(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 7, 9-24 – Ed. Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 486 – Centro Ed. Valtortiano)

1. Lo sappiamo che ti vuoi fare re. Ma un re tuo pari sarebbe rovina di Israele

Gv 7, 9-24:

Ciò detto, si trattenne in Galilea. Ma quando i suoi fratelli furono saliti alla festa, anch'egli vi andò, non pubblicamente, ma quasi di nascosto
I Giudei, intanto, lo cercavano alla festa e dicevano: « Lui dov'è? ».
E si faceva un gran sussurro su di lui tra la gente.  Alcuni dicevano:« E’ buono »; altri: «No, inganna il popolo ». Ma nessuno parlava pubblicamente di lui per timore dei Giudei.
A metà della festa Gesù salì al Tempio e insegnava. 
I Giudei, meravigliati, dicevano: « Come mai costui conosce sì bene le Scritture senza aver mai studiato? ».
Gesù rispose: « La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Chiunque vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se parlo da me stesso. Chi parla di sua autorità, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l’ha mandato è verace, e non c’è in lui ingiustizia. Non fu Mosè a darvi la legge? Eppure nessuno di voi la osserva. Perché cercate di farmi morire? ».
Rispose la gente: « Tu sei indemoniato! Chi cerca di farti morire? ».
Gesù replicò loro: « Un’opera sola ho fatto e tutti siete meravigliati. Per il fatto che Mosè vi diede la circoncisione, non che essa venga da Mosè, ma dai Patriarchi, voi circoncidete un uomo anche di sabato. Or, se uno viene circonciso anche di sabato, affinché la legge di Mosè non sia violata, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito completamente un uomo?
Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con retto giudizio ».

 

1.1 Nessuno cerca di ammazzarti. Sei un pazzo, anzi sei un indemoniato!

Dicevo nella Introduzione come – già entrato nel terzo anno di vita pubblica – Gesù avesse ormai raggiunto una grande notorietà in tutto Israele, osannato dalle folle incantate dalla sua predicazione e dai suoi miracoli, guardato con sempre maggior sospetto dalla classe dirigente politica e religiosa di Gerusalemme.

E quando i suoi parenti, in particolare i cugini – accarezzando l’idea di una sua scalata futura al potere ma ignari degli intrighi politico-religiosi – lo invitano a partecipare alla Festa dei Tabernacoli per  farsi conoscere  meglio dai potenti di Gerusalemme, Gesù non può non aver sorriso amaramente dentro se stesso mentre rispondeva loro che a Gerusalemme non aveva intenzione di andarci perchè  la sua ora non era ancora giunta.
Egli – padrone della conoscenza del futuro - sapeva infatti  che a Gerusalemme avrebbe scalato un ben altro colle e si sarebbe assiso su un trono ben diverso da quello che i ‘suoi’ immaginavano.
Egli però cambia poi idea, nel senso che, anziché andarvi in ‘pompa magna’ vi si reca – come racconta Giovanni – quasi di nascosto, cercando cioè di non dar troppo nell’occhio.
Perché? Perché la sua predicazione (lo abbiamo visto alla fine del volume precedente quando nel corso di un convito segreto un nutrito gruppo di notabili aveva cercato di convincerlo a farsi incoronare re) destava troppi entusiasmi malsani e il potere politico a Gerusalemme - che era stato messo al corrente da dei delatori di quanto avvenuto in quel convito – si teneva pronto ad intervenire al minimo pretesto.
Infine, perché l’ammaestramento e la predicazione di Gesù non erano stati ancora completati, anzi il grosso doveva essere ancora detto, come vedremo in questo nostro libro.
Gli stessi apostoli, d’altra parte, non erano ancora pronti – come non lo sarebbero stati del tutto neanche al momento della crocifissione e risurrezione di Gesù – se lo stesso Gesù aveva dovuto dir loro che essi avrebbero dovuto attendere la discesa e l’illuminazione dello Spirito Santo per poter comprendere – a posteriori – il senso profondo di tante ‘verità’ che Gesù aveva loro rivelato.

Il livello politico e religioso, in Israele, era praticamente unificato.
A parte il ‘potere’ esercitato da Roma su tutte le più importanti questioni di ordine pubblico e di carattere generale, la vita civile era amministrata dal Sinedrio, una sorta di supremo Tribunale, di natura religiosa e politica - del quale facevano parte i sommi sacerdoti, anziani, scribi e farisei - le cui sentenze avevano valore esecutivo, tranne quella di morte che poteva essere comminata solo dai romani.
