(Il Vangelo secondo  Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 20, 19-23 – Ed. Paoline)
            (M.V.: ‘I Quaderni del 1944’ – dettato 11.1.44  – Centro Ed. Valtortiano)
   (M.V.: ‘L’Evangelo  come mi è stato rivelato’ – Cap. 627 – Centro Ed. Valtortiano)
         
          13. E’ stato  necessario – comprendete? – necessario è stato che voi aveste, una buona volta  , frantumati il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di apostoli...
          
         
          Gv 20, 19-23:
          La sera del medesimo  giorno, il primo della settimana, le  porte del luogo dove i discepoli si trovavano erano chiuse, per paura dei Giudei.
            Gesù venne, stette  in mezzo a loro e disse: «La pace sia con voi!».
  Ciò detto,  mostrò loro le mani e il costato.
            I discepoli gioirono al vedere il Signore.
            Gesù ripetè: «La pace sia con voi! Come il Padre ha mandato me, anch’io mando  voi».
            Detto questo, alitò su di essi e disse: «Ricevete lo  Spirito Santo. A chi rimetterete i  peccati saranno loro rimessi, a chi li riterrete saranno ritenuti».
          
          13.1 Alla fine del mondo, risorgeremo in carne ed  ossa?
              
              Sto meditando su questo brano,  ed in particolare sulla Risurrezione e sulle successive apparizioni di Gesù, con un corpo  glorificato che - a seconda delle circostanze – si manifestava in forma eterea per poi ‘solidificarsi’, quindi ridivenire  etereo e …scomparire.
  Insomma il concetto di ‘corpo  glorificato’ di Gesù risorto mi fa pensare al corpo che dovremmo avere alla fine del Tempo, quando la storia  dell’uomo finirà e Dio darà il via alla reincarnazione dei corpi, o meglio alla risurrezione della carne.
  Il nostro sarà un corpo in carne ed ossa in un mondo rinnovato  ma ‘materiale’? Cosa saranno mai quei misteriosi  e famosi Nuovi  Cieli e Nuova Terra?
  Giovanni – vedendoli in  visione come ebbe poi a descrivere nell’Apocalisse parlando della fine del  mondo – scrisse: ‘Poi vidi un cielo nuovo e una terra nuova,  poiché il primo cielo e la prima terra erano spariti e il mare non esiste  più…’.
 E’ solo un modo di dire – come dicono taluni –  per parlare allegoricamente del  Paradiso celeste oppure, come dicono altri, si tratta di una nuova realtà, che  so…un nuovo Paradiso terrestre, o un altro mondo, un mondo di un’altra  dimensione come quello che - come vi avevo detto qualche capitolo fa -  studiavano certi scienziati, e dove l’anima nostra – ad un comando divino – si reincarnerà in un nuovo corpo,  oppure riacquisterà prodigiosamente le forme del suo corpo  antico, con le debite correzioni …estetiche? 
Certo mi sembra più facile  immaginarmi la teoria della reincarnazione - dove un’anima, il cui vecchio corpo è deceduto, decide di andare ad  occupare quello già pronto di un bimbo che nasce - piuttosto che l’ipotesi che  uno muoia, il corpo si dissolva in atomi eterei che si perdono nel nulla dello  spazio e poi – dopo magari ventimila anni, quando il mondo finisce -  …pam!, le anime già giudicate in spirito che  sono in cielo, o all’inferno, si ‘materializzano’ per essere giudicate anche  col corpo.
Sarà  mai possibile risorgere? Gesù lo ha fatto, è vero, ma Egli era Dio e poi, in  fin dei conti, Lui un corpo già ce l’aveva, e non ha fatto altro che  infilarvicisi dentro.
            Ma noi? Con un corpo  disintegrato da qualche decina di migliaia di anni?
            Dove li andiamo a recuperare  i nostri atomi, le nostre molecole?
            Mi sembra quasi più  credibile – fra le due – la teoria della reincarnazione delle anime, dove  l’anima che si reincarna nel corpo nuovo del ‘bebè’, il corpo se lo trova già  bello e fatto…, da papà e mammà.
            Certo, nel  caso di noi cristiani, mi dico che dobbiamo crederci per fede, ma ammetto che  ora devo fare uno sforzo, perché la risurrezione dei corpi è una cosa che  supera ogni più fervida immaginazione: più della reincarnazione delle anime nei  corpi, che mi sembra più facile.
            Tutto il nostro ‘credere’,  comunque,  si basa sulla Risurrezione di  Gesù. per cui, se crediamo nella sua risurrezione, dobbiamo per logica poter credere anche nella possibilità della nostra risurrezione, corpo o non corpo.
            Già…, il  nostro corpo! Quale corpo?
            Con un  corpo ‘glorificato’ ed etereo che  attraversa i muri, o  un corpo ‘solidificato’, che mangia pane e pesce  come fece Gesù stesso nel Cenacolo? Oppure con un corpo ‘glorificato’, etereo,  che diventa ‘solido’ solo quando deve mangiare? 
            Ma ‘mangia’  poi, nell’al di là, un uomo  risuscitato con il suo corpo? 
            Un uomo con  un corpo solido come può sostenersi se non mangia?
            La carne ha  ben le sue esigenze, no?
            Gesù era  ben morto, quando fu messo nel sepolcro, né si può ragionevolmente pensare che  un Giovanni l’avrebbe potuto adorare come Dio, né tantomeno un San Pietro, se  non fosse realmente apparso loro  come i Vangeli raccontano. 
            Giovanni,  sotto la croce l’aveva visto morto al di là di ogni dubbio e poi, altrettanto  al di là di ogni dubbio, se lo è visto risorto. 
            E così per  gli altri apostoli che, anche se non lo hanno visto materialmente morto, perché  si eran dati alla fuga, però avevan saputo con assoluta certezza che era  realmente morto, e se lo son visto poi  apparire davanti.
            Avessero  visto un Gesù in tutto e per tutto normale a quello di prima, avrebbero – e  anche noi avremmo - potuto pensare ad un sosia,  oppure che non fosse morto realmente, ma loro si son visti apparire un Gesù ‘etereo’ che attraversava i muri in un alone di luce e che poi si ‘materializzava’ lì in un corpo solido,  per sparire nuovamente con un  processo inverso. Un Gesù che riusciva anche a trovarsi contemporaneamente in  due posti lontanissimi. 
