21. DISCORSO SULLA VERA NATURA DEL ‘REGNO DI DIO’ 

 

21.1 Gesù e il tentativo di farlo re: una nuova tentazione di Satana!

Dopo l’episodio dell’invettiva contro farisei e dottori della legge (i ‘teologi’ dell’epoca, che della legge rispettavano la forma ma non lo spirito e dei quali Gesù aveva detto al popolo: 'Fate quello che dicono ma non quello che fanno...'), vi è l’episodio della conversione di Zaccheo1, capo dei pubblicani di Gerico, come dire con linguaggio moderno: un capo degli ispettori del fisco di allora, in sostanza un collega di Matteo che tuttavia era stato un pubblicano di Cafarnao.
Non era uno ‘stinco di santo’ nemmeno Zaccheo, ma gli erano state riferite alcune frasi di discorsi di Gesù e le aveva meditate. Un giorno aveva fermato un lebbroso guarito da Gesù e si era fatto raccontare la sua storia. Finché a Gerico arriva Gesù stesso...
Zaccheo, basso di statura, si arrampica su un albero per vederlo meglio, Gesù alza gli occhi, lo vede, gli ordina di scendere e… lo converte non senza essersi fatto... invitare a pranzo a casa sua con tanti altri suoi colleghi e amici pubblicani.
D'altra parte Gesù aveva ben detto che era venuto per i peccatori...
Successivamente Zaccheo restituirà molti dei suoi beni che – come pubblicano – aveva defraudato e diventerà un seguace di Gesù.
 Seguono vari episodi che caratterizzano le marce a tappe  quasi forzate del gruppo apostolico, finché non avviene quanto abbiamo già accennato e che - nel Vangelo di Giovanni, dopo il racconto della moltiplicazione dei pani (Gv 6, 1-14) - viene riferito con poche righe (Gv 6, 14-15).
Giovanni – riferendosi con queste al miracolo della moltiplicazione dei pani - aveva infatti scritto: ‘Quegli uomini, visto il prodigio fatto da Gesù, dicevano: «Questo è davvero il Profeta che ha da venire al mondo». Ma Gesù, accortosi che volevano rapirlo per farlo re, si ritirò di nuovo solo sulla montagna’.

