(P. Ionata: 'Coscienza collettiva', da 'Città Nuova' - febbraio 1998,)
- Città Nuova Editrice -
(G. Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap.  3 – Edizioni Segno)

19. La coscienza collettiva

19.1 La personalità di Gesù

Sto riflettendo sulla 'personalità' del Gesù della Valtorta che è emersa dalla lettura di quei due brani precedenti concernenti il Purgatorio.
Chi ha letto l'Opera valtortiana non può non aver notato che quando Gesù parla assume la personalità a volte di un padre, a volte di Gesù in quanto Cristo-Redentore e Maestro, a volte di fratello e molto sovente di 'amico'.
Altre volte subentrano invece più direttamente le specifiche ‘personalità’ del Padre e dello Spirito Santo i quali hanno un loro ‘linguaggio’ specifico, direi quasi inconfondibile ove solo si presti nel leggere un poco di attenzione.
E questo - a ben pensarci - è 'logico' perchè Dio è 'uno', ma è anche trino, cioè composto da tre persone distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo, e ogni persona assume - anche dal punto di vista 'letterario' - una sua precisa 'fisionomia' di linguaggio, diciamo un suo preciso 'profilo psicologico'.
D' altra parte qualcosa di simile, per dare l’idea, succede in qualche modo anche a noi uomini quando a seconda dei casi,  ad esempio con i nostri figli, assumiamo un atteggiamento 'paterno', se non severamente paterno: quando vogliamo che prevalga la nostra (paterna) Autorità, da 'maestro': quando desideriamo insegnare qualcosa con una certa importanza 'didattica', da fratello quando non anche da amico: quando cerchiamo di metterci al loro livello perché ci sentano più vicini, il tutto a seconda delle circostanze e delle necessità.
Ma mentre nel nostro caso la personalità nostra è sempre una, ed i diversi ‘modi’ di rapportarsi ai figli rispondono solo ad una esigenza di rapporto psicologico, nell’ Opera della Valtorta si tratta sovente proprio di personalità distinte che subentrano – a seconda delle circostanze – una dopo l’ altra.
Spesso  le  differenti 'personalità' si alternano nello stesso ‘dettato’ per cui la Valtorta stessa, in più di una occasione comincia a scrivere pensando che sia 'Gesù', e lo è anche magari perché è Gesù che l’ aveva iniziato, e finisce accorgendosi che è diventato ad un certo momento il 'Padre', e lo si capisce dal tono, nel quale alla Maestà si unisce sempre una insolita 'Potenza' che scuote e intimorisce quando invece non sovrabbondi in una 'paternità' dolcissima.
Quando però è Gesù che parla – e sovente lo fa da ‘fratello’ e da ‘amico’ – quella che mi colpisce di più è la sua 'umanità', e cioè quel suo 'ragionare' da 'uomo' che ben ha conosciuto per esperienza diretta le pieghe intime delle debolezze umane, e mostra di saperle anche capire e compatire.
E anche quando - come appunto nei due dettati di cui ho parlato sopra -  Egli ci 'striglia' con una spazzola da cavalli, capiamo che in realtà non è il 'Dio-Giudice', ma è il 'Padre-amorevole' che cambia tono con i figli e li riprende severamente ma solo perchè  vuol loro bene e perchè poi - a forza di pelo e contropelo - diventano più sani e più belli. Proprio come i cavalli.
Insomma, quello che 'parla' attraverso la Valtorta non è un Dio 'cosmico'- come preferiva immaginarlo Einstein - ma un Dio che, pur essendo puro Spirito, si adagia al nostro livello e, con finissima psicologia, Egli - Pura Psiche e tutto il Resto - parla 'da uomo' alla nostra 'psiche', cioè alla nostra anima, perchè nessuno - meglio di Lui che l' ha 'fatta' - sa come è fatta e come bisogna parlarle.
A questo riguardo, e cioè della doppia natura di vero Uomo e vero Dio di Gesù, come della sua 'umanità', ricordo due lezioni della Luce ai Capp. 82 e 83 ne 'Alla ricerca del Paradiso perduto', lezioni che val la pena di 'ripassare'.

(G.Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Capp. 82, 83 – Ed. Segno)
 

82. La doppia natura di Gesù: vero Dio e vero uomo

Sempre ancora meditando (scusatemi, a me piace - ma non per mero 'razionalismo' - che ogni particolare di un quadro, di un 'puzzle' trovi la sua giusta 'collocazione', altrimenti non mi sento 'tranquillo'...) su questo 'mistero' della 'doppia' natura di Gesù,  mi viene in mente  - e me lo vado a rileggere - un  episodio curioso narrato nel 'Vangelo' della Valtorta. Lei vede Gesù che sta facendo un discorso nella sinagoga di Cafarnao. Fra tanta gente che lo acclama vi sono, mischiati alla folla, anche dei 'farisei' ostili che sperano di poterlo cogliere in fallo. Uno di questi, ad un certo punto, si alza astiosamente a contraddirlo cercando di prenderlo in castagna su un tema dottrinario. Gesù - nel volgersi a lui per fornirgli i chiarimenti del caso - premette: 'Chi sei, Io non so. Ma, chiunque tu sia, ti rispondo...' .
E quindi - mi ero detto - Gesù qui mostra di non essere 'onnisciente' come  avrebbe dovuto se avesse avuto anche la natura di 'Dio'. Poco dopo però (cioè dopo aver risposto esaurientemente al fariseo che peraltro gli aveva  anche contestato  che Egli osasse professarsi 'rappresentante di Dio' senza poterne  però dare alcuna dimostrazione a parte il fatto che, anche se le sue parole potevano sembrare 'sante', lo stesso Satana avrebbe potuto avere parole di inganno tinte di santità per trarre in errore, nè si poteva prestar fede alla parola dei discepoli di Gesù... ) Gesù  risponde  che allora un altro - che non l' amava - avrebbe parlato dicendo chi era e, rivolgendosi all' affollata assemblea, invita a venir fuori dal mucchio un tale al quale  Egli - come se lo conoscesse benissimo - imperiosamente grida : 'Aggeo! Vieni avanti, Te lo comando.'  Aggeo si rivela essere uno che  la gente e l' archisinagogo definiscono  'indemoniato, ebete, 'furioso' quando il demonio si appresta a tormentarlo...'. Dopo una 'lotta'  - sguardo nello sguardo - il dèmone all' interno dell' uomo trasforma il mugolìo in parole intelleggibili e - dopo aver dato atto a Gesù di essere 'Dio' - ad un ultimo suo comando  lascia il corpo dell' uomo, preso intanto da parossismi ed urla disumane, che ritorna in sè, si prostra ringraziando Gesù il quale - dicendogli che aveva avuto fede e quindi per questo viene sanato - lo invita ad andare in pace e ad essere 'giusto' in futuro...
Ciò premesso, la Valtorta - nello scrivere questa visione - riporta in calce una importante 'nota' di commento, o meglio una spiegazione che lei ha 'ricevuto' al proposito e che dice :