              Ecco perché la risurrezione dette un colpo  di grazia alla loro ‘umanità’ e loro – finalmente – credettero, fino ad  accettare poi tutti una sorte di martiri.
              Solo  l’incrollabile fiducia nella risurrezione e in un’altra vita li avrebbe potuti  sostenere fino ad affrontare tutti con gioia quella sorte. Solo l’incrollabile  fiducia che deriva dal fatto di aver toccato con mano, come San Tomaso, quella  nuova realtà.
              Solo che  noi non abbiamo avuto quella ‘fortuna’, anche se a loro costò il martirio, ed  ora – a duemila anni di distanza – ci è più difficile credere.
              Parlo per  me, naturalmente, perché – per crederci - un poco mi devo sforzare.
              Gesù risorto non fu visto  d’altra parte da quattro gatti – talchè uno senza fede potrebbe anche  legittimamente pensare che gli astanti possano esser stati vittima di una  qualche allucinazione, come gli apostoli stessi avevano pensato delle ‘donne’  in quel mattino di risurrezione - ma apparve invece a tante persone, anzi addirittura  a varie centinaia di persone, e  anche in  situazioni diverse. 
              Questi ragionamenti – mi viene un dubbio… - non sono un  pensiero blasfemo, sono domande ‘logiche’ e   non me le invento nemmeno io perchè dovevano essere state ben presenti  agli albori della cristianità se lo stesso San  Paolo sentì il bisogno di precisare nella Prima lettera ai Corinti: 
              ‘Infatti vi ho trasmesso, prima di tutto, quanto anch’io ho ricevuto, che Cristo è morto per i nostri  peccati, secondo le Scritture, che fu  sepolto e risuscitò il terzo  giorno, secondo le Scritture, che  apparve a Cefa e poi ai Dodici. 
              Apparve pure a più di  cinquecento fratelli in una sola volta, dei quali i più vivono tuttora, mentre  alcuni sono morti. Apparve quindi a Giacomo,  poi a tutti gli apostoli. Infine, dopo tutti, è apparso anche a me, come all’aborto. Io sono, infatti, il minimo  degli Apostoli, neppure degno di essere chiamato apostolo, perché ho  perseguitato la chiesa di Dio…. 
              Or, se si predica che Cristo è  risuscitato da morte, come mai alcuni di voi dicono che non esiste la risurrezione dei morti? 
              Se non vi è risurrezione dai  morti nemmeno Cristo è risorto. Or, se Cristo non è risorto, è vana dunque la  nostra predicazione e vana è pure la vostra fede. 
            Anzi, diverrebbe manifesto che noi saremmo falsi testimoni di Dio,  perché per Dio avremmo testimoniato che Egli ha risuscitato Cristo, mentre non  l’avrebbe risuscitato, se i morti non risorgono; perché se i morti non  risorgono, neppure Cristo è risorto. Se  Cristo poi non è risorto, la vostra fede è vana: voi siete ancora nei  vostri peccati. E quindi anche quelli che si sono addormentati in Cristo sono  perduti. Se noi riponiamo la nostra speranza in Cristo soltanto in questa vita,  siamo i più miserabili di tutti gli uomini…’
          Ora,  non si può immaginare – da questo testo – una persona più lucidamente convinta  e ‘raziocinante’di San Paolo.
            Peraltro,  uno che ragiona con questa logica (come pure con quella della sua famosa Epistola ai Romani) non è certo tipo da  allucinazioni.
            San Paolo ha scritto le sue  lettere grosso modo a cavallo della metà del primo secolo dopo Cristo, vale a  dire una ventina d’anni dopo gli  avvenimenti che noi stiamo commentando in questo nostro libro.
            Egli scriveva insomma non  solo per i ‘Corinti’ ma anche per i suoi contemporanei, in moltissimi casi  ebrei convertiti che poi avevano dovuto fuggire da Gerusalemme a causa delle  persecuzioni. Chiaro dunque che in quel periodo un gran numero di quei  cinquecento testimoni fosse ancora vivo. 
            Le dichiarazioni di San  Paolo sarebbero state temerarie ove  non fossero state vere. 
            E soprattutto sarebbe stato  temerario San Paolo a fare una vita di traversie  e sofferenze come la sua per poi  morire decapitato a causa della sua Fede in Cristo, se non fosse stato più che certo di quel che diceva e di  quel che sapeva e di quello a cui aveva assistito.
          
           13.2 Ma…, mi viene allora un  altro dubbio, San Paolo parlava per me o forse…, o forse…
          Un’idea mi attraversa la mente all’improvviso…
            Il  Gesù della Valtorta - al di là delle visioni e della stesura del suo ‘vangelo’  in ‘presa diretta’ che noi leggiamo con questo nostro commento – era solito  intrattenerla con dettati di grandissima sapienza spirituale sui temi più  svariati, contenuti nei cosiddetti ‘Quaderni’, in fondo ai quali l’Editore ha  posto un Indice che indica le varie tematiche e le pagine del libro ove queste  sono trattate.
            Per saperne di più su questo  argomento, vado dunque in biblioteca, sfilo i tre volumi dei Quaderni (Quaderni del 1943, del 1945 e 45/50  -  Centro Editoriale Valtortiano), ne  apro uno, è quello del 1944, guardo l’indice, voce ‘risurrezione della carne’, sfoglio, toh…!, qui non è Gesù che parla come al solito ma è lo stesso San Paolo in persona che – lupus in fabula – dice alla Valtorta,  quasi che intendesse rispondere proprio  a noi ora:
          11 - 1 - 44, ore 10.
            Dice l'apostolo Paolo':
  « Gli antichi pagani ai quali io spezzavo il pane della Fede sembrano essere tuttora vivi, anzi essere ritornati, secondo la vostra credenza, a reincarnarsi con le loro antiche  teorie riguardo alla risurrezione e alla  seconda vita, tanto tuttora, e più che mai ora, dopo venti secoli di  predicazione evangelica, è incarnata e  incarnita nella vostra mente la teoria della reincarnazione.
  Unica cosa che si reincarni, questa  vostra teoria che rifiorisce come una muffa ad epoche alterne di  oscuramento spirituale.  
  Poiché,  sappiatelo, o voi che vi credete i più evoluti nello spirito, questo  è il segno di un tramonto e non di un'aurora dello spirito. 