A livello più propriamente politico Roma era una ‘potenza occupante’, con proprie guarnigioni stanziate sul territorio, mentre gli ebrei si dividevano in fazioni filo-romane e filo-indipendentiste.
I Romani – che pur si tenevano fuori dalle beghe religiose locali – non avrebbero potuto accettare, in uno scacchiere geografico e politico così instabile (come si vedrà dalla successiva guerra giudaica che porterà alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C), rivendicazioni politiche di carattere messianico – intese in senso di potere temporale come del resto le intendevano i Giudei – e lo stesso si poteva dire per le fazioni giudee che erano filo-romane, mentre quelle ‘indipendentiste’ vedevano in un futuro Messia, un Re dei re ma Re di guerra e non certo Re d’amore,  l’opportunità storica di liberarsi degli oppressori e di sottomettere gli altri popoli che a turno, con alterne vicende, avevano nei secoli spesso schiavizzato Israele. Ma sul piano più strettamente religioso, poi, la classe sacerdotale certo vedeva in Gesù un pericoloso ‘concorrente’, perché egli predicava una dottrina dell’amore che era il contrario di quanto essa praticava (‘Fate quello che dicono ma non fate quello che fanno…’, aveva detto Gesù), e minava in sostanza la loro stessa autorità religiosa.
Tutte valide ragioni, insomma, per indurre Gesù alla prudenza perché la cosa più importante era il perseguimento – nei tempi dovuti – degli obbiettivi della sua missione.
Ecco perchè Gesù va a Gerusalemme ‘in incognito’, ed ecco perché gli emissari dei gran sacerdoti giudei si aggirano nel campo dei galilei chiedendo se qualcuno lo avesse visto.
Alla Festa dei Tabernacoli, infatti,  gli ebrei erano soliti venire da un po’ dovunque, Gerusalemme si riempiva fino all’inverosimile e molta gente – divisa soprattutto per gruppi di provenienza - si accampava all’aperto, in tende.
I Capi religiosi non volevano – per elementare calcolo di prudenza e timor di popolo – eliminarlo ‘pubblicamente’, cioè assassinarlo, ma cercavano nelle sue parole gli appigli di carattere religioso per accusarlo di fronte al popolo o quelli di carattere politico per denunciarlo a Roma, come poi sarebbe successo con Ponzio Pilato  che, quale rappresentante dell’Autorità romana, deteneva il potere di condannare a morte.
Ma il popolo stava con Gesù. ‘E’ buono…!’ dicevano infatti in molti. ‘No, inganna il popolo!’, replicavano i mestatori del potere costituito.
Elogiare pubblicamente Gesù era però pericoloso, perché significava porsi contro il Potere.
Gesù, che durante la festa non era nel campo dei Galilei ma doveva certamente essere ospite di qualche famiglia che gli dava accoglienza e protezione, verso la metà dei giorni di festa fa una sua comparsa al Tempio e, come gli altri Rabbi, si mette a ‘insegnare’.
In occasione delle feste la popolazione di Gerusalemme – come succede nelle nostre località turistiche – aumentava a dismisura e convergeva al Tempio per le abituali preghiere.
Quello era dunque il posto migliore per predicare. I rabbi avevano le loro ‘scuole’ di studenti, e la folla si radunava intorno a loro per ascoltarli, perchè molti parlavano proprio bene.
Di cosa parlavano? Parlavano del Vecchio Testamento e spiegavano le ‘leggi’.
Alcuni Rabbi, come Hillele e Gamaliele, erano poi anche molto sapienti.
Gesù non solo era sapiente ma era famoso per i miracoli. Figuriamoci che ressa intorno a lui. Egli non solo era sapiente ma le sue parole, proprio perché in lui parlava la Divinità, erano illuminate nella mente degli ascoltatori dallo Spirito Santo e toccavano quindi profondamente il cuore delle persone non prevenute che si rendevano perciò conto che le sue parole – per il sommovimento interiore che provocavano – provenivano proprio da Dio.
E, di fronte a tanta sapienza, inevitabile la domanda: ‘Come mai costui conosce così bene le Scritture, senza aver mai  studiato?’.
