5. LA PRESENTAZIONE DI GESU’ AL TEMPIO 

 

5.1 Le profezie di Simeone e di Anna di Fanuel.

L’evangelista Luca1 narra che, decorsi gli otto giorni per la circoncisione del bambino, gli venne dato il nome di Gesù, e che quindi - trascorso successivamente anche il tempo della ‘purificazione’ previsto dagli usi - il bambino venne portato a Gerusalemme per offrirlo, quale maschio primogenito, al Signore.
E’ durante questa cerimonia che – sempre secondo il Vangelo di Luca - vi sono gli interventi profetici di Anna di Fanuel e di Simeone.
Simeone prese Gesù fra le braccia e dando lode a Dio disse alla Madre che quel bimbo sarebbe stato causa di caduta, resurrezione e segno di contraddizione per molti e che una spada le avrebbe trapassato l’anima.
Anna di Fanuel, lodava anch’ella Dio profetizzando che quel bimbo sarebbe stato il ‘Liberatore’ di Gerusalemme.
Giuseppe, Maria ed il bimbo – dice qui Luca – dopo questi adempimenti previsti dalla legge se ne tornarono a Nazareth.
Cosa dire dunque di questo episodio evangelico?2
Se la circoncisione dei bambini doveva compiersi otto giorni dopo la nascita, la cerimonia legale della purificazione di Maria (‘purificazione’ da quello che avrebbe dovuto essere il travaglio del parto con annessi e connessi cruenti)  con l’offerta di Gesù al Tempio doveva compiersi dopo quaranta giorni.
Maria, in realtà, non avrebbe avuto bisogno di alcuna ‘purificazione’, ma Luca sottolinea più volte l’attenzione di Maria e Giuseppe per il rispetto della Legge del Signore: essi - quali ‘genitori’ del Figlio di Dio -  non se ne ritenevano esonerati, e anzi si preoccupavano di ‘non dare scandalo’ con atteggiamenti pubblici che fossero men che ortodossi.
Dopo la nascita di Gesù essi si erano trattenuti a Betlemme, cosa del resto logica con un bambino neonato che non avrebbe certo potuto sopportare i disagi di un viaggio di alcuni giorni a dorso d’asino per il ritorno a Nazaret in piena stagione invernale.
Si comprende anzi, sempre da alcuni particolari dell’opera valtortiana, che Giuseppe - forse seguendo qualche sua interna inconscia ispirazione - si era portato dietro in quel viaggio da Nazareth alcuni ferri del mestiere.
Egli aveva quindi messo su anche lì a Betlemme una piccola attività ‘ambulante’ di falegnameria, tanto per raggranellare un poco di soldi e tirare avanti temporaneamente ora che la sosta dovuta ad una nascita che lo aveva colto di sorpresa in quel periodo ed un bambino da mantenere doveva aver esaurito le sue riserve in denaro.
Da qualche parte, nell’Opera della Valtorta, avevo anzi letto che Zaccaria - anche lui evidentemente poco ‘illuminato’ sulla reale figura del Messia - aveva addirittura insistito con Giuseppe affinché egli si stabilisse definitivamente lì, vicino a Gerusalemme, cioè in ambiente socialmente e politicamente’ adatto alla ‘formazione’ e alle ‘relazioni’politiche del futuro Messia.
Giuseppe e Maria avrebbero ovviamente preferito rientrare a Nazareth, dove li attendeva la loro bella casetta, dove avevano parenti e amici e dove d’altra parte Giuseppe aveva la sua clientela stabile ed il suo laboratorio di falegnameria.
Essi - come vede in visione la Valtorta - se ne andranno però da Betlemme in fuga notturna verso l’Egitto dopo la partenza dei Magi, avendo saputo in anticipo e in sogno dall’Angelo della imminente incursione dei soldati di Erode il Grande, incursione che infatti si sarebbe conclusa con la famosa ‘strage degli innocenti’ raccontata sempre da Matteo.
Tornando però alla cerimonia del Tempio, lì Giuseppe e Maria incontrano Simeone, che profetizza.
Anche Anna era ‘profetessa’ .
Nell’Opera della mistica – oltre che nell’episodio del colloquio fra Maria e il Gran Sacerdote in merito alla scelta di uno sposo, di cui abbiamo parlato – si parla di lei anche in una precedente visione in cui i genitori Gioacchino e Anna avevano portato la loro piccola Maria al Tempio e l’avevano affidata personalmente proprio ad Anna di Fanuel.
