(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia - Cap. 11,54-56 – Ed. Paoline, 1968)

2. E allora si ritirò nella regione presso il deserto

 

Gv 11, 54-56:

Perciò Gesù non si faceva vedere più in pubblico fra i Giudei, ma si ritirò nella regione presso il deserto, in una città chiamata Efrem, dove si trattenne con i suoi discepoli.
Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e molti della regione salivano a Gerusalemme, per purificarsi prima della Pasqua.
Essi cercavano Gesù e dicevano fra loro, mentre erano nel Tempio: «Che ve ne pare? Che non venga alla festa?».
Intanto i gran Sacerdoti e i Farisei avevano ordinato che, se qualcuno sapesse dov’era, lo segnalasse, per poterlo catturare.

 

2.1 Il valore dei simboli

A Gesù non doveva mancare qualche ‘amico’ nel Sinedrio, come ad esempio Giuseppe d’Arimatea o anche Nicodemo.
Certo qualcuno doveva averlo avvisato della delibera di farlo morire, presa dal Sinedrio.
E allora, secondo lo stile di ‘prudenza’ che gli era consono – perché anche se era Dio non dimenticava mai, come uomo,  di comportarsi con l’intelligenza e la prudenza che Dio ha dato agli uomini perchè se ne sappiano servire – decide anche questa volta, come già altre volte in precedenza, di ‘cambiar aria' e rifugiarsi, in Samaria, nella città di Efrem.
La Samaria era un’ottima terra di rifugio, perché i Samaritani erano in conflitto religioso con i Giudei: era quindi una sorta di ‘zona franca’, e per di più era anch’essa terra da conquistare e  ‘salvare’, con la predicazione.
Già lo avevamo visto con l’episodio, che avevamo commentato nel nostro primo volume, della ‘samaritana’ incontrata presso il pozzo di Giacobbe a Sichar, quando Gesù le aveva fatto quel suo famoso discorsetto sull’acqua viva, con lei che ironizzava con quelle sue battute, prima di convertirsi.
L’inverno si avvicinava alla fine, con l’incipiente primavera che certo cominciava a far sentire i suoi primi accenni di tepore.
E infatti Giovanni annota che si stava avvicinando la Pasqua dei Giudei, molti dei quali – recandosi a Gerusalemme – chiedevano di Gesù.
Avevan certo tutti saputo della decisione del Sinedrio, il quale avrà pubblicato il suo ‘decreto’ nelle sinagoghe di Gerusalemme e delle altre città di Israele.
Gesù era ufficialmente un ‘ricercato’: wanted!
Forse avrà avuto anche una ‘taglia’ sulla testa, per chi avesse dato notizie utili a permettere la sua cattura, come avviene anche adesso.
Per gli apostoli doveva esser stato un bello shock: ‘Ma come, dopo un miracolo come quello di Lazzaro, da far rivivere i morti? Anche le ‘pietre’ avrebbero dovuto ‘credere’!.
E invece no, il contrario. Proprio per quello i Capi Giudei lo avevano condannato. Perché ormai essi la vivevano come una lotta ad oltranza: morti, loro o lui, cioè morto lui!’
L’abbiam visto nella visione della Valtorta, no?
Ma la Pasqua per gli ebrei era ‘Pasqua’: anatema a chi non fosse andato a purificarsi e pregare!’. Poteva mai mancare Gesù? Ecco cosa si chiedevano i suoi seguaci, nonostante il bando di cattura.
Sacerdoti e Farisei del Sinedrio avevan dunque deciso la sua cattura, e  Gesù si era allontanato perchè i ‘tempi’ non erano ancora quelli ‘giusti’.
Gesù conosceva i tempi perché Dio li conosceva e già li aveva scelti: quelli della Pasqua ebraica.
In tutta la Sacra Scrittura – nella quale Dio si rivela e parla agli uomini – il simbolismo è molto importante.
Così come l’agnello – rappresentante dell’innocenza - era la vittima sacrificale per eccellenza, così il Figlio di Dio, innocente per definizione, sarebbe stato ‘agnello’ sacrificale per eccellenza per ottenere da Dio Padre la salvezza dell’Umanità ed il suo ritorno in Paradiso.
Ed è in previsione del futuro Sacrificio dell’Agnello divino che Dio – a futura memoria – istruì attraverso i suoi Angeli gli ebrei schiavi d’Egitto di tingere con il sangue dell’agnello sacrificato gli stipiti delle loro porte, affinchè l’Angelo del Signore – che sarebbe giunto nottetempo per colpire i primogeniti degli Egizi – li facesse salvi riconoscendo dal sangue sugli stipiti che quelli erano ebrei, popolo di Dio.
L’Angelo del Signore non aveva certo bisogno di vedere il sangue sullo stipite della porta per sapere che in quella casa vi erano ebrei e non egizi, ma il simbolo era simbolo, e doveva colpire la fantasia, dare un significato concreto alle cose: gli ebrei dovevano umanamente ‘credere’ che i loro primogeniti si eran salvati dalla punizione dell’Angelo della morte per un ‘qualcosa’ che era veramente successo, come noi dobbiamo convincerci che l’Umanità redenta si è salvata per un qualcosa che è realmente successo.
