24. LA PREGHIERA DEL PADRE NOSTRO.
L'ABBANDONO DI DIO E' LA PROVA PIU' TREMENDA.
L'AMORE É "L'ASSOLUTORE" PER ECCELLENZA
DEI NOSTRI MOLTI PECCATI VENIALI.
LE TENTAZIONI

 

L'Angelo 'Azaria' esordisce1 spiegando alla mistica che la preghiera del 'Padre nostro', insegnata da Gesù stesso agli apostoli, è la 'preghiera perfetta' perché insegna all'uomo come, perché e per cosa si deve pregare.
Le parole di questa preghiera sono come un volo di rondine che si alza e si abbassa, dal Cielo scende a terra, da terra va al Cielo e poi di nuovo verso terra.
Molto spesso l'uomo - nel dirla - pone l'accento su quel 'Dacci oggi il nostro pane quotidiano'.
E' una richiesta giusta perché l'uomo è pur sempre fatto di 'carne' ed ha dei bisogni materiali.
Se ben meditata vediamo tuttavia che la richiesta del pane è solo la quarta, essendo preceduta da altre tre invocazioni più importanti.
La prima è la santificazione del Nome di Dio affinchè gli sia resa la Gloria che gli spetta.
La seconda è l'auspicio di una sollecita venuta del Suo Regno.
La terza è il voler fare la sua Volontà, non solo in Cielo, cosa perfino ovvia, ma qui in terra.
Dopo la quarta richiesta, quella già citata del pane quotidiano necessario alla nostra sopravvivenza, viene quindi per quinta, quella di essere perdonati per i nostri peccati.
Infine la sesta e la settima che potrebbero essere considerate un tutt'uno: essere difesi dalle tentazioni e dal Maligno.
L'uomo però difficilmente prega meditando su queste cose spirituali ma sovente lo fa chiedendo cose banali miranti a soddisfare istinti ed interessi del tutto terreni se non addirittura chiedendo 'grazie' dannose.
L'uomo dimentica infatti troppo spesso di avere un'anima.
Pochi sanno pregare chiedendo al Signore che per se stessi sia fatta non la loro ma la Sua Volontà, o - meglio ancora - sappiano dimenticare di chiedere per se stessi ma preghino a Gloria di Dio e per la salvezza degli altri uomini.
A chi sa però pregare in questo modo come - le dice l'Angelo - fa appunto la mistica Valtorta, ecco che Dio concede pienamente il suo Amore.
Bisogna sempre alzare lo sguardo spirituale a Dio: nelle necessità, nella soddisfazione per grazia ottenuta, nella gioia, nella solitudine e... anche nel dolore per non sentirsi soli.
Il dolore...? Sì anche nel dolore, senza però dimenticare quello perfetto di Gesù sulla Croce.
Dio Padre volle infatti2 che in quella circostanza  fosse 'occultata' allo spirito di Gesù la Divinità del Padre.
Si trattò, per il Dio-Verbo-Gesù, di un dolore immenso, un dolore - spiega Azaria - che venne percepito con orrore non solo da tutti gli Angeli del Cielo ma anche con terrore da quelli ormai precipitati nell'Inferno dopo avere abbandonato Dio per seguire Lucifero.
Questi ultimi - tremando di fronte a quel Dio, Padre Immisericorde persino nei confronti del proprio Figlio - ebbero infatti in quel momento la piena cognizione della enormità del loro Peccato che aveva costretto il Verbo-Dio ad immolarsi pur di salvare l'Umanità ed ebbero in quel momento anche la definitiva certezza che mai sarebbero stati un giorno perdonati da Dio.        
L'abbandono di Dio è la prova più tremenda che mai possa essere subita da un vivente ed è anche il castigo più grande che possa essere subito dai 'trapassati'.
E' infatti l'Inferno!
Nel caso di Gesù, poi, fu anche l'abbandono sentito dal Figlio di Dio che non sentiva più l'amore del Padre.
Azaria invita quindi la mistica a meditare su alcune parole pronunciate dall'Apostolo Pietro: 'Siate prudenti e vegliate nella preghiera. Masopratutto abbiate continuamente fra voi la carità, perché la carità copre la moltitudine dei peccati'.   
La morte improvvisa, spiega Azaria, è infatti sempre in agguato e gli uomini - che sono tutto fuorché perfetti - hanno continuamente bisogno di assoluzioni e non sempre hanno disponibile un 'assolutore', cioé un Sacerdote che li confessi ed assolva nel momento del bisogno.
Ecco dunque l'Assolutore per eccellenza, dice l'Angelo. E' la Carità, cioé l'Amore.          
I peccati sono infatti una mancanza d'amore. Quelli mortali provocano la morte spirituale dell'anima, quelli veniali portano invece ad una sorta di stordimento. Ma la somma di tanti peccati veniali, che di per sè singolarmente non sarebbero pericolosi, portano l'uomo alla sfinimento e quindi alla caduta definitiva.      
La pratica dell'amore consente invece, anche di fronte a tanti peccati veniali, di ottenere la Misericordia di Dio in quanto la pratica dell'amore ripara la somma delle colpe che, prese singolarmente, non sarebbero da sole meritevoli di dannazione.
Come le mancanze d'amore fanno meritare il Rigore di Dio, così la pratica dell'amore ne fa ottenere la Misericordia.
In sostanza, l'amore verso il prossimo 'converte' più di qualsiasi cosa.
Non basta peraltro parlare dottamente se poi non si trasmette il senso dell'amore.
L'Occhio di Dio scende fin nel profondo della nostra anima e ne scruta i recessi più segreti.
Le 'voci' di Dio - continua a spiegare Azaria alla mistica - non dovranno mai considerarsi migliori degli altri, nè giudicare gli altri stigmatizzando certe loro mancanze di carità che esse, le 'voci', ritengono di non avere e che ciò vada dunque a proprio merito.
E' piuttosto meglio pensare invece che Dio risparmia loro certe prove sapendo che esse sono più imperfette ed Egli non vuole la loro rovina.
Quanto ai direttori delle 'voci', e cioé i sacerdoti appositamente preposti ad esse, è necessario che essi le guidino 'con gioia, solerzia, carità, pazienza ed eroismo'. Mai 'sedersi' e lasciare che '...il Signore faccia Lui!'.
Le 'voci' non sono solo spirito, ma anche 'carne', per di più sono particolarmente soggette agli attacchi del Nemico.
Non bisogna dunque esaltarle per non indurle in superbia.
Non bisogna condurle alla stanchezza lasciandole senza aiuto.
Non bisogna farle decadere dal loro carisma, lasciandole sole.
Non bisogna far loro mancare l'amore, perché senza amore non potrebbero sopportare la loro croce il cui peso è come piombo.
I sacerdoti direttori di 'voci' – conclude Azaria - dovranno fare con saldezza il proprio dovere nei loro confronti perché in caso contrario sarebbe come disprezzare il compito ed il dono che Dio ha dato a tali Sacerdoti. Chi di essi peraltro abusasse di questo specifico dono dato loro da Dio o lo lasciasse inattivo, peccherebbe di fronte a Dio.

