(Il Vangelo secondo Matteo – Mt 2, 13-23 - La Sacra Bibbia – Edizioni Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 35 – Centro Editoriale Valtortiano)

9.Io dico che Maria fu e rimase vergine, e che l’anima sola fu sposata a Giuseppe,
come lo spirito suo fu congiunto unicamente allo Spirito di Dio…


Mt 2, 13-23:

Dopo la loro partenza, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: «Alzati, prendi il Bambino e sua Madre, fuggi in Egitto, e resta lì, finchè non ti avviserò, perché Erode ricercherà il Bambino per farlo morire ».
Egli si alzò e di notte, preso il Bambino e sua Madre, si ritirò in Egitto, e vi rimase fino alla morte di Erode; affinchè si adempisse quanto il Signore aveva detto per mezzo del profeta: « Dall’Egitto ho richiamato mio Figlio ».
Allora Erode, vedendosi deluso dai Magi, s’irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betleem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai Magi.
Allora si adempì l’oracolo del Profeta Geremia: « Un grido si udì in Rama, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli e rifiuta ogni conforto, perché non sono più ».
Morto Erode, ecco un Angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto, e gli disse: « Alzati, prendi il Bambino e sua Madre e và nella terra d’Israele; poiché quelli che volevano la vita del Bambino sono già morti ».
Egli si alzò, prese il Bambino e sua Madre e tornò nella terra d’Israele.
Ma, avendo saputo che Archelao regnava in Giudea invece di Erode, suo padre, temette di andare là, e, avvertito in sogno, si ritirò nel territorio della Galilea, e andò ad abitare in una città chiamata Nazaret, affinchè si adempisse quello che era stato annunciato dai profeti: ‘Egli sarà chiamato Nazareno’ ».

  

9.1 Ecco, ho trovato un’altra discordanza…

Non so se San Giuseppe avesse qualche ascendente napoletano o se i napoletani discendano in qualche modo misterioso da San Giuseppe, fatto sta che San Giuseppe - ai sogni - è ormai dimostrato che ci credeva.
Prima un Angelo gli appare in sogno per dirgli che non doveva ripudiare Maria e lui gli dà retta, poi un altro angelo – o forse sarà stato sempre lo stesso – gli appare in sogno a Betlemme per dirgli che deve far fagotto e lui subito fugge in Egitto. Quindi – in Egitto –  altro sogno per dirgli di tornarsene in Israele. Infine – una volta in Israele – ancora un sogno per dirgli che non doveva andare in Giudea (dove evidentemente Giuseppe avrebbe voluto recarsi, magari a Hebron da Zaccaria o a Betlemme dove aveva lasciato una discreta clientela ed era vicina ad una grande città come Gerusalemme) ma recarsi in Galilea, a Nazareth.
E quel che è bello è che la stessa Maria – che invece era abituata a ben altro, e cioè alle apparizioni – non nutre mai alcun dubbio e si fida dei sogni di Giuseppe.
A Gerusalemme, Archelao era succeduto a suo padre Erode il grande, e Giuseppe ne aveva paura per Gesù.
Archelao era infatti un sanguinario, tanto che gli stessi romani – nel 6 d.C. – finirono per toglierselo dai piedi deponendolo.
Però…, ora che mi viene in mente, mi sembra di aver trovato qui un’altra discordanza…
Matteo dice che l’Angelo sveglia nottetempo con il sogno Giuseppe dicendogli di saltar giù dal letto, prendere la Madre e il Bambino e fuggire in Egitto, come dire che non c’era da perder neanche un attimo di tempo.
Luca invece aveva detto che dopo la cerimonia della Circoncisione e della Presentazione di Gesù al Tempio la famigliola se ne tornò a Nazareth, dove il fanciullo cresceva, si sviluppava, etc.etc.
Anzi, Luca aveva testualmente scritto così:

Lc 2, 39-40:  
Quando ebbero compiuto tutto quello che riguardava la legge del Signore, ritornarono in Galilea, nella loro città di Nazareth.

Intanto il fanciullo cresceva, si sviluppava, riempiendosi di saggezza, e la grazia di Dio era su di Lui.