Cosa è dunque questa storia del tentativo di ‘rapimento’ per farlo re?
Lo comprendiamo dalla lettura dell’Opera valtortiana.2
La maggior parte dei personaggi che detenevano il potere in Israele non voleva accettare la messianicità di Gesù, ma una minoranza – con una certa influenza politica – mostrava di credervi.
Questa minoranza, dopo il primo miracolo del pane e ancor più dopo il secondo, si convince che uno che riesce a ‘materializzare’ per ben due volte pane per migliaia di persone può davvero fare anche il ‘miracolo’ di liberare Israele dall’oppressore romano.
Gesù – secondo costoro - non può dunque essere che l’atteso Messia, cioè il futuro ‘Re di Israele’.
Detto fatto, i ‘congiurati’ organizzano in una casa amica (quella di Cusa che per via della moglie Giovanna miracolata in precedenza da Gesù era diventato suo amico) una riunione segreta alla quale fanno in modo che – invitato da un Cusa in buona fede, convinto di fare il bene di Gesù e quello di Israele – partecipi Gesù al quale faranno la proposta di accettare l’incoronazione a Re, dicendosi sicuri che tutto il popolo lo avrebbe seguito entusiasta.
Nella riunione in realtà si erano infiltrati – fingendo di essere d’accordo - alcuni emissari del Sinedrio che speravano in tal maniera di produrre le prove delle attività sediziose di Gesù onde poterlo accusare poi di fronte a Roma.
Gesù, che è Verbo, sa ovviamente tutto in anticipo, ma decide ugualmente di partecipare perché vuole cogliere l’occasione per spiegare ai ‘congiurati’ che la figura del Messia è ben diversa da quella che tutti in Israele si erano messi in testa.
In Israele – dirà fra l’altro Gesù - la ‘messianicità’ è stata concepita come un privilegio per il solo popolo di Israele, dando cioè di essa ‘un significato nazionale, personale, egoista, che svilisce la grandezza dell’idea messianica ad una comune manifestazione di potenza umana e di sopraffazione vittoriosa sui dominatori trovati in Israele dal Cristo…’.
Il vero Dio – spiega sempre Gesù - non è un povero ‘dio’ di questo o quel popolo, un idolo, una figura irreale. E’ la Sublime realtà, è la Realtà universale, è l’Essere Unico, Supremo Creatore di tutte le cose e di tutti gli uomini. E’ perciò Dio di tutti gli uomini…
La Scrittura parlava di un ‘re liberatore’ ma è un liberatore dal Peccato, un liberatore dalla schiavitù di Satana’…
Quando poi Gesù, fissando negli occhi alcuni suoi interlocutori, li smaschera di fronte agli altri svelando il loro reale ruolo di infiltrati, scoppia un pandemonio con accuse reciproche fra i presenti.
Gesù ne approfitta per sgattaiolare via da dietro una tenda, uscire dalla casa e rendersi irreperibile.
Egli era andato da solo a quel convito, ma l’apostolo Giovanni – che non si era fidato dell'invito a quell'incontro – lo aveva seguito di nascosto, attendendolo all’esterno della casa.
Vedendolo fuggire via veloce, Giovanni lo segue da lontano finché riesce a raggiungerlo su un alto scoglio che sovrasta il lago di Tiberiade e lo trova seduto mentre piange.
L’apostolo lo abbraccia per confortarlo e finisce che i due piangono insieme per due dolori diversi, Gesù per essere un Messia incompreso, Giovanni per vederlo sofferente.
Gesù racconterà poi al giovane apostolo quanto era accaduto raccomandandogli il silenzio con gli altri ma di dirlo pure il giorno in cui gli uomini vorranno mostrarlo come un comune ‘capopopolo’: ‘…Un giorno questo verrà. Tu ci sarai e dirai: ‘Egli non fu re della terra perché non volle. Perché il suo Regno non era di questo mondo. Egli era il Figlio di Dio, il Verbo incarnato, e non poteva accettare ciò che è terreno. Volle venire nel mondo e vestire una carne per redimere le carni e le anime del mondo, ma non soggiacque alla pompa del mondo e ai fomiti dei peccati, e nulla di carnale e mondano fu in Lui. La Luce non si fasciò di Tenebre, l’Infinito non accolse cose finite, ma delle creature, limitate per la carne ed il peccato, fece delle creature che più gli fossero uguali, portando i credenti in Lui alla regalità vera e instaurando il suo Regno nei cuori, avanti di instaurato nei Cieli, dove sarà completo ed eterno con tutti i salvati’.
Questo dirai, Giovanni, a chi mi vorrà tutto uomo, a chi mi vorrà tutto spirito, a chi negherà che io abbia subito tentazione…e dolore. Dirai agli uomini che il Redentore ha pianto…e che essi, gli uomini, sono stati redenti anche dal mio pianto…’.

Nel corso della storia antica del cristianesimo non sono mancate le eresie, come quelle che consideravano Gesù solo un comune uomo, o quelle altre che lo consideravano invece uno ‘spirito’ che aveva assunto solo ‘sembianze’ umane.
Anche in epoca moderna, certi critici prestigiosi hanno voluto darci una immagine di Gesù visto storicamente come 'un uomo' realmente vissuto ma che venne successivamente mitizzato e trasformato in ‘Dio’, oppure l’immagine di un personaggio ideale,che tuttavia non sarebbe mai esistito, al quale è stata poi fittiziamente 'incollata', per renderlo più credibile, quella di un personaggio storico, come se il personaggio ‘ideale’ fosse veramente vissuto.
E non sono nemmeno mancati quelli che hanno voluto presentarcelo come un capopopolo ‘democratico’, inventore del socialismo, anzi del comunismo, per non dire un campione del ‘pauperismo’.
Credo che Gesù spingesse fin da allora il suo sguardo divino nella profondità dei tempi futuri e nel dire ciò a Giovanni – piangendo - pensasse non solo ai contemporanei di Giovanni ma soprattutto a quelli nostri.
Se Giovanni ha ricordato con due soli versetti del suo vangelo l’episodio del tentativo di farlo ‘re’, alcune di queste parole di Gesù rieccheggiano con più vasta eco nel Prologo del suo Vangelo con il Verbo che si fa Carne, Luce fra le Tenebre, Verbo che viene nel mondo ma che il mondo non riconosce e respinge…

