(p. Dolindo Ruotolo: ‘La Sacra Scrittura – Giobbe’- pagg. 68/70 - Apostolato Stampa)
(G. Landolina: 'Alla ricerca del Paradiso perduto' - Capp. 25-26 - Edizioni Segno)

14. Il combattimento spirituale di Giobbe

14.1 – Satana è una forza disastrosa, ma è dominata da Dio

Stanotte devo aver dormito sodo perchè mi sono svegliato all' una (di notte) credendo che fossero le sei (del mattino) per cui - avvertendo che mia moglie era già sveglia - le ho chiesto insonnolito se dovevo portarle il caffè...
'No -  mi ha risposto - mi basterebbe una pastiglia per il mal di schiena'.
'Cose che capitano…', le ho risposto io, dopodichè – guardandomi bene dall’ andar giù di sotto a prenderle la pastiglia - mi son rigirato dall' altra parte come se niente fosse e   mi sono riaddormentato.
Ma stamattina, quando mi sono svegliato, questa volta veramente alle sei, il dolore le era passato: il che dimostra che se avessimo la 'pazienza' di Giobbe tante magagnette ci passerebbero da sole senza ricorrere a tutte quelle medicine che ci avvelenano.
Già..., Giobbe.
L' avevamo lasciato nel momento in cui lui - dopo aver detto alla moglie, che lo aveva rampognato di brutto,  che lei parlava come certe donne insensate - riceve la visita di tre suoi amici che, venuti da lontano per consolarlo, prima non lo riconoscono neanche - tanto è malridotto - e poi si accampano vicino a lui per sette giorni e sette notti senza dirgli una parola, perchè al vederne il dolore e la disperazione non hanno coraggio di aprir bocca.
A questo punto il Giobbe, al vedersi questi che gli girano intorno, muti ma ben in salute (il mio racconto è sempre in versione 'libera'), viene preso da un accesso di disperazione e levando gli occhi al cielo - come spesso si fa in questi casi - maledice non Dio ma la notte in cui egli venne concepito ed il giorno in cui nacque: lo fa in una maniera molto 'poetica', è vero, ma è sempre una 'maledizione'.
Poi rimpiange di non essere morto prima di nascere, poi ancora di non essere morto appena nato: perchè adesso - anzichè soffrire come una bestia - almeno riposerebbe nel ‘sonno’ come riposano anche i re ed i potenti.
Nella morte - continua Giobbe - perfino gli empi cessano di operare e nella morte riposano anche quelli che non ne possono più. E quelli che prima erano perseguitati, vengono finalmente lasciati in pace dai loro aguzzini. La morte rende tutti uguali, il piccolo come il grande, ed il servo non è più servo del suo padrone.
Giobbe si domanda infine perchè mai Dio debba dare la vita a chi sarà poi condannato ad una esistenza di miseria materiale o a chi dovrà patire sofferenze morali e spirituali. Tutte persone, queste, che non fanno altro che aspettare una morte che non si decide a venire, che agognano scoprirla come uno che cerchi un tesoro e sono finalmente felici solo quando si vedono prossimi ad entrare nella tomba.
Perchè - si domanda ancora Giobbe - Dio concede la vita a degli uomini che non sanno neanche cosa quella vita riserba loro, visto che Dio nasconde loro il futuro?
Giobbe - dietro a questi interrogativi che, detti così, potrebbero sembrare 'filosofici' - ha invece di fronte al proprio occhio mentale la drammatica realtà di se stesso: il suo aver sempre onorato e amato Dio, l' abbondanza dei beni materiali che aveva avuto: case, terreni, armenti su armenti, tanti servi e inoltre beni anche morali e spirituali, come l' affetto dei dieci figli, non parliamo della moglie.
Egli confronta la sua  vecchia realtà con quella nuova di ora: povero, anzi misero,  senza più affetti nè dignità, sfuggito da tutti, disprezzato persino dalla moglie, la compagna della sua vita che pur aveva goduto del benessere e dei momenti felici e si vede lì in lacrime, mentre singhiozza sulla propria sorte, ricordando come certi suoi timori del passato, certe sue ansie per il futuro, abbiano finito per avverarsi ed egli - che pur si riteneva senza colpa - abbia finito per essere colpito dall' indignazione di Dio.

Rimango a meditare e - immedesimandomi nella scena - non so che dire, tanto è drammatico  il quadro di questo Giobbe che mi vedo lì, vestito di cenci, pieno di piaghe, semiesausto e sdraiato fra montagne di spazzatura, vicino ad una capanna, mentre singhiozza e mentre i suoi amici della vita felice di un tempo - loro sì in salute e ben pasciuti - lo guardano e lo ascoltano esterrefatti e muti...