I Giudei sapevano infatti molto bene – perché lo avevano detto i nazareni che si recavano a Gerusalemme – che Gesù proveniva da una famiglia modesta, aveva vissuto in una casa modesta, aveva svolto una attività modesta: quella di falegname.
Fabbricava letti, armadi, sedie, tavoli, attrezzi agricoli, tutti lavori manuali che nulla avevano a che fare con l’insegnamento religioso che in Israele rappresentava il massimo della cultura.
E questo artigiano, all’improvviso, compare in pubblico e comincia ad insegnare, anzi a predicare. E, come se non bastasse, giù con miracoli di tutti i generi.
Se uno fa miracoli non ci si dovrebbe meravigliare troppo se poi dimostra di conoscere bene le Scritture, ed infatti Gesù lo spiega: la Dottrina in realtà non era la sua (cioè dell’uomo-Gesù) ma di Dio, perché Egli era ispirato da Dio stesso che lo aveva inviato sulla terra.
E aggiungeva: ‘Chiunque vuol fare la volontà di Dio ‘conoscerà’ se questa dottrina viene da Dio o se parlo da me stesso…’.
Cosa significa una frase del genere? Quello che abbiamo spiegato prima: lo spirito Santo ‘legge’ nei cuori, vede chi ascolta con buona intenzione, vede chi è animato da buona volontà di seguire Dio, vede chi non respinge Dio, ed allora lo premia con l’illuminazione, e chi ascolta, illuminato nella mente e nello spirito, ‘avverte’ nel profondo del proprio essere che quegli insegnamenti hanno qualcosa di veramente divino.
Si tratta insomma di Dio che si manifesta in quel modo a chi è disposto ad amarlo, e si nega a chi lo rifiuta.
E Gesù precisa che egli non parla per ragioni di prestigio personale, ma per insegnare agli uomini il Progetto di Dio, che è progetto di amore per tutta l’Umanità.
E mentre Gesù insegnava, ci deve esser stata certamente qualche discussione, e l’insegnamento diventa dibattito, anzi polemica.
Vi erano infatti i ‘buoni’ ma anche i ‘cattivi’, e le domande di questi ultimi non potevano che essere tendenziose e velenosette.
E Gesù non è uno che si faccia strattonare, quando è in gioco la Verità. La dialettica non gli manca. Le sue frecciate arrivano a segno: ‘Vi riempite tanto la bocca di Mosè e della sua Legge, ma poi vi guardate bene dall’osservarla: infatti state cercando di farmi uccidere!’.
Forse Gesù non si sarà espresso proprio così, ma il senso è certamente questo.
La legge mosaica vietava ben l’assassinio, ma non erano essi che tramavano per ucciderlo? E per di più uccidere un ‘giusto’ che non faceva nulla di male e che diceva anzi parole di Dio?
Queste accuse di fronte al popolo dovevano bruciare  come fuoco sulla pelle dei mestatori e il loro livore doveva essere al massimo, smascherati come si sentivano, e allora la replica stizzita: ‘Nessuno cerca di ammazzarti. Sei tu che sei un pazzo, anzi, un indemoniato!’.
Credo che in Israele dare dell’indemoniato a uno fosse peggio che dargli del pazzo.
E ancora: ‘Per il fatto che il dettame della circoncisione ve l’ha dato Mosè – ma in realtà viene dai Patriarchi – voi operate le circoncisioni anche di sabato, giorno in cui  non dovreste svolgere alcuna attività pratica, ma se poi sono io a guarire un uomo di sabato, voi vi scandalizzate?’.
Gesù, riferendosi evidentemente a qualche miracolo fatto precedentemente  di sabato, spiega di non aver violato lo spirito della legge mosaica e argomenta sapientemente, in sostanza:: ‘Se voi ammettete la circoncisione dei bimbi anche di sabato, e ciò lo fate perché il bimbo viene offerto al Signore, perché mai dovete sdegnarvi se io – in nome di Dio -  di sabato opero un miracolo su un uomo, e questa persona miracolata – per riconoscenza – sarà da quel momento dedita per sempre al Signore?’
E quindi l’invito finale: ‘Cercate di non giudicare secondo la forma, ma badate con onestà intellettuale alla sostanza, allo spirito delle norme e delle cose!’.


1.2 Ma quando verrà, dunque, il Regno di Dio?

E adesso vediamo come ha visto in visione questo episodio il ‘piccolo Giovanni’, cioè Maria Valtorta:

 

486.  Al Tempio per la festa dei Tabernacoli. Discorso sulla natura del Regno.

3 settembre 1946.
