4. LA SETTIMANA SANTA… IN PILLOLE

 

4.1 Gli altri apostoli no, ma Giuda aveva capito tutto.

Avevamo detto nel capitolo precedente che Gesù - proveniendo da Gerico e dopo l’incontro con quei quattro notabili in occasione del quale aveva loro dato quella tremenda profezia sul futuro di Israele – arriva nei dintorni di Gerusalemme. Più precisamente giunge a Betania, dove viveva Lazzaro.
Siamo nel mese ebraico di nisan (grosso modo un periodo a cavallo fra il nostro mese di marzo e quello di aprile), alcuni giorni prima della Pasqua ebraica.
Già da qualche giorno – in previsione del suo imminente ritorno a Gerusalemme e della sua futura ‘Pasqua’ – Gesù aveva cominciato a preparare gli apostoli alla sua morte e crocifissione.
Matteo1 aveva infatti scritto: ‘Poi Gesù, stando per salire a Gerusalemme, presi in disparte i dodici discepoli, disse loro: «Ecco, saliamo a Gerusalemme, e il Figlio dell’Uomo sarà dato nelle mani dei gran Sacerdoti e degli Scribi. Essi lo condanneranno a morte, e lo consegneranno ai Gentili, perché lo scherniscano, flagellino e crocifiggano; ma il terzo giorno risorgerà».
Ma, annota Luca, ‘quelli nulla compresero di tutte quelle cose, ed il senso di esse era loro nascosto e non afferravano quanto veniva loro detto…’.
Non è che gli apostoli non capissero, è che 'non volevano' capire perché 'non ci volevano credere'.
Tutti, tranne uno: Giuda! Giuda aveva capito tutto!
E ora aspettava solo il momento buono per ‘vendere’ Gesù ai sacerdoti del Tempio e guadagnarsi così un ‘salvacondotto’ per la propria pelle. Che delusione, per Giuda, quelle anticipazioni di Gesù sulla propria cattura e crocifissione. Un Dio che si lascia crocifiggere?
Ma quello non poteva essere Dio. Gesù doveva essere un illuso, un folle. E chi potrebbe uccidere un Dio, se Gesù fosse stato veramente Dio come pretendeva di insegnare? E quale Dio si lascerebbe ‘uccidere’, da degli ‘uomini’, poi?
Se il concetto di ‘redenzione’ dell’Umanità dai peccati e dal Peccato originale grazie al Sacrificio d’amore di un Dio non era ancora ben entrato nelle teste degli apostoli, figuriamoci in quella di Giuda che – se dopo tre anni di vita apostolica è arrivato a tradire e vendere Gesù quando da Gesù stesso ha la definitiva conferma della propria crocifissione imminente -  oltre che ladro doveva esser scettico, cinico e tutto il resto.
La personalità di Giuda – a leggere bene fra le righe – si intuisce anche da questo episodio citato in nota2in cui Giovanni narra della cena a Betania.
La primavera – in quel mese ed in Israele -  doveva essere in piena fioritura e chissà che feste avranno riservato a Gesù ed agli apostoli gli abitanti del villaggio di Betania, ancora estasiati da quel miracolo del loro Lazzaro – praticamente il padrone del paese oltre che di mezza Gerusalemme – ma che soprattutto oltre che esser un ‘padrone’ era anche un ‘giusto’ ed era quindi molto amato e rispettato.
In quel clima ‘pasquale’ Gerusalemme si preparava con il solito entusiasmo e allegria alle imminenti celebrazioni della liberazione dalla schiavitù d’Egitto.
La città si stava riempiendo di gente e la notizia del miracolo di Lazzaro aveva fatto il giro di tutte le orecchie, specie dei pellegrini in arrivo da ogni dove, provocando degli ‘Oh…!’ di stupore  e accendendo gli animi dei curiosi della voglia di andare a Betania a vedere non tanto e non solo Gesù quanto quella mirabìlia che doveva essere quel redivivo di Lazzaro.
Non saremmo stati anche noi curiosi di vedere un morto risuscitato?
Non è una cosa che ci capiti tutti i giorni. Anzi, non ci è mai capitata.
E la cena in quella casa di Lazzaro a Betania, poi? Chissà che eleganza di apparato…
Vi era tutto il collegio apostolico.