Quale dei due vangeli dice il falso?
Qui Voltaire farebbe salti di gioia per dimostrare l’inaffidabilità dei vangeli: tutta quella storia di sogni d’Egitto raccontata da Matteo sarebbe un’altra ‘favola’, ci troveremmo di fronte all’ennesimo racconto mitologico, e la conferma ce la darebbe lo stesso Luca che – depositario addirittura delle memorie di Maria – non fa alcun cenno alla fuga in Egitto, ai magi  e a quel ritorno a Nazareth dall’Egitto, parola di Luca!
Ma ragioniamo.
Intanto sarebbe sbagliato giudicare l’autenticità dei vangeli limitandosi a considerare ‘buoni’ solo gli episodi che sono citati e riferiti identicamente anche dagli altri evangelisti.
Ogni evangelista, infatti, cerca – quando può - di integrare gli altri vangeli mettendoci qualche episodio aggiuntivo che magari non era stato menzionato o sufficientemente evidenziato dagli evangelisti precedenti.
Ma se il Vangelo di Matteo è l’antesignano, come abbiamo visto nel primo capitolo di questo libro, e se Matteo vi aveva già inserito l’episodio della fuga in Egitto e del ritorno successivo in Israele, non vedo perché Luca avrebbe dovuto necessariamente ripetere quel racconto d’Egitto già fatto da Matteo né tantomeno smentirlo, sbugiardandolo.
Semmai Luca avrà sbagliato nello scrivere che dopo quel periodo a Betlemme la famiglia tornò ‘subito’ a Nazareth, nel senso che intendeva certo dire che a Nazareth era effettivamente tornata per stabilirsi definitivamente, ma dando per sottinteso che lo aveva fatto  dopo quella parentesi egiziana di cui aveva parlato Matteo e che era già a conoscenza di tutti gli apostoli.
E d’altro canto non è nemmeno tanto verosimile che – dopo un sogno come quello di cui parla Matteo – Giuseppe e Maria fossero andati in Egitto passando prima da Nazareth.
Utilizzando la dea ‘Ragione’ tanto cara a Voltaire, anzi utilizzando una carta geografica del vecchio Israele, possiamo notare che - per la famigliola che si trovava a Betlemme - Nazareth era agli antipodi rispetto all’Egitto.
Infatti Betlemme, che è a pochi chilometri da Gerusalemme, è più o meno a metà strada fra Nazareth, a nord, e il confine egiziano del territorio di Israele, a sud.
Dovendo fuggire nottetempo a sud verso l’Egitto – come racconta Matteo - non avrebbe avuto senso andare a Nord, con le soldataglie di Erode alle calcagna, per poi rimanersene ad aspettare a Nazareth come se niente fosse.
Oltretutto Nazareth era situata ben 120 chilometri circa più a Nord, verso l’odierno Libano.
Perché tornare a Nazareth? Per salutare i parenti? Ma quello non era un viaggio di piacere, un viaggio turistico, era una fuga. Andare a Nazareth avrebbe significato farsi 120 chilometri all’andata, salutare i parenti, farsi altri 120 chilometri al ritorno, a dorso d’asino, su strade molto pattugliate: insomma – contando il fatto che c’era un bambino in fasce da portare ed una donna fragile, e inoltre che se fossero andati a Nazareth a ‘sistemare’ le loro faccende famigliari prima di andarsene all’estero, altri due o tre giorni li avrebbero persi - i giorni perduti fra andata e ritorno, sarebbero stati almeno sette o otto, senza contare i giorni ulteriori di viaggio da Gerusalemme all’Egitto.
Non so se avrete notato un piccolo particolare.
Nel Cap. 4 di questo libro, vi avevo trascritto l’episodio in cui la Valtorta raccontava la visione dell’arrivo di Giuseppe che era ritornato a prendere Maria per ricondurla a Nazareth.
Giuseppe era evidentemente in forte ritardo e Maria era in ansia.
All’improvviso si sente bussare alla porta, è Giuseppe. Maria sorride rasserenata  e Giuseppe – che proveniva da Nazareth con il solito ciuchino - si scusa per il ritardo dicendo: ‘Il tuo messo giunse a Nazareth mentre io ero a Cana per dei lavori. Ieri l’altro a sera lo seppi e subito partii. Ma per quanto abbia camminato senza sostare, ho fatto tardi, perché s’era perso un ferro all’asinello. Perdona!’

Dunque Giuseppe, da solo e senza impicci, aveva impiegato 48 ore – senza sostare, e quindi camminando anche nottetempo – per percorrere con l’asinello una sessantina di chilometri al giorno e superare la distanza fra Nazareth e Gerusalemme.