Gesù entra nel Tempio.  E’ con i suoi apostoli e con numerosissimi discepoli che conosco almeno di viso.  E’ in coda a tutti, ma già uniti al gruppo come volessero mostrare che vogliono essere considerati come seguaci del Maestro, visi nuovi, ignoti tutti, meno quello arguto del greco venuto da Antiochia.  Egli parla con altri, forse dei gentili come lui, e mentre Gesù e i suoi proseguono per penetrare nel cortile degli Israeliti egli, e questi che con lui parlano, si fermano nel cortile dei Pagani.
Naturalmente l'entrata di Gesù nel Tempio superaffollato non passa inosservata.  Un sussurro nuovo si alza come da un alveare disturbato e copre le voci dei dottori che tengono le loro lezioni sotto al portico dei Pagani.  Le lezioni del resto si sospendono d'incanto e allievi degli scribi corrono in tutti i sensi a portare la notizia dell'arrivo di Gesù, di modo che, quando Egli entra nella seconda cinta dove è l'atrio degli Israeliti, già diversi farisei, scribi e sacerdoti sono scaglionati ad osservarlo.  Ma non gli dicono nulla, fintanto che Egli prega, e neppure gli si accostano.  Lo sorvegliano unicamente.
Gesù torna nel portico dei Pagani.  E loro dietro.  E il codazzo dei malintenzionati cresce, come cresce quello dei curiosi o dei bene intenzionati. E sussurri sottovoce scorrono fra la gente.  Ogni tanto qualche voce più forte: «Lo vedete se è venuto?  Egli è un giusto.  Non poteva mancare alla festa».  Oppure: «Che è venuto a fare?  A traviare ancor di più il popolo?». 0 anche: «Siete contenti ora?  Ora vedete dove è? Lo avete tanto chiesto!».  Voci isolate e subito ammorzate, strozzate nelle gole da sguardi significativi di discepoli e di seguaci che minacciano, col loro stesso amore, gli astiosi nemici.  Voci ironiche, velenose, di nemici che gettano uno schizzo di veleno e poi si chetano perché hanno paura della folla.  E tacere della folla, dopo una manifestazione significativa in favore del Maestro, perché ha paura delle rappresaglie dei potenti.  Il regno della paura reciproca...
L'unico che non ha paura è Gesù.  Cammina adagio, con maestà, verso il luogo dove vuole andare, un poco assorto eppure pronto ad uscire dal suo assorbimento per carezzare un fanciullo che una madre gli porge, o sorridere ad un vecchio che lo saluta benedicendolo.
Nel portico dei Pagani, ritto in piedi fra un gruppo di allievi, è Gamaliele.  Con le braccia conserte sul petto, nel suo splendente abito candidissimo e amplissimo, che sembra anche più bianco, messo a contrasto dell'alto tappeto rosso cupo, steso al suolo nel punto dove è Gamaliele, egli pare che pensi, a capo un po’ chino, e non si interessi di ciò che avviene.  Fra i suoi discepoli invece è l'agitazione della più grande curiosità.  Uno, piccoletto, monta persino su un alto sgabello per vedere meglio.
Però, quando Gesù è all'altezza di Gamaliele, il rabbi alza il volto, e i suoi occhi profondi sotto la fronte di pensatore si affiggono un istante sul volto pacato di Gesù.  Uno sguardo scrutatore, tormentoso e tormentato.  Gesù lo sente e si volge.  Lo guarda. I due baleni, degli occhi nerissimi e degli occhi di zaftíro, si intrecciano.  Quello di Gesù aperto, mite, che si lascia scrutare; quello di Gamaliele impenetrabile, volto a conoscere e voglioso di lacerare il mistero della verità - perché per lui è un mistero il Rabbi galileo - ma farisaicamente geloso del suo pensiero, di modo che si serra ad ogni indagine che non sia di Dio.  Un attimo.  Poi Gesù prosegue e rabbi Gamaliele riabbassa la testa sul petto, sordo ad ogni domanda retta, ansiosa, di alcuni che gli sono intorno, o subdola e astiosa di altri: «E’ Lui, maestro?  Che ne dici?», «Bene!  Cosa giudichi?  Chi è Costui?».
