(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 12, 20-50 – Ed. Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 598 – Centro Ed. Valtortiano)

5. Oggi…Tu parli di morte… Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore?
Sì, l’ora è venuta nella quale il Figlio dell’Uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti.


Gv 12, 20-50:

Fra quelli che erano saliti ad adorare per la festa, v’erano alcuni Gentili.
Questi s’accostarono a Filippo, che era di Betsaida in Galilea, e lo pregarono dicendo: «Signore, desideriamo vedere Gesù».
Filippo va a dirlo ad Andrea, poi Andrea e Filippo lo dicono a Gesù.
Gesù rispose loro: «E’ venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il Figlio dell’Uomo. In verità vi dico: se il granello di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde; e chi odia la sua vita in questo mondo, la salverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire, mi segua: e dove sono Io, ivi sarà pure il mio servo; se uno mi serve, il Padre mio l’onorerà.
Adesso l’anima mia è conturbata! E  che dirò? Padre, salvami da quest’ora! Ma è appunto per questo che io sono venuto in quest’ora. Padre glorifica il tuo nome!».
Allora dal cielo venne una voce: «L’ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La folla che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».
Allora Gesù prese a dire: «Non per me, ma per voi è venuta questa voce. Ora si fa giustizia di questo mondo, ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò a me tutti gli uomini».
Ciò diceva per significare di qual morte doveva morire.
Gli rispose la folla: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno: come puoi tu dire che il figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?».
Gesù rispose loro: «Ancora per poco tempo la Luce è con voi. Camminate mentre avete la Luce, affinchè non vi sorprendano le tenebre; perché chi cammina nel buio, non sa dove va. Finchè avete la luce, credete nella luce, così diventerete figli della luce».
Queste cose disse Gesù, poi se ne andò e si nascose da essi.
Ma sibbene avesse fatto così grandi miracoli davanti a loro, non credevano in lui, affinchè s’adempisse la parola del Profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?».
Non potevano credere perché Isaia aveva pure detto: «Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinchè con gli occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani».
Tali cose disse Isaia, allorchè vide la sua gloria e di lui parlò.
Tuttavia molti dei capi credettero in lui; però, per paura dei Farisei, non lo confessavano, per non essere cacciati dalla sinagoga.
Preferivano la gloria degli uomini alla gloria di Dio.
Gesù esclamò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato. Chi vede me, vede Colui che mi ha mandato. Io, la Luce, sono venuto nel mondo affinchè chiunque crede in me non resti nelle tenebre.
Se uno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno, poiché non sono venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo. Chi disprezza me e non riceve le mie  parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato, quella lo condannerà nell’ultimo giorno. Perchè io non ho parlato di mio; ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha prescritto quello che devo dire e insegnare. E io so che il suo comando è vita eterna. Ciò che dico, dunque, lo dico come lo ha detto a me il Padre».

5.1 Ma in che giorno l’avrà fatto, Gesù, quel bel discorso ai Gentili?

Tenendo a mente lo schemino che avevamo fatto dei giorni della settimana santa possiamo intuire che questo brano sull’incontro con i Gentili non si riferisce più alla Domenica delle palme.
Nell’episodio immediatamente successivo a questo dei ‘Gentili’ Giovanni parla infatti della ‘lavanda dei piedi’ che sappiamo avvenne la sera del Giovedì santo, nel corso dell’ultima Cena.
In quali giorni – fra il Lunedì e il Giovedì sera - situare dunque questo discorso, che è anche l’ultimo dei grandi discorsi pubblici di Gesù, perché - subito dopo la ‘lavanda’, cioè dopo la sera del Giovedì santo - egli verrà arrestato e non aprirà quasi più bocca né di fronte ai Sacerdoti e Farisei del Sinedrio, né di fronte a Erode Antipa, né di fronte a Pilato?
Scopriamolo ora insieme, che giorno è, e…occhio sempre alla  cronologia, oltre che agli altri tre vangeli di Matteo, Marco e Luca.
Matteo e Marco – descritta la giornata della Domenica delle palme – dicono che il mattino dopo, tornando a Gerusalemme, Gesù ebbe fame ma, trovato un fico senza frutti, lo ‘maledisse’.
Su questo episodio e sul suo significato simbolico ci vorrebbe un commento a parte. Gesù non voleva certo prendersela, come un vandalo, contro una povera pianta di fico, ma voleva colpire la nostra intelligenza ed immaginazione facendoci capire al di là di ogni nostra tergiversazione cosa significa per noi il non dare i ‘frutti’ che il Padre – nel creare le nostre anime – si è atteso da noi.
E questo concetto di essere tenuti a dare i ‘frutti’ è parte anche della parabola che Gesù racconta poco dopo nella stessa giornata: quella dei vignaioli perfidi che ricevuta in consegna dal Padrone una vigna perché gliela facessero rendere, decidono di sfruttarla per proprio esclusivo tornaconto, bastonano i servi mandati dal Padrone a riscuoterne i proventi. E quando il Padrone decide di inviare il Figlio, che certo essi non dovrebbero osare malmenare, quelli lo uccidono. Immaginatevi con quale reazione del Padrone, poi.
Chi ha orecchie per intendere intenda. Ai sacerdoti del Tempio, vignaioli spirituali della vigna spirituale del Signore, ed ai Farisei, gli saran fischiate!
Poi, sempre nella stessa giornata, c’è l’episodio in cui, al Tempio, i sacerdoti chiedono mellifluamente a Gesù con quale autorità egli parlasse.
Essi volevano metterlo in imbarazzo nella risposta, sottintendendo che egli non aveva alcuna autorità per insegnare nel Tempio né aveva ricevuto alcun mandato da loro che del Tempio erano custodi e gestori, né egli proveniva d’altro canto dalle loro prestigiose scuole di rabbi: egli infatti era un ‘signor nessuno’, falegname figlio di falegname.
Gesù – che non era certo tipo da farsi prendere in castagna – elude abilmente la domanda e risponde ponendo loro un’altra domanda imbarazzante, che ora non vi sto a dire. Questi, per non compromettersi pubblicamente dicendo quello che pensano nel loro intimo, preferiscono non rispondere e allora Gesù obbietta che, se essi non vogliono dare risposta a lui, egli non vede perché lui dovrebbe dare risposta a loro… e li lascia lì con un palmo di naso.
Il Lunedì mi sembra a questo punto una giornata abbastanza piena che non ha spazi per quel discorso che Giovanni cita e che abbiamo letto all’inizio di questo capitolo.
L’Evangelista Marco (11, 20-26) racconta da parte sua che - dopo l’episodio del fico maledetto (che ora sappiamo era successo il Lunedì) - la mattina, come ripassarono, rividero il fico secco, seccato fin dalle radici.
La mattina dopo  di cui parla Marco è quella del giorno in cui  – sempre leggendo anche Matteo e Luca - Farisei ed Erodiani, per ‘incastrare’ Gesù ed accusarlo di sedizione di fronte al potere politico dei Romani, gli mostrano la moneta con l’effige di ‘Cesare’, forse era l’imperatore Tiberio, chiedendogli se era lecito pagare il tributo a Cesare.

Gli ebrei – come noi oggi – odiavano pagare le tasse, ma quelle a Cesare poi…

Se Gesù avesse risposto di sì era un nemico del popolo di Israele, se avesse risposto di no lo sarebbe stato di Roma.

Belle vipere quei farisei! Ma Gesù – lo sappiamo – se la cavò brillantemente quando – certo sorridendo – restituì loro la moneta dicendogli di dare a Cesare quel che era di Cesare ma a Dio quel che era di Dio…

 A furbizia si risponde con malizia, all’occorrenza.