Ricomincio allora a riflettere passando nuovamente in rassegna dall'inizio le varie fasi del 'lamento' di Giobbe:

Giobbe alza gli occhi al cielo non per maledire Dio - quel Dio che lui credeva suo amico, anzi Padre, a cui egli certamente si rivolgeva ogni giorno nelle sue preghiere sacerdotali chiamandolo: 'Abbà, Padre mio' - ma per maledire il giorno in cui è stato concepito, quello in cui è nato ed il periodo successivo, da infante, in cui è poi vissuto senza che Dio lo togliesse invece dalla faccia della terra.
In realtà questa non è una 'maledizione' ma un pianto di disperazione, un lamento accorato dell' uomo che soffre e che se la prende con se stesso in uno sfogo quasi suicida dove la morte viene vista come una liberazione.
Giobbe però, anziché ‘maledire’ Dio – come vorrebbe urlargli dentro il suo ‘io primordiale’ – resiste, combatte e vince la tentazione e se la prende con  la ‘sorte’ crudele, chiedendosi semmai perché  Dio non eviti questi dolori a lui come a tutti gli altri che soffrono.
Dio comprende la nostra sofferenza e ci compatisce se ci vengono in mente pensieri autodistruttivi, perchè conosce la nostra debolezza e la nostra umanità, ma poi vuole che noi reagiamo tenendo sempre presente che l' obiettivo di questa nostra vita - non voluta così da Dio ma provocata così da Satana e dagli stessi uomini: 'satana' anch' essi - è la vita eterna, eternamente felice, dove ognuno sarà ricompensato il centuplo di quello che - in amore o sofferenza, in amore e sofferenza - avrà dato.

Mi domando: quanti saranno i 'Giobbe' di questa terra?
Basta accendere il televisore e subito appaiono immagini di popolazioni inermi, che vivono in regioni dove imperversano carestie ed epidemie e dove, a gente che già non aveva niente, viene tolto anche quel niente: la vita.
Vecchi macilenti e magri come chiodi, bambini seminudi con la pancia gonfia dove l' unica cosa bella e viva è rimasto lo sguardo, l' occhio, la pupilla, perchè è la sede dell' anima, ma un' anima che anche in un bimbo ha lo sguardo velato da una sofferenza che il sorriso - che è pur dono di Dio - non riesce a nascondere.
Eppure avevo letto in un libro di La Pierre: 'La città della Gioia', che nonostante queste miserie, questi abbrutimenti fisici e psichici, molti riescono ancora a provare momenti di gioia. Perchè? Mi domando. Perchè 'gioia'? Cosa hanno da 'gioire', questi? Come fanno a gioire? Cosa è? E' assuefazione al dolore? Ma ci si può assuefare al dolore?
La psiche umana - considerata la cosa da un' ottica materialista e positivista - ha forse delle capacità psicologiche di adattamento insospettabili - oppure - vista la cosa da un' ottica spirituale - è Dio che, per pietà, ha dotato a priori di questa capacità la nostra Psiche per aiutarci a sopravvivere anche in una situazione diffusa di 'dolore', senza precipitare nella disperazione più totale, nell' annichilimento, nel suicidio?
Oppure, ancora,  non sarà magari Dio che di volta in volta - magari attraverso l' angelo custode – ci aiuta mettendo davanti al nostro occhio mentale una lente rosa che ci fa sembrare tutto un poco più sopportabile, anzi tutto sommato accettabile, quasi una gioia, anzi una gioia, come nella 'Citta della gioia'?

Giobbe rimpiange la morte, la rimpiange ma - e questa è un' altra battaglia che egli vince contro la 'tentazione' che gliela fa desiderare - non se la dà.
Ed io mi domando, pensando alle pagine dei giornali dove ho letto di tanti suicidi, quale deve essere stato l' abisso di disperazione nel quale costoro dovevano essere sprofondati.
Non avranno avuto le piaghe di Giobbe, non avranno perso armenti e case, ma certamente devono aver avuto le loro disgrazie e poi averle 'vissute' in maniera drammatica.