Quello del Prologo é un brano famoso dal quale emerge grandiosa la divinità di Gesù e l’ispirazione di Giovanni.
Ho più volte detto che Gesù aveva la doppia natura di Uomo e di Dio.
Il Dio che era in lui non poteva essere ‘tentato’ da un angelo ribelle che gli era inferiore ma l’Uomo sì.
E Satana si servì anche di questa astuzia… politica per cercare di fare cadere l’Uomo, solleticando la sua vanità, stimolando il suo orgoglio, così come all’inizio era riuscito a fare cadere i due Progenitori.
Dopo tante umiliazioni e frustazioni, un umanamente legittimo desiderio di rivincita e la prospettiva di una grandezza umana potevano risultare per Gesù delle tentazioni irresistibili, ma Egli seppe respingerle per non compromettere la missione di Redenzione.

 

21.2 La Festa dei Tabernacoli e le ambizioni politiche dei cugini di Gesù.

Continuano intanto i viaggi del gruppo apostolico e giunge l’epoca della Festa dei Tabernacoli. 3
Era anche chiamata festa delle Capanne e cadeva in autunno, alla fine dei raccolti agricoli.
E’ a questo punto che – come racconta l’evangelista Giovanni – i ‘fratelli’ di Gesù, cioè i suoi cugini che sono in procinto di partire per Gerusalemme per partecipare alla Festa, lo invitano ad andare con loro. I cugini del caso specifico non erano Giuda e Giacomo d’Alfeo, cioè i due apostoli, ma i loro fratelli maggiori di cui abbiamo già parlato: Simone e Giuseppe, figli di Alfeo che era a sua volta fratello di Giuseppe, padre putativo di Gesù.
Avevo spiegato che essi avevano sempre conosciuto Gesù come figlio del loro zio Giuseppe e nulla avevano mai saputo dell’annunciazione dell’Arcangelo Gabriele a Maria perché i genitori di Gesù - per proteggerlo, a maggior ragione dopo la strage degli Innocenti - avevano mantenuto il segreto e Gesù stesso aveva condotto per trent’anni una vita in nascondimento senza rivelare la propria natura divina come avrebbe invece cominciato a fare con l’inizio della predicazione pubblica.
E’ lo stesso Giovanni che nel suo Vangelo dice che i cugini non credevano in lui, cioè nella sua figura di Figlio di Dio, e oltretutto temevano che tutta quella storia sulla sua pretesa messianicità (umana) avrebbe potuto procurare loro le vendette della classe politica e sacerdotale dominante. Solo quando cominciano ad assistere al sempre maggior seguito di Gesù, considerato Messia e riverito anche da personaggi importanti – ed il tentativo di incoronazione a re ne è stato un esempio – essi cominciano a rendersi conto che tutto sommato, quali parenti, avrebbero anche potuto uscirne bene, con una posizione sociale decisamente migliorata.
Alla fine – qualche mese prima della crocifissione – accetteranno la verità, si convinceranno non solo della messianicità ma anche della natura divina di Gesù e gli saranno vicini con il loro sostegno e conforto fino alla morte. Ora però essi lo invitano ad andare con loro a Gerusalemme per partecipare alla Festa dei Tabernacoli. Meglio starsene là – gli dicono - anziché rimanersene a predicare continuamente – come faceva Lui – per paesi e paesotti della Galilea o di altre province periferiche.
E’ a Gerusalemme – gli dicono – che infatti si decide, è a Gerusalemme che ci sono le leve del potere e la gente che conta…
Gesù – forse pensando ancora ai relativamente recenti scontri con scribi e farisei – rifiuta.
Già entrato nel terzo anno di vita pubblica, Gesù aveva ormai raggiunto, come ho già avuto occasione di accennare, una grande notorietà in tutto Israele, osannato dalle folle incantate dalla sua predicazione e dai suoi miracoli, guardato con sempre maggior sospetto dalla classe dirigente politica e religiosa di Gerusalemme.
Quando i suoi cugini – accarezzando l’idea di una sua scalata futura al potere ma ignari degli intrighi politico-religiosi della città – lo avevano invitato a partecipare alla Festa dei Tabernacoli per  farsi conoscere  meglio dai potenti di Gerusalemme, Gesù non poteva non aver sorriso amaramente dentro se stesso mentre rispondeva loro che a Gerusalemme non aveva intenzione di andarci perchè  'la sua ora non era ancora giunta'.
Egli – padrone della conoscenza del futuro - sapeva infatti  che a Gerusalemme avrebbe scalato un ben altro colle e si sarebbe assiso su un trono ben diverso da quello che i suoi parenti immaginavano.
Egli però – dopo quel colloquio con i cugini - cambia idea, nel senso che, anziché andare a Gerusalemme in ‘pompa magna’, decide di recarvisi – come racconta Giovanni – quasi di nascosto, cercando cioè di non dar troppo nell’occhio. Perché? Perché la sua predicazione (lo abbiamo visto quando nel corso di quel convito segreto un nutrito gruppo di notabili aveva cercato di convincerlo a farsi incoronare re) destava troppi entusiasmi malsani e il potere politico a Gerusalemme - che era stato messo al corrente da dei delatori di quanto avvenuto in quel convito – si teneva pronto ad intervenire al minimo pretesto.
Infine, perché l’ammaestramento e la predicazione di Gesù non erano stati ancora completati, anzi il grosso doveva essere ancora detto. Gli stessi apostoli, d’altra parte, non erano ancora pronti – come non lo sarebbero stati del tutto neanche al momento della crocifissione e risurrezione di Gesù – se lo stesso Gesù aveva dovuto dir loro che essi avrebbero dovuto attendere la discesa e l’illuminazione dello Spirito Santo per poter comprendere – a posteriori – il senso profondo di tante ‘verità’ che Egli aveva loro rivelato.