E poiché siamo a circa una settimana dal famoso venerdi di Parasceve, cioè il venerdì di Passione - quando infatti nei quattro Vangeli canonici le ‘donne’ di Gesù sul Calvario le vedremo tutte - vi erano anche Maria, la mamma di Gesù, e le altre discepole che venivano dalla Galilea, come Maria d’Alfeo, zia di Gesù e madre degli apostoli-cugini Giuda e Giacomo, e poi Salòme, moglie di Zebedeo e madre  degli altri due apostoli Giovanni (cioè il nostro ‘grande’ Giovanni) e Giacomo. E poi c’era Susanna, la sposina del miracolo di Cana che quel miracolo del vino non se lo era scordato più, anche perché – dopo un altro miracolo di Gesù che l’aveva guarita da una gravissima malattia - aveva deciso, d’accordo con il marito che vi aveva acconsentito, di seguire Gesù come discepola ogni qualvolta Gesù lo avesse permesso.
Quale occasione migliore della celebrazione della Pasqua, quando tutti  gli israeliti facevano l’impossibile per recarsi in pellegrinaggio al Tempio, per ritrovarsi tutti insieme e far festa?
Saranno dunque stati, lì a Betania, in almeno una ventina, anzi di più.
Tutti in casa di Lazzaro?
A questo proposito, apparentemente, i Vangeli lascerebbero emergere una ‘discrepanza’: è solo un particolare, d’accordo, ma è una discrepanza.
Giovanni dice che quella cena si è tenuta in casa di Lazzaro a Betania, mentre gli altri evangelisti Matteo, Marco e Luca dicono che in quel periodo Gesù si trovava a Betania in casa di Simone il lebbroso
Simone il lebbroso altri non era che Simone detto lo Zelote, guarito all’inizio della vita apostolica da Gesù e diventato subito dopo suo apostolo. Simone lo Zelote era stato un amico di giovinezza, un amico fraterno di Lazzaro, con il quale condivideva anche una notevole cultura ellenistica, e aveva anche una sua casa proprio vicino a quella di Lazzaro.
Quando si era trovato in ristrettezze economiche e di movimento a causa del bando conseguente ad una specie di lebbra che aveva contratto, egli – che era relegato in una qualche cava insieme ad altri lebbrosi - aveva chiesto al fraterno amico Lazzaro, che cercava di soccorrerlo,  di curargli la vendita della sua casa per poter realizzare del denaro.
Lazzaro – da vero amico – aveva fatto finta di venderla ad un terzo soggetto ad un prezzo molto buono, e quindi ne aveva generosamente dato l’abbondante ‘ricavato’ a Simone perché questi potesse far meglio fronte alle proprie necessità.
Successivamente – quando le continue visite del Gruppo apostolico a Gerusalemme lo avevano richiesto – Lazzaro aveva reso nuovamente la casa al suo primitivo proprietario, cioè al suo amico Simone.
L’aveva resa ‘gratis’, intendo dire, affinchè gli apostoli potessero agevolmente soggiornarvi quando venivano in visita a Gerusalemme ‘sistemandosi’ a Betania, che era a due passi da Gerusalemme.
Ciò spiegherebbe allora l’apparente contraddizione fra i Vangeli di Matteo, Marco e Luca da un lato e quello di Giovanni dall’altro, contraddizione che io – se voi non avete una supposizione migliore - spiegherei così: quella casa era stata effettivamente di proprietà di Lazzaro, pur essendo stata precedentemente e poi anche successivamente di Simone, per cui si sarebbe potuto dire che era di entrambi, oppure che Gesù, e il Gruppo apostolico, erano ospiti e soggiornavano in casa di Simone, ma per la cena si erano spostati nella casa attigua di Lazzaro, che certo per ampiezza di sale di convito, servitù e ricchezza di ‘apparato’ era più adatta dell’altra.
Maria, cioè la mamma di Gesù, non partecipa alla cena, come nemmeno le altre donne. Tutte rimaste in casa di Simone insieme a Maria, evidentemente. Maria SS. non doveva aver infatti voglia di partecipare a cene, perché - anche se gli apostoli non avevano voluto capire, sulla strada da Gerico a Betania, quell’ultima predizione di Gesù sulla propria imminente sorte - Lei non solo conosceva benissimo le profezie funeste sulla sorte del Messia ma - in quanto priva di Peccato originale e quindi con la pienezza dei ‘doni’ divini - Ella, per precognizione, 'sentiva' - più o meno – come sarebbe finita di lì a qualche giorno.3