Il che significa che - con una donna e un bambino - nonostante fossero in fuga avrebbe impiegato almeno il doppio di quel tempo per andare a Nazareth, , sostarvi quindi per riprendere fiato e sistemare le cose, quindi ritornare giù verso l’Egitto passando all’altezza di Gerusalemme e continuare a sud verso il confine egiziano.
Poco plausibile. Giuseppe se la deve essere subito filata in Egitto alla svelta, altro che tornarsene a Nazareth e starsene lì tranquillo ad aspettare Erode.
In tutti quei giorni Erode avrebbe avuto il tempo di stendere una maglia impenetrabile per raggiungere quel piccolo Messia in fuga che metteva in pericolo il suo trono o per intercettarlo ove fosse ritornato dalle parti di Gerusalemme. Vi pare?
San Giuseppe avrà anche creduto ai sogni, è vero, ma proprio per questo li prendeva alla lettera e – avendo la responsabilità della protezione di quello che era il Figlio di Dio – non vi pare che, come avreste fatto anche voi al suo posto,  se la sarebbe filata in Egitto senza indugio e per la via più breve, utilizzando per la fuga l’oro regalato dai magi?

 

9.2 Per buona pace dei ‘dottori difficili’…

Concludendo, l’errore - o se vogliamo, la svista narrativa - è di Luca.
Non siamo di fronte ad un Matteo che si inventa mitologicamente il discorso dei ‘magi’ e della ‘stella’, con la storia del sogno e della successiva fuga in Egitto.
Luca ‘salta’  questo episodio, volendo solo dire - con quel ‘ritornarono in Galilea, a Nazareth, dove Gesù si sviluppava e cresceva…’ - che Gesù avrebbe passato il resto dell’adolescenza a Nazareth.
E infatti Luca (che è l’evangelista che più racconta l’infanzia di Gesù) ‘salta’ anche gli anni successivi, fino all’episodio narrato da lui stesso: il ‘ritrovamento’ di Gesù al Tempio fra i dottori, dodicenne.
Comunque, se ci fosse rimasto qualche dubbio su dove andò la famiglia subito dopo Betlemme, andiamocelo a vedere sulla Valtorta.

(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 35, Centro Ed. Valtortiano)

 