Poi è la volta dei sadducei – quella dovette essere una giornata pesante! – che lo avvicinano e gli pongono un quesito della malora, state a sentire: c’eran sette fratelli, il primo s’ammala, muore, non ha figli ma lascia una vedova. Doveva esser bella perché se la prende il secondo, che però muore, anche lui senza figli. Quindi la vedova se la prende il terzo, e così via fino al settimo, finchè muore anche quello, perché – rifletto io – quella sarà stata anche bella ma portava maledettamente jella, strano che non lo avessero capito subito dopo il secondo fratello.

Domanda a Gesù dei Sadducei (i quali - e questo è il punto – non credevano minimamente alla risurrezione finale dei corpi di cui parlava invece Gesù e nella quale credeva invece la setta dei Farisei): ‘Se tutti i fratelli dovessero risorgere, chi è che si becca la moglie visto che nel frattempo è stata moglie di tutti e sette?’.

Avete capito, i sadducei?
Al che Gesù sorvola e ( come si legge in Mc 12, 18-27)   spiega una grande verità: il matrimonio ed il sesso esistono solo in questo mondo materiale, finchè gli uomini sono ‘spiriti in carne animale’, ma  – al momento della risurrezione dei morti e dei corpi non vi sarà più chi si sposa o chi si marita perché gli uomini vivranno di spiritualità, un po’ come gli Angeli in cielo che – si sa – non hanno sesso: gli uomini saranno cioè privi degli impulsi ‘sessuali’ della ‘carne’.
In definitiva, tutti questi episodi, cioè del giorno dopo che il fico era stato seccato, devono aver fatto parte del Martedì santo.
Neanche in questa giornata così intensa avrebbe potuto infatti starci un discorso così importante e complesso come quello che Gesù fa ai Gentili..

Passiamo ora al mercoledì.
I Farisei – raccontano Marco e Matteo - saputo che (il giorno prima) Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei con quella storia della spiritualità ed asessualità degli uomini alla risurrezione dei corpi, decidono di chiedergli quale è il maggiore dei comandamenti (che è poi ‘Amerai il Signore Dio tuo…’, e figuratevi se Gesù non lo sapeva).
Poi  nello stesso giorno c’è l’episodio dell’obolo della vedova povera, e  quello, lunghissimo – raccontato da Matteo, Luca e Marco – della tremenda invettiva contro gli scribi – così esperti nelle cose di Dio ma che danno così cattivo esempio – e contro i farisei, che sono come loro.
Infine – usciti dal Tempio – vi è la predizione sulla futura distruzione del Tempio e della città di Gerusalemme (che avverrà nel 70 d.C), e infine la profezia, ancora più tremenda, sugli ‘ultimi tempi’ dell’Umanità, quelli dell’ Apocalisse.
Una giornata, quel mercoledì, che più piena di così non si potrebbe immaginare: neanche qui c’è spazio per il discorso che Gesù ha fatto ai Gentili.
Concludendo,  quest’ultimo episodio dei Gentili che Giovanni racconta, e che precede il racconto della ‘lavanda’ del Giovedì sera, per deduzione non può essere avvenuto che nella giornata di Giovedì.
Quindi, mentre gli altri evangelisti han raccontato tutti gli episodi salienti del Lunedì, Martedì e Mercoledì, Giovanni è saltato a piè pari dalla Domenica delle palme al Giovedi successivo.
Perché? Perché ve l’ho già detto: a Giovanni piacevano particolarmente tutti i grandi discorsi di Gesù che avessero sfondo teologico-dottrinario, come quello fatto ai Gentili che fra poco vi spiegherò meglio.

 

Riassumiamo ora la ‘settimana santa’:

. Lunedì:  dopo l’ingresso trionfale della Domenica in Gerusalemme, all’indomani 
  Gesù vi ritorna. Cammin facendo vede un fico che viene maledetto perché non dà
  frutti,  parabola dei vignaioli perfidi,domanda  trabocchetto sulla ‘autorità’ con la 
  quale Gesù insegnava al Tempio.                                                                        
. Martedì: la mattina ripassano davanti al fico secco, quesito della moneta e sui tributi 
  a Cesare, domanda birichina dei sadducei sulla risurrezione dei corpi e sulla
  sessualità  degli uomini dopo quel momento.
. Mercoledì: quesito dei Farisei a Gesù su quale dovrebbe essere il massimo dei
  comandamenti, l’obolo della vedova povera, invettiva contro scribi e farisei,
  predizione della futura distruzione del Tempio e di Gerusalemme, profezie sugli
  ‘ultimi tempi’ dell’Umanità.
. Giovedì: discorso – di giorno -  di Gesù ai Gentili e, la sera inizio della Pasqua
  ebraica , ultima Cena, poi l’arresto.
. Venerdì: (fra la notte del Giovedì e l’alba di Venerdi) processo sommario davanti al 
  Sommo Sacerdote e al Sinedrio, da Pilato, da Erode Antipa, nuovamente da Pilato,   
  fustigazione, condanna a morte, Calvario, crocifissione, deposizione, sepoltura.
. Sabato: per gli ebrei è giorno di festa ma per Maria SS. è angoscia tremenda, ma lei  
  si sforza di credere incrollabilmente alla Risurrezione.
. Domenica: le donne vanno al Sepolcro: vuoto! Finalmente è Pasqua anche per noi!

Riprendiamo dunque il commento del brano di Giovanni, dal Giovedì.

