43.  DIO, FOLLIA D’AMORE E IDENTIFICAZIONE

 

L’Angelo Azaria ritorna qui sulla importanza dell’Ubbidienza nei confronti della volontà di Dio.1
Chi infatti ubbidisce, chiarisce Azaria, conduce una vita senza macchia, almeno dal punto di vista della volontarietà, ed opera quindi il bene anche se nel limite in cui glielo consentono le sue personali capacità.
Dio ne è comunque contento perché comprende che anche questo ‘poco limitato’ è ‘tutto quanto’ la sua creatura gli può dare.
L’ubbidienza – continua Azaria – unisce molto la creatura a Dio e Dio, che ama le sue creature ubbidienti, scende nel suo cuore, perché l’Ubbidienza è amore e Dio stesso è Amore.
In tale modo avviene che la creatura ubbidiente nella quale Dio è sceso non fa più azioni ‘proprie’, ma azioni divine quanto essa più si fonde con la volontà divina.
E’ l’unione ubbidiente con Dio quella che consente alla creatura di amare il prossimo come Dio lo ama.
Non serve, poi, essere battezzati, cresimati, comunicati, assolti, se i doni che da tutto ciò derivano attraverso i sette Sacramenti non vengono resi ‘attivi dalle persone.
La buona volontà del singolo diventa dunque determinante per ben servire Dio, anche qualora l’uomo – per i suoi limiti – non sia capace di farlo bene.
Alla domanda che gli uomini potrebbero farsi, dice Azaria, di come sia possibile che questi ‘incapaci’ possano entrare in Paradiso dove sono ammessi solo i ‘perfetti’, la risposta è una: il Dio potente che ha creato l’Universo, i cieli e la Terra, saprà con la sua Misericordia, che è sempre Amore, completare quanto a queste creature manca per divenire perfette.
La santità dell’uomo è dunque la conseguenza da un lato di un buon volere eroico dell’uomo che, pur nei suoi limiti, si impegna al massimo delle sue possibilità, e dall’altro lato del potere di Dio che completa quel che all’uomo ‘di buona volontà’ è mancato.
Dio è insomma come un buon ‘padre di famiglia’ che prende ciò che di relativamente buono fanno i suoi piccoli e lo completa nella misura dovuta, rendendolo simile ad una cosa fatta da un ‘dio’.
Azaria dice qui che gli Angeli hanno una sorta di rimpianto perché essi non hanno questo privilegio.
Per contro dovrebbe riempire gli uomini di gioia e di riconoscenza il sapere che Dio si serve di uomini e non di Angeli per essere aiutato e per servirlo nella Redenzione e nell’Apostolato e che Egli - per trasformare gli uomini in una sorta di ‘dei’, suoi ‘figli’ - usi tutto il suo Amore.
Sol che l’uomo si comporti da ‘figlio di Dio’, egli può davvero parlare con Dio, non solo rivolgendosi a Lui come ad un padre, ma anche parlandogli come amico, potendo chiedergli inoltre la grazia di attenuare o revocare la giusta punizione di Dio sui peccatori che lo offendono.
Azaria conclude invitandoci ad essere ‘audaci’ nell’avere ‘santi’ desideri dei quali chiedere a Dio l’appagamento, perché è lo stesso Dio che ce li ispira ed è felice nel vedere che noi accogliamo di nostra libera volontà le sue ispirazioni, le facciamo nostre e gliele presentiamo come ‘nostro’ desiderio, che Egli prontamente appaga.
Il mondo ha bisogno di questi uomini folli d’amore come folle d’Amore è Dio che è infatti giunto al punto di volere per sé la Croce pur di salvare l’Umanità.

