automi sareste), migliorandosi continuamente, nella moltiplicazione e quindi di generazione evolutiva in generazione evolutiva, di stadio in stadio - sempre più perfetti sarebbero diventati e avrebbero finito, nel libero arbitrio, di ritenersi del tutto perfetti, cioè come Dio, anzi loro Dèi, come Lucifero. E si sarebbero ribellati: non disobbedienza ribelle, ma vera ribellione.
Non 'Chi come Dio ?!', ma 'Chi come Io ?!,' avrebbero detto! 
E come Lucifero avrebbero meritato la condanna: eterna, immediata.
Ma nella mia Misericordia - Giustizia coi primi due, Misericordia per i successivi - Io feci la Promessa, la promessa di Salvarvi: la promessa di Maria, la Tutta Bella già concepita nella mia mente ab-initio, la Tutta Pronta, tutta pronta per voi, pronta - come Anima - a discendere in un seno sulla terra - un seno già di santa, sua madre - per santificare la terra accogliendo poi, con il suo libero arbitrio, lo Spirito di un Dio, di Dio - chè altro Dio non esiste all'infuori di quello che voi liberamente eleggete nei vostri cuori - di un Dio che si sarebbe sacrificato per salvarvi, che avrebbe dato la sua vita per ridarvi la vostra, la vera Vita, che vi avrebbe dimostrato - con l’azione, per insegnarvelo - la vera sostanza dell'Amore che non è, no, dare la vita per gli amici - perchè questa è generosità portata al massimo livello, altruismo, ancora venato da interesse umano - ma darla per i 'nemici', i nemici di Dio: non nemici perchè lo crocifiggevano - chè la vita umana nulla vale se non per il fatto che essa è sofferenza e quindi mezzo di santificazione - ma perchè nemici del proprio spirito, che è spirito infuso da Dio, creato da Dio a sua immagine e somiglianza.
'Ama il tuo prossimo come te stesso' insegnò il Cristo-Uomo, 'Ama il tuo prossimo più di te stesso', insegnò il Cristo-Dio.
E' questo il Sacramento dell'Amore, è questo che Io sono venuto a ricordare alla vostra anima, ad insegnare al vostro 'io' solo che questi non voglia chiudere le orecchie dello spirito, chiudere gli occhi della materia, per non avere il coraggio di quella riconversione, cioè della modifica del vostro 'io', che Io a voi chiedo.
Ecco spiegato in breve il 'Progetto creativo' di Dio. Non progetto sull'universo, fatto di materia, ma progetto sull' uomo, fatto di spirito, che in spirito Io voglio ritorni a Me. In spirito dopo il primo giudizio, quello particolare, con la carne glorificata dopo quello ultimo: perchè anche la carne gioisca e venga ricompensata nella sua nuova gloria, gloria di carne martirizzata ( e perciò superiore alla gloria della carne di Adamo, che gloria non era perchè 'donata' e quindi avuta senza merito ) dalle sofferenze patite e superate nella vita terrena. Perchè la carne, corrotta dal Peccato d'origine, corrotta da Satana per farvi perdere la figliolanza di Dio, è stata da Me utilizzata per ridarvi - attraverso la sofferenza, e quindi con più merito - la figliolanza rubatavi, consentendovi di godere, nel Paradiso celeste, di una Gloria ancora maggiore: quella che spetta a quelli che sanno essere Martiri, martiri della vita, le cui sofferenze, le normali sofferenze, accettano e offrono, sull'Altare dell'Amore di Dio.

>>> continua


1 La Sacra Bibbia – Il Vangelo di Luca - -Edizioni Paoline, 1968

2 G.L.: ‘I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni’ – Vol. I, Cap. 2.1 – Ed. Segno

3 G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 64 – Edizioni Segno, 1997