5.2 Giovanni riporta solo le ‘risposte’ di Gesù ai Gentili. Le ‘domande’ dei Gentili allora ce le mettiamo noi.

Fra tutte le moltitudini presenti a Gerusalemme e al Tempio, vi erano quelle che provenivano dal resto del territorio di Israele e dai territori della Diaspora. Quelli della Diaspora erano gli Israeliti di religione ebraica che abitavano all’estero, nei paesi pagani.
Ma vi erano anche gli stessi pagani, cioè i Gentili, spesso assai colti, che venivano lì per ascoltare, incuriositi, le lezioni dei grandi rabbi ma soprattutto quelle di Gesù che non disprezzava i pagani, anzi, e che appariva uomo di grandissima sapienza, anche filosofica: il che, per essi che erano di cultura ellenista, cioè cultori del pensiero di uomini eccezionali come Socrate e Platone, non era cosa di poco conto.
I Gentili, in teoria, adoravano divinità pagane ma – in un mondo ellenizzante culturalmente evoluto grazie alle lettere, al teatro, alla medicina, alle arti in genere e alla filosofia – essi si rendevano conto dei ‘limiti’ delle loro religioni idolatriche, e delle loro divinità antropomorfe che – più che i pregi – sembravano avere i difetti degli uomini.
L’idea che l’uomo potesse avere veramente un’anima li affascinava come pure l’elevatezza della dottrina d’amore che Gesù andava predicando.
In un mondo dove la schiavitù era un fatto sociale ed economico universalmente accettato, quella dottrina – non in termini di eguaglianza sociale ma di amore - toccava le corde più profonde del cuore.
La predicazione di Gesù apriva orizzonti vastissimi in quelle menti, vissute nel paganesimo fino ad allora ma che ora cominciavano ad aver sete di spiritualità, mentre gli israeliti eran nati nella spiritualità ma ora stavano da secoli vivendo nel paganesimo spirituale: la superbia dei cuori dei loro Capi.
Ora – nel racconto di Giovanni - quei Gentili, venuti da lontano, quel Gesù vorrebbero vederlo e sentirlo da vicino, fargli delle domande, ottenere delle risposte da portarsi dietro nel loro paese d’origine.
Per la calca non riescono ad avvicinarsi e allora, capito che Filippo doveva essere un ‘apostolo’, lo interpellano chiedendogli il favore di fargli ‘vedere’ Gesù.
Filippo dà di voce a Andrea, e poi entrambi lo dicono a Gesù che – alzata la testa verso i Gentili - li guarda ad occhi socchiusi ed annuisce.
In qualche modo quelli riescono ad avvicinarsi e si svolge un dialogo con domande e risposte.
Che quelle di Gesù, le uniche che Giovanni riporta, siano ‘risposte’ lo si arguisce dal ‘senso’ oltre che dal fatto – di per sé evidente – che è lo stesso Giovanni che scrive nel suo Vangelo ‘Gesù rispose loro…’
Come pure, dal senso delle risposte di Gesù, possiamo intuire il tenore delle domande che gli devono aver rivolto.
E visto che Giovanni le domande – nel suo Vangelo - non le ha riportate, ci proveremo noi a metterle qui nel ‘nostro’.
Risponde Gesù: ‘E’ venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il figlio dell’uomo’.
Quante volte, in quegli ultimi tempi, i Gentili gli avevano sentito fare quei discorsi sulla propria morte e sulla propria divinità, Egli Figlio di Dio?
Poteva allora mai, un Figlio di Dio, morire?
‘Sì - risponde Gesù - perché ormai (siamo al Giovedì Santo, poco prima della cattura, il giorno prima della crocifissione) è venuta l’ora della gloria del Figlio dell’Uomo’.
Gloria perché egli era Verbo, e nonostante fosse stato Dio aveva accettato di incarnarsi in una carne umana, insomma in una carne ‘animale’ sia pur dotata d’anima, patendo le miserie dell’umanità, ed accettando di soffrire fino ad una morte di croce pur di ottenere – grazie al suo Sacrificio – il perdono del Padre per l’Umanità la quale avrebbe potuto così – attraverso il suo insegnamento – riscoprire le sue origini spirituali e percorrere la strada che avrebbe portato alla salvezza.
Ora – era Giovedì - Gesù era alla fine della sua strada, prossimo alla vetta del Golgota, che era la vetta del suo Sacrificio di Uomo-Dio, ed era quindi anche la vetta della sua ‘Gloria’ in quanto manifestazione eccelsa di Sofferenza d’ Amore.
Chiaro il concetto?
‘Ma come – avran detto i Gentili – è proprio necessario che un Dio debba morire per questo’?
E Gesù: ‘Vi insegno una grande verità, che potrete verificare guardando la natura che avete intorno: è la morte che dà la vita, nel campo spirituale come in quello materiale. Il granello di frumento deve ‘morire’, marcendo nella terra, per produrre la spiga, così come – per acquistare la vita spirituale – l’uomo-animale deve morire a se stesso, deve far morire l’uomo vecchio per far nascere l’uomo nuovo. Morire a se stessi significa combattere il proprio io, frutto del ribaltamento di valori spirituali dovuto al Peccato originale, e combattere l’io significa distaccarsi dai valori del mondo. Chi ama i valori del mondo, cioè la materialità in senso lato, perderà la vita spirituale. Chi accetta di distaccarsi dai valori del mondo, spiritualizzandosi, guadagnerà la vita eterna. Chi vuol servirmi, mi imiti e sarà mio ‘servo’, mio ‘collaboratore’, e se uno diventa mio servo, il Padre lo ricompenserà. Oggi però la mia anima di uomo è turbata. La mia fine si avvicina. Che dovrei dire, allora: ‘Padre, salvami da quest’ora!’? Ma è appunto per questa che io sono venuto in terra, per morire come il grano e portare frutto. Padre, dirò invece, dai gloria al tuo nome!’.
Credo che Gesù dovesse aver alzato le braccia e gli occhi al Cielo mentre diceva queste ultime parole ispirate.
E il Padre non si fa attendere e come già era successo al Giordano: ‘L’ho glorificato e ancora lo glorificherò’, risponde dal cielo una voce di tuono.
Non so se il Padre avesse parlato in ebraico, o se si fosse semplicemente fatto sentire telepaticamente come una voce di rombo nella testa delle persone, fatto sta che la folla scambia questa voce che pareva venire dal cielo come una sorta di tuono, ma altri – che dovevano intendersene un po’ di più di queste cose e che soprattutto avevano colto il senso di quelle parole – esclamano:‘Un Angelo gli ha parlato!’.
E Gesù – dopo quella pausa di disorientamento -  precisa: ‘Non per me, ma per voi è venuta questa voce’.
Intendendo con ciò dire che il Padre aveva parlato per confermare le parole che Gesù aveva prima detto loro, anche in ordine alla sua divinità.
E Gesù continua: ‘Ora si fa giustizia di questo mondo, ora il principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò a me tutti gli uomini’, il che significa: ‘Con la mia venuta in terra è tornata a farsi sentire la Giustizia di Dio. L’Angelo ribelle che aveva provocato la caduta dell’Uomo facendosi Principe del mondo ne verrà cacciato fuori, perché l’uomo, grazie ai miei insegnamenti e soprattutto al mio Sacrificio in Croce, potrà di nuovo salvarsi e tornare in Cielo’.
Giovanni osserva che Gesù parlava di ‘innalzamento da terra’ per alludere alla sua prossima morte in croce.
Ma alcuni - e non dovevan essere Gentili ma, dalle domande che fanno,  giudei – che non conoscevano il futuro ma soprattutto il valore del Sacrificio di un Dio, e nemmeno che il Cristo di Dio potesse morire, e che pensavano che ‘innalzarsi da terra’ significasse essere ‘esaltati’ per onori terreni, obbiettano: ‘Se La Legge e i Profeti dicono che il Cristo sarà eterno, come puoi tu – se sei il Cristo -  parlare di morte? E come puoi dire tu che il Figlio dell’Uomo sarà ‘innalzato’. E cosa è poi mai questo ‘Figlio dell’Uomo’ di cui tu parli sempre? Chi sei tu, il Cristo o il Figlio dell’Uomo?’.

Insomma, nonostante fosse l’ultimo giorno di tre anni di predicazione, non si può dire che i giudei avessero le idee chiare.

E Gesù deve aver risposto: ‘Io sono il Cristo e sono anche l’Uomo, perché sono il Verbo di Dio che si è incarnato in un Uomo. E state attenti. Approfittatene finché potete, cioè finché Io - che sono Luce - sono con voi. Fate attenzione che non vi sorprendano le tenebre, perché chi cammina nel buio spirituale può perdersi. Se crederete nella Luce, e praticherete la Dottrina che vi ho insegnato, diventerete  ‘figli della Luce’, e vi salverete’.

Il discorso è finito, Gesù se ne va e quelli sfollano, probabilmente con ancora molte incredulità in testa, come vedremo il giorno dopo quando – sobillati da Satana e dai Capi dei Sacerdoti –  molti di loro inneggeranno alla sua crocifissione, visto che non avevano capito che quel suo ‘innalzamento da terra’ sul quale Egli contava tanto fosse proprio quello.
Giovanni osserva che a nulla erano serviti – per indurli a credere - tutti i miracoli che Gesù aveva fatto e ne dà spiegazione citando una famosa profezia di Isaia: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?’.
Non potevano credere, continua Giovanni, perché Isaia aveva anche detto: ‘Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinchè con i loro occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani’.
Può sembrare un assurdo l’apparente significato di queste parole di Isaia.
E’ mai possibile che Dio deliberatamente accechi e indurisca nel cuore quelli che non credono in Gesù perché non si salvino? Come fanno a salvarsi se Dio li acceca? E’ colpa di Dio allora, se questi non capiscono e non si convertono?
Il significato è però un altro, e ve lo avevo già spiegato.
Dio è Dio di tutti, Dio dei ‘buoni’ e anche dei ‘cattivi’, che cerca in ogni modo di redimere.
Quando però vede che i cattivi non sono ‘cattivi’ per ignoranza, ma per mala volontà e che non vogliono ascoltare la sua Parola perché la disprezzano, ebbene Dio – respinto – li priva della sua Luce, lascia che il loro occhio spirituale non capisca, che il loro ‘cuore’ non senta la illuminazione dello Spirito Santo che parla e quindi lascia che essi – volontariamente – si perdano, come a questo punto però meritano.
Ed è quel che Gesù – perché leggendo si intuisce che, dopo essersene andato, deve aver ripreso da qualche altra parte il discorso con qualcun altro – ribadisce poco dopo: ‘Io sono venuto per insegnare agli uomini la Verità e per salvarli, non per condannarli. Ma ricordatevi che chi disprezza le mie parole avrà – nel momento del giudizio particolare - chi lo condanna, cioè il Padre, perché quel che Io sono venuto a dire non sono parole mie ma parole del Padre, che è quello che mi ha mandato’.