'Il Cristo, come Dio, e come Santo dei Santi, penetrava nelle coscienze, vedeva e conosceva i loro riposti segreti (introspezione perfetta); come Uomo, conosceva, solo secondo il modo umano, le persone e i luoghi, quando il Padre suo e la sua propria natura divina non giudicavano essere utile il conoscere luoghi e persone senza chiedere... Qui, dovendo dar prova al fariseo della sua onniscienza divina, chiama a nome lo sconosciuto Aggeo che sa indemoniato, mentre, nella pagina precedente, come Uomo, aveva detto al fariseo: 'Io non so chi tu sia..'

Beh!, mi dico, come spiegazione razionale è veramente - per me almeno - molto 'convincente'. Questa chiarisce anche un particolare che mi aveva molto colpito nell' opera della Valtorta, e cioè il fatto che Gesù - nel suo continuo peregrinare per evangelizzare con gli apostoli, spesso chiedesse quale fosse la strada giusta da prendere per raggiungere un posto o l' altro. E mi ero detto :"Ma che 'Dio' è mai, se non conosce neanche la strada?". Altre volte invece mostrava di conoscere benissimo posti che 'umanamente' non aveva mai visitato, ed era Lui che forniva chiarimenti agli apostoli. E questa contraddizione mi aveva lasciato sconcertato...

Luce:
La divinità di Gesù. In Gesù convivevano due nature: quella divina e quella umana. Due nature perchè Egli era Dio incarnato in un Uomo. Le due nature erano coesistenti ma, a seconda delle circostanze, poteva rivelarsi l' una o l' altra o più una che non l' altra. Egli era Figlio di Dio, ma era anche Figlio dell' Uomo. Figlio di Dio per la parte 'spirituale', perchè generato in Maria dallo Spirito Santo, ma Figlio dell' Uomo perchè - fisicamente - nato dalla 'carne' di Maria.
Questo della divinità e della umanità di Gesù è uno dei concetti più difficili da accettare, se valutato secondo l' ordine umano. Ma se valutato alla luce del 'divino' ti accorgerai che la spiegazione è semplice.
Dio sulla Croce, Cristo sulla Croce,  ha sofferto come 'uomo', fisicamente. Egli ha sofferto come Dio, spiritualmente, perchè si è addossato i peccati dell' Umanità.
Anche in questo caso si è rivelata la doppia natura. Come uomo, solo come uomo, non avrebbe potuto sopportare il peso dei peccati del mondo, di prima e di dopo.
Ma anche nella Risurrezione Egli manifesta le due nature: di uomo dal punto di vista della 'solidità' corporea, di Dio nella sua capacità di risurrezione e nel suo corpo glorificato.
Lo stesso nell' Ascensione al Cielo.
La 'natura' di Dio era dunque 'dentro' all' Uomo. E Cristo-Dio decideva di rivelarsi all' Uomo a seconda di come Lui lo reputasse necessario per la sua missione, missione di Dio.
Ecco perchè talvolta Gesù, Gesù-Uomo, mostra di non aver l'onniscienza. Quello è il caso in cui 'appare' la natura dell' uomo. Dico 'appare' perchè in realtà vi è sempre quella di Dio, contestuale.
Altre volte Egli ha l' onniscienza, e la dimostra, e quello è il caso in cui il Dio che è nell' Uomo-Gesù decide di mostrarsi secondo questa natura, sempre per il bene della 'missione'.
Quando Gesù soffre la fame, la sete, la croce, la soffre nella sua natura di uomo: perchè come Dio - puro Spirito - non potrebbe avere di queste sofferenze.
Quando Gesù - nell' imminenza della Passione - sente il Padre sempre più lontano, fino a sentirsi del tutto solo di fronte alla Passione, è perchè il Gesù-Uomo avverte - dico 'avverte' - un senso di 'distacco'. E' il distacco, non reale ma psicologico, che il Gesù-Dio opera nei confronti del Gesù-Uomo affinchè quest' ultimo - privo del sostegno della divinità, o meglio 'sentendosi' privo di tale sostegno - beva fino in fondo l' amaro calice della Passione sentendosi abbandonato persino dal Padre.

'Padre, padre, perchè mi hai abbandonato?'

Ma Io non abbandono mai i miei figli. Non abbandonai il Cristo come non abbandono voi.
Non fui mai così vicino al Cristo - Io che ero un tutt' Uno con Lui - come nel momento della Passione che - nella nostra Unità - fu Passione anche del Padre e dello Spirito.
Non sono mai così vicino a voi - quando siete, quando vi comportate da figli miei - come quando soffrite.
Ma le vostre sofferenze della vita: fisiche, spirituali e morali  come quelle del Figlio mio - proprio perchè accettate, meglio ancora se volute ed offerte come dal Cristo - sono proprio quelle che tornano a vostra maggior gloria ed a Gloria del... Padre.

