(Il Vangelo secondo San Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 4, 1-42 – Ed. Paoline, 1968)

6. Una bella samaritana… con qualche marito di troppo


Gv 4,1-30:

Quando il Signore seppe che i Farisei avevano sentito dire che egli attirava più seguaci e battezzava più di Giovanni, quantunque Gesù di persona non battezzasse, ma i suoi discepoli, lasciò la Giudea e andò di nuovo nella Galilea. Doveva passare attraverso la Samaria.
Giunse dunque ad una città della Samaria, detta Sichar, vicino al podere che Giacobbe aveva donato a suo figlio Giuseppe, là, dov’era il pozzo di Giacobbe.
Gesù, stanco per il viaggio, si era seduto sull’orlo del pozzo.
Venne ad attingere acqua una donna di Samaria  e Gesù le disse: ‘Dammi da bere’.
I suoi discepoli erano andati in città a comprare da mangiare.
Ma la Samaritana gli rispose: ‘Come mai tu, che sei Giudeo, chiedi da bere a me che sono Samaritana?’
I Giudei, infatti, non van d’accordo con i Samaritani.
Gesù le rispose: ’Se tu conoscessi il dono di Dio, e chi è chi ti dice: ‘Dammi da bere’, tu stessa ne avresti chiesto a lui, e ti avrebbe dato dell’acqua viva’.
La donna gli disse: ‘Signore, non hai con che attingere, e il pozzo è profondo: di dove dunque hai quest’acqua viva? Sei tu forse più grande di Giacobbe, nostro padre, che diede a noi questo pozzo, da cui attinse per bere lui, i suoi figli e il suo bestiame?’.
Gesù le rispose: ‘Chi beve di quest’acqua tornerà ad aver sete; chi invece berrà l’acqua che gli darò io, non avrà più sete in eterno; ma l’acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente zampillante fino alla vita eterna’.
Gli disse la donna: ‘Signore, dammi di quest’acqua, affinché non abbia più sete, e non debba venire fin qua ad attingere’.
Gesù disse alla donna: ‘Và a chiamare tuo marito, poi ritorna qui’.
‘Non ho marito’, gli rispose la donna.
E Gesù: ‘Hai detto bene: ‘non ho marito’, perché ne hai avuti cinque, e quello che hai ora non è tuo marito: in questo hai detto la verità’.
Gli disse la donna: ‘Signore, vedo che tu sei profeta. I nostri padri hanno adorato su questo monte, ma voi dite che il luogo dove bisogna adorare è in Gerusalemme’.
Gesù le rispose: ‘Credimi, donna, ; è venuto il tempo in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quello che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma viene il tempo, anzi è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Perché il Padre così vuole i suoi adoratori. Dio è spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo in spirito e verità’.
Gli disse la donna: ‘So che ha da venire il Messia, che vuol dire Cristo; quando sarà venuto lui, ci insegnerà tutto’.
Gesù le disse: ‘Sono io che ti parlo’.
In quel momento arrivarono i suoi discepoli e si meravigliarono che parlasse con una donna. Tuttavia nessuno gli domandò: ‘Che le chiedi?’ o: Perché parli con lei?’.
La donna intanto lasciò lì la sua brocca, andò in città e disse a quella gente: ‘Venite a vedere un uomo il quale mi ha svelato tutto quello che ho fatto. Che sia forse il Cristo?’
Uscirono allora dalla città e andarono da  lui.