A volte stupisce come la stessa cosa possa essere vista da persone diverse in maniera completamente differente. E questo non perchè uno tenda a sottovalutare le cose che capitano agli altri e in cui non è coinvolto in prima persona sul piano emotivo ma perchè la nostra psicologia risponde a delle modalità di visione individuali, il nostro intelletto si prospetta delle verità, arricchite dalla fantasia, che non sono verità assolute, cioè che non hanno un valore 'oggettivo', cioè sono 'soggettive', sono le verità di quella persona, di più, sono le verità che quella persona in quel momento vede, perchè - dopo - le stesse cose si vedono magari in maniera diversa.
A chi di noi non è già capitato qualcosa di simile?
Come mai questi fantasmi? Come mai questo desiderio di autodistruzione che porta  a fare atti inconsulti?
La sofferenza può essere provocata da un fatto 'oggettivo' ma è sempre soggettivo il modo di viverla.
Credo che uomini veramente felici non ne esistano perchè l' uomo – anche quando non avrebbe ragioni oggettive per soffrire - le ragioni se le va a cercare, se le ‘inventa’, facendole uscire dalla sua Psiche dando corpo - appunto - anche ai fantasmi.
Quale è dunque il senso, il ‘segreto’ della sofferenza?
Questa credo sia veramente la domanda per eccellenza della nostra vita.
Noi non ci interroghiamo sul perchè della nostra felicità perché quella la consideriamo scontata, ma la 'sofferenza' invece è quella che ci colpisce, che ci schiaffeggia, che ci tramortisce al punto da farci talvolta invocare la morte come una liberazione, come fa Giobbe, facendoci chiedere perché, perché proprio a noi è capitato.
L’ ultima riflessione che faccio sul brano di Giobbe è infine questa: egli – come tanti di noi senza che neanche ce ne accorgiamo, anche in altre circostanze meno drammatiche della nostra vita – ha probabilmente vissuto - nel momento in cui, disperato,  ha ‘maledetto’ la sua vita - uno dei punti più alti del ‘combattimento spirituale’ fra la sua anima e Satana che presentava alla sue mente quelle perverse suggestioni.
Quella maledizione alla vita che potrebbe infatti sembrare – viste le circostanze  - una innocua e del tutto umanamente comprensibile invocazione alla  morte, uno  sfogo  legittimo  -   può essergli stata in realtà proposta dall’Altro come una subdola suggestione, un suggerimento surretizio a togliersi la vita, quella  vita dataci da Dio come se fosse la cosa più bella al mondo ma che – atroce ironia della sorte - non valeva la pena di essere vissuta: rifiuto di una Vita che però  appartiene a Dio, rifiuto che sarebbe equivalso al gettare in faccia a Dio la ‘sua’ vita, quella vita che Lui ci ha dato ma dalla quale ci siamo sentiti traditi come se in realtà a tradirci fosse stato Dio stesso.
Ma questa nostra vita terrena è destinata a trasformarsi in vita soprannaturale di vita eterna: vita di figli di Dio, e il privarci della vita, come sopprimere un’ altra vita, significherebbe privare violentemente Dio della vita di un suo figlio, privare un padre, il Padre, di uno dei suoi figli.
Cosa potrebbe Satana desiderare di meglio dall’ uomo, in odio all’ uomo e al Padre?
In un sol colpo l’ uomo - in un momento di disperazione che culmina in un atto di rifiuto e di superbia - si toglie la propria vita, che in realtà non gli appartiene perché è di Dio che l’ ha creata, mentre Dio viene colpito negli affetti più cari.
E se l’ uomo non reagisce, se non vuole reagire, se si rifiuta con il suo libero arbitrio di seguire la voce della coscienza che dal di dentro lo implora  di non farlo, finisce anch’ egli per percorrere il suo cammino fino in fondo: fino in fondo alla tela, alla tela del … Ragno.
Don Dolindo Ruotolo (il quale - basta leggere la sua autobiografia - in fatto di sofferenza  se ne intende perchè, se è vero che lui l'ha chiesta per farsi vittima  d' amore per la salvezza degli altri è anche vero che gli altri lo hanno mal ripagato senza lesinare nella misura) ha una sua teoria interessante, che io pari pari vi trascrivo riprendendola dal suo libro 'Giobbe' (pagg. 68/70) e lasciandone a lui tutta intera la... responsabilità:
    
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Le pene della vita sono in realtà una valvola di sicurezza che impedisce al nostro orgoglio di giungere a tale pressione da scoppiare.