35.  Fuga in Egitto.  Insegnamenti sull'ultima visione legata all'avvento di Gesù.

9 giugno 1944.
Il mio spirito vede la seguente scena.
E' notte.  Giuseppe dorme sul suo lettuccio nella minuscola stanzetta.  Un placido sonno di chi si riposa dal molto lavoro compiuto con onestà e solerzia.
Lo vedo nell'oscurità dell'ambiente, che è appena rotta da un filo di luce lunare che penetra da una fessura dell'impannata lasciata accostata ma non serrata del tutto, come se Giuseppe avesse caldo nella piccola stanza o volesse avere quel filo di luce per sapersi regolare all'alba e alzarsi sollecito.  E' volto su un fianco e nel sonno sorride a chissà quale visione che vede nel sogno.
Ma il sorriso si cambia in affanno.  Sospira profondamente, come fa chi è preso da un incubo, e si sveglia con un soprassalto. Si siede sul letto, si stropiccia gli occhi e si guarda intorno.  Guarda verso la finestrella da cui viene quel filo di luce.  E' notte alta, ma egli afferra la veste stesa ai piedi del letto e, sempre stando seduto sul letto, se la infila sulla tunica bianca dalle corte maniche che aveva sulla pelle.  Scosta le coperture, mette i piedi a terra e cerca i sandali.  Se li mette e allaccia.  Si alza in piedi e si dirige alla porta di fronte al suo letto, non a quella che ha al fianco dello stesso e che conduce nello stanzone dove furono accolti i Magi.
Picchia piano, appena un tic-tic, con la punta delle dita.  Deve sentire che lo si invita ad entrare, perché apre con attenzione la porta e la riaccosta senza rumore.  Prima di andare alla porta ha acceso un piccolo lume ad olio, ad una sola fiamma, e si fa perciò lume con questo.  Entra.  Ma in una camera, di poco più vasta della sua e nella quale vi è un basso lettino presso una cuna, vi è già un lumino che arde, e la fiammella oscillante in un angolo pare una stellina dalla luce tenue e dorata che permetta di vedere senza dar noia a chi dorma.
Ma Maria non dorme.  E' inginocchiata presso la cuna nella sua veste chiara e prega, vegliando Gesù che dorme tranquillo, Gesù che ha l'età che gli vidi nella visione dei Magi.  Un infante di circa un anno, bello, roseo e biondo, che dorme con la testolina ricciuta affondata nel guanciale e una manina serrata a pugno sotto la gola.
« Non dormi? » chiede Giuseppe a voce bassa e stupita. « Perché?  Gesù non sta bene?».
« Oh, no!  Egli sta bene. lo prego.  Ma per certo che poi dormirò.  Perché sei venuto, Giuseppe?».  Maria parla rimanendo inginocchiata dove era.
Giuseppe parla a voce bassissima per non svegliare il Bambino, ma concitata. « Bisogna andare via subito di qui.  Ma subito.  Prepara il cofano e un sacco con quanto puoi mettervi. lo preparerò il resto, porterò più che posso... All'alba fuggiremo. Lo farei anche prima, ma devo parlare alla padrona di casa... ».
« Ma perché questa fuga? ».
« Ti dirò poi meglio.  E' per Gesù.  Un angelo me l'ha detto: Prendi il Fanciullo e la Madre e fuggi in Egitto ". Non perdere tempo. lo vado a preparare ciò che posso ».
Non c'è bisogno di dire a Maria di non perdere tempo.  Appena ha sentito parlare di angelo, di Gesù e di fuga, ha compreso che vi è un pericolo per la sua Creatura ed è balzata in piedi più bianca in viso di una cera, tenendosi una mano sul cuore, angosciata.  E ha subito cominciato a muoversi lesta e leggera ed a sistemare gli indumenti nel cofano e in un ampio sacco, che ha steso sul suo letto ancora intatto.  E' certo angosciata, ma non perde la testa e fa le cose sollecitamente ma con ordine.  Ogni tanto, passando presso la cuna, guarda il Bambino che dorme ignaro.
« Hai bisogno di aiuto?» chiede di tanto in tanto Giuseppe, mettendo il capo dentro la porta rimasta socchiusa.
« No, grazie » risponde sempre Maria.
Solamente quando il sacco è pieno, e deve essere pesante, chiama Giuseppe perché l'aiuti a chiuderlo e a levarlo dal letto. Ma Giuseppe non vuole essere aiutato e fa da sé, prendendo il lungo involto e portandolo nella sua cameretta.
« Prendo anche le coperte di lana? » chiede Maria.
« Più che puoi prendi.  Il resto lo perderemo.  Ma più che puoi prendilo.  Ci farà comodo perché... perché dobbiamo stare via molto, Maria!... ».  Giuseppe è molto addolorato nel dire questo.  E Maria si può pensare come è. Piega sospirando le coltri sue e di Giuseppe, e questi le lega con una fune.
« Lasceremo i trapunti e le stuoie » dice mentre lega le coltri.          
« Anche se prendo tre asinelli, non posso gravarli troppo.  Dobbiamo fare lunga e disagevole via, parte fra montagne e parte nel deserto. Copri bene Gesù.  Le notti saranno fredde, tanto nelle montagne che nel deserto.  Ho preso i doni dei Magi perché ci faranno comodo laggiù.  Quanto ho lo spendo tutto per comperare i due asinelli.  Non possiamo rimandarli indietro e devo acquistarli. lo vado senza attendere l'alba.  So dove cercarli.  Tu finisci di preparare tutto ». Ed esce.
Maria raccoglie ancora qualche oggetto, poi, dopo avere osservato Gesù, esce e torna con delle piccole vesti che paiono ancora umide, forse lavate nel giorno avanti.  Le piega e avvolge in un telo e le unisce alle altre cose.  Non c'è più nulla.
Si volge intorno e vede in un angolo un giocattolo di Gesù: una pecorina intagliata nel legno.  La prende con un singhiozzo e la bacia.  Il legno porta le tracce dei dentini di Gesù, e le orecchie della pecorina sono tutte morsicchiate.  Maria carezza quell'oggetto senza valore, di un povero legno chiaro, ma di tanto valore per Lei, perché le dice l'affetto di Giuseppe per Gesù e le parla del suo Bambino.  Mette anche quello presso le altre cose sul cofano chiuso.