6.1 Con gli occhi socchiusi… se lo guarda un po’ meglio, perché Gesù era anche un bell’uomo

Tanto per non perder di vista la cronologia è bene ricordare che – a questo punto – è già passato un anno e siamo ora entrati nel secondo anno di vita pubblica di Gesù.
Vi stupirete che un anno sia passato così ‘presto’ sulle pagine (cinque capitoli) di questo nostro libro che state leggendo. La realtà è che noi abbiamo seguito la vita pubblica di Gesù attraverso gli episodi del vangelo di Giovanni il quale puntava a narrare essenzialmente episodi particolamente significativi dal punto di vista della spiritualità e della dottrina. Tali episodi sono più concentrati nel secondo anno, e poi nel terzo in cui la predicazione di Gesù venne completata e contrassegnata da fatti e avvenimenti straordinari.
Il collegio apostolico, ormai al completo, lo segue nelle sue peregrinazioni che dovevano essere molto faticose, fatte di notti passate non di rado all’addiaccio e di pranzi sovente saltati, quando non soccorreva l’ospitalità  di qualcuno.
Un giorno, intorno all’ora di pranzo, il gruppo si ferma in prossimità di una sorgente d’acqua, un pozzo nelle vicinanze di Sichar.
Gli apostoli vanno in gruppo verso il paese per vedere se è possibile procurarsi qualcosa da mangiare, e Gesù, stanco e accaldato, si siede sul bordo del pozzo, in attesa.
Si avvicina  una donna.
Gesù – visto che lei aveva una brocca con cui attingere – le chiede da bere.
Gesù aveva il dono soprannaturale della introspezione perfetta, sapeva cioè – all’occorrenza – leggere perfettamente nel profondo dei cuori.
L’acqua, la sete, la richiesta di bere furono certamente un pretesto per attaccar discorso, per convertire una ‘peccatrice’ ed il resto del paese con lei.
La donna, da parte sua, doveva essere un tipino pepato. Contrariamente alle donne dell’epoca, educate ad essere timide e a non rivolger troppo la parola agli uomini, specie se sconosciuti, figuriamoci se Giudei, lo guarda un po’ sfrontata e gli chiede  ironicamente – e l’ironia è sintomatica della sua ‘sicurezza’ e dimestichezza nel trattar con gli uomini -  come mai lui che è un Giudeo – e si sa che i Giudei sprezzano i Samaritani - si ‘degna’ di chiedere ed accettar da bere da una samaritana.
Gesù non raccoglie la provocazione, ma invece le risponde quietamente che se lei sapesse quale è il ‘dono’ che Dio ha dato all’Umanità e se pure sapesse chi è colui che le chiede di darle da bere, sarebbe lei stessa a chiedere invece di quell’acqua, e lui le avrebbe dato acqua, ma ‘acqua viva’.
La samaritana – perché oltre che samaritana era donna - non può non essersi chiesta a questo punto con una certa dose di curiosità chi fosse quell’uomo, mentre voi da parte vostra vi starete anche domandando, come la samaritana, quale potesse mai essere stato il dono di Dio all’Umanità.
La venuta del Redentore per salvarla.
E l’acqua viva?
La Grazia, cioè quell’insieme di doni soprannaturali legati al ristabilimento della amicizia con Dio, e ciò grazie ai meriti acquisiti da Gesù che – Verbo incarnato – aveva accettato la sorte di crocifissione pur di riscattare gli uomini di fronte al Padre.
E’ chiaro – lo si capisce dal contesto – che Gesù parla in maniera un poco ‘misteriosa’ (cosa che gli era del resto abituale perché parlava spesso per mezzo di metafore), e ciò perché in questo caso voleva stuzzicare la curiosità della donna e, poco alla volta,  farle una piccola ‘catechesi’.
Erano soli, vicino al pozzo, a tu per tu. Lei ironicamente provocante, lui impassibile. Intorno una campagna che doveva essere primaverile, forse un poco ancora spoglia, ma con un solicello che doveva render gradevole – specie vicino ad una fonte che sarà stata anche ombreggiata - lo stare lì all’aperto.
La donna – che per parlar meglio si doveva essere tolta il velo – guarda Gesù in tralice e, dal suo sguardo e dal suo aspetto, capisce che quello doveva essere un personaggio un poco particolare, certamente importante.
Forse comincia ad avere un po’ di titubanza mentre abbassa lo sguardo e, con gli occhi socchiusi, se lo guarda un po’ meglio, perché Gesù – come abbiamo visto per via della mancanza del peccato originale - era anche un bell’uomo.
Passeranno i millenni, ma le donne sono sempre uguali!
Lei non lo capisce il discorso dell’acqua viva, e neanche noi lo avremmo capito, ma Gesù voleva portarcela per gradi, farla ragionare con un metodo ‘didattico’, porle delle domande alle quali lei non sapesse dare risposta per poi porgergliela lui dopo aver destato la sua curiosità ed il suo interesse.
Ma lei, che – ora ne  siete convinti anche voi – era proprio un tipino sicuro che non demordeva, sta al gioco degli ‘indovinelli’ e – sempre ironica – gli fa constatare che, posto che lui non ha brocche e che il pozzo è ben profondo, anche volesse darle dell’acqua, lui non potrebbe.
Da dove dovrebbe infatti saltar fuori quest’acqua  di cui tanto egli parla?
E perché mai, inoltre, dovrebbe essere ‘viva’?
Gesù le risponde : ‘Chi beve quest’acqua (del pozzo) tornerà ad aver sete; chi invece berrà l’acqua che gli do io non avrà più sete in eterno; ma l’acqua che gli darò diventerà in lui una sorgente zampillante fino alla vita eterna’.
La donna rimane perplessa, quel personaggio di fronte a lei, con quello strano sguardo dolcissimo che sembra le scavi nell’anima, ha un suo fascino intellettuale e anche spirituale.
Ma è pur sempre un giudeo, e i giudei erano ben ostili ai samaritani, lo sappiamo anche noi, ed allora - sempre ironica - gli risponde, sfottendo, che quell’acqua viva che toglie la sete in eterno gliela desse pure, a lei, che così d’ora in avanti si sarebbe risparmiata la fatica di venire sin lì a caricarsi l’acqua da portare a casa…
Lei lo sfida..,  Gesù accetta la sfida e…cambia allora ‘registro’.
Con sguardo e tono fattisi più seri e indagatori, la invita ad andare a chiamare suo marito ed a portarlo lì da lui!
Lei rimane sorpresa, in contropiede, non si aspettava una replica ed una richiesta del genere, non sa come sottrarsi, e inoltre è sfrontata ma non bugiarda e in lei ci deve essere comunque qualcosa di buono, perché tituba, arrossisce, si fa l’esame di coscienza e…ammette che lei, il marito, non ce l’ha.
E Gesù – ma con dolcezza e accarezzandola con uno sguardo da Redentore - dà allora un colpo finale al suo orgoglio (perché per far posto all’umiltà bisogna prima demolire i monumenti che ci innalziamo dentro: Superbia ed Orgoglio) dicendole con noncuranza che lei era davvero sincera, perché, in effetti, di mariti ne aveva avuti in passato ben cinque ma ora – con il sesto – viveva da convivente…, more uxorio!
Imbarazzo della donna, che non aveva più voglia di far l’ironica!
Oggi in certi paesi è normale cambiar marito o moglie, come i panni, ma non così doveva essere per una donna di quell’epoca  quando gli uomini potevano cambiar moglie ma non viceversa, e dove poi non avevano neanche la mano leggera con le donne, se arrivavano a lapidare le adultere.
Se questa donna aveva avuto tutti questi uomini certamente doveva essere stata anche bella, bella e certamente con una vita burrascosa alle spalle: incomprensioni, litigi, percosse, abbandoni del tetto coniugale, figli e forse anche aborti.
Chissà cosa pensavano di lei nel suo paese, e chissà cosa avran sofferto i suoi genitori. Forse gli uomini avevano anche approfittato di lei. Forse la sua sicurezza ed arroganza di fronte agli uomini doveva essere anche una forma di difesa. Forse  si comportava con quella sicurezza, anzi con sfrontatezza perché – nell’intimo – si sentiva fragile. Capita, anche oggi.  Forse chissà quanti rimorsi, quanti sensi di colpa.
La donna cede, si rende conto all’improvviso che quell’uomo magnetico che lei ha di fronte le ha letto in un istante negli occhi la sua vita, lo guarda - ma questa volta con timore e con rispetto - vede uno sguardo dolce, lo sguardo di uno che non la giudica ma che la ama, qualcosa le si muove nel cuore (lei non sa cos’è), e capisce che quell’uomo lì di fronte deve essere allora un ‘profeta’: cioè un uomo che viene da Dio e che è grazie a Dio che legge nei cuori.
Cade ogni atteggiamento ironico e, al profeta, lei comincia a fare un discorso serio, di ricerca della Verità, e gli ricorda come fra samaritani e giudei – in materia religiosa – non corresse buon sangue perché della religione avevano due concezioni diverse. Quale dei due popoli aveva ragione? Quale dei due adorava il Dio vero?
Ecco la frase che Gesù si attendeva da quando aveva iniziato il discorso per chiederle da bere.
E la risposta non si fa attendere. Dio è unico, ed è lo stesso sia per i Samaritani che per i Giudei. E ora è arrivato il tempo – e Gesù sottintende che lo è arrivato con la sua venuta sulla terra – in cui gli uomini adoreranno Dio in maniera più spirituale e più vera.
Perché Dio, che è purissimo spirito, non vuole più che gli uomini lo adorino con atti esteriori e formali, ma lo adorino in spirito.
La donna era Samaritana ma non incolta. E tutti sapevano che Dio avrebbe inviato il suo Messia, e lo attendevano tutti da un momento all’altro perché i profeti ne avevano anche indicato i tempi.
Ed infatti lei dice: ’So che ha da venire il Messia…: quando sarà venuto lui ci insegnerà tutto…’.
‘Sono io che ti parlo!’, le risponde calmo Gesù con uno sguardo serio che però doveva mandare balenìi di Cielo.
La donna rimane impietrita, capisce di colpo e…molla lì la brocca e – mentre arrivano intanto gli apostoli – torna di corsa in paese a dar la notizia…: ‘Uno che sapeva tutto… uno dallo sguardo dolce che parlava come un profeta…anzi uno che aveva detto di essere lui stesso ‘il Profeta’, cioè il Messia in persona…’
E la donna, oltre che bella, doveva essere credibile se tutto il paese di Sichar la segue per andare a vedere questo Gesù, là…, al pozzo di Giacobbe.