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Vi è a mio avviso un tema di particolare importanza che emerge da questa lezione di Azaria, ed è quello dell’amore ‘folle’ di Dio verso l’uomo e dell’amore dell’uomo verso Dio.
Dio trasmette agli uomini i suoi desideri, gli uomini se li sentono girare nel pensiero, li scambiano per ‘propri’ pensieri, insomma per una ‘propria’ idea, la valutano, la considerano nel loro libero arbitrio come una buona idea da realizzare e lo desiderano liberamente.
Dio, felice, gliela fa realizzare. Straordinario! Non ci crederei se non l’avesse detto Azaria accompagnando il concetto con tutte quei ragionamenti che gli abbiamo visto fare.
Dio Ama dunque i ‘folli d’amore’ che lo contraccambiano e si dona ‘follemente’ ad essi.
Come possiamo spiegarci, in parole povere, un processo di questo genere? 
Che cosa è – dunque - l'Amore per Dio?2
E' quello che noi chiameremmo un processo psicologico di 'identificazione'.
Pensiamo a Freud? Pensiamo che egli lo definirebbe una patologia? Uno sdoppiamento della personalità? Un fatto 'psichiatrico' ?
E che cosa è allora l'amore umano?
Non è anch'esso una 'alterazione', se così vogliamo chiamarla, del proprio normale stato affettivo? Ed è questa una anormalità? No. E' norma, perchè gli uomini, normalmente, sia pur umanamente, si amano.
Almeno questo, perchè - se non esistesse questa possibilità di amare  - la vita sulla terra sarebbe un 'inferno'!
Ma quello per Dio è un amore 'spirituale'.
Cosa fa la mamma con il figlio? Il figlio con il padre o la madre che ama? Il marito con la moglie e viceversa?
Si amano. E come? Identificandosi poco alla volta uno con l'altro, facendo proprie le esigenze ed i bisogni dell'altro, corrispondendoli, in una parola: identificandosi!
E' malattia? E' patologia? No. E' amore. E, quando si ama, uno fa le cose che l'altro desidera, gli evita le 'sofferenze', se le accolla lui pur di non farlo soffrire e di fargli cosa gradita…
E questo dunque ci spiega quello che tante volte ci siamo chiesti:«Come può mai fare, uno, a ‘volere’ la Croce?!»
Lo possiamo fare, amando Gesù.
Lo possiamo fare identificandoci con Lui a tal punto che, piano piano, viviamo pensando a Lui, ci abituiamo a ragionare come Lui e - poichè Egli ci ama e ci vuole redimere con la 'Croce', che è sofferenza d'Amore - anche noi finiamo per abbracciare la Sua croce, che è poi la nostra croce 'abituale', a meno che non ne chiediamo una speciale.
Abbracciare la croce, cosa che ci ha sempre stupito ed inorridito, risultandoci per di più psicologicamente incomprensibile, roba da deviati mentali: da masochisti, in realtà non è amore per la 'sofferenza', e quindi cosa patologica da evitare accuratamente, ma amore puro, amore per amore, amore per identificazione che - badiamo bene - ci porta poi ad abbracciare la 'sofferenza' senza che questa - e questo è il 'miracolo psicanalitico', psicanilitico non 'psichiatrico' - sia più una sofferenza.
Perchè come uno sforzo fatto per piacere non è un peso, come una cosa fatta per amore è un piacere, così una sofferenza subita per amore non è 'piacere' (masochistico) ma amore, amore puro. 
Ecco perchè Gesù ripete ogni giorno il Suo Sacrificio Eucaristico per noi.
Anche questo forse ce lo siamo chiesto tante volte: 'Ma possibile che Gesù, che già è morto sulla Croce, voglia continuare a soffrire ogni volta che viene celebrata la Messa?'.
Ma non sappiamo che Dio è Infinito? E che è Amore? E che ama, quindi, infinitamente?
E se ama infinitamente, e se sa che con la sofferenza - d'amore - si salva, e se la sofferenza d'amore non è più sofferenza ma è amore, cosa c'è che ci possa stupire?
Egli si sacrifica sempre, Egli si sacrificherà fino alla fine dei tempi perchè Egli ama e continuerà ad amare, nella Croce. Nella Croce perchè l'Umanità pecca e peccherà ancora e, per essere salvata, quella che vorrà essere salvata, ha bisogno della Croce: la Sua e la nostra.
La Sua Croce, come la nostra: quella normale della vita quotidiana che è espiazione, quella che ci si carica sulle spalle quando, per amore, si inizia il processo di identificazione.
Amore, non patologia. Santità, non pazzia.

Ecco dunque una spiegazione che io mi darei di quanto successo a Maria Valtorta.
Noi non ce lo sogneremmo mai di farlo, ma lei ha saputo trasformare il suo amore in un amore di identificazione.
Credo che - come ci ha insegnato prima Azaria – Gesù possa avere ‘trasmesso’ a lei il suo desiderio che lei accettasse la missione di piccola ‘vittima’ di corredenzione per partecipare alla salvezza dei peccatori nell’ambito della ‘comunione dei santi’, missione che lei ha avvertito nella propria mente e soprattutto nel proprio ‘cuore’ e che ha poi liberamente chiesto a Gesù.
Gesù – ‘folle’ d’amore - le si è dunque dato identificandosi in lei e facendola partecipare ai propri dolori ma anche colmandola con i doni mistici della visione e della Sua Parola che avrebbero contemperato i di lei dolori, non togliendoglieli ma dandole la forza di sopportarli.


1 M.V.: ‘Libro di Azaria’ – Cap. 34 – 6 ottobre 1946 – Centro Editoriale Valtortiano

2 G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 111, Ed. Segno, 1997 – vedi anche sito internet dell’autore