Lo spirito maligno ci insidia in tutti i modi, e come volle avvelenare la felicità dei nostri progenitori, così si sforza di avvelenare la nostra.
Dio gli permette di provarci, ma si serve di lui come un macchinista si serve del vapore della locomotiva per metterla in movimento sapientemente.
Il vapore di per sè è una forza che tende al disastro perchè non ha, diciamo così, altra attività che quella di forzare le pareti che la comprimono, e non tende che a scoppiare.
Se avesse la ragione non avrebbe per nulla l' intenzione di muovere la macchina ma solo quella di spezzarla per evadere. Il macchinista gli permette l' uscita solo dove può essere umile servo, lo incanala verso lo stantuffo, utilizza la forza disastrosa in forza motrice, in forza di arresto, in freno del pesante convoglio.
Il vapore è costretto ad operare come vuole il macchinista; non è un trionfatore, ma un servo, non è un dominatore ma un dominato.
Il paragone è preciso; satana è una forza disastrosa che non vuol produrre che rovine, Dio lo domina e gli permette di agire su di noi solo quando la sua azione può mutarsi in forza motrice o in freno.
Satana a volte non può farci che un piccolo male, non può turbare tutto l' organismo come vorrebbe, ma è costretto ad un' azione minima; egli è contento anche di questo, e ti fa un dispetto, ti fa rompere un vaso prezioso, ti cagiona un mal di capo, un turbamento di stomaco, una storta al piede, o ti aizza contro l' ira di una persona e ti fa insultare.
Tutto questo è vapore che muove la tua vita, che ti distacca da una stoltezza, che ti fa espiare una colpa, che ti umilia salutarmente, che ti rimette in equilibrio.
Questa è la provvidenza delle umane penee perciò Dio permette che satana ci giri intorno.
Invece dunque di agitarci, bisogna mutare in bene ogni affanno, bisogna subito seguire l' invito della Grazia, affinchè satana non pigli il sopravvento, e trovando fiacca l' anima nostra non vi produca una rovina.
Quando la vita si muta in un' attività soprannaturale di virtù e di sapienza, non è più un' oppressione insopportabile, ma è un lavoro paziente di cesello, è corsa nello stadio per la conquista dell' eterna corona, e satana con le sue insidie, con le sventure che cagiona, con i malanni, con i dispetti, non è che l' umile servo, l' umile vapore che mette in moto le parti morte della nostra attività.
Che cosa mirabile è la vita considerata da questo punto di vista! Ecco, tu hai una prosperità, hai avuto del denaro, per es.,  ed hai rifatto la tua biancheria. Il tuo cuore è tutto attratto a quei fagotti candidi di lini, di lenzuola, di fazzoletti. Non passa il giorno che un mal di capo già ti affligge, o una piccola sventura ha colpito uno della tua famiglia.
E' il dispetto di satana, ma è anche la valvola aperta che impedisce che tu ti attacchi con avarizia a quella roba.
Tu non te ne accorgi, ma quel piccolo male è come il manometro che segna una pressione troppo forte, è lo sfogo di una miseria che ti nuoce spiritualmente ed anche corporalmente.
Sicuro, anche corporalmente, perchè quella gioia troppo viva e troppo materiale sconvolge anche il sangue; Dio, da mamma, ti mette in equilibrio, permettendo a satana di farti un dispetto.
Tu fai un pranzo abbondante e succulento, ma non accade quasi mai che non si rompa un piatto, o che non senta il fastidio dello stomaco gravato, o che non ti capiti un disappunto. La piccola pena non ti fa concentrare nel cibo, e tu magari desideri i tuoi frugali desinari giornalieri come una manna.
Tutto è ponderato dalla materna mano di Dio, e per questo noi dobbiamo riguardare le pene giornaliere nella sua adorabile volontà, perchè se esse sono insidie di satana, in realtà per noi sono disposizioni della divina bontà.
In tal modo la vita non avrà nulla di maledetto; anche il male sarà come la goccia di veleno che ristabilisce i palpiti del cuore, che riordina la funzione di un organo, che uccide la virulenza di un microbo e produce la sanità.'

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14.2 – Il significato della ‘croce’

Rimango a meditare su questo aspetto del 'ruolo' di Satana così come viene visto dal Ruotolo.
Non è facile dar ragione a questa sua certezza, perchè la nostra incredulità è dura a morire e tutto ci sembra così irreale.
Ma quando mi vengono i dubbi e penso che quello che attiene al mondo dello spirito sia troppo irreale, io mi sforzo ogni volta di riportare l' oggetto del mio pensiero alla composizione della materia, solida apparentemente ma in realtà composta di atomi invisibili, a loro volta composti da particelle come neutroni, protoni, elettroni, ecc., insomma praticamente da un qualcosa che – come ho già detto - potremmo definire, sia pur impropriamente, 'elettricità', cioè praticamente ‘vuoto’.
Oppure penso al macrocosmo, a quelle centinaia di miliardi di stelle che sono nella nostra galassia, e agli altri miliardi di galassie che contengono a loro volta, ciascuna, miliardi, decine di miliardi di stelle, tutte in fuga verso l' infinito dal momento del Big Bang, quindici miliardi di anni fa.
Beh, se penso a questo che è tutto così irreale, ma so, sappiamo tutti che invece è 'reale', mi dico che può essere ben 'reale' quello che dice il Ruotolo, che non è un 'Ruotolo qualunque' perché - a ben leggere tutte le opere che ha avuto il ‘dono’ di scrivere – in fatto di ‘irreale’ se ne intende. 