Mi sembra proprio bello, a ben meditarlo, questo episodio del Vangelo di Giovanni. Pieno di insegnamenti.
C’è però una frase che mi ha colpito particolarmente fra quelle dette da Gesù: ‘Ma viene il tempo, anzi è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità. Perché così il Padre vuole i suoi adoratori. Dio è Spirito, e quelli che l’adorano devono adorarlo in spirito e verità’.
Dunque, se Dio è spirito, e se l’uomo è fatto a sua immagine e somiglianza, e se la somiglianza non può essere nel corpo ma è nell’anima spirituale, è ben con l’anima che l’uomo deve amare Dio.
Ma l’anima cosa è?
E’ il nostro complesso psichico, formato da conscio e inconscio e da tante altre sfaccettature poliedriche.
Se prima della venuta del Redentore l’uomo pregava e chiedeva perdono a Dio sacrificando animali o prodotti della campagna, perché così prescrivevano i precetti dati da Dio  attraverso i Profeti ad una Umanità spiritualmente ancora arretrata, ora era giunto il momento in cui – venuto il Redentore: Dio, incarnatosi in un uomo che si sarebbe fatto lui stesso vittima per ottenere il perdono dei peccati degli uomini, a cominciare da quello originale – gli uomini avrebbero dovuto imparare ad ottenere il perdono di Dio con un sacrificio più spirituale: il sacrificio del proprio Io.
E’ infatti questa la sostanza della legge dei dieci comandamenti, così come perfezionata dal messaggio evangelico.
L’uomo si salva o si perde con lo spirito.
E’ lo spirito quello che è immortale, ed è con lo spirito, cioè con la nostra psiche dotata di volontà, che si pecca.
E’ quindi con lo spirito che si deve riparare.
Come? Combattendo quella parte di noi stessi – degenerata a causa del Peccato originale – che si è trasformata nel nostro ‘Io egocentrico’, fautore di tendenze disordinate come egoismo, invidia, aggressività, odio e tutte le altre passioni che – non governate da un ‘Io’ equilibrato – sono alla base delle ingiustizie e delle infelicità dell’Umanità..
Ed è dunque questa la ‘verità’ secondo la quale bisogna adorare Dio: quella spirituale.