Gesù va al posto che si è scelto.  Oh! non ha tappeti sotto i piedi!  Non è neppure sotto il portico.  E’ semplicemente addossato ad una colonna, ritto in piedi sul gradino più alto, in fondo al portico.  Il posto più meschino.  Intorno apostoli, discepoli, seguaci, curiosi.  Più oltre farisei, scribi, sacerdoti, rabbi Gamaliele non lascia il posto dove è.
Gesù si mette a predicare per la centesima volta la venuta del Regno di Dio e la preparazione di esso Regno.  E potrei dire che, amplificati in potenza, ripete gli stessi concetti trattati quasi allo stesso posto venti anni prima (Ndr: venti anni prima,cioè quando Gesù dodicenne fu ritrovato dalla Madre mentre discuteva con i dottori nel Tempio). Parla della profezia di Daniele, del Precursore predetto dai profeti, ricorda la stella dei Magi, la strage degli Innocenti.  E fatte queste premesse per mostrare i segni della venuta del Cristo sulla terra, cita, a conferma della sua venuta, i segni attuali che accompagnano il Cristo docente, come prima gli altri accompagnavano l'avvento del Cristo incarnato, ossia ricorda la contraddizione che lo accompagna, la morte del Precursore e i miracoli che continuamente avvengono, confermando che Dio è col suo Cristo.  Non aggredisce mai i suoi antagonisti.  Sembra che non li veda nemmeno.  Parla per confermare nella fede i suoi seguaci, per illuminare sulla verità quelli che sono, senza colpa, ancora all'oscuro sulla verità...
Una voce aspra parte dall'estremità della folla: «Come può Dio essere nei tuoi miracoli se essi avvengono in giorno proibito? Anche ieri hai guarito un lebbroso sulla via di Betfage».
Gesù guarda il suo interruttore e non risponde.  Continua a parlare della liberazione dal dominio che opprime gli uomini e dell'instaurazione del Regno di Cristo, eterno, invincibile, glorioso, perfetto.
«E quando questo?» dice sogghignando uno scriba.  E aggiunge: «Lo sappiamo che ti vuoi fare re.  Ma un re tuo pari sarebbe rovina di Israele.  Dove sono le tue potenze di re?  Dove le milizie, dove i tesori, dove le alleanze?  Tu sei folle!».  E molti suoi pari scuotono il capo ridendo con scherno.
Un fariseo dice: «Non fate così.  A questo modo non sapremo mai cosa intende Egli per regno, quali leggi, quali manifestazioni questo regno avrà.  E che?  Forse che il regno antico d'Israele fu di un subito perfetto come ai tempi di Davide e Salomone?  Non ricordate quante incertezze e ore oscure prima dello splendore regale del re perfetto?  Per avere il primo re fu necessario prima formare l'uomo di Dio che lo ungesse, e perciò levare la sterilità ad Anna d'Elcana e ispirarle di offrire il frutto del suo seno.  Meditate il cantico di Anna.  Esso è lezione alla nostra durezza e cecità: "Nessuno è santo come il Signore... Non vogliate moltiplicare, vantandovi, le parole superbe... Il Signore fa morire e vivere... innalza il povero... Egli rende sicuri i passi dei suoi santi, e gli empi taceranno perché l'uomo non per la sua forza è forte, ma per quella che gli viene da Dio".  Oh! ricordate!  "Il Signore giudicherà i confini della terra e darà l'impero al suo re ed esalterà la potenza del suo Cristo".  Il Cristo delle profezie non doveva forse venire da Davide?  E allora tutte le premesse, dalla nascita di Samuele in poi, non sono premesse al regno del Cristo?  Tu, Maestro, non sei forse di Davide, nato a Betlemme?» chiede infine direttamente a Gesù.
«Tu lo hai detto» risponde Gesù brevemente.
«Oh!  Allora soddisfa le nostre menti.  Tu vedi che il tacere non è buona cosa, perché fomenta le nubi del dubbio nei cuori».
«Non del dubbio.  Della superbia. E’ più grave ancora».
«Come?  Dubitare di Te è meno grave di essere superbi?».
«Sì.  Perché la superbia è la lussuria della mente.  Ed è il peccato più grande, essendo lo stesso peccato di Lucifero.  Dio tante cose perdona, e la sua luce splende amorosa ad illuminare le ignoranze e fugare i dubbi.  Ma non perdona alla superbia che lo deride dicendosi più grande di Lui».