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83. L' umanità di Gesù.

Rifletto sulla questione della doppia natura di Gesù. Faccio osservare per inciso che io dico spesso 'rifletto', 'medito', 'penso', e simili. Non sono 'modi di dire' e neanche degli 'atteggiamenti' per darsi - come suol dirsi in gergo - la 'mossa' di quello che 'medita'. Quando io dico 'medito', medito sul serio. Cioè mi immergo profondamente con l'occhio della mente in un problema e lo analizzo a fondo, scavando nelle sue pieghe riposte. Non è detto che trovi delle 'risposte', ma è diventata una 'attitudine' mentale da quando - e sono ormai molti anni - sono un cultore di 'training autogeno', quella tecnica, conosciuta dagli 'addetti ai lavori' ormai in tutto il mondo, inventata - a seguito di una geniale intuizione - dal famoso 'psicologo' J.H Schultz e che consente da un lato di rilassarsi e dall' altro - attraverso una procedura molto particolare di rimozione degli stimoli del mondo esterno - di concentrarsi appunto a fondo su un problema per coglierne anche gli aspetti meno evidenti ed analizzarli senza quella 'deformazione' critica che sovente è dovuta all' influenza della nostra sfera emotiva.
Se voi non ne sapete niente dirò succintamente che - sotto rigoroso controllo medico e, più ancora, 'specialistico' - si apprendono le tecniche per provocare - con delle frasi e delle immagini mentali - uno stato di rilassamento del tono muscolare, quindi del sistema arterioso, poi una normalizzazione del ritmo del battito cardiaco e del respiro, inoltre un rilassamento del ganglio del plesso solare e infine un senso di fresco alla fronte che induce un senso di limpidezza mentale. Il risultato finale dell' esercizio, ripetuto anche in pochi minuti due o tre volte al giorno, è quello di una notevole autodistensione che favorisce non solo il recupero di energie fisiche, psichiche e l' eliminazione degli stati di 'stress' ma anche la concentrazione, cioè la meditazione che è il punto dal quale ero partito per fare tutto questo ragionamento. Il Training Autogeno non ha niente a che vedere con lo 'Yoga', che è una disciplina a carattere fisico-psicologico-religioso, anche se taluni lo chiamano lo 'yoga occidentale' per gli effetti distensivi e di concentrazione che induce.
Dunque, dicevo che riflettevo. Riflettevo sul fatto che quella che balza all' occhio nell' opera valtortiana è proprio l' umanità di Gesù. Si capisce chiaramente che 'parla' da Dio, da Maestro Sapiente, ma lo fa in maniera 'umana', dolce, molto dolce nel 'Poema'. Severa invece, spesso molto severa, talvolta ironica  e flagellante nei 'Quaderni' nei quali - con il linguaggio dell' uomo moderno, anzi contemporaneo (mentre, nel 'Poema', Egli usa un linguaggio 'aulico' di ...2000 anni fa) - Gesù affronta in maniera rigorosamente razionale tutte le tematiche che possono interessare un ... razionalista.
Ecco, mi dicevo fra me, più che il Gesù-Dio - nella Valtorta - ho apprezzato il Gesù-Uomo, perchè sa parlare un linguaggio che riesco a comprendere, anche se non a praticare.

Luce:
L'umanità di Gesù. Gesù vi ha dato la sua 'umanità' per rendervi più facile amare Dio. Perchè siete 'carne' ed il linguaggio della 'carne' solo potete comprendere. Ma siete anche 'spirito' ed allora - attraverso la Parola di Gesù - dovete sforzarvi di capire il Pensiero di Dio. Non è un pensiero folle, quello che vi chiede la rinuncia alla vostra 'umanità', perchè è un pensiero che vi chiede di tornare ad essere 'spiriti', soffio di Dio, quali Dio vi ha concepiti, quali vi vuole affinchè in spirito - ed in attesa di essere completamente spirito - torniate figli suoi, figli dello Spirito e non della Carne.
E dolce è l' umanità del mio Gesù, dolce il suo parlare, grande la sua comprensione, divina ma anche umana, che sollecita le corde migliori del vostro cuore che può a quel punto intonare le note più gradite al Padre Creatore.
Come è dolce seguire l' umanità di Gesù, umanità a misura d' uomo solo che questi non sia uomo di cuore protervo.
Quanta dolcezza scende nei cuori attraverso l' umanità di Gesù.
Ed in questo abbraccio di 'umanità', la vostra imperfetta con la sua perfetta, sta il senso dell' Amore di Dio che attraverso il Cristo tangibilmente vi abbraccia, al quale attraverso il Cristo tangibilmente arrivate.
L' umanità vostra vi impedisce di comprendere appieno l' umanità del Cristo che credete - quando credete - Dio più di quanto sia uomo. Ma è un' umanità che è costata lacrime e sangue al Figlio, al Padre ed allo ...Spirito Santo.