6.2 Se siamo deboli, se è praticamente impossibile non peccare a causa del Peccato Originale, se peccando rischiamo un’infelicità eterna nell’Inferno, se Dio é veramente buono e ci ama , perché non ci ha legato la volontà impedendoci di fare il Male?


E mentre i Samaritani partono dal paese compatti per raggiungere Gesù al pozzo di Giacobbe, gli apostoli…

Gv 4, 31-42:

In quel frattempo i discepoli lo pregavano dicendo: ‘Maestro, mangia’.
Ma egli rispose loro: ‘Io mi nutro di un cibo che voi non conoscete’.
Si domandavano fra di loro i discepoli: ‘Forse qualcuno gli ha portato da mangiare?’
Gesù disse loro: ‘Il mio cibo è fare la volontà di Colui che mi ha mandato e portare a compimento l’opera sua. Non dite voi: ‘Ancora quattro mesi e poi viene la mietitura’?
Ebbene, io vi dico: alzate i vostri occhi e mirate i campi che già biondeggiano per le messi. Chi miete riceve la mercede e raccoglie frutto per la vita eterna; sicché chi ha seminato gioisce con chi miete. In questo s'avvera il proverbio: '‘altri semina, e altri miete'’.
Io vi ho mandato a mietere ciò che voi non avete lavorato; altri hanno lavorato e voi siete subentrati nel loro lavoro’.
Molti samaritani di quella città credettero in lui per le parole della donna che attestava:‘M’ha svelato tutto quello che ho fatto’.
Andati dunque da lui, quei samaritani lo pregavano di rimanere con loro.
Egli vi si trattenne due giorni. E molti di più credettero in virtù della sua parola e dicevano alla donna: ‘Non è più sulla tua parola che noi crediamo, ma perché noi stessi abbiamo udito e conosciuto che egli è veramente il Salvatore del mondo’.