 
5.3 E’ detto di Me…

Ma ora, visto che questo è l’ultimo discorso pubblico di Gesù prima della Passione, vediamocelo e sentiamocelo con Maria Valtorta che, per inciso e anche perché lei aveva delle ‘signore visioni’, ci fa capire subito dal titolo del suo capitolo che quello era Giovedì senza stare a far su tutto quel sacco di ragionamenti che ho dovuto fare io:

 

598. Giovedi santo. Preparativi della Cena pasquale. La manifestazione del Padre e l'omaggio dei Gentili.

3 aprile 1947.
Un nuovo mattino. Così sereno! Così festoso!  Non ci sono più neppure le nuvole rare che ieri vagavano lentamente sul cobalto del cielo.  Non c'è neppure l'afa pesante che ieri era gravosa tanto.  Una brezza sottile alita sui volti.  E sa di fiori, sa di fieni, sa di aria pulita.  E smuove lentamente le foglie degli ulivi. Sembra voglia far ammirare l'argenteo delle fogliette lanceolate e spargere fiori, piccoli, candidi, odorosi, sui passi di Cristo, sul suo capo biondo, baciarlo, rinfrescarlo - perché ogni minuto calice ha la sua stilluzza di rugiada - baciarlo, rinfrescarlo e poi morire prima di vedere l'orrore incombente.  E si inchinano le erbe dei clivi scuotendo le campanelle, le corolle, le palmette dei mille fiori.  Stelle dal cuore d'oro, le grosse margherite selvagge stanno alte sullo stelo come per baciargli la mano che sarà trafitta, e le pratoline e le matricarie gli baciano i piedi generosi, che si fermeranno dall'andare per il bene degli uomini solo quando saranno inchiodati per dare un bene maggiore ancora, e le rose canine odorano e il biancospino che non ha più fiori agita le foglie dentellate.  Pare che dica: «No, no» a quelli che lo useranno per dare tormento al Redentore.  E «no» dicono le canne del Cedron.  Anche loro non vogliono colpire, la loro volontà di piccole cose non vuol fare male al Signore.  E forse anche i sassi delle chine si felicitano di essere fuori di città, sull'Uliveto, perché in tal modo, no, non feriranno il Martire.  E piangono gli esili convolvoli rosati, che Gesù amava tanto, e i corimbi delle acacie candide come grappoli di farfalle strette a uno stelo, forse pensando: «Non lo vedremo pìù».  E i miosotis, così esili e puri, lasciano cadere la loro corolla al tocco della veste porpurea che Gesù ha indossato di nuovo.  Deve essere bello morire quando cosa che è di Gesù colpisce.  Tutti i fiori, anche uno sperso mughetto, forse caduto là incidentalmente e che si è radicato fra le radici sporgenti di un olivo, è felice di esser scorto e colto da Tommaso e offerto al Signore... E felici sono i mille uccelli fra i rami di salutarlo con canti di gioia.  Oh! che non lo bestemmiano gli uccelli che Egli ha sempre amato!  Persino un branchetto di pecore sembra volerlo salutare benché siano in pianto, orbate come sono dei fígli venduti per il sacrificio pasquale.  E belando, un lamento di madri per l'aria, chiamando i figli che non torneranno più, vengono a sfregarsi presso Gesù, guardandolo con lo sguardo mite.
La vista delle pecore richiama gli apostoli al pensiero del rito e interrogano Gesù quando sono quasi al Getsemani. «Dove andremo a consumare la Pasqua?  Che luogo scegli?  Dillo, e noi andremo ad apparecchiare ogni cosa» dicono.
E Giuda di Keriot: «Dammi ordini e andrò».
«Pietro.  Giovanni.  Sentitemi».
I due, che erano un poco avanti, si fanno vicino a Gesù che li ha chiamati.
«Precedeteci ed entrate in città per la porta del Letame.  Appena entrati, incontrerete un uomo che torna da En Rogel con una brocca di quella buon'acqua.  Seguitelo finché entra in una casa.  Direte a colui che è in essa: "Il Maestro dice: 'Dove è la stanza dove Io possa mangiare la Pasqua coi miei discepoli?'.  Egli vi mostrerà un gran cenacolo pronto.  Apparecchiate in esso ogni cosa.  Andate solleciti e poi raggiungeteci al Tempio».
I due partono in tutta fretta.
Gesù procede invece lentamente.  Tanto è ancor fresca mattina e le strade che ammettono nella città mostrano appena i primi pellegrini.  Valicano il Cedron sul ponticello che è prima del Getsemani.  Entrano in città.  Le porte, forse per un contrordine di Pilato, rassicurato dalla assenza di dispute intorno a Gesù, non sono più sorvegliate dai legionari.  Infatti la massima calma regna in ogni luogo.
Oh! non si può dire che non abbiano saputo contenersi i giudei!  Nessuno ha molestato il Maestro né i suoi discepoli.  Ossequi bene educati, se non affettuosi, lo hanno sempre salutato, anche se quelli che li davano erano i più astiosi del Sinedrio.  Una sopportazione inarrivabile ha accompagnato anche la requisitoria di ieri.
Ed ecco che proprio anche ora, poiché la casa di campagna di Caifa è proprio vicina a quella porta, ecco che proprio ora passa, venendo da essa, un folto gruppo di farisei e di scribi, fra i quali il figlio di Anna ed Elchia con Doras e Sadoc, ed è un piegarsi di schiene ammantate ampiamente, che ossequiano fra ondeggiamenti di vesti e frange e copricapi amplissimi.  Gesù saluta e passa, regale nella sua veste di lana rossa e nel manto più cupo di tinta, il copricapo di Sintica nella mano, il sole che fa dei suoi capelli rosso-rame un serto d'oro e un velo lucente giù sino agli omeri.  Le schiene si alzano dopo il suo passaggio e appaiono i volti: di iene idrofobe.
Giuda di Keriot, che guardava sempre intorno con la sua faccia di traditore, con la scusa di riallacciarsi un sandalo si fa ai margini della via e, lo vedo bene, fa un cenno a quei tali che lo attendano... Lascia che il gruppo di Gesù e dei discepoli vada avanti, sempre lavorando intorno alla fibbia del suo sandalo per darsi un contegno, poi rapido passa vicino a quelli e sussurra: «Alla Bella.  Verso sesta.  Un di voi», e sfreccia via veloce raggiungendo i compagni.  Franco, spudoratamente franco!...
Salgono al Tempio.  Pochi ebrei ancora.  Ma molti gentili.  Gesù va ad adorare il Signore.  Poi torna indietro e ordina a Simone e Bartolomeo di comperare l'agnello facendosi dare denari da Gìuda di Keriot.
«Ma potevo fare io!» dice questi.
«Avrai altro da fare.  Lo sai.  Vi è quella vedova alla quale portare l'obolo di Maria di Lazzaro e dirle che dopo le feste vada a Betania, da Lazzaro.  Lo sai dove sta?  Hai capito bene?».
«So, so!  Mi ha mostrato il luogo Zaccaria che la conosce bene».  E aggiunge: «Sono molto contento di andare.  Più che andare per l'agnello.  Quando vado?».
«Più tardi.  Non mi fermerò molto qui.  Riposerò oggi, volendo esser forte per questa sera e per la mia orazione notturna».
«Va bene».
Ecco, io mi chiedo: Gesù, che aveva così taciuto nei giorni scorsi ogni suo proposito per non dare particolari a Giuda, perché ora dice, ripete ciò che farà nella notte?  La Passione è già iniziata con la cecità di preveggenza, o è questa preveggenza tanto aumentata che Egli legge nei libri dei Cieli che quella è «la notte» e che perciò bisogna farlo sapere a chi attende di saperlo per consegnarlo ai nemici, o lo ha sempre saputo che in quella notte deve iniziarsi la sua immolazione?  Io non so darmi risposta.  Gesù non mi dà risposta.  E io resto nei miei perché, mentre osservo Gesù che risana gli ultimi malati.  Gli ultimi... Domani, fra poche ore, non potrà più... La Terra sarà privata del potente Risanatore di corpi.  La Vittima, però, sul suo patibolo inizierà la serie, ininterrotta da venti secoli, dei suoi risanamenti di spiriti.
Oggi io contemplo più che descrivere.  Il mio Signore mi fa proiettare la vista spirituale da ciò che io vedo accadere, nell'ultimo giorno di libertà di Cristo, a ciò che è nei secoli... Oggi io contemplo più i sentimenti, i pensieri del Maestro che non gli avvenimenti intorno a Lui.  Sono già nella comprensione angosciosa della sua tortura del Getsemani...