«Chi lo dice fra noi che Dio è più piccolo di noi?  Noi non bestemmiamo ... » urlano in diversi.
«Non lo dite con le labbra.  Ma lo confermate con gli atti.  Volete dire a Dio: "Non è possibile che il Cristo sia un galileo, un popolano.  Non è possibile che sia costui'.  Che cosa è impossibile a Dio?».
La voce di Gesù è un tuono.  Se prima era un poco dimesso nell'aspetto, appoggiato come un mendico alla sua colonna, ora si raddrizza si scosta dal pilastro, alza maestosamente il capo sul collo e dardeggia la folla coi suoi occhi fulgenti. E’ ancora sul gradino, ma è come fosse sull'alto di un trono, tanto è regale il suo aspetto.  La gente arretra, quasi impaurita, e nessuno risponde all'ultima domanda.
Poi un rabbi, piccolo, grinzoso, brutto d'aspetto come certo è di anima, chiede, facendo precedere la domanda da una risatina falsa e chioccia: «La lussuria si compie quando si è in due.  La mente con chi la compie?  Essa non è corporea.  Come allora può peccare lussuriosamente?  A che, essendo incorporea, si congiunge per peccare?», e ride strascicando le parole e la risatina.
«A chi?  A Satana.  La mente del superbo fornica con Satana contro Dio e contro l'amore».
«E Lucifero con chi fornicò per divenire Satana, se ancor non era Satana?».
«Con se stesso.  Col suo proprio pensiero intelligente e disordinato.  Cosa è la lussuria, o scriba?».
«Ma... te l'ho detto!  E chi non sa che è la lussuria?  Tutti l'abbiamo esperimentata ... ».
«Non sei un rabbi sapiente, poiché non sai l'essenza vera di questo peccato universale, trino frutto del Male.  Così come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono la trina forma dell'Amore. La lussuria è disordine, o scriba.  Disordine guidato da una intelligenza libera e cosciente, che sa che il suo appetito è male, ma lo vuole saziare ugualmente.  La lussuria è disordine e violenza contro le leggi naturali, contro la giustizia e l'amore verso Dio, verso noi stessi, verso i fratelli nostri.  Ogni lussuria.  Quella carnale come quella che mira alle ricchezze e potenze della terra, come quella di coloro che vorrebbero impedire al Cristo la sua missione, perché trescano con la smodata ambizione che trema di essere colpita da Me».
Un grande sussurro va per la folla.  Gamaliele, rimasto solo sul suo tappeto, rialza il capo e getta uno sguardo acuto su Gesù.
«Ma quando dunque verrà il Regno di Dio?  Tu non hai risposto ... » torna a incalzare il fariseo di prima.
«Quando il Cristo sarà sul trono che Israele gli prepara, più alto di ogni altro trono, più alto di questo stesso Tempio».
«Ma dove lo si sta apparecchiando, che nessun apparato si vede?  Può esser mai vero che Roma lasci che Israele risorga?  Le aquile sono dunque divenute cieche per non vedere ciò che si prepara?».
«Il Regno di Dio non viene con apparato.  Solo l'occhio di Dio vede il suo formarsi, perché l'occhio di Dio legge nell'interno degli uomini.  Perciò non andate cercando dove è questo Regno, dove si prepara.  E non credete a chi dice: "Si congiura in Batanea, si congiura nelle caverne del deserto d'Engaddi, si congiura sulle rive del mare".  Il Regno di Dio è in voi, dentro di voi, nel vostro spirito che accoglie la Legge venuta dai Cieli come legge della vera Patria, legge che praticandola fa cittadini del Regno.  Per questo prima di Me è venuto Giovanni a preparare le vie dei cuori, per le quali doveva penetrare in essi la mia Dottrina.  Con la penitenza si sono preparate le vie, con l'amore il Regno sorgerà e cadrà la schiavitù del peccato che interdice agli uomini il Regno dei Cieli».
«Ma veramente quest'uomo è grande!  E voi dite che è un artigiano?» dice forte uno che ascoltava attentamente.  E altri, giudei alla veste e forse sobillati dai nemici di Gesù, si guardano interdetti e guardano i loro sobillatori chiedendo: «Ma che ci avete insinuato?  Chi può dire che quest'uomo travia il popolo?», e altri ancora: «Noi ci chiediamo e vi chiediamo queste cose: se è vero che nessuno di voi lo ha istruito, come sa tanta sapienza?  Dove l'ha imparata, se non ha mai studiato con nessun maestro?», e rivolgendosi a Gesù: «Di', dunque.  Dove hai trovato questa tua dottrina?».