 

19.2 – La coscienza collettiva e la …centesima scimmia

Una volta tanto non sono qui che medito sul Gesù della Valtorta ma nientemeno su quello che ho scritto io.
Rileggevo infatti quello che avevo detto sul 'Training Autogeno', che io pratico da tanti anni, e su quanto esso faciliti la capacità di 'concentrazione' e quindi di 'meditazione'.
Ma quello su cui 'medito' ora non è tanto quello che avevo scritto io quanto  invece - per associazione di idee - quello che proprio stamattina mi è capitato di leggere su di una Rivista in merito a certe caratteristiche della meditazione di cui non ero al corrente.
Vi racconto però prima – per passare il tempo – l’antefatto.
Ieri sera, prima di addormentarmi e nel riporre i miei libri sul comodino, avevo dato un' occhiata di sfuggita a quello che leggeva mia moglie e avevo notato che era l' articolo di una rivista, articolo che si intitolava 'Coscienza collettiva'.
Era subito scattato in me il 'riflesso condizionato' di associazioni di idee:coscienza collettiva=inconscio collettivo di Jung=la mia passione.
’Domani me lo leggo', mi son detto spegnendo la 'luce', intendo dire: l'abat-jour.
E stamattina - dopo un caffè preso comodamente sdraiato a letto con due cuscini dietro la schiena (oggi infatti è ‘festa’ e quindi: niente 'ascesi') - ho chiesto a mia moglie la rivista.
A questo punto dell’antefatto – già che ci sono e per spiegarvi come mai questa rivista è finita stamattina sul mio letto – vi racconto un altro antefatto, e cioè una storia che ha impresso una svolta tecnica e sostanziale al mio libro precedente, libro che io chiamo per brevità 'Alla ricerca del Paradiso perduto', ma che in realtà si titola

Alla ricerca di Paradiso perduto
ovvero
I dialoghi di un catecumeno'

Un giorno era venuto a trovarmi qui in campagna, fermandosi a pranzo, un mio ‘vecchio’ amico, di mestiere imprenditore, un tipo ‘strano’ perchè è uno di quelli che cercano di conciliare il ‘guadagno’ dell’ Impresa con la missione cristiana. Un po’ come cercare di fare la quadratura del cerchio.
Io mi ero sempre detto che in questi casi o uno finisce per diventare veramente cristiano ma poi la sua azienda 'fallisce', oppure finisce per smettere di essere cristiano perchè si accorge alla fine che non 'conviene'.
Ma lui, non solo non è fallito ma anche ci 'credeva' in quel suo applicare l' etica cristiana alla sua azienda e cercava di assumere nella sua attività imprenditoriale - evidentemente nei limiti del possibile che sono anche quelli della compatibilità con il 'bilancio aziendale' - degli atteggiamenti 'coerenti' con questo suo modo di pensare, modo che aveva sorpreso me che ero propenso a considerare che una azienda - intesa come produttrice di lavoro e di ricchezza per l' imprenditore ma anche per le famiglie dei lavoratori – dovesse invece essere comunque ‘protetta’, anche a costo di decisioni dolorose, perchè ne venisse salvaguardata la sua funzione sociale.
Dicevo dunque che - lui e signora - ci erano venuti a trovare in autunno inoltrato e mia moglie aveva preparato polenta e coniglio, annaffiati con il mio solito doc rosso delle colline dell' Alto Monferrato.
Loro, qualche tempo dopo, ci avevano invitato a cena nella loro città, una città di mare, e ci avevano preparato polenta e ...baccalà, tanto per non smentire le loro tradizioni marinare.
Cena splendida allietata da una conversazione allegra anche con la loro figliola.
A tavola, e nel dopo tavola, racconto di esperienze reciproche…
Loro, profondamente credenti, l'apostolato lo fanno alla grande, credetemi, lo fanno in pratica e non a...’chiacchere’, come me.
E in quell' occasione, sprofondati tutti in poltrona con un bicchierino davanti, io accennai alla mia intenzione di lasciare la mia attività professionale per ritirarmi a fare il contadino in campagna e per scrivere in santa pace un libro.
Curiosità, interesse, qualche domanda ed io - reticente a metà - spiegai che avevo immaginato di scrivere una serie di dialoghi dove una 'Luce', che era apparsa in sogno ad un uomo che era alla ricerca della ‘Verità’, intrecciava con l' uomo una sorta di catechesi con il patto che – e nel caso specifico non era certamente un patto col diavolo – ove la Luce avesse convinto l' uomo in ordine alla sua Verità, l' uomo a sua volta si sarebbe impegnato a cercar di convincere quelli come lui.
E fin qui tutto bene: 'Bello, bello...', dicono i due che - avendo già trovato la strada della 'perfezione' interiore - avevano evidentemente rimosso o compresso ogni loro spirito critico.
'Un momento - fa però la 'guastafeste', cioè la loro figlia: un tipo 'peperino' - ma da quello che ho capito, nel tuo libro quella che parlerebbe sarebbe  solo la 'Luce', e dov' è il 'dialogo' allora? Quelli sono monologhi! Ci vuole invece il dialogo vero, cioè quello dove tu ci metti la tua parte di 'colloquio', quello dove tu fai conoscere la tua interiorità  perchè è questo che, alla gente che legge, può interessare'.