E con il simbolo vi è l’allegoria: così come il sangue dell’agnello era servito a indurre il faraone egizio a consentire la liberazione dalla schiavitù del popolo di Israele, così il Sangue dell’Agnello avrebbe svolto un ‘ruolo’ analogo consentendo la liberazione dell’Umanità dalla schiavitù del Peccato originale e da quella di Satana..
Così come la liberazione dalla terra d’Egitto sarebbe stata celebrata con la istituzione commemorativa della Pasqua ebraica, così la liberazione dell’Umanità dal Peccato sarebbe stata celebrata con l’istituzione della Pasqua cristiana.
Così come con la liberazione dall’Egitto il popolo di Dio: Israele avrebbe potuto accedere finalmente alla ‘terra promessa’ materiale, così con la liberazione dal Peccato il popolo di Dio in senso lato, cioè l’Umanità dotata di buona volontà, avrebbe potuto accedere alla terra promessa ‘spirituale’: il Cielo.
Insomma, vi basta?
Sono concetti forti, e le generazioni future non li avrebbero dimenticati, anche perché ci avrebbe pensato lo Spirito del Signore a farglieli ricordare.
Quindi poiché i tempi non erano ancora maturi, dato che la Pasqua ebraica del ‘simbolismo’ non era ancora giunta, Gesù decide di prender tempo e si reca in Samaria per sottrarsi al corso degli eventi, cosa che non farà invece nell’imminenza della Pasqua quando si lascerà prendere senza alcuna resistenza e rinuncerà sdegnosamente persino a difendersi dalle pretestuose accuse che gli verranno contestate nella Sala del Sinedrio.
Nessuno può veramente comprendere la ‘psicologia’ o la ‘pedagogia’ di Dio, ma è Egli stesso che talvolta ce la lascia intuire.
L’uomo non è ‘predestinato’: da nessuna parte era ‘scritto’ che Gesù dovesse ‘obbligatoriamente’ essere ucciso a Pasqua, in quella Pasqua.
Ma Dio che è fuori del Tempo vede tutto in anticipo, rispetto a noi uomini, che siamo nel Tempo.
Una volta non comprendevo la ‘logica’ dei simboli o delle cosiddette ‘figure’.
Una volta ritenevo che fossero stati gli ‘uomini’ ad inventarsele come tali a posteriori, riferendole arbitrariamente, anche se con una certa logica, ad avvenimenti del passato con i quali essi credevano di vedere, o  coi quali volevano artificiosamente creare, una colleganza.
Solo successivamente compresi che quelli erano invece ‘segni’ dati a priori da Dio perché noi comprendessimo – a posteriori – che Egli poteva appunto entrare ed uscire a piacimento dal nostro Tempo e che tutta la storia dell’Umanità  - anche quando sembra fuori controllo – è invece sempre sotto quello della divina Provvidenza e che quello che Dio ci chiede è solo di volerci adeguare alla sua volontà, che è salvezza per noi.
E’ un Dio molto discreto che – nonostante la sua evidenza che vediamo nella natura e nell’Universo, anche se spesso non la ammettiamo – sembra giochi a nascondersi, per lasciarci sempre completamente liberi.
Qualche volta interviene nelle faccende umane, anzi interviene più spesso di quanto non si creda comunemente, ma molte volte con una logica diversa da quella che l’uomo si attenderebbe.
Dio di libertà Lui, ha voluto liberi anche noi.
Perché solo se si è liberi si può essere umanamente ‘felici’, e perché solo con la libertà di fare il bene e respingere il male vi può esser la prova, e quindi il merito per il premio che verrà.
Ma la libertà personale concessa all’uomo è una libertà individuale che non esautora Dio dal suo diritto di intervento nelle faccende umane.
Finchè è possibile Dio lascia che gli uomini – intesi come individui e anche come nazioni storiche – ‘facciano’ liberamente, ma quando la misura è colma, perché l’eccesso di libertà è degenerato oltre il livello permesso da Dio, allora Egli interviene sull’uomo e nella storia.
E allora pare che una mano gigantesca diriga gli avvenimenti che si svolgono inesorabilmente secondo una ‘logica’ a volte incomprensibile e alla quale più nessuno sembra in grado di opporsi, così come quel ‘fagotto’ contenente quel corpo bendato e risuscitato di Lazzaro veniva attratto, senza poter camminare, fin sulla soglia della tomba perché trascinato dalla volontà divina di Gesù.

Talvolta invece Dio ‘interviene’ ritirandosi dietro le quinte – poiché gli uomini lo respingono – e lascia libero campo al Male.
E allora il Male – che in realtà non è un ‘Principio metafisico’ ma è Satana in persona con i suoi luogotenenti angelici – dirige gli avvenimenti che prendono una piega disastrosa alla quale gli esseri umani con le loro forze non riescono più ad opporsi.
La realtà è che nel Male come nel Bene vi è uno scontro ciclopico di forze colossali, così ben descritto nell’Apocalisse di San Giovanni, dalla quale si capisce che l’Umanità è la posta in palio, per la salvezza o la distruzione.
Il Male – sia ben chiaro – non è più forte del Bene, ma lo diventa quando ad esso si unisce la libera volontà dell’uomo, che Dio rispetta, ma sulla quale emetterà poi il suo giudizio eterno.