Gesù è sopraffatto come il solito dalla folla che è già cresciuta, che ora è, nella più parte, ebrea e che si dimentica di affrettarsi al luogo del sacrificio degli agnelli per avvicinarsi a Gesù, Agnello di Dio che sta per essere immolato.  E ancora chiede, e ancora vuole spiegazioni.
Molti sono ebrei venuti dalla Diaspora, i quali, saputo per fama del Cristo, del Profeta galileo, del Rabbi di Nazaret, sono curiosi di sentirlo parlare e ansiosi di levarsi ogni possibile dubbio.  E questi si fanno largo supplicando quelli di Palestina così: «Voi sempre lo avete.  Voi sapete chi è. Voi avete la sua parola quando volete.  Noi siamo venuti da lontano e ripartiremo subito dopo aver compiuto il precetto.  Lasciateci andare a Lui!».  La folla si apre a fatica per cedere il posto a questi.  E questi si avvicinano a Gesù e l'osservano curiosamente.  Parlottano fra loro, gruppo per gruppo.
Gesù li osserva, anche se contemporaneamente ascolta un gruppo di persone venute dalla Perea.  Poi, licenziate queste che gli hanno offerto denaro per i suoi poveri, così come molti fanno, ed Egli lo ha passato a Giuda come sempre, si accinge a parlare.
«Uni nella religione, ma diversi di provenienza, molti fra i presenti si chiedono: "Chi è costui che è detto il Nazareno?", e la loro speranza e il loro dubbio cozzano insieme.  Ascoltate.
E’ detto di Me: "Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà da questa radice e sopra di Lui riposerà lo Spirito del Signore.  Egli non giudicherà secondo quello che apparisce agli occhi, non condannerà per ciò che si sente con gli orecchi, ma giudicherà con giustizia i poveri, prenderà le difese degli umili.  Il germoglio della radice di Jesse, posto quale segno fra le nazioni, sarà invocato dai popoli e il suo sepolcro sarà glorioso.  Egli, alzata una bandiera alle nazioni, riunirà i profughi d'Israele, i dispersi di Giuda, li raccoglierà dai quattro punti della Terra".
E’ detto di Me: "Ecco, il Signore Dio viene, con possanza, il suo braccio trionferà.  Porta seco la sua mercede, ha davanti agli occhi l'opera sua.  Come un pastore pascerà il suo gregge".
E’ detto di Me: "Ecco il mio Servo col quale lo starò, nel quale si compiace l'anima mia.  In Lui ho diffuso il mio spirito.  Egli porterà giustizia fra le nazioni.  Non griderà, non spezzerà la canna fessa, non spegnerà il lucignolo fumigante, farà giustizia secondo verità.  Senza essere né triste né turbolento, giungerà a stabilire sulla Terra la giustizia, e le isole aspetteranno la sua legge".
E’ detto di Me: "Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia, ti ho preso per mano, ti ho preservato, ti ho fatto alleanza del popolo e luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi e trarre dal carcere i prigionieri e dalla sotterranea prigione quelli che giacciono nelle tenebre".
E’ detto di Me: "Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha unto ad annunziare la Buona Novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore affranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a predicare l'anno di grazia del Signore".
E’ detto di Me: "Egli è il Forte, pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore Dio suo.  A Lui si convertiranno, perché sin da ora sarà glorificato, fino agli ultimi confini del mondo".
E’ detto di Me: "lo stesso andrò in cerca delle mie pecorelle.  Andrò in cerca delle smarrite, ricondurrò le scacciate, legherò le fratturate, ristorerò le deboli, terrò d'occhio le grasse e robuste, le pascerò con giustizia".
E’ detto: "Egli è il Principe di pace e sarà la pace".
E’ detto: "Ecco, viene il tuo Re, il Giusto, il Salvatore.  Egli è povero, cavalca un asinello.  Egli annunzierà pace alle nazioni.  Il suo dominio sarà da mare a mare sino agli estremi della Terra".
E’ detto: "Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo, per la tua città santa, affinché sia tolta la prevaricazione, abbia fine il peccato, sia cancellata l'iniquità, venga l'eterna giustizia, siano compiute visione e profezia, e sia unto il Santo dei santi.  Dopo sette più settantadue verrà il Cristo.  Dopo sessantadue sarà ucciso.  Dopo una settimana Egli confermerà il testamento, ma a mezzo della settimana verranno meno le ostie e i sacrifici, e sarà nel Tempio l'abbominazione della desolazione, e durerà sino alla fine dei secoli".
Mancheranno dunque le ostie in questi giorni?  L'altare non avrà vittima?  Avrà la gran Vittima.  Ecco, la vede il profeta: "Chi è costui che viene con le vesti tinte di rosso?  E’ bello nel suo vestito e cammina nella grandezza della sua forza".
E come si è tinto di porpora, Colui che è povero, la veste?  Ecco, lo dice il profeta: "Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappa la barba, non ho allontanato il volto da chi mi oltraggia.  E la mia bellezza e il mio splendore si è perduto, e gli uomini non mi hanno più amato.  Disprezzato mi hanno gli uomini, considerato l'ultimo!  Uomo di dolori, sarà velato il mio volto e vilipeso, e mi guarderanno come un lebbroso, mentre è per tutti che lo sarò piagato e morto".
Ecco la Vittima!  Non temere, o Israele!  Non temere!  Non manca l'Agnello pasquale!  Non temere, o Terra!  Non temere!  Ecco il Salvatore!  Come pecora sarà condotto al macello, perché Io ha voluto, e non ha aperto bocca per maledire quelli che l'uccidono.  Dopo la condanna sarà innalzato e consumato nei patimenti, le membra slogate, le ossa scoperte, i piedi e le mani trafitti.  Ma dopo l'affanno, col quale giustificherà molti, possederà le moltitudini perché, dopo aver consegnato la sua vita alla morte per la salute del mondo, risorgerà e governerà la Terra, nutrirà i popoli delle acque viste da Ezechiele, uscenti dal vero Tempio che, anche se è abbattuto, risorge per sua stessa forza, del vino di cui si è anche imporporata la candida veste d'Agnello senza macchia, e del Pane venuto dal Cielo.
Sitibondi, venite alle acque!  Affamati, nutritevi!  Esausti, bevete il mio vino, e voi malati!  Venite voi che non avete denaro, voi che non avete salute, venite!  E voi che siete nelle tenebre!  E voi che siete morti, venite! lo sono Ricchezza, Salute, Io sono Luce e Vita.  Venite voi che cercate la via!  Venite voi che cercate la verità!  Io sono Via e Verità!  Non temete di non poter consumare l'Agnello perché mancano le ostie veramente sante in questo Tempio profanato.  Tutti avrete da mangiare dell'Agnello di Dio venuto a togliere i peccati del mondo, come ha detto di Me l'ultimo dei profeti del mio popolo.  Di quel popolo al quale lo chiedo: Popolo mio, che ti ho fatto?  In che ti ho contristato?  Che potevo darti di più di ciò che Io non ti abbia dato?  Ho istruito i tuoi intelletti, ho guarito i tuoi malati, beneficato i tuoi poveri, sfamato le tue turbe, ti ho amato nei tuoi figli, ho perdonato, ho pregato per te.  Ti ho amato sino al Sacrificio.  E tu che appresti al tuo Signore?  Un'ora, l'ultima, ti è data, o mio popolo, o mia città regale e santa.  Convertiti in quest'ora al Signore Dio tuo!».
«Ha detto le parole vere!».
«Così è detto!  E Lui veramente fa quello che è detto!».
«Come un pastore ha avuto cura di tutti!».
«Come fossimo le pecore disperse, malate, nella caligine, è venuto a portarci alla via giusta, a guarirci anima e corpo, a illuminarci».
«Veramente tutti i popoli vanno a Lui.  Osservate là quei gentili come sono ammirati!».
«Pace ha predicato».
«Amore ha dato».
«Non capisco ciò che dice del sacrificio.  Parla come se dovesse essere ucciso».
«Così è, se è l'Uomo visto dai profeti, il Salvatore».
«E parla come se tutto il popolo dovesse malmenarlo.  Ciò non accadrà mai.  Il popolo, noi, lo amiamo».
«E’ nostro amico.  Lo difenderemo».
«Galileo è, e noi di Galilea daremo la vita per Lui».
«Di Davide è, e non alzeremo la mano che per difenderlo, noi di Giudea».