Quando ero piccolo mio padre - che mi allevava alla tedesca - quando scopriva che non ero scattato giù dal letto all' ora prevista e che continuavo a sonnecchiare impigrito al calduccio sotto le coperte era solito strapparmele via di colpo guardandomi con aria di sfida.
Io non osavo ribellarmi - perchè oltretutto sapevo di essere 'in colpa' - ma ci rimanevo malissimo con una sensazione, ovvia, di freddo alle 'estremità' rimaste scoperte ma anche  di 'nudità' che non vi so descrivere.
E beh! E' stata la stessa cosa.
La piccola ‘guastafeste’- guardandomi anche lei con aria di sfida - aveva detto l' unica cosa che non avrebbe dovuto dire perchè io - pur avendola già pensata dentro di me - avevo cercato accuratamente di rimuoverla dalla mia ‘coscienza’, tanto da averla ben dimenticata.
Fare quanto lei aveva detto, infatti, avrebbe significato dover mettere allo scoperto una parte di me stesso, con le mie intimità, i miei limiti, le mie ‘miserie’. Avrebbe anche significato espormi alla curiosità e alla critica.
Non mi ricordo dunque cosa esattamente risposi , ma ricordo che mi ero abbastanza sentito punto sul vivo, come se 'lei' – da ‘maleducata’ - avesse voluto mostrare una curiosità 'indiscreta'. Comunque il senso della mia risposta fu che, sì..., ci avrei pensato…, con l' aria però di farle capire dalla mia espressione, e tono, che neanche per sogno lo avrei fatto.
Eppure lei aveva ragione, lo sapevo anch' io, e questo mi dava ancora maggior fastidio perché questa consapevolezza mi faceva  rimordere  la coscienza.
Sapevo infatti che la mia era una mancanza di coraggio nei confronti di una 'testimonianza' che avrei dovuto invece dare.
Ho dovuto prendermi, dopo, qualche mese di riflessione ed avevo persino preso in considerazione la rinuncia. Perchè un conto era scrivere quello che diceva la 'Luce': e cioè in pratica un susseguirsi di una serie di ‘lezioni’, e un altro era scrivere quello che 'io' avevo intimamente pensato dentro di me prima che la Luce mi 'rispondesse', o anche dopo.
Mi ero anche detto che avrei potuto inserire la mia parte del 'dialogo' ma poi celare il nome dell' autore attraverso uno 'pseudonimo'.
La mia testa di sinistra diceva infatti (ma allora non la sapevo ancora la storia della 'testa di sinistra e di quella di 'destra') che lo fanno tanti e la gente neanche se ne accorge, anzi uno pseudonimo sarebbe stato meglio: con tutte quelle curiosità 'morbose' che ci sono in giro... Perchè dare i propri fatti in pasto agli altri?
Vedevo nella mia immaginazione i lettori come tanti squali affamati con i denti affilati che saltano fuori dall' acqua del mare con le bocche spalancate. Mi auguravo anzi in certi momenti che nessuno lo leggesse, il libro. E gli 'psicologi', poi? Figurati - mi dicevo - cosa ti può andare a tirar fuori uno di quelli...
Dal ‘complesso mistico’ della ‘libido frustrata’, alla sindrome di megalomania di chi parla con la ‘Luce’, al senso di Potenza dato dal parlare 'come' una Luce, alla messa a nudo delle proprie miserie per un complesso inconscio di espiazione delle proprie colpe...a forme inconsulte di esibizionismo, egocentrismo, e via di seguito aggiungendo un 'ismo' ad ogni sostantivo negativo che mi veniva in mente.
Insomma è stata dura.
Ma poi deve aver vinto la mia testa di destra perchè mi son detto che la mia era una conversione e l' unico modo di rendermi utile - per mantenere il patto d'onore sottoscritto con la Luce durante quel ‘sogno’ laggiù sulle montagne del ‘Tibet’ - era quello di narrare per filo e per segno la mia storia, non tanto per farla conoscere, in sè e per sè, agli altri ma perchè altri ci trovino dentro qualcosa di sè e prendano il coraggio a quattro mani come sto cercando di fare io.
Dovevo dare una testimonianza di conversione, e la testimonianza la potevo dare solo spiegando, o almeno lasciando intuire, attraverso quale, a volte penoso, processo interiore di domande, di dubbi, di risposte, si potesse partire da un punto per arrivare ad un altro.
E' stata proprio dura – a volte da arrossire – ma, ora che mi è venuta la faccia tosta, sono qui col secondo libro che tento - dopo essere andato 'Alla ricerca' - di vedere se riesco ad arrivare 'Alla scoperta del Paradiso perduto'.
E quei miei cari amici, cioè i due genitori ‘acritici’ che – avendo già imparato ad ‘amare’ – avevano approvato senza riserve, erano proprio quelli che – la prima volta che erano venuti a trovarmi in campagna – mi avevano convinto a sottoscrivere l’ abbonamento di una rivista che si chiama ‘Città Nuova’, che è poi quella sulla quale - prima di addormentarmi - avevo sbirciato ieri sera il titolo dell’ articolo sulla ‘coscienza collettiva’.

Ora che vi ho spiegato l’ antefatto della Rivista, la prendo in mano, apro e leggo:

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DOMANDE ALLO PSICOLOGO di Pasquale Ionata

Coscienza collettiva

'Leggendo con molto interesse il suo ultimo libro Ottimismo, ho notato che lei cita il concetto di 'coscienza collettiva' da affiancare a quello di 'inconscio collettivo' di Jung... Di cosa si tratta?'
                                                                        Lettrice di Torino