Ma per capire  le cose che ha spiegato don Dolindo bisogna partire da un presupposto di base senza il quale non si ha la chiave per comprendere questo linguaggio spirituale misterioso.
La 'chiave' è che Dio è Spirito, che ha creato esseri puramente spirituali, cioè gli angeli, e poi gli uomini, che sono un mix di spiritualità  (spirituali cioè nell' anima infusa nel corpo) e di carnalità, la quale è necessaria a vivere in un mondo materiale.
La carnalità era di per sè buona, per come venne concepita e ... creata, ma l’uomo era anche libero e -  nel suo libero arbitrio –  si lasciò tentare da Satana, disobbedì, peccò nell’ amore verso Dio, perse la Grazia cioè lo stato di amicizia con Dio, con i suoi doni.
Egli venne quindi sopraffatto dal  disordine spirituale dal quale sono nati sia la degenerazione delle doti morali e spirituali, che tanta sofferenza  provocano a noi stessi e al prossimo, sia la caducità della natura umana diventata soggetta alla malattia e alla morte.
Sembra fantascienza, vero? Ma cosa c' è di più fantascientifico di Dio?
E la storia della Creazione - dalla caduta degli angeli ribelli alla creazione dell'uomo, dalla caduta dell' uomo alla incarnazione di un Dio venuto ad insegnarci la dottrina dell' Amore per consentirci, attraverso la sofferenza provocata da Satana anzi grazie a questa sofferenza, di guadagnarci con merito il Premio di una felicità eterna - è la storia più fantascientifica che ci possa essere, ma comunque meno fantascientifica di questo universo fantascientifico che ci troviamo di fronte: composto da miliardi di galassie in fuga verso l'infinito, ognuna contenente miliardi, centinaia di miliardi di stelle e pianeti. 

In questo quadro dell' Umanità decaduta dopo il Peccato originale, Satana dunque si inserisce di suo con i suoi angeli ribelli, e sobilla e soffia e mette zizzania e danneggia per seminare incomprensione, dubbio, distruzione e morte.
E tutte le opportunità sono buone, dalla più piccola alla più grande, perchè egli non lascia mai nulla di intentato, perchè egli è veramente l' infaticabile.

Questo discorso della caducità dell'uomo, di questa perfezione originaria poi violentata dal Ribelle, mi ricorda un paio di insegnamenti della Luce al 'catecumeno'.
Andiamoli a rileggere, perchè aiutano ad inquadrare meglio  tutto questo discorso su Giobbe che riguarda la sofferenza:

(G.Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 25,26 – Ed. Segno)

 

25. L' uomo è così come Dio lo voleva, una minor perfezione che rispecchia il suo Autore.
Ma
Dio voleva per l'uomo la Gloria...

La mia vita di uomo di città che ha scelto di trasferirsi a vivere in campagna è  stata una vita, in questi ultimi anni, da 'pendolare'. Il mattino parto con il mio comodo treno e la sera rientro con uno altrettanto comodo. Non è che io sia pagato dalle Ferrovie per far loro 'pubblicità' ma, rispetto al viaggiare in auto, è proprio tutto un altro viaggiare. Mi prendo un caffè alla stazione, i giornali, il mio libro prediletto del momento lo conservo sempre nella valigetta da lavoro, mi accomodo sul sedile, vicino al finestrino e - se non ho qualche amico con il quale scambiare due chiacchere - leggo... Anzi leggo sempre, ed è per questo che - rifletto - in tanti anni non ho quasi potuto farmi amici in viaggio. Dunque, dicevo, anche stamattina sono in treno e mi colpisce una frase di un brano che stavo leggendo - questa volta è la Madonna che parla alla mistica - e che dice: '...l'uomo è così come Dio lo voleva: una minor perfezione che rispecchia il suo Autore...'. Mi sembra una frase 'criptica', anche sibillina, perchè mi sembra che non venga spiegata dal testo che precede o che segue, e rimango un poco soprappensiero a riflettere sul suo possibile significato...