Gesù era dunque stanco, ma anche senza molto appetito se si doveva far pregare per mettere qualcosa sotto i denti.
Succede – quando siamo concentrati psicologicamente su un obbiettivo che vogliamo raggiungere – di dimenticare gli stimoli della fame...
E Gesù - di obbiettivo - ne aveva uno ben grosso: la salvezza dell’Umanità, e tutti i suoi sforzi erano sottesi al raggiungimento di quel risultato. Tutto il resto, come il mangiare - per lui che viveva di spiritualità – passava in second’ordine.
Ed infatti egli risponde loro che il suo cibo sta nella gioia tutta spirituale di fare la volontà del Padre, e portare a compimento – questo per il momento non lo dice ancora ma lo pensa – l’opera iniziata con l’incarnazione e che dovrà concludersi con la sua crocifissione e redenzione dell’Umanità.
Ed egli – e questo è un piatto di contorno all’altro cibo che era di far la volontà del Padre – pregusta già in anticipo la soddisfazione di quello che sarà il futuro raccolto: e già questo, più del cibo materiale, è sufficiente ad appagarlo, perché evidentemente questa tensione che dà soddisfazione  (gli psicologi moderni la definiscono ‘eu-stress’: cioè ‘stress che tonifica’ che è l’opposto di quello che ‘deprime’) si traduce, attraverso un qualche misterioso processo psicologico-metabolico, in energia vitale.
A questo proposito, quello dell’energia vitale, mi viene in mente Teresa Neumann, la famosa carismatica tedesca che ha vissuto per decenni, controllata da un sacco di medici e infermieri, nutrendosi di sola Eucarestia.
Era anche una stigmatizzata e ogni settimana – all’approssimarsi del Venerdi – si ripetevano in lei i sintomi della Passione di Gesù, perdeva litri di sangue che sgorgava dalle ferite che si riaprivano, sangue che - senza toccar cibo o acqua -  misteriosamente e prodigiosamente si ricostituiva a partire dai giorni successivi, prima di ripetere un nuovo ciclo, e senza che gli scienziati fossero mai riusciti a capire come potesse biologicamente succedere una cosa del genere.
Lei recuperava insomma completamente le sue energie vitali traendo sostentamento solamente dall’Eucarestia, cioè dall’unione con Dio.
Ecco il nostro problema di uomini del 2000: noi ci ostiniamo  a cercar di scoprire in ogni cosa meravigliosa le ragioni ‘naturali’ o quelle ‘biologiche’, perché non ci passa neanche per l’anticamera del cervello che vi possano essere invece delle ragioni ‘spirituali’, anzi soprannaturali. E continuiamo a tenere ostinatamente lo sguardo fisso a terra per cercarvi le stelle che invece sono là ben visibili in cielo…, se solo alzassimo gli occhi dello spirito.
Gesù era dunque Dio, e tutto poteva come Dio, sol che avesse voluto: anche convertirci contro la nostra volontà.
A questo proposito una volta mi aveva colpito una domanda di mio fratello, al quale stavo spiegando i rudimenti della dottrina cristiana, quelli che anch’io avevo imparato tardi.
Gli era scappato detto: ‘Ma se noi uomini siamo deboli, se siamo peccatori, se è praticamente impossibile non peccare, se peccando si rischia un inferno lungo quanto la vita eterna, ma perché Dio – che dicono sia buono - ci ha creato?  Non ce ne saremmo stati meglio nel ‘nulla’? Almeno non avremmo sentito niente e non avremmo rischiato poi di soffrire per l’Eternità! Non l’ho chiesto io di nascere. E ancora perché non ci impedisce di peccare ‘legando’ la nostra volontà e obbligandoci a fare il bene? Se ci amava tanto perché non impedirci di fare il male e di dannarci? Perché non impedire anche ad Eva e ad Adamo di sbagliare col Peccato originale?’.