Risposta:
Per capire il concetto di coscienza collettiva bisogna partire da una metafora: noi siamo contemporaneamente un cuore che batte e un singolo battito nel corpo chiamato Umanità. Einstein così si esprimeva: 'Un essere umano è una parte del tutto che chiamiamo 'Universo', una parte limitata nello spazio e nel tempo. Egli sperimenta se stesso, i propri pensieri e sentimenti, come qualcosa di separato dal resto, in una sorta di illusione ottica della coscienza. Quest' illusione è una sorta di prigione che ci restringe ai nostri desideri individuali e all' affetto per le poche persone che ci sono vicine. Abbiamo il compito di liberarci da questa prigione...'
E pare che la moderna psicologia, in particolare quella statunitense, con recenti studi scientifici stia dimostrando l' attendibilità di questa coscienza collettiva.
Ad esempio si è capito che la nostra mente, tramite l'emisfero destro, è in grado di entrare in contatto con il relativo emisfero di altre persone: è vero che siamo tutti uniti l' uno con l' altro. Questo avviene, per esempio, quando più persone sono in fase Alpha profonda, quasi Teta: quando le onde elettroencefalografiche di ciascuno vanno ad armonizzarsi fra di loro, mostrando un unico e identico pattern di onde, si parla di 'Sincronizzazione cerebrale'.
Sembra che durante la meditazione, dove si producono onde Alpha, i centri cerebrali con attività elettrica diversa l' uno dall' altro comincino a produrre onde in modo sincrono, come chiamati ad un' unica funzione.
Molti scienziati del nostro tempo hanno avuto esperienze in fase Alpha (ripeto è la fase caratteristica della meditazione, che ci permette di entrare in contatto con l' esperienza interiore, cioè con la nostra coscienza e di assistere ad una trasformazione enorme dell' individuo: si tratta di premi Nobel come Eccles, Jonson, Wig, Fritjof, Capra, il grande fisico Bohm, Sheldrake.
Quest' ultimo, per esempio, sostiene che le leggi dell' universo non sono immutabili ma sono abitudini che si possono cambiare: quando in laboratorio si sintetizza per la prima volta una sostanza organica è molto difficile farlo, però la seconda volta è più facile, anche se viene fatto da qualcun altro, che non è a conoscenza del procedimento già realizzato. Sheldrake dice che si crea un precedente: un 'campo morfogenetico', cioè uno schema invisibile ma esistente, che determina tutte le successive sintesi di quella sostanza.
In Inghilterra, parecchi anni fa, il latte era recapitato in bottiglie col tappo di stagno che venivano depositate sulla soglia delle abitazioni. Un bel giorno un uccello imparò a forare il tappo di stagnola e a bere un po' di latte. Improvvisamente, in pochissimi giorni, in gran parte dell' Inghilterra moltissimi uccelli si misero a fare la stessa cosa, tanto che l' ente responsabile dovette cambiare la confezione del latte.
Se a un topo si dà un determinato compito in un laboratorio, poniamo a Londra, se poi si fa lo stesso esperimento con topi diversi di un altro laboratorio, magari agli antipodi, i topi fanno questo stesso lavoro in un tempo inferiore e più facilmente.
Sheldrake sostiene che quegli uccelli, quei topi provocano un campo morfogenetico, cioè un campo che crea una nuova forma, una nuova possibilità.
Questa possibilità se è ripetuta, diventa a poco a poco una legge. Le teorie di Sheldrake sono state attaccate, considerate assurde e non plausibili, eppure sono state confermate da altri esperimenti e osservazioni, come ad esempio da Ken Lensey col suo libro La centesima scimmia.
Al largo della costa giapponese durante uno studio condotto su un gruppo di scimmie, si è visto che una femmina del branco aveva cominciato a lavare nell' acqua le patate dolci, prima di mangiarle. Ben presto altre la imitarono, e quando il numero di queste scimmie 'lavatrici' arrivò ad una certa soglia, lo stesso comportamento cominciò a manifestarsi anche in un altro branco, distante un centinaio di miglia, senza contatto con loro.
Da questa osservazione Ken Lensey avanzò la teoria della 'massa critica' di una specie, secondo cui una volta raggiunta una certa dimensione, il comportamento appare in tutti i membri della stessa specie.
La conseguenza di questo concetto è di grande importanza, poichè possiamo cominciare a coltivare fondamentalmente l' idea che se un numero sufficiente di persone pensasse, parlasse e agisse con un atteggiamento mentale positivo, con amore e reciproca armonia, raggiunta la massa critica, potrebbe esserne influenzata la stessa specie umana.
E come ha iniziato questo processo? Simbolicamente, con una scimmia che incomincia a lavare una patata e ha avuto il coraggio di agire in modo differente dal gruppo, seguita poi da un' altra scimmia, e da un' altra ancora, fino al raggiungimento della massa critica. Mediante questo 'movimento' della coscienza collettiva, una persona dal comportamento 'controcorrente' al proprio gruppo determina una maggioranza, e le patate che questa persona dovrebbe lavare si chiamano: apertura, ascolto, servizio, pazienza, ecc. tutte sfaccettature del ben noto 'farsi uno'.