Ora non c'è proprio più nulla.  Solo Gesù nella sua cunella. Maria pensa che sia bene preparare anche il Bambino.  Va alla cuna e la scuote un poco per svegliare il Piccino.  Ma Egli ha solo un breve mugolio e si volta, continuando a dormire.  Maria lo carezza piano sui ricciolini.  Gesù apre la bocchina ad uno sbadiglio.  Maria si curva e lo bacia sulla gota.  Gesù finisce di destarsi.  Apre gli occhi.  Vede la Mamma e sorride, e tende le manine al seno di Lei.
Sì, amore della tua Mamma.  Sì, il latte.  Prima dell'ora solita... Ma Tu sei sempre pronto a succhiare la tua Mamma, agnellino mio santo! ,.
Gesù ride e scherza agitando i piedini fuori delle coperte, agitando le braccia con una di quelle allegrie degli infanti, così belle a vedersi.  Punta i piedini contro lo stomaco della Mamma, si curva ad arco e appoggia anche il capino biondo sul seno di Lei, e poi si butta indietro e ride con le manine afferrate ai cordoncini che stringono al collo la veste di Maria, tentando di aprirla.  Nella sua camicina di lino Egli appare bellissimo, grassottello, roseo come un fiore.
Maria si curva e, stando così, attraverso la cuna come una protezione, piange e sorride insieme, mentre il Bambino cinguetta quelle parole, che non son parole, di tutti i bambinelli e nelle quali è netta e ripetuta la parola « mamma».  La guarda, stupito di vederla piangere.  Stende una manina verso le righe lucide del pianto e se la bagna nella carezza.  E, vezzoso, si riappoggia al seno materno e ci si raccoglie tutto contro, carezzandolo con la manina.
Maria lo bacia fra i capelli e se lo prende in collo, si siede, lo veste.  Ecco, la vestina di lana è infilata, ed ecco messi i sandaletti minuscoli.  Gli dà il latte e Gesù succhia avido il buon latte della sua Mamma e, quando gli sembra che da destra ne venga più poco, va a cercare a sinistra, e ride nel farlo, guardando da sotto in su la Mamma.  Poi si addormenta da capo sul seno di Lei, la gotina rosea e tonda ancora contro la mammella bianca e tonda.
Maria si alza piano piano e lo depone sulla trapunta del suo letto.  Lo copre con il suo mantello.  Torna alla cuna e piega le piccole coperture.  Riflette se sia bene prendere anche il materassino.  E' tanto piccino!  Lo si può prendere.  Lo mette, insieme al cuscino, presso le cose già messe sul cofano.  E piange sulla cuna vuota, povera Mamma, perseguitata nella sua Creatura.
Torna Giuseppe. « Sei pronta?  E' pronto Gesù?  Hai preso le sue coperte, il suo lettino?  Non possiamo portare la cuna, ma almeno Egli abbia il suo materassino, povero Piccino che cercano a morte! ».
« Giuseppe! ». Maria ha un grido mentre si afferra al braccio di Giuseppe.
« Sì, Maria, a morte.  Erode lo vuole morto... perché ne ha paura... per il suo regno umano ha paura di questo Innocente, quella belva immonda.  Cosa farà quando capirà che Egli è fuggito, non so.  Ma noi saremo lontani, ormai.  Non credo che si vendicherà cercandolo sino in Galilea.  Già sarebbe troppo difficile per lui scoprire che noi siamo galilei e tanto meno di Nazareth e chi siamo, di preciso.  A meno che Satana non lo aiuti per ringraziarlo d'essergli servo fedele.  Ma... se ciò avvenisse... Dío ci aiuterà lo stesso.  Non piangere, Maria.  Vederti piangere mi è un dolore ben più forte di quello di dover andare in esilio ».
« Perdonami, Giuseppe!  Non è per me che piango, né per il poco bene che perdo.  Piango per te... Hai già dovuto sacrificarti tanto!  Ed ora torni a non avere più clienti, né casa.  Quanto ti costo, Giuseppe! ».
« Quanto?  No, Maria.  Non mi costi.  Mi consoli.  Sempre.  Non pensare al domani.  Abbiamo le ricchezze dei Magi.  Ci aiuteranno nei primi tempi.  Poi troverò lavoro.  Un operaio onesto e capace si fa subito strada.  Hai visto qui.  Non mi bastano le ore al lavoro che ho ».
« Lo so.  Ma chi ti solleverà dalla nostalgia? ».
« E tu, chi ti solleverà dalla nostalgia di quella casa che ti è così cara? ».
« Gesù.  Avendo Lui, ho ancora quello che là ho avuto ».
« E io, avendo Gesù, ho la patria, sperata fino a pochi mesi sono.  Ho il mio Dio.  Lo vedi che non perdo nulla di ciò che mi è caro sopra ogni cosa.  Basta salvare Gesù e allora tutto ci resta.  Anche non dovessimo più vedere questo cielo, queste campagne, né quelle ancor più care di Galilea, avremo sempre tutto, perché avremo Lui . Vieni, Maria, ché l'alba si inizia.  E' tempo di salutare l'ospite e di caricare la roba nostra.  Tutto andrà bene ».
Maria si alza in piedi, ubbidiente.  Si avvolge nel mantello, mentre Giuseppe fa un ultimo fagotto ed esce carico di quello.
Maria solleva delicatamente il Bambino e lo avvolge in uno scialle e se lo stringe al cuore.  Guarda le pareti che l'hanno ospitata per dei mesi e con una mano le sfiora.  Beata casa, che ha meritato di essere amata e benedetta da Maria!
Esce.  Traversa la stanzetta che era di Giuseppe, entra nello stanzone.  La padrona di casa, in lacrime, la bacia e saluta e, sollevando un lembo dello scialle, bacia sulla fronte il Bambino, che dorme tranquillo.  Scendono per la scaletta esterna.
Vi è un primo chiarore d'alba che dà appena modo di vedere. Nella poca luce si vedono tre somarelli.  Il più robusto, carico delle masserizie.  Gli altri, con la sella.  Giuseppe si dà da fare ad assicurare per bene cofano e involti sul basto del primo. Vedo legati a mazzo, e posti sulla cima del sacco, i suoi arnesi da falegname.
Ancora saluti e lacrime e poi Maria monta sul suo ciuchino, mentre la padrona tiene Gesù in collo e lo bacia ancora, poi lo rende a Maria.  Monta anche Giuseppe, che ha legato il suo asino con l'asino carico dei bagagli per esser libero di tenere a cavezza l'asinello di Maria.
La fuga ha inizio mentre Betlemme, che sogna ancora la fantasmagorica scena dei Magi, dorme quieta, inconscia di quanto l'attende.
E la visione cessa così.