  Tanto più  basso è il Sole di Dio nei vostri spiriti e tanto più nell'ombra che  sale si formano larve e stagnano febbri e pullulano i portatori di morte e germinano le spore che intaccano, corrodono,  assorbono, distruggono la vita dello spirito vostro, come in boschi  iperborei dove di sei mesi è lunga la notte e fa delle boscaglie, piene di vita  vegetale e animale, delle morte zone simili a quelle di un mondo spento.
            Stolti!  I  morti non ritornano.  Con nessun nuovo corpo.  Non vi  è che una risurrezione: quella finale.
  Non siete, no, non siete, voi  fatti ad immagine e somiglianza di  Dio, dei semi che per ciclo alterno spuntano e si fanno stelo, fiore, frutto, seme e, da seme, stelo, fiore,  frutto.  
  Voi siete  uomini, non erbe del  campo.  
  Voi siete  destinati al Cielo non alla stalla del giumento.  
  Voi possedete lo spirito di Dio, quello  spirito che Dio vi infonde per continua sua generazione spirituale che è in rispondenza alla generazione umana di una  nuova carne.
            E che credete voi?   Che Dio, l'onnipotente, illimitato, eterno Iddio nostro, abbia un limite nel suo generare?  Un  limite che gli imponga di creare un dato numero di spiriti e non più, di  modo che per continuare la vita degli uomini sulla terra, come commesso da  emporio, debba andare agli scaffali e cercare fra gli ivi ammassati spiriti  quello da riusare per quella data merce; o, meglio ancora, credete che Egli sia  come uno scriba il quale riesuma una data pratica e cerchi un dato rotolo  perché è venuta l'ora di riusarlo a dar voce ad un evento?
            O stolti, stolti, stolti!   Voi non siete merci, pergamene  o semi.  Voi siete uomini.
  Il corpo, come seme, cade, finito il suo ciclo, nella corruzione  della fossa.  
  Lo spirito  torna alla sua Fonte per essere giudicato se è vivo o putrido quanto la carne, e a seconda dei suo essere va al suo destino.  
  Né più da quello  esce, altro che per chiamare ciò che fu suo ad una unica risurrezione, in cui chi fu putrido in vita putrido perfetto diviene in eterno, con quello  spirito corrotto e quella corrotta carne che nella loro unica,  sola, non ripetibile vita, ebbero; e chi fu ‘giusto’ in vita  risorge glorioso, incorruttibile, elevando la sua carnealla gloria del suo spirito  glorioso, spiritualizzandola,divinizzandola, poiché per essa e con essa ha vinto ed è giusto che con essa trionfi. 
  Qui siete animali ragionevoli per lo spirito che possedete e  che consegue la vita anche per la carne che esso vince. Nell'altra vita sarete spiriti vivificanti la carne che ha conseguito vittoria rimanendo soggetta allo spirito.  Prima  viene sempre la natura animale.  
  Ecco l'evoluzione vera.   Ma è unica.  
  Poi dalla natura animale che ha saputo, per la triplice  virtù, rendere leggera se stessa, viene  la natura spirituale
  A seconda che  vivete in questa vita, tali sarete nella seconda. 
  Se in voi ha  predominato ciò che è celeste, conoscerete la natura di Dio in voi e  possederete tale natura poiché Dio sarà il vostro eterno possesso.  
            Se avrete avuto predominio terrestre, oltre la morte  conoscerete l'opacità, la morte, il gelo, l'orrore, la tenebra, tutto ciò che è  comune al corpo che viene calato nella fossa; con questa differenza: che la durata di questa seconda, vera morte, è  eterna.
            Eredi di Dio per volere di Dio, non vogliate, o fratelli,  perdere questa eredità per seguire carne e sangue ed errore della mente.
  Io pure errai e fui contrario alla Verità, fui persecutore del  Cristo.  Il mio peccato m'è sempre  presente, anche nella gloria di questo regno le cui porte me l'apersero il mio  pentimento, la mia fede, il mio martirio per confessare Cristo e la vita  immortale.  Ma quando la Luce mi atterrò,  facendosi conoscere, io abbandonai l'errore per seguire la Luce ".
            A voi la Luce si è fatta conoscere attraverso a venti secoli  di prodigi, innegabili anche al più feroce negatore e al più ostinato.  Perché dunque volete, voi fortunati che avete  per testimonianza di essa Luce venti secoli di divine manifestazioni, perché volete voi rimanere nell'errore?
            Io, testimonio di Cristo, ve lo giuro.  Non la carne né il sangue possono ereditare il regno di Dio, ma unicamente lo spirito.  
            E, come è detto nel Vangelo di Gesù Signore nostro, non sono i figli di questo secolo- intendete, o fratelli, che qui ‘secolo’ sta a significare coloro che  sono nel mondo, ossia i terrestri -  quelli  destinati a risorgereed a risposarsi avendo una seconda vita  terrena.  
  Solo risorgeranno coloro che sono degni del secondo secolo, dell'eterno, quelli cioè che  non potranno più morire essendo già vissuti, ma che, per avere conseguito la  vita spirituale ed essere divenuti  simili agli angeli e figli dell'Altissimo, non hanno più fame di nozze umane, desiderando col loro spirito un solo coniugio: quello con Dio-Amore;  un solo possesso: quello di Dio; una sola dimora: quella del Cielo; una  sola vita: quella nella Vita.
            Amen, amen, amen!
            Dico a voi: credete per conseguirla. »
           
          Rimango allibito. Che sberla! 
            Ma San Paolo, qui,   parla alla Valtorta o parla a noi,  cioè a me? 
  Anzi, sembra  quasi che se la sia presa con me. 
            Ma io…, ma io ‘ragionavo’ di reincarnazione e di  materializzazione dei corpi mica per dire che era giusta la prima e sbagliata  la seconda…
            Io ragionavo a voce alta, tanto per dire. Mi avrà  mica preso sul serio, San Paolo?
            E poi, anche se la risurrezione dei corpi, intendo  quella finale, mi sembrava una cosa un pochino difficile da fare…, beh…, io non  intendevo difficile per Dio, io  ragionavo così…, tanto per dire, mi ero abbandonato alle divagazioni…, insomma  seguivo il corso inconscio dei miei  pensieri, mica perché ci credevo davvero,  no? 
  Ma…,ora mi viene un altro dubbio: San Paolo  parlava per me o forse… o forse parlava magari   a n c h e  per qualcuno di voi?