Luce:
L' uomo è così come Dio lo voleva: una minor perfezione che rispecchia il suo Autore. Hai letto in passato delle religioni antropomorfe, cioè di quelle religioni in cui i credenti si fanno un' immagine di Dio a loro... immagine e somiglianza. Suggestioni sataniche sono, suggestioni della Scimmia che 'imita' sempre l' Eterno e che, fra i tanti inganni,  ha escogitato anche questo: che Dio assomigli all' uomo, satanico! Ma poichè l' Imitatore falso è, ma l'imitazione, proprio perchè tale, sempre presuppone un punto di contatto di verità, nel caso nostro, di questa nostra spiegazione, il punto di contatto sta nella 'immagine e somiglianza', non di Dio all' uomo - chè questo significa volerlo sminuire, e questa era l' intenzione, anche, del Satana - ma dell' uomo a Dio.
Ma quale immagine? Perfetta? Quale somiglianza?
Non perfetta, perchè il 'creato' non può essere perfetto come l' Increato, il Potente, l' Infinito, il Buonissimo, l' Intelligentissimo, ma immagine e somiglianza minore - non direi imperfetta - per 'assomigliare' all' Autore, Autore e Padre.
I Primi Due, in effetti, erano umanamente perfetti, cioè perfetti nel loro essere umani. Perchè perfetti? Perchè pieni di 'Grazia', e la Grazia viene da Dio. La Grazia è Pienezza di Dio: la Grazia dell' uomo primo, dell' uomo  prima del Peccato, chè la Grazia nell' uomo attuale, anche battezzato, anche in 'Grazia', risente ormai delle limitatezze imposte dalla Ferita, rimarginata dalla Medicina della Redenzione e dei Sacramenti ma che pur ha lasciato le sue conseguenze in uno spirito, ritornato vivo, ma debilitato e continuamente soggetto a ricadute.
Ritorniamo al 'tema': L' uomo è così come Dio lo voleva, una minor perfezione...!
Ma - come ti dissi - Dio voleva per l' uomo la Gloria, per l' uomo come per il suo Cristo.
E come non risparmiò al suo Cristo la Croce, per dargli la Gloria e il Popolo, così ai suoi 'figli', proprio perchè somiglianti ma imperfetti, concede la Croce perchè questa sia occasione di Gloria, per diventare Popolo di Dio in Cielo ed avere il Cristo, il Figlio, il Fratello, come Re.