Dice Gesù:

« E anche questa serie di visioni cessano così.  Con buona pace dei dottori difficili siamo andati mostrandoti le scene che hanno preceduto, accompagnato e seguito il mio Avvento, non per esse stesse, che sono molto note per quanto svisate da elementi sovrapposti nei secoli, sempre per quel modo di vedere umano che, per dare maggior lode a Dio - e perciò è perdonato - rende irreale ciò che è tanto bello lasciare reale.  Perché la mia Umanità e quella di Maria non ne escono sminuite, come non viene offesa la mia Divinità e la Maestà del Padre e l'Amore della Trinità Ss. da questo vedere le cose nella loro realtà, ma anzi ne splendono i meriti della Madre mia e la mia umiltà perfetta, come ne folgora la bontà onnipotente dell'eterno Signore.  Ma ti abbiamo mostrato queste scene per potere applicare a te e ad altri il senso soprannaturale che ne esce e darvelo a norma di vita.
Il Decalogo è la Legge; e il mio Vangelo è la dottrina che vi rende più chiara questa Legge e più cara a seguirsi.  Basterebbero questa Legge e questa Dottrina a fare, degli uomini, dei santi.                                
Ma siete così intralciati dalla vostra umanità - che, in verità, soverchia di troppo in voi lo spirito - che non potete seguire queste vie e cadete; o vi fermate scoraggiati. 
Dite a voi e a chi vi vorrebbe portare avanti citandovi gli esempi del Vangelo: "Ma Gesù, ma Maria, ma Giuseppe (e giù, giù per tutti i santi) non erano come noi.  Erano forti, sono stati subito consolati nel dolore, anche di quel poco dolore che hanno avuto, non sentivano le passioni.  Erano già esseri fuori della terra ".
Quel poco dolore!  Non sentivano le passioni!
Il dolore ci è stato l'amico fedele ed ebbe tutti i più vari aspetti e nomi.
Le passioni…Non usate un vocabolo malamente, chiamando “passioni” i vizi che vi traviano. Chiamateli sinceramente “vizi”, e capitali per giunta.
Quelli non è che li ignorassimo. Avevamo occhi e orecchie per vedere e udire e Satana ci faceva danzare davanti e intorno questi vizi, mostrandoceli col loro lordume in opera, o tentandoci con le sue insinuazioni. Ma, la volontà essendo tesa a voler essere graditi a Dio, questo laidume e queste insinuazioni, in luogo di ottenere lo scopo prefissosi da Satana, otteneva il contrario. E tanto più esso lavorava e tanto più noi ci rifugiavamo nella luce di Dio, per schifo della tenebra fangosa che esso ci mostrava agli occhi del corpo e dello spirito.
Ma le passioni, nel senso filosofico, non le ignorammo in noi.  Abbiamo amato la patria, e nella patria la nostra piccola Nazareth più di ogni altra città di Palestina.  Abbiamo sentito gli affetti per la nostra casa, i parenti, gli amiciPerché non avremmo dovuto sentirli?  Non ce ne siamo fatti schiavi perché niente deve esserci padrone fuorché Dio.  Ma dei buoni compagni ce ne siamo fatti.
Mia Madre ha avuto un grido di gioia quando, dopo quattro anni circa, è tornata a Nazareth ed ha messo piede nella sua casa, ed ha baciato quelle pareti in cui il suo " Sì " le aperse il seno a ricevere il Germe di Dio. 
Giuseppe ha salutato con gioia i parenti e i nipotini, cresciuti di numero e di anni, ed ha goduto di vedersi ricordato dai concittadini e subito cercato per la sua capacità.
lo sono stato sensibile alle amicizie ed ho sofferto come di una morale crocifissione per il tradimento di Giuda.  E che perciò?  Né mia Madre né Giuseppe anteposero il loro amore alla casa o ai parenti alla volontà di Dio.
Ed Io non risparmiai parola, se era da dire, atta ad attirarmi l'astio degli ebrei e il malanimo di Giuda.  Sapevo, e avrei potuto farlo, che sarebbe bastato del denaro per asservirlo a Me. Non a Me Redentore; a Me ricco. lo che ho moltiplicato i pani potevo moltiplicare anche il denaro, se volevo. 
Ma non ero venuto per procurare soddisfazioni umane.  A nessuno.  Tanto meno ai miei chiamati.  Avevo predicato sacrificio, distacco, vita casta, umili posti
Che Maestro sarei stato e che Giusto, se ad uno, solo perché era quello il mezzo di tenerlo, avessi dato denaro per il suo sensualismo mentale e fisico?
Grandi nel mio Regno si diviene facendosi " piccoli ". Chi vuole esser ‘grande’ agli occhi del mondo non è atto a regnare nel mio Regno.  E' paglia per il letto dei demoni.  Perché la grandezza del mondo è in antitesi con la Legge di Dio.
Il mondo chiama " grandi " coloro che, con mezzi quasi sempre illeciti, sanno prendere i posti migliori e, per farlo, fanno del prossimo uno sgabello sul quale salgono schiacciandolo
Chiama "grandi " coloro che sanno uccidere per regnare, moralmente o materialmente uccidere, ed estorcono posti e paesi ed impinguano sé svenando altri nelle ricchezze singole e collettive. 
Il mondo chiama sovente " grandi " i delinquenti. 
No. La "grandezza" non è nella delinquenza.  E' nella bontà, nell'onestà, nell'amore, nella giustizia.  Vedete i vostri "grandi" quali attossicanti frutti vi offrono, colti nel loro malvagio demoniaco giardino interiore!