«E noi, che ci amò come amò voi, noi dell'Auranite, della Perea, della Decapoli, noi potremo dimenticarlo?  Tutti, tutti lo difenderemo».
Queste le voci fra la folla ormai numerosa molto.  Labilità delle intenzioni umane!  Giudico dalla posizione del sole essere verso le nove antimeridiane dell'ora nostra.  Ventiquattr'ore più tardi questa gente sarà da molte ore intorno al Martire per torturarlo con l'odio e le percosse, e urlerà chiedendo la sua morte.  Pochi, molto pochi, troppo pochi fra le migliaia di persone che si affollano da ogni parte della Palestina e oltre, e che hanno avuto luce, salute, sapienza, perdono dal Cristo, saranno coloro che non solo non cercheranno di strapparlo ai nemici, perché la loro pochezza rispetto alla moltitudine dei percuotitori lo vieta, ma anche non sapranno confortarlo dandogli prova d'amore col seguirlo con volto amico.  Le lodi, i consensi, i commenti ammirati si spargono per l'ampio cortile come onde che dall'alto del mare vadano lontano a morire sul lido.
Degli scribi, dei giudei, dei farisei tentano di neutralizzare l'entusiasmo del popolo, e anche il fermento del popolo contro i nemici del Cristo, dicendo: «Vaneggia.  La stanchezza sua è tanta e lo conduce a delirare.  Vede persecuzioni dove sono onori.  Il suo dire ha fiumi della solita sua sapienza, ma mescolati a frasi di delirio.  Nessuno gli vuol fare del male.  Abbiamo capito.  Capito chi è ... ».
Ma la gente è incerta di tanta conversione di umori, e qualcuno fra essa si ribella dicendo: «Egli mi guarì un figlio demente. So ciò che è la pazzia.  Non così parla uno che è folle!».
E un altro: «Lasciali dire.  Sono vipere che hanno paura che il bastone del popolo spezzi loro le reni.  Cantano la dolce canzone dell'usignolo per ingannarci, ma se ascolti bene c'è dentro il fischio del serpe».
E un altro ancora: «Scolte del popolo di Cristo, all'erta!  Quando nemico carezza ha il pugnale nascosto nella manica e tende la mano per colpire.  Occhi aperti e cuore pronto!  Gli sciacalli non possono diventare docili agnelli».
«Dici bene: il gufo alletta e incanta gli uccellini ingenui con l'immobilità del suo corpo e con la mendace letizia del suo saluto. Ride e invita col suo grido, ma è già pronto a divorare».
E così via, da gruppo a gruppo.
Ma vi sono anche i gentili.  Questi gentili che sono stati costanti e sempre più numerosi ad ascoltare il Maestro in questi giorni di festa.  Sempre ai margini della folla, perché l'esclusivismo ebreo-palestinese è forte e li respinge volendo i primi posti intorno al Rabbi, essi hanno desiderio di avvicinarlo e parlargli.
Un folto gruppo di essi occhieggia Filippo, che la folla ha spinto in un angolo.  Si accostano a lui dicendo: «Signore, noi desideriamo vedere da vicino Gesù, il tuo Maestro.  E parlargli almeno una volta».
Filippo si alza sulle punte dei piedi per vedere se scorge qualche apostolo più vicino al Signore.  Vede Andrea e gli grida, dopo averlo chiamato: «Qui sono dei gentili che vorrebbero salutare il Maestro.  Chiedigli se vuole accoglierli».
Andrea, separato da Gesù di qualche metro, pigiato nella folla, si fa largo senza riguardi, lavorando generosamente di gomiti e urlando: «Fate largo!  Fate largo, dico.  Devo andare dal Maestro».  Lo raggiunge e gli trasmette il desiderio dei gentili.
«Conducili in quell'angolo.  Io verrò a loro».
E mentre Gesù cerca di passare fra la gente, Giovanni, che è tornato con Pietro, Pietro stesso, Giuda Taddeo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, che lascia il gruppo dei suoi parenti, trovato fra la folla, per aiutare i compagni, lottano a fargli strada. Ecco Gesù là dove già sono i gentili che lo ossequiano.
«La pace a voi.  Che volete da Me?».
«Vederti.  Parlarti.  Le tue parole ci hanno conturbati.  Desideravamo sempre di parlarti per dirti che la tua parola ci colpisce.  Ma attendevamo di farlo in momento propizio.  Oggi... Tu parli di morte... Noi temiamo di non poter più parlarti se non prendiamo quest'ora.  Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore?  Noi siamo gentili e la tua mano non ci beneficò.  La tua parola ci era sconosciuta.  Avevamo sentito parlare di Te vagamente.  Ma non ti avevamo mai visto né avvicinato.  Eppure, lo vedi!  Noi ti rendiamo omaggio.  Tutto il mondo con noi ti onora».
«Sì, l'ora è venuta nella quale il Figlio dell'uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti».
Ora la gente è di nuovo intorno a Gesù.  Ma con la differenza che in prima fila sono i gentili e indietro gli altri.
«Ma allora, se è l'ora della tua glorificazione, Tu non morrai come dici, o come abbiamo capito.  Perché non è essere glorificato morire in tal modo.  Come potrai riunire il mondo sotto il tuo scettro, se Tu muori prima di averlo fatto?  Se il tuo braccio si immobilizzerà nella morte, come potrà trionfare e radunare i popoli?».
«Morendo dò vita.  Morendo edifico.  Morendo creo il Popolo nuovo. E’ nel sacrificio che si ha la vittoria.  In verità vi dico che, se il granello di frumento caduto sulla terra non muore, rimane infecondo.  Ma se invece muore, ecco che produce molto frutto.  Chi ama la sua vita la perderà.  Chi odia la sua vita in questo mondo la salverà per la vita eterna. lo poi ho il dovere di morire per dare questa vita eterna a tutti coloro che mi seguono per servire la Verità.  Chi mi vuole servire venga: non è limitato il posto nel mio regno a questo o a quel popolo.  Chiunque mi vuol servire venga e mi segua, e dove Io sono sarà pure il mio servo.  E chi mi serve l'onorerà il Padre mio, unico, vero Iddio, Signore del Cielo e della Terra, Creatore di tutto quanto è, Pensiero, Parola, Amore, Vita, Via, Verità; Padre, Figlio, Spirito Santo, Uno essendo Trino, Trino essendo unico, solo, vero Dio.  "Ma ora l'anima mia è turbata.  E che dirò?  Dirò forse: "Padre, salvami da quest'ora"?  No. Perché Io sono venuto per questo: per giungere a quest'ora.  E allora dirò: "Padre, glorifica il tuo Nome!"».
Gesù apre le braccia in croce, una croce porpurea contro il candore dei marmi del portico, e alza il volto, offrendosi, pregando, salendo coll'anima al Padre.
E una voce, più forte del tuono, immateriale nel senso che non è simile a nessuna voce d'uomo, ma sensibilissima per tutti gli orecchi, empie il cielo sereno della bellissima giornata d'aprile e vibra, più potente di accordo d'organo gigante, bellissima nella sua tonalità, e proclama: «E Io l'ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La gente ha avuto paura.  Quella voce, così potente che ne ha vibrato il suolo e ciò che su esso si trova, quella voce misteriosa, diversa da ogni altra, veniente da una fonte che è sconosciuta, quella voce che empie tutto, da settentrione a mezzogiorno, da oriente a occidente, terrorizza gli ebrei e stupisce i pagani.  I primi si gettano, sol che possano farlo, al suolo, mormorando nel tremore: «Ora morremo!  Abbiamo sentito la voce del Cielo.  Un angelo gli ha parlato!», e si battono il petto in attesa della morte. I secondi gridano: «Un tuono!  Un boato!  Fuggiamo!  La Terra ha ruggito!  Ha tremato!».  Ma fuggire è impossibile in quella ressa che si accresce di quelli che, ancor fuor dalle mura del Tempio, accorrono entro di esse gridando: «Pietà di noi!  Corriamo!  Qui è luogo santo.  Non si fenderà il monte dove sorge l'altare di Dio!».  E perciò ognuno resta dove è, dove lo blocca la folla e lo spavento.
Sulle terrazze del Tempio accorrono i sacerdoti, gli scribi, i farisei che erano sparsi per i meandri di esso, e leviti, e strategoi.  Agitati, sbalorditi.  Ma di tutti loro non scendono, fra la gente che è nei cortili, altro che Gamaliele con suo figlio.  Gesù lo vede passare, tutto candido nella veste di lino, che è così bianca da splendere persino sotto il forte sole che la investe.