Rimango sbalordito ed un bel po' a rimuginare... Qui il discorso diventa sempre più 'difficile', mi dico. Ma insomma Dio ci voleva perfetti o  piuttosto imperfetti per poterci guadagnare - attraverso la 'croce' - la 'Gloria', cioè il Paradiso celeste che altrimenti non avremmo meritato? Allora Satana non rovinò la 'frittata' al Signore, rovinando con la tentazione del Peccato originale i primi due progenitori, ma fu in realtà uno 'strumento' inconsapevole nelle mani di un Dio che vedeva più lontano, molto più lontano di lui, e che vide nella caduta che i primi due si procuraroro volontariamente e liberamente - e nella conseguente debolezza spirituale, morale e fisica dell' uomo - proprio il mezzo che  avrebbe consentito  all' uomo l' opportunità di combattere contro i propri cattivi istinti e - attraverso la sofferenza di questa vita, attraverso la 'sua' personale 'croce' - guadagnarsi la 'Gloria'.
Mi sbaglierò certamente ma sembrerebbe quasi che se i primi due non avessero peccato, i successivi non avrebbero potuto 'meritarsi' di diventare 'popolo di Dio'. Allora - forse - la nostra imperfezione, rientrava ab-initio nei piani di Dio, non fu un sovvertimento imprevisto dei suoi piani al quale Dio pose poi rimedio 'scrivendo dritto sulle righe storte' o volgendo il Male in Bene, ma la nostra fu una imperfezione in un certo qual modo 'necessaria' per consentire da un lato a Cristo - dopo averci indicato la strada della salvezza ed essersi anche cruentemente sacrificato per noi ed aver superato la 'sua' Prova - di avere la 'sua Gloria ed il 'suo' Popolo di Santi, e dall' altro lato a noi uomini, figli 'minori' divenuti umanamente  'imperfetti' , di 'meritarci' - attraverso le nostre sofferenze  di questa vita ed i nostri sforzi per diventare migliori - la Gloria del Paradiso, diventando Popolo di Dio  ed avendo Cristo come Re.
Quindi - continuo nella mia elucubrazione che forse è sballata - la sofferenza ed il male non sarebbero una anomalia, un 'errore' della creazione, ma un tassello indispensabile alla perfezione di un Progetto che per essere 'perfetto' doveva prevedere da un lato un Sacrificio Perfetto: perchè di un Dio, e perchè frutto di amore perfetto, e dall' altro che la Gloria,  per l' uomo, di una vita felice ed eterna (ripeto: felice ed eterna!)  dovesse essere - per giustizia - meritata.
Infatti - mi dico sempre nel mio soliloquio mentale mentre tengo un occhio al finestrino per ricordarmi di scendere alla mia fermata di stazione - non mi aveva mai 'convinto' una cosa: se Dio è perfetto, se è eterno, se da sempre 'Lui' sapeva, se aveva 'pensato' un Progetto creativo (nè si può pensare che Egli non lo avesse 'pensato' prima), non poteva, non poteva lasciarsi... 'rompere le uova nel paniere' da un Satana qualsiasi, un angelo creato, grande finchè si vuole ma sempre creato e 'distruttibile'. L' errore dell' angelo, la sua ribellione, ancorchè  liberamente realizzata, rientrava dunque perfettamente in un 'Progetto di Gloria', per Dio e per l' uomo, che non sarebbe stata vera 'Gloria' se le cose non fossero andate così.
Questa mia riflessione - come ho detto - sarà anche sballata ma mette a posto nella mia testa un elemento del 'puzzle' che non sapevo dove collocare e che ora mi completa il 'quadro': infatti in tutta questa storia della creazione, in tutta questa storia della ribellione di Lucifero e dell' uomo, mi sembrava quasi che ne uscisse una immagine... 'imperfetta' di Dio, quasi fosse stato un Dio che in qualche modo aveva dovuto 'subire'  eventi che non poteva controllare... Che 'non poteva' ? Che non poteva o 'non voleva'? Mah!...
Mi dico fra me e me che le 'elucubrazioni filosofiche' che io 'contestavo' a Jean Guitton mi sembrano ora quelle di un 'apprendista' rispetto alle mie 'contorte'. Per di più mi si confondono  un poco  le idee. Scusatemi, ci ripenserò in un altro momento...

26. Peccato originale, Croce e... Gloria.

Leggo sui 'Quaderni' una serie di interessanti 'dettati' di Gesù alla Valtorta che riguardano e confutano - con grande 'lucidità' (si può usare questo termine riferito al 'Gesù' che parla nell' opera Valtortiana? oppure è troppo riduttivo?) - le teorie evoluzioniste. In questo dettato specifico, peraltro breve, si 'contesta' la teoria di Darwin in maniera anche pungente ed ironica. Mi sento arrossire per un fatto di vergogna... intellettuale perchè io sono sempre stato un darwiniano convinto. Fra l' altro, 'Gesù' argomenta rilevando anche che l' uomo - nella sua superbia ed orgoglio, pur di non ammettere la potenza creatrice di Dio che ha creato l' universo dal nulla e l' uomo dal 'fango' - preferisce prendere per paternità una bestia, la scimmia appunto, dandosi così un' origine che l' uomo dovrebbe giudicare avvilente se non fosse accecato dal suo stesso orgoglio...