 

21.3 L'attesa messianica in Israele

Ne abbiamo già accennato in precedenza. Il livello politico e religioso, in Israele, era praticamente unificato.
A parte il ‘potere’ esercitato da Roma su tutte le più importanti questioni di ordine pubblico e di carattere generale, la vita civile era amministrata dal Sinedrio, una sorta di supremo Tribunale, di natura religiosa e politica - del quale facevano parte i sommi sacerdoti, anziani, scribi e farisei - le cui sentenze avevano valore esecutivo, tranne quella di morte che poteva essere comminata solo dai romani.
A livello più propriamente politico Roma era una ‘potenza occupante’, con proprie guarnigioni stanziate sul territorio, mentre gli ebrei si dividevano in fazioni filo-romane e filo-indipendentiste.
I Romani – che pur si tenevano fuori dalle beghe religiose locali – non avrebbero potuto accettare, in uno scacchiere geografico e politico così instabile (come si vedrà dalla successiva guerra giudaica che porterà alla distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C), rivendicazioni politiche di carattere messianico – intese in senso di potere temporale come del resto le intendevano i Giudei – e lo stesso si poteva dire per le fazioni giudee che erano filo-romane, mentre quelle ‘indipendentiste’ vedevano in un futuro Messia, un Re dei re ma Re di guerra e non certo Re d’amore,  l’opportunità storica di liberarsi degli oppressori romani e di sottomettere gli altri popoli che a turno, con alterne vicende, avevano nei secoli spesso schiavizzato Israele. Sul piano più strettamente religioso, poi, la classe sacerdotale certo vedeva in Gesù un pericoloso ‘concorrente’, perché egli predicava una dottrina dell’amore che era il contrario di quanto essa praticava, e minava in sostanza la loro stessa autorità religiosa.
Tutte valide ragioni, insomma, per indurre Gesù alla prudenza perché la cosa più importante era il perseguimento – nei tempi dovuti – degli obbiettivi della sua missione.
Ecco perchè Gesù va a Gerusalemme ‘in incognito’4 mentre gli emissari dei gran sacerdoti giudei si aggirano nel campo dei galilei chiedendo se qualcuno lo avesse visto.
Alla Festa dei Tabernacoli o delle capanne, infatti,  gli ebrei erano soliti venire da un po’ ovunque. Gerusalemme si riempiva fino all’inverosimile e molta gente – divisa soprattutto per gruppi di provenienza - si accampava all’aperto, in tende o capanne.
I Capi religiosi non volevano – per elementare calcolo di prudenza e timor di popolo – eliminarlo ‘pubblicamente’, cioè assassinarlo, ma cercavano nelle sue parole gli appigli di carattere religioso per accusarlo di fronte al popolo oppure gli appigli di carattere politico per denunciarlo a Roma, come poi sarebbe successo con Ponzio Pilato, detentore del 'jus sanguinis', cioé del potere di condannarlo a morte, al quale I Capi ebrei denunciarono Gesù quale sedizioso dicendo che Egli si era dichiarato Messia, Re dei Giudei, e quindi contro l'Imperatore di Roma.
Ma il popolo stava con Gesù. ‘E’ buono…!’ dicevano infatti in molti. ‘No, inganna il popolo!’, replicavano i mestatori del potere costituito.
Elogiare pubblicamente Gesù era però pericoloso, perché significava porsi contro il Potere.
Gesù, che durante la festa non era nel campo dei Galilei ma doveva certamente essere ospite di qualche famiglia che gli dava accoglienza e protezione, verso la metà dei giorni di festa fa una sua comparsa al Tempio e, come gli altri Rabbi, si mette a ‘insegnare’.