L'ultima visione, poiché voglio parlare di essa e trascurare di parlare d'altro - ché tanto è inutile, perché il mondo non vuole udire la verità che lo riguarda - illumina un particolare citato due volte nel Vangelo di Matteo, una frase ripetuta due volte: “Levati, prendi il Fanciullo e sua Madre e fuggi in Egitto”; "Levati, prendi il Fanciullo e la Madre di Lui e torna nella terra di Israele". E tu hai visto che Maria era sola nella sua stanza col Bambino.
Molto è combattuta, da coloro che per esser fango putrido non ammettono che uno di loro possa esser ala e luce, la verginità di Maria dopo il parto e la castità di Giuseppe. 
Sono disgraziati dall'animo tanto corrotto e dalla mente tanto prostituita alla carne, da essere incapaci di pensare che uno come loro possa rispettare la donna vedendo in lei l'anima e non la carne, ed elevare se stessi vivendo in un'atmosfera soprannaturale, appetendo non a ciò che è carne, ma a ciò che è Dio.
Ebbene, a questi negatori del più bello, a questi vermi incapaci di divenire farfalla, a questi rettili coperti dalla bava della loro libidine, incapaci di comprendere la bellezza di un giglio, Io dico che Maria fu e rimase vergine, e che l'anima sola fu sposata a Giuseppe, come lo spirito suo fu congiunto unicamente allo Spirito di Dio e per opera di Lui concepì l'Unico suo portato: Io, Gesù Cristo, Unigenito di Dio e di Maria.
Non è questa una tradizione fiorita dopo, per un amoroso rispetto della Beata che mi fu Madre.  E' verità, e fin dai primi tempi fu nota.
Matteo non nacque secoli dopo.  Era contemporaneo di Maria. 
Matteo non era un povero ignorante vissuto nelle selve e facile a credere ad ogni fandonia.  Era un impiegato alle imposte, direste ora voi; un gabelliere, dicevamo noi allora
Sapeva vedere, udire, capire, scegliere il vero dal non vero. 
Matteo non udì le cose per sentito dire da terzi.  Ma le raccolse dal labbro di Maria, alla quale il suo amore per il Maestro e per la verità lo aveva spinto a fare domande.
Non penso già che codesti negatori della inviolabilità di Maria pensino che Ella abbia potuto mentire. 
Gli stessi parenti miei l'avrebbero potuta smentire, se vi fossero stati altri figli. 
Giacomo, Giuda, Simone e Giuseppe erano condiscepoli di Matteo.  Perciò facile a questo confrontare le versioni, se più versioni vi fossero state. 
E Matteo non dice mai: " Levati e prendi tua moglie "; dice: " Prendi la Madre di Lui ".
Prima dice: ”Vergine sposata a Giuseppe "; " Giuseppe suo sposo ".
Né mi dicano, costoro, che ciò era un modo di dire degli ebrei, quasi che dire " moglie " fosse un'infamia. 
No, negatori della Purezza.  Dalle prime parole del Libro si legge: “... e si unirà a sua moglie ".
E'detta " compagna " sino al momento della consumazione sensuale del coniugio, e poi viene chiamata " moglie " in diverse riprese e in diversi capitoli.  E così delle spose dei figli di Adamo.  E così di Sara, chiamata " moglie " di Abramo: " Sara, tua moglie "; e " Prendi tua moglie e le tue due figlie " è detto a Lot.  E nel libro di Rut è scritto: " La Moabita, moglie di Mahalon ". E nel primo libro dei Re è detto: " Elcana ebbe due mogli "; e oltre " Elcana poi conobbe sua moglie Anna "; e ancora: " Eli benedisse Eleana e la moglie di lui ". E sempre nel libro dei Re è detto: " Betsabea, moglie di Uria Eteo, divenne moglie di Davide e gli partorì un figlio ". E che si legge nell'azzurro libro di Tobia, quello che la Chiesa vi canta alle vostre nozze per consigliarvi di esser santi nel matrimonio?  Si legge: " Or quando Tobia con la moglie e col figlio arrivò... "; e ancora: " Tobia riuscì a fuggire col figlio e con la sua moglie ".
E nei Vangeli, ossia in tempi contemporanei a Cristo, in cui perciò si scriveva con linguaggio moderno, rispetto a quei tempi, e perciò non è da sospettare errori di trascrizioni, è detto, e proprio da Matteo nel cap. 22': "... e il primo, presa moglie, morì e lasciò la moglie al fratello ". E Marco al capo 10: "Chi ripudia la moglie....... E Luca chiama Elisabetta moglie di Zaccaria per quattro volte di fila, e nell'ottavo capitolo dice: " Giovanna, moglie di Cusa ".
Come vedete, non era questo nome un vocabolo proscritto da chi era nelle vie del Signore, un vocabolo immondo che non era degno d'esser proferito e tanto meno scritto dove si tratta di Dio e delle sue opere mirabili. 
E l'angelo, dicendo: " il Fanciullo e la Madre di Lui ", vi dimostra che Maria gli fu Madre vera, ma non fu moglie a Giuseppe.  Rimase sempre: la Vergine sposata a Giuseppe.
E questo è l'ultimo insegnamento di queste visioni.  Ed è una aureola che splende sul capo di Maria e di Giuseppe.  La Vergine inviolata.  L'uomo giusto e casto. I due gigli fra cui crebbi udendo solo fragranze di purezza.