Ragazzi, io sono solo un catecumeno, cioè uno che è ancora in cerca di risposte e che le domande le fa agli altri.
La domanda, anzi le domande, erano da stroncare un toro e per poco non perdevo la fede anch’io!
Cosa gli avreste risposto? Non vi saranno venute in mente anche a voi delle cose del genere?
Sono le domande di un uomo che ‘ragiona’, che si avvicina alla comprensione spirituale. E però - proprio perché lui è un razionalista e la fede magari non ce l’ha – non potete cavarvela rispondendogli che è inutile che si ponga tante domande, perché questi son tutti ‘misteri’ di Dio, e che bisogna limitarsi ad ‘aver fede’ e non porsi tanti interrogativi.
Gli interrogativi senza risposta divengono infatti altrettanti dubbi sul quali poi cade lo sconforto e la decisione di continuare la propria vita come se niente fosse, perché tanto non si trovano le risposte soddisfacenti.
Proprio con mio fratello non potevo permettermi di non rispondere.
E allora – raccogliendo le mie ‘forze’ spirituali, alzando internamente gli occhi al cielo, come Giovanni Battista, e dicendomi: ‘Gesù, aiutami! Cosa gli racconto, ora?’ – gli feci invece tutto un ‘ragionamento’.
Gli spiegai che Dio è Libertà, Libero Lui e – con tutta la dignità e la responsabilità che la libertà comporta – liberi noi.
L’uomo senza libertà – anche senza la libertà di sbagliare – non è felice, anzi è infelice.
L’uomo senza libertà intristisce, si deprime psicologicamente, crolla sul piano psicosomatico, si abbrutisce.
La libertà è anche creatività, è ‘vita’.
Gli uomini la sentono in maniera istintiva – perché fa parte del Dna della nostra anima, incisovi da Dio – e non esiste popolo che – sotto i tentativi di privarlo della libertà - prima o poi non si sia ribellato, anche a prezzo della vita e pagando la ribellione con fiumi di sangue.
Che serve vivere, se è un vivere da schiavi, senza più la dignità di poter fare le proprie scelte?
La storia dei popoli dell’Umanità è tutta una storia di schiavitù e di ribellioni alla schiavitù.
Ed è proprio per liberare gli uomini dalla schiavitù del Peccato - l’unica schiavitù dalla quale essi non si sapevano liberare perché menomati irrimediabilmente nelle forze vitali dell’anima - Dio, nella persona del Verbo, ha voluto incarnarsi.
Egli da lassù guardava questa Umanità.
La ‘Colpa d’origine’ era stata solo dei Primi due, ma i ‘Successivi’ ne avevano subito le conseguenze, contraendo con la riproduzione carnale quella ‘malattia’ psicosomatica che è costituita dalla rottura di quello stato di grazia soprannaturale che avrebbe loro garantito l’immunità, sol che i primi due avessero voluto mantenersi spiritualmente integri.
E con la Colpa e la perdita dei doni, vennero la debolezza psico-fisica, il dolore ed i peccati: conseguenza di un ‘io’ ormai minorato e delle paterne attenzioni di un Satana che interveniva lui per cercare di guastare del tutto quel che gli uomini riuscivano – faticosamente – a ricostruire, in modo da mantenerli sempre ‘figli suoi’.
A noi può piacere leggere libri o vedere film di fantascienza, che sono pura fantasia.
Ma la storia dell’Umanità è la realtà più fantascientifica che si possa immaginare: ha un respiro galattico, cosmico.
Fin dai primordi dei tempi, dopo la ribellione di una parte degli angeli a Dio, si sono liberate forze spirituali negative che hanno una potenza enorme.
Esse vollero rovinare – in odio a Dio – il progetto che Dio aveva sull’uomo: una vita sulla terra, beata, felice, di un uomo spiritualmente meno ‘puro’ , perché ‘carnale’, e meno intelligente e potente di un angelo ma che – a differenza dell’angelo – poteva con i propri cinque sensi apprezzare e gustare le meraviglie di una natura materiale meravigliosa e ordinata.
Un uomo, reso immortale grazie ai doni di Dio, che ad un certo punto sarebbe stato assunto in un Paradiso più spirituale per conoscervi – con la capacità dello spirito non più velato dalla carne – le profondità e le bellezze di Dio che governa l’intero universo.
Un uomo che Dio avrebbe considerato addirittura alla stregua di un figlio.
Satana volle però rovinare, tentò di rovinare, il progetto di Dio: cosa di meglio se non trasformare quell’uomo libero da ‘figlio di Dio’ in figlio suo?
Vi state chiedendo come mai Dio consentì a Satana di ‘rovinare’ il progetto di Dio? Per la stessa ragione per cui consente agli uomini di peccare: cioè per la libertà. Dio ci lascia liberi e, come noi, lasciò liberi gli angeli, perché la loro libertà potesse divenire ‘prova’. E sulla base dell’esito della prova essi vennero giudicati: una parte all’inferno e l’altra in Paradiso.
Ciò perché tutti i grandi doni vanno meritati e la Legge della Prova, alla quale venne sottoposto persino Gesù che era Dio ma anche ‘uomo’, è una ‘legge’ alla quale non si può sfuggire, come non si sfugge alla legge gravitazionale.
Ecco dunque – da parte dell’Angelo ribelle - la tentazione ai Primi Due nel Paradiso terrestre: divenire creatori e potenti come Dio, la stessa ambizione che era stata del potentissimo Lucifero.
Ed una volta coltivata per un istante quella voluttà di potere, che era sostanzialmente Orgoglio e Superbia e che si traduceva in tradimento di quel Dio-Padre che all’uomo tutto aveva dato, tutto il creato del quale era ‘re’, ecco la perdita dei doni soprannaturali che tenevano l’uomo legato a Dio garantendogli incorruttibilità ed immortalità.
E l’ambizione intellettuale, cioè ‘spirituale’, di Eva, di poter godere anch’ella di ‘potenza creativa’ verso la sua discendenza,  scade – persa ormai istantaneamente l’integrità dello spirito - ad un livello di ‘creatività’ carnale, perché è con la ‘carne’ in senso lato: materiale, morale e spirituale, che Satana ci paga, perché è la ‘carne’ in senso lato quella che uccide lo spirito che è ‘figlio di Dio’.
Dio dunque - dall’alto e fuori dal Tempo - vedeva tutto questo e nonostante la nostra libertà, decide di venire ad aiutarci.
‘Aiutarci? Aiutarci anche se poi magari ci danniamo’?, insisteva mio fratello.
‘Sì, gli avevo risposto dopo tutto questo discorso- aiutarci perché Dio (i cui Progetti sono insondabili, ed almeno questo dobbiamo consentirglielo) è Egli per primo Dio di Libertà, e la Libertà su tutto e su tutti fa predominare, quindi non ‘impedisce’ agli uomini malvagi di dannarsi  perché non vuole ‘impedire’ a quelli buoni – in libertà - di salvarsi’.