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Che dire - noi - di tutti questi insegnamenti di Azaria alla nostra mistica ed ai direttori spirituali che la seguivano quotidianamente, insegnamenti diretti però anche agli 'strumenti' in generale che lavorano per il Signore ed ai loro direttori e guide spirituali?
Si spiegano da soli, ma potremmo qui tirare questa conclusione: così come le 'voci' non devono sprecare e perdere il 'dono' che è stato loro affidato affinché lo mettano al servizio dei 'fratelli', così i sacerdoti che hanno ricevuto il 'dono' di guidarle non devono venire meno a questo proprio 'carisma', un venir meno che suonerebbe a disprezzo di quella che è la volontà di Dio.
E quanto alla preghiera del Padre nostro?
L’invocazione del pane quotidiano non deve essere fatta egoisticamente solo per noi ma per tutti gli uomini, e per 'pane' non si deve intendere solo quello di farina che riempie lo stomaco ma anche il Pane del Cielo Eucaristico che nutre l'anima.
E l'invocazione 'Venga il tuo Regno'? Che il 'Regno' di Dio, cioè l'Amore nel cuore degli uomini, venga al più presto, in terra - nel corso della Storia - prima ancora che in Cielo, quando la Storia dell'Umanità sarà ormai finita.
E quel 'Sia fatta la tua volontà'? Il massimo nel fare la Volontà di Dio è l'abbandonarsi sul suo cuore e lasciare che Lui faccia tutto quanto è bene per noi: questo non è solo 'fiducia' ma Amore.
E quella richiesta di perdono per i nostri peccati? Ricordarsi nello stesso tempo che non si può onestamente chiedere e ottenere da Dio che Egli perdoni i nostri peccati che hanno fatto così tanto male a Lui quando noi non siamo poi disposti ad usare altrettanta misericordia perdonando i peccati degli altri che hanno fatto male a noi.
Cosa dire poi di quella spiegazione di Azaria sui demoni che - sentendo l'invocazione disperata dell'Uomo-Dio che lamentava inutilmente l'abbandono da parte del Padre - tremarono di fronte a quell'atto di assoluta mancanza di Misericordia del Padre nei confronti del Figlio, pensando che a maggior ragione Egli non li avrebbe mai più perdonati per quel loro antico peccato di ribellione che aveva costretto il Figlio di Dio ad incarnarsi, soffrire e morire per salvare l'Umanità?
Possiamo solo dire - se credete - che l'Amore del Padre per i propri 'figli adottivi', gli uomini, è stato di fatto superiore a quello che ha avuto per l'Uomo-Dio: Immisericorde con Lui per essere Misericorde con noi.
Che dire infine di quel 'Non indurci in tentazione' rivolto a Dio?
La 'tentazione' infatti non è solo quella che ci viene dal Maligno. Anche Dio a modo suo ci 'tenta', ma solo nel senso in cui (come fa un bravo allenatore sportivo nei confronti di un atleta che vuole trasformare in un campione, per cui gli pone di fronte degli ostacoli sempre più impegnativi, ma superabili con un minimo di maggior sforzo) le 'prove' alle quali Egli ci sottopone servono tutte a farci migliorare e farci acquisire meriti nel nostro cammino spirituale per avere una maggior gloria in Cielo.
Le prove e le tentazioni di Satana, invece, sono sproporzionate rispetto alle nostre forze e mirano pertanto tutte a farci cadere per portarci progressivamente all'Inferno.
Nella maggior parte dei casi, però, a tentarci non sono Dio, nè Satana, nè il 'mondo' in se stesso con le sue lusinghe, ma il 'Tentatore' è costituito dal nostro stesso 'Io' a causa delle sue 'concupiscenze' sorte dopo il Peccato originale e ormai purtroppo connaturate alla nostra situazione spirituale decaduta.
Dio ci dà i mezzi per resistere alle tentazioni ma poi l'accettare o meno questi aiuti dipende dal nostro 'io' e dal nostro libero arbitrio.