     A te, piccolo Giovanni, potrei parlare sul dolore di Maria per il suo duplice strappo dalla casa e dalla patria.  Ma non vi è bisogno di parole.  Comprendi che sia e ne muori.  Dàmmi il tuo dolore.  Non voglio che questo.  E' più di ogni altra cosa tu possa darmi.  E' venerdì, Maria.  Pensa al mio dolore e a quello di Maria sul Golgota per potere sopportare la tua croce.
La pace e l'amore nostro restano con te ».

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Me ne rimango pensieroso a riflettere sul dettato con cui Gesù commenta alla Valtorta la serie di visioni dell’infanzia, date per buona pace dei dottori difficili, e cioè i teologi cavillosi e razionalisti alla Voltaire che certo storceranno il naso di fronte a questi episodi perché non solo essi considerano racconti ‘mitologici’ i vangeli ma anche una favola la verginità di Maria. Figuriamoci poi i racconti di una ‘visionaria’!

Ne emerge un quadro estremamente umano.
E di questo quadro Gesù illustra alla fine dei particolari che potrebbero essere sfuggiti, quelli che riguardano le parole dell’Angelo a Giuseppe – citate da Matteo – e ripetute due volte: ‘Levati, prendi il fanciullo e sua Madre e fuggi in Egitto’ e ancora ‘Levati, prendi il fanciullo e la Madre di Lui e torna nella terra di Israele’. E Maria, a Betlemme, dormiva sola, nella sua stanza.
E aggiunge Gesù:

Molto è combattuta, da coloro che per esser fango putrido non ammettono che uno di loro possa esser ala e luce, la verginità di Maria dopo il parto e la castità di Giuseppe. 
Sono disgraziati dall'animo tanto corrotto e dalla mente tanto prostituita alla carne, da essere incapaci di pensare che uno come loro possa rispettare la donna vedendo in lei l'anima e non la carne, ed elevare se stessi vivendo in un'atmosfera soprannaturale, appetendo non a ciò che è carne, ma a ciò che è Dio.

Bene, mi sembra che meglio di così il problema della verginità di Maria trattato nei capitoli precedenti non potrebbe essere concluso: parola di Gesù!