Gesù, guardando Gamaliele ma come parlando per tutti, alza la voce dicendo: «Non per Me, ma per voi è venuta questa voce dal Cielo».
Gamaliele si arresta, si volge, trivella con gli sguardi dei suoi occhi profondi e nerissimi - che l'abitudine ad essere un maestro venerato come un semidio fa involontariamente duri come quelli dei rapaci - lo sguardo zaffireo, limpido, dolce nella sua maestà, di Gesù...
E Gesù prosegue: «Ora si ha il giudizio di questo mondo.  Ora il Principe delle Tenebre sta per essere cacciato fuori.  Ed Io, quando sarò innalzato, trarrò tutti a Me, perché così salverà il Figlio dell'uomo».  
«Noi abbiamo imparato dai libri della Legge che il Cristo vive in eterno.  E Tu ti dici il Cristo e dici che devi morire.  E ancora dici che sei il Figlio dell'uomo e salverai essendo esaltato.  Chi sei dunque?  Il Figlio dell'uomo o il Cristo?  E chi è il Figlio dell'uomo?» dice la folla che si rinfranca.
«Sono un'unica Persona.  Aprite gli occhi alla Luce.  Ancora per un poco la Luce è con voi.  Camminate verso la Verità sinché avete la Luce fra voi, affínché non vi sorprendano le tenebre.  Coloro che camminano nel buio non sanno dove vadano a finire.  Finché avete fra voi la Luce credete ad Essa, per essere figli della Luce».  Tace.
La folla è perplessa e divisa.  Una parte se ne va scrollando il capo.  Una parte osserva l'atteggiamento dei principali dignitari: farisei, capi dei sacerdoti, scribi... e specie di Gamaliele, e regola i propri moti su questo atteggiamento.  Altri ancora approvano col capo e si inchinano a Gesù con chiari segni di volergli dire: «Crediamo!  Ti onoriamo per ciò che sei».  Ma non osano schierarsi apertamente in suo favore.  Hanno paura degli occhi attenti dei nemici di Cristo, dei potenti, che li sorvegliano dall'alto delle terrazze che sovrastano i superbi porticati che cingono i cortili del Tempio.
Anche Gamaliele, dopo essere rimasto pensieroso qualche minuto, e par che interroghi i marmi che pavimentano il suolo per avere risposta alle sue interne domande, si riavvia verso l'uscita dopo aver scrollato testa e spalle come per disappunto o sprezzo... e passa diritto davanti a Gesù senza più guardarlo.
Gesù invece lo guarda, con compassione... e alza di nuovo la voce, fortemente - è come un bronzeo squillo - per superare ogni rumore ed essere sentito dal grande scriba che se ne va deluso.  Par che parli per tutti, ma parla per lui solo, è palese.
Dice a voce altissima:
«Chi crede in Me non crede, in verità, in Me, ma in Colui che mi ha mandato, e chi vede Me vede Colui che mi ha mandato.  E questo Colui è bene il Dio d'Israele!  Perché non c'è altro Dio fuor che Lui.
Per questo dico: se non potete credere a Me come a colui che è detto figlio di Giuseppe di Davide ed è figlio di Maria, della stirpe di Davide, della Vergine vista dal profeta, nato a Betlemme, come è detto dalle profezie, precorso dal Battista, ancor come è detto da secoli, credete almeno alla Voce del vostro Dio che vi ha parlato dal Cielo.  Credete in Me come Figlio di questo Dio d'Israele.  Ché, se non credete a Chi vi ha parlato dal Cielo, non Me offendete, ma il Dio vostro di cui sono Figlio.
Non vogliate rimanere nelle tenebre!  Io sono venuto Luce al mondo affínché chi crede in Me non resti nelle tenebre.  Non vogliate crearvi dei rimorsi, che non potreste più placare quando Io fossi tornato là donde sono venuto, e che sarebbero un ben duro castigo di Dio sulla vostra pervicacia. lo sono pronto a perdonare sinché sono fra voi, sinché il giudizio non è fatto, e per quanto sta a Me ho desiderio di perdonare.  Ma diverso è il pensiero del Padre mio.  Perché Io sono la Misericordia ed Egli è la Giustizia.
In verità vi dico che, se uno ascolta le mie parole e non le osserva poi, Io non lo giudico.  Non sono venuto nel mondo per giudicare, ma per salvare il mondo.  Ma anche se lo non giudico, in verità vi dico che vi è chi vi giudica per le vostre azioni.  Il Padre mio, che mi ha mandato, giudica coloro che respingono la sua Parola.  Sì, chi mi disprezza e non riconosce la Parola di Dio e non riceve le parole del Verbo, ecco che ha chi lo giudica: la stessa Parola che Io ho annunziata, quella lo giudicherà nel giorno estremo.
Dio non si irride, è detto.  E il Dio irriso sarà terribile a coloro che lo giudicarono pazzo e mentitore.
Ricordate tutti che le parole che mi avete sentito dire sono di Dio.  Perché Io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che debbo dire e di che devo parlare.  E lo ubbidisco al suo comando perché Io so che il suo comandamento è giusto.  Vita eterna è ogni comando di Dio.  Ed Io, vostro Maestro, vi do l'esempio di ubbidienza ad ogni comando di Dio.  Perciò siate certi che le cose che vi ho dette e vi dico, le ho dette e le dico così come mi ha detto il Padre mio di dirvele.  E il Padre mio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; il Dio di Mosè, dei patriachi e dei profeti, il Dio d'Israele, il Dio vostro».
Parole di luce, che cadono nelle tenebre che già si incupiscono nei cuori!
Gamaliele, che si era nuovamente fermato, a capo chino, riprende ad andare... Altri lo seguono crollando il capo o sogghignando...
Anche Gesù se ne va... Ma prima dice a Giuda di Keriot: «Va' dove devi andare», e agli altri: «Ognuno è libero di andare. Dove deve o dove vuole.  Con Me restino i discepoli pastori».
«Oh! prendi anche me con Te, Signore!» dice Stefano.
«Vieni ... ».
Si separano.  Non so dove va Gesù.  Ma so dove va Giuda di Keriot.  Va alla porta Speciosa o Bella, salendo i diversi scalini che dall'atrio dei Gentili portano a quello delle donne, e dopo averlo attraversato, salendo al termine di esso altri scalini, occhieggia nell'atrio degli Ebrei e con ira batte il piede al suolo non trovando chi cerca.
Torna indietro.  Vede una delle guardie del Tempio.  La chiama. Ordina, con la sua solita arroganza: «Va' da Eleazar ben Anna.  Che venga subito alla Bella.  Lo attende Giuda di Simone per cose gravi».
Si appoggia a una colonna e attende.  Poco tempo.  Eleazaro figlio di Anna, Elchia, Simone, Doras, Cornelio, Sadoc, Nahum e altri accorrono con un grande svolazzio di vesti.
Giuda parla a voce bassa ma concitata: «Questa sera!  Dopo la cena.  Al Getsemani.  Veniteci e prendetelo.  Datemi il denaro».
«No.  Te lo daremo quando tu verrai a prenderci questa sera.
«Non ci fidiamo di te!  Ti vogliamo con noi.  Non si sa mai!», ghigna Elchia.  Gli altri assentono in coro.
Giuda avvampa di sdegno per l'insinuazione.  Giura: «Lo giuro su Jeové che dico il vero!».
Sadoc gli risponde- «Va bene.  Ma è meglio fare così.  Quando è l'ora tu vieni, prendi i preposti alla cattura e vai con loro, ché non avvenga che le guardie stolte arrestino Lazzaro, al caso, e facciano accadere guai.  Tu indicherai ad esse, con un segno, l'uomo... Devi capire!  E notte,... ci sarà poca luce... le guardie saranno stanche, assonnate... Ma se tu guidi!... Ecco!  Che dite?».  Si volge ai compagni il perfido Sadoc e dice: «Io proporrei per segnale un bacio.  Un bacio!  Il miglior segno per indicare l'amico tradito.  Ah!  Ah!».
Ridono tutti.  Un coro di demoni sghignazzanti.
Giuda è furente.  Ma non arretra.  Non arretra più.  Soffre per lo scherno che gli fanno, non per quello che sta per fare.  Tanto che dice: «Ma ricordate che voglio le monete contate nella borsa prima di uscire di qui con le guardie».
«Le avrai!  Le avrai!  Anche la borsa ti daremo, perché tu possa conservare quelle monete come reliquia del tuo amore.  Ah! Ah!  Ah!  Addio,serpe!».
Giuda è livido.  E’ già livido.  Non perderà mai più quel colore e quell'espressione di spavento disperato.  Essa, anzi, coll'andar delle ore si accentuerà sempre più, sino ad essere insostenibile alla vista quando penzolerà dall'albero... Fugge via...