 

21.4 Gesù predica al Tempio e spiega cosa è il ‘Regno di Dio’.

In occasione delle feste la popolazione di Gerusalemme e i pellegrini che venivano da fuori convergevano al Tempio per le abituali preghiere.
Quello era dunque il posto migliore per predicare. I rabbi avevano le loro ‘scuole’ di studenti, e la folla si radunava intorno a loro per ascoltarli, perchè molti erano oratori che parlavano veramente bene.
Di cosa parlavano? Parlavano del Vecchio Testamento e spiegavano le ‘leggi’.
Alcuni Rabbi, come Hillele e Gamaliele che abbiamo conosciuto quando abbiamo raccontato l'episodio di Gesù dodicenne trovato a parlare con i dottori del Tempio, erano poi anche molto sapienti.
Figuriamoci che ressa intorno a Gesù. Egli non solo era sapiente e famoso per i suoi miracoli ma le sue parole, proprio perché in lui parlava la Divinità, erano illuminate nella mente degli ascoltatori dallo Spirito Santo e toccavano quindi profondamente il cuore delle persone non prevenute che si rendevano perciò conto che le sue parole – per il sommovimento interiore che provocavano – provenivano proprio da Dio.
E, di fronte a tanta sapienza, inevitabile la domanda: ‘Come mai costui conosce così bene le Scritture, senza aver mai  studiato?’.
I Giudei sapevano infatti molto bene – perché lo avevano detto i nazareni che si recavano a Gerusalemme – che Gesù proveniva da una famiglia modesta, aveva vissuto in una casa modesta, aveva svolto una attività modesta: quella di falegname.
Fabbricava letti, armadi, sedie, tavoli, attrezzi agricoli, tutti lavori manuali che nulla avevano a che fare con l’insegnamento religioso che in Israele rappresentava il massimo della cultura.
E questo artigiano, all’improvviso, compare in pubblico e comincia ad insegnare, anzi a predicare. E, come se non bastasse, giù con miracoli di tutti i generi.
Se uno fa miracoli non ci si dovrebbe meravigliare troppo se poi dimostra di conoscere bene le Scritture, ed infatti Gesù lo spiega: la Dottrina in realtà non era la sua (cioè dell’uomo-Gesù) ma di Dio, perché Egli era ispirato da Dio stesso che lo aveva inviato sulla terra.
E aggiungeva: ‘Chiunque vuol fare la volontà di Dio ‘conoscerà’ se questa dottrina viene da Dio o se parlo da me stesso…’.
Cosa significa una frase del genere riportata dal Vangelo?
'Conoscerà' non sta solo a significare una mera umana capacità di comprensione intellettiva ma anche quello che abbiamo spiegato in precedenza: lo Spirito Santo ‘legge’ nei cuori, vede chi ascolta con buona intenzione, vede chi è animato da buona volontà di seguire Dio, vede chi non respinge Dio, ed allora lo premia con l’illuminazione, e chi ascolta, illuminato nella mente e nello spirito, ‘avverte’ nel profondo del proprio essere che quegli insegnamenti hanno qualcosa di veramente divino.
Si tratta insomma di Dio che si manifesta in quel modo a chi è disposto ad amarlo, e si nega a chi lo rifiuta. Si rinnova qui il senso di quelle misteriose parole che abbiamo già avuto occasione di spiegare quando Gesù aveva chiarito agli apostoli il perché alla gente comune Egli parlasse in parabole: 'A chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha...'.
Gesù - nel brano evangelico -  precisa al popolo che egli non parla per ragioni di prestigio personale, ma per insegnare agli uomini il Progetto di Dio, che è progetto di amore per tutta l’Umanità.
E mentre Gesù insegna, ci deve esser stata certamente qualche discussione, e l’insegnamento si anima nel dibattito, e questo diviene polemica.
Vi erano infatti i ‘buoni’ ma anche i ‘cattivi’, e le domande di questi ultimi non potevano che essere tendenziose e velenosette.
Gesù non è uno che si lasci strattonare, quando è in gioco la Verità. La dialettica non gli manca. Le sue frecciate arrivano a segno: ‘Vi riempite tanto la bocca di Mosè e della sua Legge, ma poi vi guardate bene dall’osservarla: infatti state cercando di farmi uccidere!’.
Forse Gesù non si sarà espresso proprio così, ma il senso delle sue parole è certamente questo.
La legge mosaica vietava ben l’assassinio, ma non erano proprio essi che tramavano per ucciderlo? E per di più uccidere un ‘giusto’ che non faceva nulla di male e che diceva anzi parole di Dio?
Queste accuse di fronte al popolo dovevano bruciare  come fuoco sulla pelle dei mestatori e il loro livore doveva essere al massimo, smascherati come si sentivano, e allora la replica stizzita: ‘Nessuno cerca di ammazzarti. Sei tu che sei un pazzo, anzi, un indemoniato!’.
Credo che in Israele dare dell’indemoniato a uno fosse peggio che dargli del pazzo.
E Gesù ancora: ‘Per il fatto che il dettame della circoncisione ve l’ha dato Mosè – ma in realtà viene dai Patriarchi – voi operate le circoncisioni anche di sabato, giorno in cui  non dovreste svolgere alcuna attività pratica, ma se poi sono io a guarire un uomo di sabato, voi vi scandalizzate?’.
Gesù, riferendosi evidentemente a qualche miracolo fatto precedentemente  di sabato, spiega di non aver violato lo spirito della legge mosaica e argomenta sapientemente, in sostanza: ‘Se voi ammettete la circoncisione dei bimbi anche di sabato, e ciò lo fate perché il bimbo viene offerto al Signore, perché mai dovete sdegnarvi se io – in nome di Dio -  di sabato opero un miracolo su un uomo, e questa persona miracolata – per riconoscenza – sarà da quel momento dedita per sempre al Signore?’
E quindi l’invito finale: ‘Cercate di non giudicare secondo la forma, ma badate con onestà intellettuale alla sostanza, allo spirito delle norme e delle cose!’.