 

4.2 Uno ‘schemino’ della settimana santa.

‘Il giorno dopo’4 Gesù fa dunque il suo ingresso in Gerusalemme.
Bisogna stare attenti alla cronologia per non far confusione, anche perché i Vangeli non nominano i vari giorni della settimana mentre noi abbiamo bisogno di capire bene in quale ordine si siano svolti gli avvenimenti.
 ‘Il giorno dopo’ con cui inizia questo capitolo del Vangelo di Giovanni è quello immediatamente successivo alla cena di Betania, si tratta  cioè del giorno dell’ingresso trionfale in Gerusalemme: è quello che noi cristiani oggi chiamiamo ‘Domenica delle Palme’.
Da quel momento in poi, e cioè dalla fine di quest’ultima giornata, i Sacerdoti ed i Farisei decideranno che ogni misura era colma  e gli avvenimenti precipiteranno e si risolveranno in sette giorni, cioè nel giorno della Resurrezione, vale a dire in un settenario che, per la simbologia numerica dell’Antico Testamento, è sempre stato un numero perfetto, come quello del racconto della Creazione.
Si capisce, anche se il racconto di Giovanni come al solito è scarno, che in quella domenica si è trattato veramente di un trionfo.
Chissà quanti discepoli di Gesù erano confluiti a Gerusalemme da tutte le parti, preparando organizzativamente il terreno.
Il miracolo di Lazzaro aveva fatto il resto. Nonostante i giorni che dovevano già essere passati, quello era ancora un argomento di attualità, anche perché per tutti gli israeliti che venivano dalla Diaspora per la Festa quella notizia era una novità assoluta che i ‘residenti’ – come ho già detto - si affrettavano a raccontare.
Il commento generale era che quel Gesù, quel grandissimo ‘profeta’ doveva proprio essere l’atteso Messia, il discendente di Davide, cioè il re di Israele promesso dai profeti, il Liberatore dai nemici.
Ecco perché, all’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme, la folla gridava «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d’Israele!».
I sacerdoti schiumavano di rabbia.
Attenzione, però. Da questo momento in poi Gesù cambia atteggiamento rispetto al passato.
Prima cercava di evitare ‘grane’, si sottraeva alla troppa ‘pubblicità’ e - in caso di ‘scontro’ - se ne andava prudentemente per non creare ulteriori occasioni di attrito con la classe dirigente.
Ora invece - nell’imminenza di questa Pasqua e proprio dopo avere ancora tre o quattro giorni prima ricordato ai suoi apostoli che la situazione sarebbe presto degenerata con la sua cattura e uccisione - sembra che Egli abbandoni ogni prudenza ‘offrendo’ se stesso a quell’ingresso in città che – più che ad un ingresso - doveva assomigliare  a  una marcia trionfale su Gerusalemme, ad una sorta di conquista ‘politica’.
Per i sacerdoti del Tempio sarebbe stato un ‘affronto’, da lavare appunto col sangue!
Quel tripudio di folla, osannante e impazzita, come se Lui fosse stato veramente un ‘dio’, era per essi intollerabile.
‘Vedete che non si conclude nulla? Ecco, tutto  il mondo lo segue!’.
Questa è la battuta che – come racconta Giovanni – corre sulla bocca dei Farisei, che è un po’ come dire: ‘Qui noi perdiamo un sacco di tempo in chiacchere, mentre quello fa i fatti e ora lo seguono tutti …’.
E’ una battuta che ben dipinge il loro scoraggiamento, la loro frustazione, la loro conseguente rabbia e quindi la loro reazione finale.
Come spiegano gli altri evangelisti, ciò li indurrà infatti – dopo che già i Capi avevan deciso di far morire anche Lazzaro, testimonianza scomoda della potenza di Gesù – ad accelerare, complice Giuda, i tempi della cattura e uccisione di Gesù stesso, prima del sabato delle prossime festività pasquali, quindi giorno doppiamente festivo, di grande affollamento e rischioso per potenziali tumulti da parte dei discepoli di Gesù che certo sarebbero stati presenti numerosi il sabato e che bisognava invece cogliere d’anticipo, impreparati.