Gesù si è rifugiato nel giardino di una casa amica.  Un quieto giardino delle prime case di Sion.  Mura alte e antiche lo cingono.  E silenzioso e fresco, coperto come è dalle fronde semoventi di vecchi alberi.  Una voce di donna canta poco lontano una dolce ninna-nanna.
Devono essere passate delle ore, perché i servi di Lazzaro, di ritorno dopo essere andati non so dove, dicono: «I tuoi discepoli sono già nella casa dove si prepara per la cena, e Giovanni, dopo aver portato con noi i frutti ai figli di Giovanna di Cusa, se ne è andato a prendere le donne per accompagnarle da Giuseppe di Alfeo, che è venuto solo oggi, quando sua madre non sperava più di vederlo, e poi da lì alla casa della cena, perché è il vespero».
«Andremo anche noi.  Sono venute le ore delle cene ... ». Gesù si alza rimettendosi il manto.
«Maestro, lì fuori ci sono delle persone.  Persone di censo. Vorrebbero parlarti senza esser viste dai farisei» dice un servo.
«Falli entrare.  Ester non si opporrà.  Non è vero, donna?» dice
Gesù rivolgendosi ad una matura donna che sta accorrendo per salutarlo.
«No, Maestro.  La mia casa è tua, lo sai.  Per troppo poco hai usato di essa!».
«Tanto che basti a dire al mio cuore: era casa amica». 
Ordina al servo: «Conduci chi attende».
Entrano una trentina di persone di dignitoso aspetto.  Ossequiano.  Uno parla per tutti: «Maestro, le tue parole ci hanno scosso.  Abbiamo sentito in Te la voce di Dio.  Ma ci dicono folli perché crediamo in Te.  Che fare allora?».
«Non a Me crede chi crede in Me, ma crede a Colui che mi ha mandato e del quale oggi avete sentito la voce santissima.  Non Me vede chi vede Me, ma vede Colui che mi ha mandato, perché Io sono una sola cosa col Padre mio.  Per questo vi dico che dovete credere per non offendere Dio che mi è e vi è Padre, e vi ama sino a sacrificarvi il suo Unigenito.  Ché, se è dubbio nei cuori che Io sia il Cristo, non vi è dubbio che Dio sia nel Cielo.  E la voce di Dio, che Io ho chiamato Padre, oggi al Tempio, chiedendogli di dare gloria al suo Nome, ha risposto a Colui che Padre lo chiamava, e senza dirgli "mentitore o bestemmiatore" come molti dicono.  Dio ha confermato chi Io sono.  La sua Luce.  Io sono la Luce venuta al mondo. lo sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle Tenebre.  Se uno ascolta le mie parole e poi non le osserva, Io non lo giudico.  Non sono venuto a giudicare il mondo ma a salvare il mondo.  Chi mi disprezza e non riceve le mie parole ha chi lo giudica.  La Parola da Me annunciata, quella sarà che lo giudicherà nel giorno estremo.  Perché era sapiente, perfetta, dolce, semplice, così come è Dio.  Perché quella Parola è Dio.  Non sono Io, Gesù di Nazaret, detto il figlio di Giuseppe legnaiolo della stirpe di Davide e figlio di Maria, fanciulla ebrea, vergine della stirpe di Davide sposata a Giuseppe, che ho parlato.  No. Io non ho parlato di mio.  Ma è il Padre mio, Colui che è nei Cieli e ha nome Jeové, Colui che oggi ha parlato, Colui che mi ha mandato, che mi ha prescritto quello che devo dire e di che ho da parlare.  E Io so che nel suo comandamento è vita eterna.  Le cose dunque che dico le dico come me le ha dette il Padre, e in esse è Vita.  Per questo vi dico: ascoltatele.  Mettetele in pratica e avrete la Vita.  Perché la mia parola è Vita.  E chi l'accoglie, accoglie, insieme a Me, il Padre dei Cieli che mi ha mandato a darvi la Vita. E chi ha in sé Dio ha in sé la Vita.  Andate.  La pace venga a voi e vi permanga».

Li benedice e congeda.  Benedice anche i discepoli.  Trattiene solamente Isacco e Stefano.  Gli altri li bacia e li congeda.  E quando sono andati, esce per ultimo insieme ai due e va con essi, per le viette più solitarie e già scure, alla casa del Cenacolo.  E, giunto là, abbraccia e benedice con particolare amore Isacco e Stefano, li bacia, li benedice di nuovo, li guarda andare e poi bussa ed entra...

Dice Gesù: «Metterai qui le visioni dell'addio a mia Madre, del Cenacolo, della Cena.  E ora facciamo noi due, Io e te, la vera commemorazione pasquale.  Vieni... ».