          Comunque nonostante quel suo  linguaggio un po’ difficile e filosofico (ma avete mai provato a leggere la sua  famosa ‘Epistola ai romani’? Ci vuole  un ‘traduttore’, e non solo dal greco ma anche dall’italiano!) –  mi sembra che San Paolo almeno un paio di cose, anzi tre, le abbia dette chiare: 
          
            - la vera evoluzione dell’uomo  non è quella da quadrumane a bipede ma quella che – da essere animale  straordinariamente ragionevole, perché dotato di spirito – lo trasforma, dopo  la morte del corpo, in un essere spirituale  
- risorgono con la propria carne, chiamati dal loro spirito ad un comando  divino, sia i salvati che i condannati, per essere inviati alle rispettive  dimore eterne, in corpo carnale e anima 
- ma ‘chi fu ‘giusto’ in vita  risorge glorioso, incorruttibile, elevando la sua carne alla gloria del suo  spirito glorioso, spiritualizzandola,  divinizzandola, perché con la carne  e  grazie alle sofferenze della carne  ha  vinto ed è giusto che con quella stessa carne trionfi…’ 
il che in parole povere  significherebbe, secondo me - ma  provate a rileggerlo bene anche voi  – che, alla risurrezione finale i nostri corpi  saranno ‘spiritualizzati’,  cioè non acquisiranno una sostanza di solidità corporea ma assumeranno una  ‘carne’, cioè una forma ‘umana’ ma eterea, ‘glorificata’, come  quello del Gesù che ‘appare’, ed è  bellissimo, e che ‘attraversa i muri’. 
  Anche se nel Cenacolo – per convincere l’umanità degli apostoli che  quello era proprio lui e non un fantasma – egli ha dovuto ‘materializzarsi’, cioè ‘solidificarsi’ e mangiare pane e  pesce.  
          
            13.3 Avevo dodici apostoli…
          Ora però vediamoci cosa ha visto la Valtorta nel Cenacolo quella sera di Domenica in cui gli apostoli – ben barricati per paura dei Giudei –  commentavano gli avvenimenti della giornata.
           
          627. Apparizione agli apostoli nel Cenacolo.
          
          6 aprile 1945.
            Sono  raccolti nel Cenacolo.  La sera deve  essere ben tarda, perché nessun rumore viene più dalla via né dalla casa.  Penso che anche quelli che erano venuti prima  si siano tutti ritirati o alle proprie case o a dormire, stanchi di tante  emozioni.
            I dieci invece, dopo avere mangiato dei pesci, di cui ancora qualcuno sussiste su un vassoio posato sulla  credenza, stanno parlando sotto la luce di una sola fiammella del lampadario,  la più vicina alla tavola.  Sono ancora  seduti alla stessa.  E hanno discorsi  spezzati.  Quasi dei monologhi, perché  pare che ognuno, più che col compagno, parli con se stesso.  E gli altri lo lasciano parlare, magari  parlando a loro volta di tutt'altra cosa.   Però questi discorsi slegati, che mi fanno l'impressione dei raggi di  una ruota sfasciata, si sente che appartengono ad un solo argomento che li  accentra, anche se così sparsi.  E che è Gesù.
  «Non vorrei che Lazzaro avesse udito male, e meglio di lui avessero capito le donne ...» dice Giuda d'Alfeo. 
  «A che ora ha detto di averlo visto, la romana?» chiede Matteo.  Nessuno gli  risponde.
  «Domani io vado a Cafarnao» dice Andrea.
  «Che meraviglia!  Fare  sì che esca proprio in quel momento la lettiga di Claudia!» dice Bartolomeo.
  «Abbiamo fatto male, Pietro, a venire via subito questa  mattina... Fossimo rimasti, lo avremmo visto come la Maddalena» sospira Giovanni.
  «Io non capisco come poté essere a Emmaus e in palazzo  insieme.  E come qui dalla Madre, e dalla  Maddalena e da Gíovanna insieme ... » dice a se stesso Giacomo di Zebedeo.
  «Non  verrà.  Non ho pianto abbastanza per  meritarlo... Ha ragione.  Io dico che per  tre giorni mi fa aspettare per le mie tre negazioni.  Ma come, come ho potuto fare quello?».
  «Come era trasfigurato Lazzaro!  Vi dico: pareva lui un sole. lo penso gli sia  successo come a Mosè dopo avere visto Dio.   E subito - vero, voi che eravate là? - subito dopo avere offerto la sua  vita!» dice lo Zelote.  Nessuno lo ascolta.
  Giacomo  d'Alfeo si volta da Giovanni  e dice: «Come ha detto a quelli di Emmaus?   Mi pare che ci abbia scusati, non è vero? Non ha detto che tutto è  avvenuto per il nostro errore di israeliti sul modo di capire il suo Regno?».
            Giovanni non gli dà nessuna retta e, volgendosi a guardare Filippo, dice... all'aria, perché a  Filippo non parla: «A me basta di saperlo risorto.  E poi... E poi che il mio amore sia sempre  più forte.  Visto, eh!  E’  andato, se voi guardate, in proporzione all'amore che avemmo: la Madre, Maria  Maddalena, i bambini, mia madre e la  tua, e poi Lazzaro e Marta... Quando a Marta?  Io dico quando ella intonò il salmo davidico:  "Il Signore è mio pastore, non mi mancherà nulla.  Egli mi ha posto in luogo di abbondanti  pascoli, mi ha condotto ad acque ristoratrici.   Ha richiamato a Sé l'anima mia...". Ricordi come ci fece sussultare  con quell'inaspettato canto?  E quelle  parole si riconnettono a quanto ha detto: "Ha richiamato a Sé l'anima  mia".  Infatti Marta sembra avere  ritrovato la sua via... Prima era smarrita, lei la forte!  Forse nel richiamo le ha detto il luogo dove  la vuole, certo anzi, perché, se le ha dato appuntamento, deve sapere dove lei  sarà.  Che avrà voluto dire dicendo:  "sponsali compiuti?"».
            Filippo, che lo ha guardato un momento e poi lo ha lasciato  monologare, geme: «Io non saprò che dirgli se viene... Io sono fuggito... e  sento che fuggirò.  Prima per paura degli  uomini.  Ora per paura di Lui».
  «Dicono tutti: è bellissimo.   Può mai essere più bello di quanto già era?», si chiede Bartolomeo.
  «Io gli dirò: ‘Mi hai perdonato senza parola quando ero  pubblicano.  Perdonami anche ora col tuo  silenzio, perché non merita la mia viltà la tua parola’» dice Matteo.