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E ora eccomi qua a riflettere sopra queste considerazioni.
In sostanza, anche se qui viene solo appena alluso, mi sembra che vi sia proprio un accostamento fra il concetto di Carl Gustav Jung di 'inconscio collettivo' con quello - per certi versi analogo - di 'coscienza collettiva'.
Jung ne parla anche nel suo libro 'Inconscio, Occultismo e Magia' .
Egli non sapeva spiegarsi come mai popolazioni distantissime fra loro e che egli era virtualmente certo non avessero avuto mai contatti, fossero portatrici di comportamenti, aspetti culturali, e persino credenze religiose o 'miti', molto simili.
Se ben ricordo, dopo viaggi e studi egli concluse - con tutto quell' ampio margine di incertezze che secondo me è dovuto verso 'conclusioni' di questo genere - che i vari esseri umani dovevano essere in qualche misteriosa maniera collegati telepaticamente fra di loro, a livello inconscio.
E da qui - detto in maniera molto semplice, anzi semplicistica - il concetto di 'inconscio collettivo'.
L'idea dell' inconscio collettivo esercita su di me - appassionato di psicologia - un suo fascino perverso, e provo allora ad immaginarmela – per una mia personale e più ‘scientifica’ esigenza di razionalità - come una sorta di rete telepatica di tipo telematico (cioè come le ‘reti’ dei  computers) dove - mi esprimo alla buona per farmi capire meglio e non inorridiscano gli esperti di informatica - ognuno dei nostri 'cervelli’ rappresenta come un 'nodo intelligente’di accesso alla 'Rete' che collega i vari 'nodi', i quali contengono un loro 'specifico' bagaglio di informazioni che vengono messe a disposizione di chi si inserisce nella rete stessa..
Di norma, per accedere alle informazioni disponibili nella Rete (infomazioni costituite quindi dalle conoscenze ed esperienze sommate di tutti i 'nodi', cioè di tutti i 'cervelli' collegati alla Rete) bisogna chiedere l' accesso e pagare anche una tariffa. Avete presente Internet?
Ma nel caso dell' inconscio collettivo e della meditazione degli scienziati – mi dico invece - uno non pagherebbe, anzi 'ruberebbe', sintonizzandosi come una radio ricevente su una 'frequenza' di un' altra radio trasmittente: le due radio sarebbero cioè sintonizzate sulla stessa 'frequenza' di pensiero, ed ecco che zac!… salta fuori la risposta giusta sotto forma di ‘impulso radio' o ‘onda di pensiero’ telepatica che dir si voglia.
Salta fuori dalla nostra testa? No. E' lì il bello..., salta fuori da quella degli altri… che non si son neanche resi conto di averci inconsciamente dato una risposta che valeva milioni…Bello!
Ecco - mi dico sorridendo - scienziati, mistici, visionari, etc. possono dunque attingere senza saperlo alla 'Rete telematica della Conoscenza Superiore' e - con poco prezzo, anzi 'gratis' - far anche bella figura.
Loro non lo sanno ma - come dice l’ articolo sulla Coscienza collettiva - magari è tutta una questione di 'meditazione', tanto quanto basta per sintonizzarsi sulla fase 'Alpha profonda, quasi Teta...' , insomma tutto come quelle scimmie che lavano le patate per cui le altre scimmie, distanti qualche centinaio di chilometri, si mettono a lavar patate anche loro.
Mi viene però di colpo un dubbio: ma siamo noi umani che abbiamo insegnato alle scimmie a lavar le patate o saranno state le scimmie - visto che dicono che discendiamo da loro - ad averlo insegnato a noi, magari telepaticamente?
Questo potrebbe essere l’ argomento – per uno che ne abbia voglia – di un’ altra bella meditazione.
Comunque, mi dico cercando di tornare ad esser serio, non si può escludere che - come viene ipotizzato nell’ articolo laddove si parla di onde alpha e teta - negli stati di meditazione, nei quali l’Io si concentra profondamente ed esclude tutti gli stimoli esterni ed i disturbi che lo distolgono dal suo pensiero dominante, la mente diventi telepaticamente ricettiva rispetto ad impulsi 'mentali' che vengano da fuori, senza con ciò necessariamente postulare una coscienza o un inconscio ‘collettivo’.
Può darsi allora veramente - e d' altra parte la ‘disciplina’ della psicologia è appena agli esordi e la nostra psiche, che è poi la nostra anima, è ancora tutta da scoprire – che le famose ‘ispirazioni’ di certi scienziati – venute loro all’ improvviso proprio mentre meditavano assorti sul loro problema e talvolta anche quando, assorti, non ci pensavano – abbiano avuto origine da un diverso ‘livello di conoscenza’.
Infatti mi viene in mente un' altra ‘lezione’ della Luce che – nell’ altro libro e proprio sul tema di certe 'ispirazioni' - si era invece così espressa:

(G.Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 3 – Edizioni Segno)

3. Dio parla agli uomini per ispirazione... 

 

Luce:
Dio parla agli uomini per ispirazione. Sono secoli e secoli che parlo al vostro orecchio spirituale ma voi non intendete la mia voce perchè non volete ascoltare.
Le scoperte che ha fatto l' Umanità, le "piccole" scoperte tanto incomprensibili sul loro essersi formate quanto preziose per gli effetti pratici sulla vita dell' uomo son ben nate dietro mia ispirazione per soccorrere alle esigenze primarie di una Umanità "imbestialita".
Così si è evoluta l' Umanità. Perchè solo l' intelligenza unita all' Amore di Dio poteva farla migliorare e progredire.
Anche oggi non è l' umana scienza da sola, ma l' unione con Dio quella che può fare veramente progredire l' uomo.
Ove manchi l' unione è il progresso, ma verso la materia, verso l' annientamento della vostra essenza spirituale. E l' uomo è sempre più sordo alle mie ispirazioni, ma soprattutto alla mia Parola che viene irrisa. L' uomo separato da Dio non sale ma precipita nel baratro materiale e spirituale. Per questo devi vivere in Me.
Vivendo in Me ti fondi con il tuo Creatore e si realizza il ciclo chiuso dell' Amore. Il ciclo chiuso dell' Amore è la forgia che produce l' energia che regge l' universo, perchè tutto ha origine nell'Amore, come è nell' Amore il vertice del rapporto che lega la Trinità nostra.
L' Amore di Dio non è l' amore dell' uomo.