La gente lo vede passare col gruppo apostolico e se lo addita commentando. Tutti sanno ormai che gira la voce che i suoi nemici lo vogliono uccidere e tanti si chiedono se egli sia veramente il Cristo, cioè l’Unto, che era stato però predetto dai Profeti in forma che ne faceva intendere una origine misteriosa, non umana.
Invece Gesù non avrebbe potuto essere ai loro occhi più umano di così, visto che era un semplice falegname di Nazaret, fatto confermato dai suoi stessi compaesani che venivano alla festa, come pure era ben ‘umano’ quel suo essere figlio di Giuseppe e di Maria, altro che ‘Figlio di Dio’!
Ed è qui che il Gesù valtortiano – che ha letto nei loro cuori – decide, specie dopo l’esperienza del tentativo di incoronarlo re per una errata concezione della figura del Messia, di chiarire questa volta pubblicamente di fronte a tutto il popolo, ma anche ai suoi nemici, la vera natura del Regno di Dio in terra.5
Gesù entra nel Tempio seguito dagli apostoli. Tutti lo conoscono e tutti lo osservano interrogandosi su quanto farà o dirà.
C’è anche Gamaliele che incrocia il suo sguardo e lo osserva in maniera pensosa.
Gesù – sul gradino più alto di una scalinata ed appoggiato ad una colonna, si mette per l’ennesima volta a predicare sulla venuta del Regno di Dio: i miracoli fatti sono la conferma che Dio è con il suo Cristo, cioè Gesù, l’Unto.
Parte da qualcuno della folla una provocazione: «Lo sappiamo che ti vuoi fare re. Ma un re tuo pari sarebbe rovina di Israele. Dove sono le tue potenze di re?». Molti scuotono il capo e ridono.
‘Nulla è impossibile a Dio’, ribatte Gesù.
‘Ma dove è questo Regno visto che non se ne vedono i segni esteriori?!’, rincara un altro.6
E Gesù: «Il Regno di Dio non viene con apparato.  Solo l'occhio di Dio vede il suo formarsi, perché l'occhio di Dio legge nell'interno degli uomini. Perciò non andate cercando dove è questo Regno, dove si prepara.  E non credete a chi dice: "Si congiura in Batanea, si congiura nelle caverne del deserto d'Engaddi, si congiura sulle rive del mare".  Il Regno di Dio è in voi, dentro di voi, nel vostro spirito che accoglie la Legge venuta dai Cieli come legge della vera Patria, legge che praticandola fa cittadini del Regno. Per questo prima di Me è venuto Giovanni a preparare le vie dei cuori, per le quali doveva penetrare in essi la mia Dottrina.  Con la penitenza si sono preparate le vie, con l'amore il Regno sorgerà e cadrà la schiavitù del peccato che interdice agli uomini il Regno dei Cieli».