  «Longino dice che ha pensato: "Devo chiedergli di  guarire o di credere?".  Ma ha detto  il suo cuore: "Di credere", e allora la Voce ha detto: "Vieni a  Me", ed egli ha sentito la volontà di credere e la guarigione  insieme.  Me lo ha proprio detto così»  afferma Giuda d'Alfeo.
  «Io sono sempre fisso al pensiero di Lazzaro, premiato subito  per la sua offerta... L'ho detto io pure: "La mia vita per la tua  gloria'.  Ma non è venuto» sospira lo  Zelote.
  «Che dici, Simone?  Tu  che sei colto, dimmi: che gli devo dire per fargli capire che lo amo e chiedo  perdono?  E tu, Giovlanni? Tu hai parlato  molto con la Madre.  Aiutami.  Non è pietà lasciare solo il povero Pietro!».
            Giovanni si muove a compassione dell'avvilito compagno e  dice: «Ma... ma io gli direi semplicemente: "Ti amo".  Nell'amore è compreso anche il desiderio del  perdono e il pentimento.  Però... non  so.  Simone, che dici tu?».
            E lo Zelote: «Io direi quello che era il grido dei miracoli:  "Gesù, pietà di me!".  Direi:  "Gesù".  E basta.  Perché è ben più del Figlio di Davide!».
  «E’ ben quello che penso e che mi fa tremare.  Oh! io nasconderò il capo... Anche stamane  avevo paura di vederlo e ... ». 
  «... e poi sei entrato per primo.  Ma non temere così.  Sembra che tu non lo conosca», lo rincuora  Giovanni.
  La stanza si  illumina vivamente come per un lampo abbagliante.  
            Gli apostoli si celano il viso temendo sia un fulmine.  Ma non odono rumore e alzano il capo.
  Gesù è in  mezzo alla stanza, presso la tavola.   Apre le braccia dicendo: «La pace sia con voi».
            Nessuno risponde.  Chi  più pallido, che più rosso, lo fissano tutti con paura e soggezione.  Affascinati e nello stesso tempo vogliosi  quasi di fuggire.
  Gesù fa un  passo avanti, aumentando il suo  sorriso. «Ma non temete così!  Sono  Io.  Perché così turbati?  Non mi desideravate?  Non vi avevo fatto dire che sarei  venuto?  Non ve lo avevo detto fin dalla  sera pasquale?».
            Nessuno osa aprire bocca.   Pietro piange già e Giovanni già sorride, mentre i due cugini, con gli  occhi lustri e un movimento di parola senza suono sulle labbra, sembrano due  statue raffiguranti il desiderio.
  «Perché nei cuori avete pensieri così in contrasto fra il  dubbio e la fede, l'amore e il timore?   Perché ancora volete essere carne e non spirito, e con questo solo  vedere, comprendere, giudicare, operare?   Sotto la vampa del dolore non si è tutto arso il vecchio io, e non è  sorto il nuovo io di una vita nuova?   Sono Gesù.  Il vostro Gesù,  risorto come aveva detto.  Guardate.  Tu che le hai viste le ferite e voi che  ignorate la mia tortura.  Perché quanto  sapete è ben diverso dalla conoscenza esatta che ne ha Giovanni.  Vieni,  tu per il primo.  Sei già tutto  mondo.  Tanto mondo che mi puoi toccare  senza tema.  L'amore, l'ubbidienza, la  fedeltà già ti avevano fatto mondo.  Il  mio Sangue, di cui fosti tutto rorido quando mi deponesti dal patibolo, ti ha  finito di purifìcare.  Guarda.  Sono vere mani e vere ferite.  Osserva i miei piedi.  Vedi come il segno è quello del chiodo?   Sì.  Sono proprio  Io e non un fantasma.  Toccatemi.   Gli spettri non hanno corpo.  Io  ho vera carne sopra un vero scheletro».
            Posa la Mano sul capo di Giovanni che ha osato andargli  vicino: «Senti?  E’ calda e  pesante».  
            Gli alita in volto: «E questo è respiro».
  «Oh! mio Signore!», Giovanni mormora piano, così...
          «Sì.  Il vostro  Signore.  Giovanni, non piangere di  timore e di desiderio.  Vieni a Me.  Sono sempre quello che ti amo.  Sediamo, come sempre, alla tavola.  Avete  nulla più da mangiare?  Datemelo, dunque».
Andrea e Matteo, con mosse da sonnambuli, prendono dalle  credenze il pane e i pesci e un vassoio con un favo  appena sbocconcellato in un angolo.
Gesù offre il cibo e mangia, e dà ad ognuno un poco di  quanto mangia.  E li guarda.  Tanto buono.   Ma tanto maestoso che essi ne sono paralizzati.
Osa parlare per primo Giacomo, fratello di Giovanni: «Perché  ci guardi così?».
«Perché voglio conoscervi».
«Non ci conosci ancora?».
«Come voi non conoscete Me.   Se mi conosceste, sapreste Chi sono e come vi amo, e trovereste le  parole per dirmi il vostro tormento.  Voi tacete.   Come di fronte ad un estraneo potente di cui temete.  Poco fa parlavate... Sono quasi quattro  giorni che parlate con voi stessi dicendo: "Gli dirò questo...",  dicendo allo Spirito mio: "Torna, Signore, che io ti possa dire  questo".  Ora sono venuto e voi  tacete?  Tanto mutato sono che più non vi  paio Io? 0 tanto mutati siete da non amarmi più?».
Giovanni, seduto presso al suo Gesù, ha l'atto abituale di  posargli la testa sul petto mentre mormora: «Io ti amo, mio Dio», ma si  irrigidisce vietandosi questo abbandono per rispetto allo sfolgorante Figlio di  Dio.  Perché Gesù pare emanare una luce pur essendo di una carne pari alla  nostra.
Ma Gesù se lo attira sul Cuore, e allora Giovanni apre la  diga al suo pianto beato.  Ed è il segnale a tutti di farlo.
Pietro, due posti dopo Giovanni, scivola fra la tavola e il  sedile e piange gridando: «Perdono, perdono!   Levami da questo inferno in cui sono da tante ore.  Dimmi che hai visto il mio errore per quello  che fu.  Non dello spirito.  Ma della carne che mi ha soverchiato il  cuore.  Dimmelo che hai visto il mio  pentimento... Esso durerà fino alla morte. Ma Tu… ma Tu dimmi che come Gesù non ti devo temere... e io, e  io…io cercherò di fare così bene da farmi perdonare anche da Dio e morire... avendo solo un gran purgatorio da fare».