Gesù alza un viso ispirato e dice: «In verità, in verità vi dico che questa dottrina non è mia, ma è di Colui che mi ha mandato fra voi.  In verità, in verità vi dico che nessun maestro me l'ha insegnata, né l'ho trovata in nessun libro vivente, o in nessun rotolo, o monumento di pietra.  In verità, in verità vi dico che mi sono preparato a quest'ora udendo il Vivente parlare al mio spirito.  Ora l'ora è venuta perché Io dia al popolo di Dio la Parola venuta dai Cieli.  E lo faccio, e lo farò sino all'ultimo respiro e, dopo che lo avrò esalato, le pietre che mi udirono, e che non si ammollirono, conosceranno un timore di Dio più forte di quello che provò Mosè sul Sinai, e nel timore, con voce di verità, benedicente o maledicente, le parole della mia respinta dottrina si incideranno sulle pietre.  E quelle parole non si cancelleranno più.  Il segno resterà.  Luce a chi lo accoglierà, almeno allora, con amore.  Assolute tenebre a chi neppure allora comprenderà che è la volontà di Dio che mi ha mandato a fondare il suo Regno.  Nel principio della creazione fu detto: "Sia fatta la luce".  E la luce fu nel caos.  Nel principio della mia vita fu detto: "Sia pace agli uomini di buona volontà".  La buona volontà è quella che fa la volontà di Dio e non la combatteOra, chi fa la volontà di Dio e non la combatte sente che non mi può combattere, perché sente che la mia dottrina viene da Dio e non da Me stesso.  Cerco forse Io la mia gloria?  Dico forse che Io sono l'autore della Legge di grazia e dell'era di perdono?  No. Io non prendo la gloria che non è mia, ma do gloria alla gloria di Dio, Autore di tutto ciò che è buono. Ora la mia gloria è fare ciò che il Padre vuole che lo faccia, perché questo dà gloria a Lui.  Chi parla in suo favore per avere lode cerca la sua propria gloria.  Ma chi potendo, anche senza cercarla, avere gloria dagli uomini per ciò che fa o dice, la respinge dicendo: "Non è mia, da Me creata, ma essa procede da quella del Padre così come Io da Lui procedo", è nella verità, e in Lui non c'è ingiustizia, dando ad ognuno il suo senza nulla tenersi di ciò che suo non è. Io sono perché Egli mi ha voluto».
Gesù ha una sosta.  Gira gli occhi sulla folla, fruga nelle coscienze.  Le legge.  Le pesa.  Riapre le labbra: «Voi tacete.  Per metà ammirati, per l'altra metà pensierosi di come potete farmi tacere.  Di chi sono i dieci comandamenti?  Da dove vengono?  Chi ve li ha dati?».
«Mosè!» grida la folla.
«No.  L'Altissimo.  Mosè, suo servo, ve li ha portati.  Ma essi sono di Dio.  Voi, che avete le formule ma non avete la fede, in cuor vostro dite: "Noi Dio non lo vedemmo.  Non noi, non gli ebrei ai piedi del Sinai.  Oh!  Non vi sono sufficienti, a credere che Dio era presente, neppure le folgori che incendiavano il monte mentre Dio folgoreggiava tuonando al cospetto di Mosè.  Non vi servono neppure le folgori e i terremoti a credere che Dio è su voi a scrivere il Patto eterno di salvezza e di condanna.  Una epifania nuova, tremenda vedrete, e presto, fra queste mura.  E le latebre sacre usciranno dalle tenebre, perché sarà iniziato il Regno della Luce, e il Santo dei Santi sarà innalzato al cospetto del mondo non più celato sotto la triplice cortina.  E non crederete ancora.  Che dunque ci vorrà per farvi credere?  Che le folgori della Giustizia vi incidano le carni?  Ma allora la Giustizia sarà placata.  E scenderanno le folgori dell'Amore.  Eppure, neppur esse scriveranno sui vostri cuori, su tutti i vostri cuori, la Verità e susciteranno il pentimento e poi l'amore ... ».
Gli occhi di Gamaliele sono ora fissi, in un volto teso, sul volto di Gesù...