1 M.V.: 'Libro di Azaria' - Cap 15 - 2 giugno 1946 - Centro Ed. Valtortiano

2 N.d.A.: L'Umanità - preciso per chiarezza – secondo quanto emerge dall’Opera valtortiana, da Adamo in poi avrebbe compiuto una serie sterminata di peccati contro Dio e contro gli altri uomini 'fratelli'. Le erano dunque stati preclusi i Cieli ed era stata condannata, negli uomini peggiori, all'Inferno e  - negli uomini più giusti - ad attendere nel Limbo senza possibilità di gioia infinita nel Paradiso. Solo qualcosa di grandioso poteva redimerla, cioé riscattarla davanti al Padre. Cosa dunque di più grandioso del Sacrificio del Verbo-Dio che si incarna e si immola chiedendo al Padre, in virtù di ciò, la salvezza degli uomini che avessero dimostrato la buona volontà di salvarsi? Ma, perché il suo Sacrificio fosse completo, non sarebbero bastate le sofferenze fisiche, né quelle morali, nè quelle spirituali. Sarebbe stato necessario che Gesù provasse anche la cosa più terribile: la 'sensazione' dell'abbandono di Dio. Non un abbandono reale, poiché Umanità e Divinità erano in Lui congiunte, ma sensazione di abbandono, sensazione tanto forte che lo indusse - nell'agonia della morte - a gridare disperatamente dalla Croce quel 'Padre, perché mi hai abbandonato?!'.