Sono in treno. Rientro da un viaggio di lavoro a Roma e sono comodamente abbandonato allo schienale, mentre la carrozza fila via silenziosa e la stupenda campagna romana mi balza incontro dal finestrino.
Medito. Le 'piccole' scoperte...
Mi ero sempre chiesto, ad esempio, come avessero mai fatto gli uomini, sin dall' antichità, a conoscere le proprietà delle erbe...
Mi ero detto: quegli 'stregoni'... avranno ammazzato tante di quelle persone che alla fine, per 'esperienza', di generazione in generazione, avranno imparato. Oppure avranno avuto, certe persone, una 'sensitività' particolare, come ad esempio quella del 'rabdomante', o 'radioestesista' che dir si voglia, che 'sente' e trova l' acqua o gli idrocarburi, o certi minerali facendo risparmiare sui costi di 'perforazione'. Sono fenomeni comunissimi, questi della ricerca dell' acqua, conosciuti da millenni e che ancora oggi nelle campagne vengono utilizzati per scavare pozzi.
E la medicina omeopatica? Hanno scoperto fin dall' antichità che, se si somministrano ad un malato (similia similibus curantur)                                                     in piccole dosi quelle sostanze che nelle persone sane produrrebbero gli stessi sintomi che si vogliono combattere nel malato, il malato guarisce. Se non muore prima... mi dico sorridendo fra me e me.
Mi viene in mente la storia del Re Mitridate che, per paura di morire avvelenato, si 'assuefaceva' ai veleni assorbendone in piccole dosi per immunizzarsi. Pare che funzioni...
D' altra parte non potrebbe essere lo stesso principio delle vaccinazioni mediante le quali viene inoculato un agente patogeno, un virus indebolito, che ha il compito di attivare le difese immunitarie dell' organismo?
E l' agopuntura dei cinesi? Roba da matti. Pungi un dito di un piede e ti risponde la spalla... o la testa. Come avranno mai fatto ad 'indovinare' centinaia e centinaia di punti 'nervosi' sottocutanei pungendo i quali ti guariscono da un disturbo o da una malattia?
E' pazzesco. Ci vuol proprio una pazienza da ...'cinese'.
Non me lo spiego 'umanamente'. La nostra medicina, basandosi peraltro sulle esperienze degli antichi, fa invece delle 'prove' in laboratorio, esperimenta sulle cavie e poi sugli uomini, poveri loro!.
Ma  ve li vedete i cinesi a punzecchiare le persone per vedere se pungendo l' alluce gli passa il mal di stomaco? Non è possibile.
E allora rimane l' ispirazione. Che cos'è l' ispirazione? Che cos' è la 'sensitività'? Non è forse un 'sentire' un qualcosa? Un sentire l' idea di un 'qualcosa'? La 'sensazione' non è forse un' idea non ancora messa bene a fuoco, più o meno conscia, ma comunque sufficiente a farti fare quella determinata cosa? E allora perche' Dio non avrebbe potuto ispirare degli uomini, uomini con particolari doni 'naturali, dei 'sensitivi' appunto, per aiutare l' umanità, senza che questi si rendessero neanche conto di essere stati 'ispirati' ?
Come avrebbero potuto mai del resto capire che le idee che gli venivano in mente erano 'ispirazioni'? Certo la sensitività può essere anche una qualità semplicemente 'naturale', come la creatività, la capacità di dipingere, di scolpire, di scrivere, un dono naturale insomma. Ma quando è dono naturale o è 'ispirazione'? Dove finisce l' uno e comincia l' altra?
E per tornare al mondo della ricerca scientifica 'occidentale', non è stato forse scritto che molte delle più grandi scoperte 'scientifiche' sono avvenute come 'per caso'?
Per caso? Che cos' è il caso? Cos' è il 'caso', realmente? Cosa sono state certe 'intuizioni', i famosi 'lampi di genio', di tanti medici e scienziati?
L' intuizione, o 'ispirazione' che dir si voglia, non è forse un' idea che ti 'viene' all' improvviso, come se venisse da un mondo estraneo (gli yoghi orientali direbbero: da un diverso livello di coscienza, la 'coscienza cosmica'), talvolta quando non pensi neanche a quella certa cosa, talvolta quando sei invece 'assorto' sulla stessa ma con la mente non propriamente vigile e attiva, e cioè più facilmente 'raggiungibile' da comunicazioni telepatiche, essendo stato parzialmente rimosso il controllo dell'io dal livello della 'coscienza', controllo 'vigile' che costituirebbe altrimenti come una 'barriera'?
E nella musica? Queste meravigliose composizioni, che ci hanno fatto dire tante volte: "ma questo è 'ispirato'..."  e che ti trasmettono delle vibrazioni interiori, delle emozioni profonde? Come possono delle semplici 'percussioni' acustiche di strumenti raggiungere l' orecchio e trasformarsi in suoni 'emotivi'?
La spiegazione scientifica c'è, lo sappiamo. Ma è la spiegazione dell'emozione che manca.
Perchè un certo suono procura una emozione e la procura indistintamente a tutti, come se ognuno di noi avesse codificato dentro al proprio Dna mentale  un concetto 'assoluto' del 'bello' che, in quanto tale, suscita 'emozioni'?
Come una poesia, no? Non suscita anch' essa delle emozioni tanto da farci dire che anch' essa è 'ispirata' ?
Ispirata da che? Dalla Musa? Ecco la Musa. Gli antichi forse avevano colto nel segno. La Musa era una sorta di 'Dea'.
L' ispirazione gli antichi  greci e romani l' avevano collegata a Dio.
Ma perchè, perchè queste 'ispirazioni' suscitano 'emozioni'?
Può un cervello 'freddo', un organo come lo potrebbe essere un altro, molto più sofisticato ma pure un 'organo', subire 'emozioni'?
Oppure le emozioni sono qualcosa che coinvolgono qualcosa di più profondo e nobile di un mero 'organo', la 'psiche' appunto, intesa non come elaborazione di pensiero prodotta da un 'organo', ma come un qualcosa di 'spirituale' che 'utilizza' lei stessa l' organo per comunicare con il mondo esterno?
Quale è il rapporto fra Psiche e Anima ?
La filosofia yoga, i più grandi 'yoghi', spiegano infine che alterando con tecniche particolari (aspirazioni, espirazioni, posture particolari del corpo, ecc) il nostro stato di coscienza ci possiamo mettere in contatto con il mondo preternaturale, con la Sapienza, cioè con la Conoscenza, che viene da un altro 'livello', un livello 'superiore'.
E cosa potrebbe allora essere questo livello di ispirazione se non il 'livello' di Dio?
Ecco, mentre il 'Pendolino' fugge via veloce, in un' atmosfera confortevole, fresca e ovattata, e le immagini della campagna scorrono  rapide davanti al mio occhio che non le vede, penso pensoso a tutte queste cose...e mi dico: perchè mai non potrebbe Dio parlare veramente agli uomini per 'ispirazione'? Perchè no?

***

Rimango pensieroso a riflettere su quest’ ultima frase e mi dico alla fin fine che l’ispirazione di Dio mi convince di più dell’inconscio collettivo, della coscienza collettiva, del campo morfogenetico e della massa critica della … ‘centesima scimmia’.