«Vieni  qui, Simone di Giona».
«Ho  paura».
«Vieni  qui. Non essere oltre vile».
«Non  lo merito di venirti accosto».
«Vieni qui.  Che ti ha  detto la Madre?  "Se non lo guardi  su questo sudario non avrai cuore di guardarlo mai più". 0 uomo  stolto!  Quel Volto non ti ha detto col  suo sguardo doloroso che ti capivo e che ti perdonavo?  Eppure l'ho dato quel lino per conforto, per  guida, per assoluzione, per benedizione... Ma  che vi ha fatto Satana per accecarvi tanto?   Ora Io ti dico: se non mi guardi ora che sulla mia gloria ho ancora steso un velo per adeguarmi alla vostra  debolezza, non potrai mai più venire senza paura al tuo Signore.  E che ti avverrà allora?  Per presunzione peccasti.  Vuoi ora tornare a peccare per  ostinazione?  Vieni, ti dico».
Pietro si trascina sui ginocchi, fra il tavolo e i sedili,  con le mani sul volto piangente.  Lo  ferma Gesù, quando è ai suoi piedi, mettendogli la Mano sul capo.  Pietro, con un pianto anche più forte, prende  quella Mano e la bacia fra un vero singhiozzare senza freno.  Non sa che dire: «Perdono!  Perdono!».
Gesù si libera dalla sua stretta e, facendo leva della sua  mano sotto il mento dell'apostolo, lo obbliga ad alzare il capo e lo fissa  negli occhi arrossati, bruciati, straziati dal pentimento, coi suoi fulgidi  Occhi sereni.  Pare gli voglia trivellare  l'anima.  Poi dice: «Andiamo.  Levami l'obbrobrio di  Giuda.  Baciami dove egli baciò.  Lava col tuo bacio il segno del tradimento».
Pietro alza il capo, mentre Gesù si china ancora di più, e  sfiora la guancia... poi china il capo sulle ginocchia di Gesù e sta così...  come un vecchio bambino che ha fatto del male ma che è perdonato.
Gli altri, ora che vedono la bontà del loro Gesù, ritrovano  un po' di ardire e si accostano come possono.
Vengono prima i cugini... Vorrebbero dire tanto e non  riescono a dire nulla.  Gesù li carezza e  rincuora col suo sorriso.
Viene Matteo con Andrea.   Matteo dicendo: «Come a Cafarnao ... », e Andrea: «Io, io... ti amo io».
Viene Bartolomeo gemendo: «Non sapiente fui.  Ma stolto.   Questo è sapiente», e accenna allo Zelote, al quale Gesù sorride già.
Giacomo di Zebedeo viene e sussurra a Giovanni: «Diglielo tu  ... »; e Gesù si volge e dice: «Da quattro sere lo hai detto e da tanto Io ti  ho compatito».
Filippo, per ultimo, viene tutto curvo.  Ma Gesù lo forza ad alzare il capo e gli  dice: «Per predicare il Cristo occorre maggior coraggio».
Ora sono tutti intorno a Gesù.  Si rinfrancano piano piano.
Ritrovano quanto hanno perduto o temuto di avere per sempre  perduto.  Riaffiora la confidenza, la  tranquillità e, per quanto Gesù sia tanto maestoso da tenere in un rispetto  nuovo i suoí apostoli, essi trovano finalmente il coraggio di parlare.
          E’ il cugino Giacomo che sospira: «Perché ci hai fatto  questo, Signore?  Tu lo sapevi che noi  non siamo nulla e che ogni cosa da Dio viene.   Perché non ci hai dato la forza di essere al tuo fianco?».
              Gesù lo guarda  e sorride.
  «Ora tutto è avvenuto.   E nulla più Tu devi patire.  Ma  non mi chiedere più questa ubbidienza.   Sono invecchiato ad ogni ora di un lustro, e le tue sofferenze, che  l'amore e Satana ugualmente aumentavano nella mia immaginazione di cinque volte  quel che già non fossero, hanno proprio consumato ogni mia forza. Non me ne è  rimasta altro che per continuare ad ubbidire, tenendo, come un che affoga con  le mani spezzate, la mia forza con la volontà come fossero i denti afferranti  una tavola, per non perire... Oh! non chiedere più questo al tuo lebbroso!».
  Gesù guarda  Simone Zelote e sorride.
  «Signore, Tu lo sai quello che voleva il mio cuore.  Ma poi non ho più avuto cuore... come me lo  avessero strappato i manigoldi che ti hanno preso... e mi è rimasto un buco da  cui fuggiva ogni mio pensiero antecedente.   Perché hai permesso questo, Signore?» chiede Andrea.
  «lo... tu dici il cuore?   Io dico che fui uno senza più ragione.   Come chi prende un colpo di clava sulla nuca.  Quando, a notte fatta, io mi trovai a Gerico...  oh!  Dio!   Dio!... Ma può un uomo perire così?   Io credo che così è la possessione.   Ora la capisco cosa è questa cosa tremenda! ... ». Filippo sbarra ancora  gli occhi al ricordo del suo soffrire.
  «Ha ragione Filippo. lo guardavo indietro.  Vecchio sono e non povero di sapienza.  E più nulla sapevo di quanto avevo saputo  fino a quell'ora.  "Guardavo  Lazzaro, così straziato ma così sicuro, e mi dicevo: 'Ma come può essere che  egli sappia ancora trovare una ragione ed io nulla più?"» dice Bartolomeo.
  «Io pure guardavo Lazzaro.   E poiché io so appena ciò che Tu ci hai spiegato, non pensavo al  sapere.  Ma dicevo: ‘Almeno nel cuore  fossi uguale!’; invece io non avevo che dolore, dolore, dolore.  Lazzaro aveva dolore e pace... Perché a lui  tanta pace?».
            Gesù guarda a turno prima Filippo, poi Bartolomeo, poi  Giacomo di Zebedeo.
  Sorride e  tace.