«Ma Mosè sapete che era uomo fra gli uomini, di lui vi hanno lasciato descrizione i cronisti del suo tempo.  Eppure, anche sapendo chi era, da Chi e come ebbe la Legge, l'osservate forse?  No. Nessuno di voi l'osserva».
Un urlo di protesta è fra la folla.
Gesù impone silenzio: «Dite che non è vero?  Che voi l'osservate?  E allora perché cercate di uccidermi?  Non lo vieta il quinto comandamento di uccidere l'uomo?  Voi non ammettete in Me il Cristo?  Ma non potete negare che Io sia l'uomo.  Ora perché cercate di uccidermi?».
«Ma Tu sei folle!  Tu sei indemoniato!  Un demonio parla in Te e ti fa delirare e dire menzogne!  Nessuno di noi pensa ad ucciderti!  Chi vuole ucciderti?» urlano proprio quelli che lo vogliono fare.
«Chi?  Voi.  E cercate le scuse per farlo.  E mi rimproverate di colpe non vere.  Mi rimproverate, non è la prima volta, perché ho guarito un uomo in sabato.  E non dice Mosè di avere pietà anche dell'asino e del bue caduto perché esso rappresenta un bene per il tuo fratello?  E Io non dovrei avere pietà del corpo malato di un fratello, per il quale la salute riconquistata è un bene materiale e un mezzo spirituale a benedire Iddio e ad amarlo per la sua bontà?  E la circoncisione che Mosè vi diede, per averla avuta già dai patriarchi, non la praticate forse anche nel sabato?  Se circoncidendo un uomo in sabato non è violata la legge mosaica del sabato, perché essa serve a fare di un maschio un figlio della Legge, perché vi sdegnate con Me se di sabato ho guarito un uomo tutto, nel corpo e nello spirito, e ne ho fatto un figlio di Dio?  Non giudicate secondo l'apparenza e la lettera.  Ma giudicate con retto giudizio e con lo spirito, perché la lettera, le formule, le apparenze sono morte cose, scenari dipinti ma non vita vera, mentre lo spirito delle parole e apparenze è vita reale e fonte di eternità.  Ma voi non capite queste cose perché non le volete capire.  Andiamo».
E volge le spalle a tutti, andando verso l'uscita, seguito e attorniato dai suoi apostoli e discepoli, che lo guardano con pena per Lui e con sdegno verso i nemici.
Egli, pallido, sorride loro dicendo: «Non siate tristi.  Voi mi siete amici.  E fate bene ad esserlo.  Perché il mio tempo volge alla fine.  Presto verrà il tempo che desidererete vedere uno di questi giorni del Figlio dell'uomo.  Ma non potrete più vederlo.  Allora vi sarà di conforto dirvi: "Noi lo amammo e gli fummo fedeli finché fu fra noi".  E per deridervi e farvi apparire folli vi diranno: "Il Cristo è tornato.  E’ qui! E’ là!".  Non credete a quelle voci.  Non andate, non vi mettete a seguire questi falsi schernitori.  Il Figlio dell'uomo, una volta andato via, non tornerà più sino al suo Giorno.  E allora il suo manifestarsi sarà simile al lampo che sfolgoreggia e balena da una parte all'altra del cielo, così velocemente che l'occhio stenta a seguirlo.  Voi, non voi soli, ma nessun uomo potrebbe seguirmi nel mio apparire finale per raccogliere tutti coloro che furono, sono e saranno.  Ma prima che questo avvenga bisogna che il Figlio dell'uomo soffra molto.  Soffra tutto.  Tutto il dolore dell'Umanità, e inoltre sia reietto da questa generazione».
«Ma allora, mio Signore, Tu soffrirai tutto il male di cui sarà capace di colpirti questa generazione» osserva il pastore Mattia.
«No.  Ho detto: tutto il dolore dell'Umanità.  Essa era prima di questa generazione e sarà, per generazioni e generazioni, dopo questa.  E sempre peccherà.  E il Figlio dell'uomo gusterà tutta l'amarezza dei peccati passati, presenti e futuri sino all'ultimo peccato, nel suo spirito, avanti di essere il Redentore.  E oltre la sua gloria ancora soffrirà, nel suo spirito d'amore, nel vedere che l'Umanità calpesta il suo amore.  Voi non potete capire per ora... Andiamo ora in questa casa.  Essa mi è amica».
E bussa ad una porta, che si apre lasciandolo entrare senza che il portinaio mostri stupore per il numero delle persone che entrano dietro Gesù.