Luce:
Hai appena letto come l' uomo non possa discendere dalla scimmia. In effetti l' uomo non discende dalla scimmia perchè Io, Io lo creai, animale perfetto reso Figlio di Dio dalla infusione del mio Spirito, l'Alito di Dio, alito non solo di vita animale, concesso a tutti gli animali, ma alito dello Spirito che vi fa simili a Me. Ragionate, pensate, sentite con il cuore, in tutto simili a Dio se non nei limiti imposti dal vostro essere stati "creati", e in quanto tali non perfetti della Perfezione che solo di Dio può essere.
Ma la perfezione, quella relativa, quella umana - per capirci - comunque l'aveste e fu solo la vostra Superbia ( unita alla Avidità ed alla Sensualità,  cioè alla triplice concupiscenza dalla quale è poi derivata la più completa e raffinata depravazione morale dell'uomo, nonchè la degradazione fisica ) a provocare la vostra rovina.
Superbia: mancanza di amore. E con il disamore veniste ripagati. Con il castigo, che fu semplicemente la privazione delle grazie divine.
Già ti dissi come il Peccato (fatto del tutto spirituale perchè concernente lo stato della "mente" e la "volontà", cioè lo spirito)  abbia agito sullo spirito stesso come un virus micidiale, che ne intaccò cellula dopo cellula, rendendolo morto alla Grazia.
E con la morte dello spirito, considerato il rapporto di unità psicosomatica di cui l'uomo è fatto, venne la  degenerazione progressiva e poi la morte anche del corpo. Da qui il dolore:  quello derivante da fattori materiali concernenti la salute fisica e quello attinente i fattori spirituali connessi alla mente, alla volontà caparbia di far male facendo soffrire e finendo per soffrire in una reazione a catena inarrestabile che cesserà soltanto con la fine dell' uomo.
Perchè tale fu il virus iniettatovi da Satana, e tale è il virus che voi uomini coltivate dentro voi stessi crogiolandovi dei suoi effetti letali che invece tanto piacevoli vi paiono.
Quindi, con il Peccato, voluto scientemente, coscientemente, venne dunque il Castigo.
Fu l' Era del Castigo, castigo non voluto da Me ma che l'uomo ottenne - per la mia "Giustizia" - procurandoselo da sè.
E' vero quanto ti venne detto: Dio di Libertà Io sono, perchè senza Libertà non vi sarebbe responsabilità e senza responsabilità nè merito nè demerito. E senza meriti come potreste meritare il mio Paradiso celeste ?
Ecco perchè a voi uomini Io propongo la Croce. Perchè è soltanto attraverso questa che scatta il riscatto che appaga la Giustizia, perchè è solo appagando la Giustizia che Dio - che è Giustizia ma è anche Amore - può ridarvi la sua figliolanza e la sua compartecipazione, la riammissione nella sua eredità eterna.
La  Croce, non croce è, ma premio!
Solo giudicando con ottica umana essa può apparire tortura.
Ma non ti sforzi forse di ragionare con lo spirito ? Non ti sforzi forse di credere nello spirito? E allora, solo per coerenza, non devi dubitare che sia quella la strada di giustizia che Io ho indicato perchè l' Amore possa ricominciare ad operare creandovi con nuova fecondità figli non di Satana, come ora, ma Figli miei.
E' la Croce quella che purifica dalle perversioni dell'uomo-demone. E' la Croce quella che tutto lava.
E  mio Figlio, come hai letto, ve lo ha mostrato con il suo esempio...
Ma Io ( vorrei, che foste dei ‘Cristi’...!) comprendo i vostri limiti...
Non pretendo , anche se spesso lo chiedo, che voi vogliate la Croce, ma vi chiedo - questo sì - almeno di accettare quelle che la vita vi può portare.
Vi chiedo un diverso modo di vivere la normale sofferenza.
Siccome, oltre che Dio di Giustizia e di Amore, sono anche Dio di Misericordia, ed ho misericordia della vostra debolezza, mi accontento di poco, cioè di una vostra attitudine mentale diversa. Solo di una attitudine mentale diversa.
In cambio la prospettiva del Premio se saprete a quel punto praticare la mia Parola.
Ecco, con la venuta di mio Figlio, Amore incarnatosi e fatto Uomo, è finita l' Era del Castigo  (Era lunga ed avvilente che ha fatto dell' uomo primo un bruto, perchè morto spiritualmente, e quindi senz' anima viva, e quindi animale) ed è cominciata l' Era del Perdono.
Ma il perdono, anche se viene concesso, bisogna pur sempre guadagnarlo per meritarlo. E allora l' uomo, conosciuto il perfezionamento della Legge Mosaica dei dieci Comandi attraverso l' insegnamento di mio Figlio, ha la possibilità - con il rispetto dei Comandi e soprattutto anche dei perfezionamenti apportati dal Cristo - di riguadagnarsi, in spirito, il posto perduto per poi completare la conquista con la propria carne glorificata quando mio Figlio tornerà a giudicare le genti, quando finirà l'Avventura dell' uomo animale e inizierà la storia senza fine dell'essere spirituale, spirituale in Dio, per Dio, con Dio, per l' Eternità.

Rimango per un pò incerto, allibito. Ero convinto di sentir parlare di Darwin , perchè di quello stavo leggendo e della scimmia parlava, ma mi rendo conto che in realtà è una risposta netta, chiara e anche dolcemente severa alle mie precedentielucubrazioni (quelle del Cap. 25) dove - a ripensarci bene - in sostanza io 'accusavo' più o meno inconsciamente il 'Creatore' di averci fatto 'apposta' imperfetti, di aver 'apposta' voluto - quasi 'sadicamente' - la sofferenza per noi per farci 'guadagnare' il Paradiso, così..., per 'giustizia'!
Rileggo dunque tutto, chiedo mentalmente scusa, rileggo ancora e... chiudo il piccolo computer sul quale sto scrivendo.

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