            Giuda dice: «Io speravo giungere a vedere ciò che certo  Lazzaro vedeva.  Per questo gli stavo  sempre presso... Il suo viso!... Uno specchio.   Un poco prima del terremoto del Venerdì egli era come uno che muore  stritolato.  E poi divenne di colpo  maestoso nel suo dolore.  Vi ricordate  quando disse: "Il dovere compiuto dà pace"? Noi tutti credemmo fosse  solo un rimprovero per noi o un'approvazione per se stesso.  Ora penso che lo dicesse per Te. Era un faro  nelle nostre tenebre, Lazzaro.  Quanto  gli hai dato, Signore!».
  Gesù sorride e  tace.
  «Sì.  La vita.  E forse con quella gli hai dato un'anima  diversa. Perché. infine, che è lui di diverso da noi?  Eppure non è più un uomo.  E già qualcosa di più dell'uomo e, per quello  che era in passato, avrebbe dovuto essere ancora meno di noi perfetto di  spirito.  Ma lui si è fatto, e noi...  Signore, il mio amore è stato vuoto come certe spighe.  Solo pula ho dato» dice Andrea.
            E Matteo: «Io nulla posso chiedere.  Perché già tanto ho avuto con la mia  conversione.  Ma sì!  Avrei voluto avere ciò che ebbe Lazzaro.  Un'anima data da Te.  Perché penso anche io come Andrea ... ».
  «Anche Maddalena e  Marta furono dei fari.  Sarà la razza.  Voi non le avete viste.  Una era pietà e silenzio.  L'altra!   Oh! se siamo stati tutti un fascio intorno alla Benedetta, è perché Maria di Magdala ci ha stretti con le  fiamme del suo coraggioso amore.   Sì.  Ho detto: la razza.  Ma devo dire: l'amore.  Ci hanno superati nell'amore.  Per questo sono stati quelli che furono» dice  Giovanni.
  Gesù sorride e  tace sempre.
  «Ne hanno avuto gran premio però ... ». 
  «A loro apparisti».
  «A tutti e tre».
  «A Maria subito dopo tua Madre ... ».
  E’ chiaro  negli apostoli un rimpianto per queste apparizioni di privilegio.
  «Maria ti sa risorto già da tante ore.  E noi  solo ora ti possiamo vedere ... ».
  «Non più dubbi in loro.   In noi, invece, ecco... solo ora sentiamo che nulla è finito.  Perché  a loro, Signore, se ancora ci ami e non ci ripudi?» chiede Giuda d'Alfeo.
  «Sì.  Perché alle donne, e specie a Maria?  L'hai anche toccata sulla fronte, e lei dice che le pare di portare un serto  eterno.  E a noi, i tuoi apostoli, nulla  ... ».
          Gesù non  sorride più.  
            Il suo Volto non è turbato, ma cessa il suo sorriso.  
            Guarda serio Pietro che ha parlato per ultimo, riprendendo  ardire man mano che la paura gli passa, e dice:
  «Avevo dodici  apostoli.  E li amavo con tutto il  mio Cuore.  Io li avevo scelti e come una  madre ne avevo curato la crescita nella mia Vita.  Non avevo segreti per loro.  Tutto dicevo, tutto spiegavo, tutto  perdonavo.  E le umanità, e le  sventatezza, e le caparbietà... tutto.  E avevo dei discepoli.  Dei ricchi e dei poveri discepoli.  Avevo donne dal fosco passato o dalla debole  costituzione.  Ma i prediletti erano gli  apostoli.
            E’ venuta la mia ora.  Uno mi ha tradito e  consegnato ai carnefici.  Tre hanno dormito mentre Io sudavo  sangue.  Tutti, meno due, sono fuggiti per viltà.  Uno mi  ha rinnegato avendo paura, nonostante avesse l'esempio dell'altro, giovane  e fedele.  E, quasi non bastasse, fra i dodici ho avuto un suicida disperato e uno che ha dubitato tanto  del mio perdono da non credere che a fatica, e per materna parola, alla  Misericordia di Dio.  Di modo che, se  avessi guardato alla mia schiera, se l'avessi guardata con occhio umano, avrei  dovuto dire: ‘Meno Giovanni, fedele per  amore, e Simone, fedele  all'ubbidienza, Io non ho più apostoli".   Questo avrei dovuto dire mentre soffrivo nel recinto del Tempio, nel  Pretorio, per le vie e sulla Croce.
  Avevo delle  donne... E una, la più colpevole in passato, è stata, come Giovanni ha detto,  la fiamma che ha saldato le spezzate fibre dei cuori.
            Quella donna è Maria  di Magdala.  Tu mi hai rinnegato e sei  fuggito.  Ella ha sfidato la morte per  starmi vicino. Insultata, ha scoperto il suo volto, pronta a ricevere sputi  e ceffoni, pensando di assomigliare così di più al suo Re crocifisso.  Schernita  nel fondo dei cuori per la sua tenace fede nella mia Risurrezione, ha saputo  continuare a credere.  Straziata, ha  agito.  Desolata, stamane, ha detto:  "Di tutto mi spoglio, ma datemi il mio Maestro".  Puoi  osare ancora la domanda: "Perché a lei'?».
  Avevo dei  discepoli poveri: dei  pastori.  Poco li ho avvicinati, eppure  come seppero confessarmi con la loro fedeltà!
  Avevo delle  discepole timide, come tutte  le donne ebree.  Eppure hanno saputo lasciare  la casa e venire fra la marea di un popolo che mi bestemmiava, per darmi quel  soccorso che i miei apostoli mi avevano negato.
  Avevo delle  pagane che ammiravano il  "filosofo".  Per loro ero  tale.  Ma seppero scendere ad usi ebrei,  le potenti romane, per dirmi, nell'ora dell'abbandono di un mondo d'ingrati:  "Noi ti siamo amiche".
  Avevo il volto  coperto di sputi e sangue.  Lacrime e sudore gocciavano sulle  ferite.  Lordure e polvere me lo  incrostavano.  Di chi la mano che mi  deterse?  La tua? O la tua? O la  tua?  Nessuna delle vostre mani.  Costui era presso alla Madre.  Costui riuniva le pecore sperse.  Voi.  E  se sperse erano le mie pecore, come potevano darmi soccorso?  Tu nascondevi il tuo volto per paura del  disprezzo del mondo, mentre il tuo Maestro veniva coperto del disprezzo di  tutto il mondo, Lui che era innocente.