Perché è il loro libero sforzo per esser buoni - quello della Legge della Prova - che gli farà meritare il premio.

Egli ci lascerà sempre liberi e anzi – poiché Dio sa scrivere dritto anche sulle righe storte - con quella stessa libertà che all’Altro è servita per corromperci, Egli cercherà ora di salvarci: sol che abbiamo un poco di buona volontà.
E dunque Dio decide di incarnarsi: non bastavano infatti più le parole che Dio da secoli ‘sussurrava’ ai profeti affinché essi ce le ripetessero.
Ormai – per l’uomo che non voleva ascoltare e che era sempre più sprofondato in una barbarie di vita e di peccato - ci voleva qualcosa di più forte di un profeta: un Dio che – fattosi uomo – si comportasse e parlasse come un Uomo, pur essendo anche un Dio per poter insegnare da Dio, perché solo un Dio – come Gesù aveva detto a Nicodemo quella notte – poteva conoscere le cose del Cielo e poteva insegnare agli uomini la loro origine spirituale e l’opportunità di salvezza che veniva loro offerta.
E il Dio si incarna, in una vergine!
Una mia amica mi aveva chiesto: ‘ma perché questa ossessione della verginità?’.
Un’altra  mi aveva detto: ‘tutti gli altri comandamenti li rispetto, ma il sesso…, non è bello? Perché inibircelo? Come si fa ad essere cristiani?’
Non fatevi ora delle idee strane sulle amiche che frequento io.
C’è chi certe cose ha il coraggio di dirle e c’è chi le pensa solamente.
Ma sono domande che almeno una volta nella vita – se viviamo in questo mondo – ce le siamo posti tutti, più o meno consciamente.
E allora vi dico che la sessualità – nel progetto originario di Dio per l’uomo – avrebbe dovuto essere ‘asettica’.
Avete presente un fiore che si riproduce non per gusto ma per impollinazione? Avete presente un uccellino, o un pesce, che depongono le uova che poi si schiudono?
Nel mondo vegetale ed animale – l’uomo è l’unica eccezione a questa legge di natura e la spiegazione sta appunto nella libertà concessa all’uomo  e nel ‘Peccato Originale’ – l’atto sessuale non è un ‘atto’ ma un comportamento (incosciente nel mondo vegetale, più cosciente in quello animale) finalizzato alla riproduzione ed al mantenimento della specie.
E’ a seguito del Peccato Originale: Orgoglio e Superbia, che è nato nell’uomo il ‘sesso’, che altro non è – rispetto al progetto originario – che l’applicazione ‘disordinata’ di una legge alla quale – in libertà – il primo uomo si era sottratto.
E ora che il disordine si è ormai instaurato, Dio non inibisce il sesso  negli uomini, ma chiede loro almeno di ‘santificarlo’ finalizzandolo alla procreazione e comunque ad una manifestazione di amore, anziché al puro godimento.
Dio sa bene quanto sia difficile, ma ci chiede quantomeno di provarci.
Noi viviamo in una situazione di ‘disordine’ e Dio è ordine. Ci chiede di sforzarci, sa che non siamo perfetti, ma si accontenta dei nostri sforzi perché poi – a purificarci del tutto – ci penserà lui…nel Purgatorio, prima di farci entrare in Paradiso.