1 Lc 19, 1-10

2 M.V. ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’, Vol. VII, Cap. 464 – Centro Ed. Valtortiano

3 Gv 7, 1-8: Dopo di ciò Gesù andava per la Galilea, non volendo aggirarsi per la Giudea, perché i Giudei cercavano di farlo morire. Era vicina la festa giudaica dei Tabernacoli.
Gli dissero i suoi fratelli: ‘Parti di qua e và in Giudea, affinché anche i tuoi discepoli vedano le opere che tu fai. Nessuno, infatti, che cerca di apparire, agisce in segreto; se tu fai tali cose, fa conoscere te stesso al mondo’.
Infatti, nemmeno i suoi fratelli credevano in lui.
Gesù rispose loro: ‘Il mio tempo non è ancora venuto, ma per voi il tempo è sempre buono.
Il mondo non può odiare voi, ma odia me, perché io attesto che le sue opere sono cattive.
Salite voi a questa festa; io non ci vengo, perché il mio tempo non è ancora venuto’.

4 Gv 7, 9-24: Ciò detto, si trattenne in Galilea. Ma quando i suoi fratelli furono saliti alla festa, anch'egli vi andò, non pubblicamente, ma quasi di nascosto
I Giudei, intanto, lo cercavano alla festa e dicevano: « Lui dov'è? ».
E si faceva un gran sussurro su di lui tra la gente.  Alcuni dicevano:« E’ buono »; altri: «No, inganna il popolo ». Ma nessuno parlava pubblicamente di lui per timore dei Giudei.
A metà della festa Gesù salì al Tempio e insegnava. 
I Giudei, meravigliati, dicevano: « Come mai costui conosce sì bene le Scritture senza aver mai studiato? ».
Gesù rispose: « La mia dottrina non è mia, ma di colui che mi ha mandato. Chiunque vuol fare la volontà di lui, conoscerà se questa dottrina viene da Dio, o se parlo da me stesso. Chi parla di sua autorità, cerca la propria gloria; ma chi cerca la gloria di colui che l’ha mandato è verace, e non c’è in lui ingiustizia. Non fu Mosè a darvi la legge? Eppure nessuno di voi la osserva. Perché cercate di farmi morire? ».
Rispose la gente: « Tu sei indemoniato! Chi cerca di farti morire? ».
Gesù replicò loro: « Un’opera sola ho fatto e tutti siete meravigliati. Per il fatto che Mosè vi diede la circoncisione, non che essa venga da Mosè, ma dai Patriarchi, voi circoncidete un uomo anche di sabato. Or, se uno viene circonciso anche di sabato, affinché la legge di Mosè non sia violata, voi vi sdegnate contro di me perché di sabato ho guarito completamente un uomo?
Non giudicate secondo l’apparenza, ma giudicate con retto giudizio ».

5 M.V.:’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. VII, Cap. 486 – C.E.V.

6 Lc 17, 20-21: Interrogato poi dai Farisei, quando fosse per venire il Regno di Dio, rispose loro: «Il Regno di Dio non viene con apparato. Né si potrà dire: ‘Eccolo qui, eccolo là’. Perché il Regno di Dio, ecco, è dentro di voi».
Nota dell'autore: ancora oggi le interpretazioni rabbiniche del Talmud ed il Sionismo mondialista concepiscono il Regno di Dio in un'ottica materiale, come potere politico e di governo della Nazione Ebraica che - dopo la distruzione di Gerusalemme nel 70 d.C., con la distruzione del Tempio e la fine del Sacerdozio - interpreta il 'Messianismo' come un ruolo non più di una persona ma della Nazione di Israele rispetto al resto dei popoli 'pagani'.