  Avevo sete.  Sì.  Sappi anche questo.  Morivo di sete.  Non avevo più che febbre e dolore.  Il sangue era già corso nel Getsemani, tratto  dal dolore di essere tradito, abbandonato, rinnegato, percosso, sommerso dalle  colpe infinite e dal rigore di Dio.  Ed  era corso nel Pretorio... Chi mi volle dare una stilla per le fauci arse?  Una  mano d'Israele?  No. La pietà di un  pagano.  La stessa mano che, per decreto  eterno, mi aprì il petto per mostrare che il Cuore aveva già una ferita mortale,  ed era quella che il non amore, la viltà, il tradimento, vi avevano fatta.  Un pagano.   Vi ricordo: "Ebbi sete e mi desti da bere".  Non uno che mi desse un conforto in tutto Israele. 0per impossibilità di farlo, come la Madre e le donne fedeli, o per  mala volontà di farlo.  E un pagano trovò per lo Sconosciuto la  pietà che il mio popolo mi aveva negato.   Troverà in Cielo il sorso a Me dato.
  In verità vi  dico che, se Io ho  rifiutato ogni conforto, perché  quando si è Vittima non bisogna temperare la sorte, non ho voluto respingere il pagano, nella cui offerta ho sentito il  miele di tutto l'amore che dai Gentili mi verrà dato a compenso dell’amarezza  che mi dette Israele.  Non mi ha  levato la sete.  Ma lo sconforto,  sì.  Per questo ho preso quel sorso  ignorato.  Per attirare a Me colui che  già verso il Bene piegava.  Sia benedetto  dal Padre per la sua pietà!
            Non parlate più?   Perché non chiedete ancora il perché ho così agito?  Non osate di  chiederlo?  Io ve lo dirò.  Tutto vi dirò dei perché di quest'ora.
  Chi siete  voi?  I miei continuatori.  Sì.  Lo  siete nonostante il vostro smarrimento.   Che dovete fare?  Convertire il  mondo a Cristo.  Convertire! E’ la cosa più delicata e  difficile, amici miei.  Gli sdegni, i  ribrezzi, gli orgogli, gli zeli esagerati sono tutti deleteri alla riuscita.   Ma, poiché nulla e nessuno vi avrebbe persuaso alla bontà, alla  condiscendenza, alla carità per quelli che sono nelle tenebre, è stato  necessario - comprendete? - necessario è stato che voi aveste, una buona volta, frantumato il vostro orgoglio di ebrei, di maschi, di apostoli, per dare luogo solo alla vera sapienza del ministero  vostro.  Alla mitezza, pazienza, pietà,  amore senza borie e ribrezzi.
            Voì vedete che tutti  vi hanno superato nel credere e nell'agire, fra quelli che voi guardavate  con sprezzo o con compatimento orgoglioso.  Tutti.  E la peccatrice di un giorno.  E Lazzaro, intinto di cultura profana, il  primo che in mio Nome ha perdonato e guidato.   E le donne pagane.  E la debole  moglie di Cusa.  Debole?  Invero ella tutti vi supera!  Prima martire della mia fede. E i soldati di  Roma.  E i pastori.  E l'erodiano Mannaen.  E  persino Gamaliele, il rabbino.  Non  sussultare, Giovanni.  Credi tu che il  mio Spirito fosse nelle tenebre?   Tutti.  E questo perché domani,  ricordando il vostro errore, non chiudiate il cuore a chi viene alla Croce.
  Ve lo  dico.  E già so che, nonostante lo dica,  non lo farete che quando la Forza del Signore vi piegherà come fuscelli al mio  Volere, che è quello di avere dei cristiani di tutta la Terra.  Ho vinto la Morte.  Ma è meno dura del vecchio ebraismo.  Ma vi piegherò.
  Tu, Pietro, in luogo di stare piangente e avvilito, tu che devi essere  la Pietra della mia Chiesa, scolpisciti  queste amare verità nel cuore.  La  mirra è usata per preservare dalla corruzione.   Intriditi di mirra, dunque.  E  quando vorrai chiudere il cuore e la Chiesa ad uno d'altra fede, ricorda che non Israele, non Israele, non  Israele, ma Roma mi difese e volle avere pietà.  Ricordati che non tu, ma una peccatrice seppe  stare ai piedi della Croce e meritò di vedermi per prima.  E per non essere degno di biasimo sii  imitatore del tuo Dio.  Apri il cuore e  la Chiesa dicendo: ‘Io, il povero Pietro, non posso sprezzare, perché se  sprizzerò sarò sprezzato da Dio ed il mio errore tornerà vivo agli occhi  suoi’.  Guai se non ti avessi spezzato così!   Non un pastore ma un lupo saresti divenuto».
            Gesù si alza.   Maestosissimo.
  «Figli miei.  Ancora  vi parlerò nel tempo che fra voi resterò.   Ma per intanto vi assolvo e perdono.  Dopo la prova che, se fu  avvilente e crudele, è stata anche salutare e necessaria, venga in voi la pace  del perdono.  E, con essa in cuore,  tornate i miei amici fedeli e forti.  
  Il Padre mi ha  mandato nel mondo.  Io mando voi nel  mondo a continuare la mia evangelizzazione.  
            Miserie di ogni sorta verranno a voi chiedendo  sollievo.  Siate buoni pensando alla  miseria vostra quando rimaneste senza il vostro Gesù.  Siate illuminati.  Nelle tenebre non è lecito vedere.  Siate mondi per dare mondezza.  Siate amore per amare.  Poi verrà Colui che è Luce, Purificazione e  Amore.  
            Ma intanto, per prepararvi a questo ministero, Io vi  comunico lo Spirito Santo.  A chi  rimetterete i peccati saranno rimessi.  A  chi li riterrete saranno ritenuti.  
            L'esperienza vostra vi faccia giusti per giudicare. Lo  Spirito Santo vi faccia santi per santificare.   Il sincero volere di superare il vostro mancamento vi faccia eroici per  la vita che vi aspetta.  Quanto ancora è  da dire ve lo dirò quando l'assente sarà venuto.  Pregate per lui.  Rimanete con la mia pace e senza orgasmo di  dubbio sul mio amore».
  E Gesù  scompare così come era entrato, lasciando fra Giovanni e Pietro un posto vuoto.  
            Scompare in un bagliore che fa chiudere gli occhi tanto è  forte.  
            E, quando gli occhi abbacinati si riaprono, trovano solo che  la pace di Gesù è rimasta, fiamma che brucia e che medica e che consuma le  amarezze del passato in un unico desiderio: di servire.