Ed allora – come dicevo che stavo raccontando a mio fratello – Dio si incarna in una vergine che era pura anche di mente.
La feconda e quell’embrione umano – unito al Verbo – diventa Gesù.
Cosa c’è di impossibile ad un Dio che è stato capace di dare il via alla scintilla creativa dell’Universo, scintilla che conteneva ‘in-nuce’ tutto l’Universo attuale?
La Trinità che – fuori dal Tempo – tutto sapeva del Tempo, sapeva ovviamente anche quello che sarebbe accaduto.
Ma il Verbo, cioè il diretto interessato, accetta questo destino, anzi se ne fa un punto di forza per chiedere al Padre che – proprio in virtù di questo sacrificio: che è il Sacrificio di un Dio! – Egli conceda all’Umanità il Perdono, cioè il diritto di poter riaccedere al Paradiso celeste le cui porte erano rimaste chiuse dopo la cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso terrestre.
Egli, il Verbo, scenderà dunque sulla terra per insegnare agli uomini che essi sono spiriti, spiriti in sembianze umane.
Essi sono però spiriti ‘morti’, perché – dal punto di vista soprannaturale –  il loro ‘spirito’ è stato ‘ucciso’ dal Peccato.
La Grazia – quell’acqua viva di cui Gesù parlava alla Samaritana – e cioè lo stato di riconquistata ‘amicizia’ con Dio  ottenutaci da Gesù - sarà dunque quella che ridarà vita a questo spirito morto.
Agli uomini sarà a questo punto sufficiente – anche se essi non saranno più ‘perfetti’ perché la ‘ferita’ del peccato originale anche se rimarginata ha lasciato negli uomini il segno della ‘cicatrice’ con una sostanziale debolezza – l’adoperarsi con la loro buona volontà, per cercare di spiritualizzarsi meglio che possono, praticando quella che genericamente chiamiamo la legge dell’amore.
Questa si può riassumere nel precetto duplice di voler bene a Dio rispettando il suo desiderio che l’uomo non voglia male al suo prossimo, il che è in fondo in fondo un ‘voler bene’ non facendo agli altri quel che non vorremmo fosse fatto a noi.
Semplice, no?
Basta solo un  poco di buona volontà…, perché noi siamo sempre liberi, ed un ‘minimo’ di buona volontà è davvero il minimo che Dio – nella sua libertà e nel rispetto della nostra – ci può chiedere.
Come sarebbe possibile, concludevo a questo punto la spiegazione e la risposta alle domande di mio fratello, chiedere a Dio – per non peccare noi di nostro – di non lasciarci neanche la libertà sufficiente a dimostrare un poco di buona volontà?

Ed il mio fratellone - dopo tutta questa fatica - rimase convinto, credo.


6.3 E’ la coscienza del peccato quella che fa il peccato

Ma allora, direte voi come poi si era chiesto anche lui, come fanno i non cristiani a salvarsi? Perché noi sì e gli altri no?
Calma, non ho detto che siamo tutti figli di Dio – anche i non cristiani - sol che con un poco di buona volontà ci sforziamo?
Dio è sceso in terra per mostrarci la scorciatoia per il Paradiso, la via più diretta e sicura anche se più ‘stretta’.
Ma in realtà si possono salvare – anche se con maggior fatica e ‘rischio’ dei cristiani praticanti – tutti gli uomini non cristiani sol che questi rispettino – anche loro con un poco di buona volontà – i principi di quella legge naturale che Dio (prevedendo fuori del Tempo che non tutti avrebbero avuto l’opportunità di divenire cristiani nel Tempo) aveva fin dall’inizio inciso nel Dna spirituale dell’Uomo: insomma quei famosi ‘dieci’ comandi che poi sono due: ama Dio e ama il tuo prossimo, comandi che non è necessario essere cristiani per sapere che sono comandi buoni.
Per i cristiani strada in discesa, allora?
Si e no.
In discesa perché – con l’anima - potranno andare in Paradiso subito dopo la propria morte corporale (salvo la eventuale sosta in Purgatorio per la purificazione) senza aspettare la fine del mondo con il Giudizio universale e la risurrezione dei corpi.
In salita perché il cristianesimo – se correttamente praticato – è una pratica di ascesi che si traduce in un giornaliero combattimento, fatto di vittorie ma anche di tante sconfitte, contro il proprio io e contro i propri istinti più ‘naturali’, fatto che è ‘sofferenza’, e cioè purificazione, in Terra.
Inoltre quelli che avranno avuto – per nascita od opportunità di vita – il privilegio di nascere cristiani (o di conoscere da vicino la dottrina cristiana ma l’avranno rifiutata perché contraria al loro modo di vivere) saranno -  come quel servo della parabola - puniti per aver sprecato i ‘talenti’ ricevuti, scontando ciò in termini di maggior  purificazione – se si saranno ‘salvati’ – nel Purgatorio.
Mentre infatti i non cristiani se ne staranno tranquilli nel Limbo (anche se la Dottrina cristiana sul Limbo non è ancora ben definita, ma l’opera della mistica Valtorta l’argomento lo tocca) – che non è felicità ma che, in quanto attesa di una felicità che si intravvede con chiarezza, è già ‘gioia’ – i cristiani che non avranno imparato ad ‘amare’ in vita, come era stato a loro insegnato, dovranno scontare in Purgatorio con sofferenza d’amore tutte le mancanze d’amore e relative sofferenze che essi avran procurato al loro prossimo.
La conoscenza dei principi cristiani – per i cristiani - da un lato sarà stata per loro una ‘opportunità’, ma dall’altro – poiché Dio è giusto -  se quei principi saranno stati rifiutati, ciò si tradurrà in una ‘condanna’ perché, per dirla come San Paolo, è la coscienza del peccato quella che fa il peccato!

E con quest’ultima risposta avevo finalmente messo ‘KappaO’ mio fratello, lasciandolo tramortito a digerirsi tutta questa mia spiegazione, in libertà.

Andiamo avanti con S. Giovanni…!