Per stare però sempre attenti alla cronologia degli avvenimenti, abbiamo visto – lo ha detto chiaramente Giovanni – che Gesù e gli altri apostoli erano andati a Betania da Lazzaro sei giorni prima dell’inizio della Pasqua ebraica, le cui celebrazioni – per inciso – duravano vari giorni.
Quindi Gesù doveva esser arrivato a Betania, da Gerico, non oltre il Venerdì precedente, anche perché il Sabato – secondo le prescrizioni legali – il gruppo apostolico non avrebbe potuto viaggiare.
E il sabato, a Betania, viene organizzata la famosa cena.
Facciamoci allora uno ‘schemino’ cronologico di questa settimana cruciale successiva alla ‘Domenica delle palme’, aiutati, ovviamente, dalle visioni di Maria Valtorta:
Lunedì: Gesù è a Gerusalemme, parabola del ‘fico sterile’ e dei ‘vignaioli perfidi’ (vedere Matteo, Marco e Luca, perché Giovanni vi sorvola).
Martedì: la risposta di Gesù ai Farisei se sia giusto pagare il ‘tributo a Cesare’.
Mercoledì: chiedono a Gesù quale è il maggiore dei comandamenti, c’è l’episodio dell’obolo della vedova povera che aveva messo nella cassa del Tempio solo due ‘piccioli’ che però contavano più dei tanti soldi dei ricchi che li davano senza sacrificio, poi i discorsi – anzi le invettive - su scribi e farisei, le profezie di Gesù sulla distruzione futura del Tempio e sui cosiddetti ‘ultimi tempi’.
Giovedì: si fanno i preparativi per la cena pasquale, per la consumazione dell’agnello mosaico, nel corso della quale Gesù celebrerà la sua ‘cena pasquale’ istituendo l’Eucarestia, il suo più grande miracolo - un miracolo che, come quello della risurrezione, farà dire agli scettici:‘impossibile!’ - e cioè il miracolo eucaristico per cui come l’acqua di Cana si era trasformata in vino, il pane – pur mantenendo le apparenze di pane – si trasforma nel corpo di Gesù Cristo, Uomo-Dio. Il miracolo in cui Gesù avrebbe sostituito la ‘Pasqua’ ebraica (che commemorava la liberazione dalla schiavitù d’Egitto) con la propria immolazione: quella dell’Agnello il cui Sangue libera l’Umanità dalla schiavitù del Peccato e dalle sue tragiche conseguenze.
La notte di Giovedì - dopo l’Ultima Cena, quando Giuda abbandona in anticipo il Cenacolo per andare a riferire ai sacerdoti dove avrebbero di lì a poco potuto trovarlo in preghiera - Gesù viene catturato al Getsemani.
I Sacerdoti avevano infatti deciso – grazie alla delazione finale di Giuda che avviene dopo quella cena di Betania – di accelerare i tempi e di togliere dalla scena Gesù al più presto.
Venerdi: Gesù viene  condannato di prima mattina, fustigato, crocifisso, messo nel sepolcro nel tardo pomeriggio di quel venerdì stesso: tutto in fretta, appunto, perché al tramonto di quella sera di venerdì cominciava il sabato ebraico che era festivo e avrebbe impedito qualsiasi iniziativa di quel genere.
Sabato: se per gli ebrei è stata notte di festa, per i cristiani è stata una notte tragica, con un risveglio altrettanto tragico nel rendersi conto che quell’incubo iniziato il venerdì precedente non era stato un sogno.
Domenica: Gesù risorge all’alba, anche un po’ in anticipo rispetto ai quei tre giorni famosi del ‘segno di Giona’, ‘segno’ che Gesù stesso aveva ‘promesso’ di dare ai Farisei per ‘dimostrare’ – ma solo a posteriori -  la propria divinità.


1 Mt 20, 17-19

2 Gv 12, 1-11: Sei giorni prima di Pasqua Gesù andò a Betania, dov’era Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti.
Lì gli offrirono una cena: Marta serviva a tavola e Lazzaro era uno dei commensali.
Maria, presa una libbra di profumo di nardo puro, molto prezioso, unse i piedi di Gesù e glieli asciugò con i suoi capelli, e la casa fu ripiena del profumo dell’unguento.
Giuda Iscariote, uno dei suoi discepoli, quello che stava per tradirlo, borbottò: «Perché non s’è venduto tale unguento per trecento denari che si potevano dare ai poveri?».
Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era ladro e, tenendo la borsa, portava via quello che si metteva dentro.
Rispose Gesù:«Lasciala, che conservi questo unguento per il giorno della mia sepoltura. I poveri li avrete sempre con voi, me invece non mi avrete sempre».
Molta gente dei Giudei venne a sapere che Egli era là e vi andarono, non per Gesù soltanto, ma anche per vedere Lazzaro che Egli aveva risuscitato dai morti.
Allora i gran Sacerdoti deliberarono di far morire anche Lazzaro, perché molti, a causa di lui, abbandonavano i Giudei e credevano in Gesù.

3 Nota: Per ulteriori particolari sulla cena di Betania vedi, dell’autore, “Il Vangelo del grande e del ‘piccolo’ Giovanni”, Vol. III, Cap. 3 – Ed. Segno – vedi sito internet

4 Gv 12, 12-19: Il giorno dopo, la folla accorsa alla festa, sentendo dire che Gesù si recava a Gerusalemme, prese dei rami di palma e gli andò incontro gridando: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore, il Re d’Israele!».
Gesù, trovato un asinello, vi montò sopra, come sta scritto: «Non temere, figlia di Sion: ecco, viene il tuo re, seduto sopra un puledro d’asina».
I suoi discepoli non compresero subito queste cose ma, glorificato che fu Gesù, si ricordarono che erano state scritte di lui e che essi gliele avevano fatte.
La folla che era con lui quando chiamò Lazzaro fuori del sepolcro e lo risuscitò dai morti, ne rendeva testimonianza. Anche per questo gli andò incontro la turba, perché aveva sentito che egli aveva fatto quel miracolo.
I Farisei, allora, dissero fra di loro: «Vedete che non si conclude nulla? Ecco, tutto il mondo lo segue».