Le vergini del Tempio erano sempre meno - per rilassamento di fede, come allora si lamentavano i sacerdoti - e nessuna, in quel momento, era della stirpe regale della casa di Davide le cui madri era state quindi invitate a consacrare le figlie al Tempio, proprio nella prospettiva della venuta del Messia, i cui tempi profetici stavano per compiersi.
L’offerta della piccola Maria era dunque stata graditissima.
In linea di principio, mi pare di aver capito, che quelle del Tempio dovevano essere vergini consacrate a Dio ma, se dovevano dare alla luce il Messia, evidentemente erano anche destinate a sposarsi, prima o poi.
Questo fa meglio comprendere il fatto che il Gran Sacerdote si era meravigliato quando – di fronte alle lacrime di Maria – era venuto a sapere, proprio da Anna di Fanuel – di quel voto di verginità…perpetua che la piccola aveva fatto praticamente senza che avesse ancora l’età della ragione, umanamente parlando.
Ritornando all’episodio dell’incontro al Tempio, abbiamo visto (già in precedenza in occasione dell’incontro a Ebron fra Maria ed Elisabetta e poi anche nell’episodio raccontato nei Vangeli riferito a Zaccaria al quale, terminata la punizione che lo aveva reso muto, viene liberata la favella3) che quando lo Spirito entra nel cuore di un suo ‘strumento’, questi ‘profetizza’, cioè parla di impulso e dice le cose che il Signore giudica opportuno che in quel momento vengano dette.
A volte lo ‘strumento’ profetico viene illuminato interiormente sul significato di quello che dice, a volte non lo comprende neanche lui, e a volte ancora cerca di interpretarlo a posteriori, umanamente, magari sbagliando.
Nel caso di Anna e Simeone, lo Spirito Santo interviene e – con dolce ‘violenza’ e senza preoccuparsi di quello che avrebbero potuto pensare  gli altri presenti alla cerimonia nel sentir quelle parole – ‘obbliga’ i due ‘strumenti’, anche a futura memoria dei posteri, a declamare quelle cose, come fossero appunto ‘voci dal sen fuggite’.
Maria – priva di macchia d’origine - viveva totalmente immersa nella grazia soprannaturale di Dio e aveva doni e carismi particolari. Fra questi aveva quello di saper interpretare correttamente le Scritture, che lei da allieva istruita nel Tempio conosceva peraltro a menadito, e inoltre di ‘presentire’ quale destino le sarebbe stato riservato anche se il Signore – per proteggerla nella sua fragilità umana – gliene velava il senso più crudo.
Il ‘sì’ di Maria all’Arcangelo Gabriele, non era stato solo un ‘sì’ al Messia, ma anche a tutto quello che di doloroso lei sapeva che al Messia, cioè all’Uomo dei dolori profetizzato da Isaia, sarebbe stato riservato.
Sarebbe stato riservato al Messia, certo, ma conseguentemente anche a lei che ne sarebbe stata Madre.
Dopo la gioia della nascita, in quell’atmosfera soprannaturale di quella stalla, dopo l’offerta al Tempio, a Dio Padre, di quel suo Figlio che sarebbe stato vittima sacrificale volontaria per la Redenzione dell’Umanità, ora Simeone conferma però a Maria i suoi timori che lei certo aveva cercato di ‘rimuovere’, predicendole che una ‘spada’ le avrebbe trapassato l’anima, cioè che lei avrebbe dovuto subire un dolore atroce.
Non è sempre facile comprendere la pedagogia dello Spirito Santo.
Era proprio necessario dirle una cosa del genere? Non era sufficiente che i tempi della missione pubblica di Gesù maturassero e le cose si realizzassero al momento dovuto? Perché cominciare a farla soffrire con tanto anticipo portandosi dietro - negli anni seguenti della fanciullezza di Gesù, e poi in quelli della sua giovinezza, e infine in quelli della maturità di uomo e della sua successiva predicazione triennale - il pensiero atroce di quella ‘spada’ che le avrebbe trafitto il cuore?
Forse lo Spirito Santo voleva che lei si abituasse in qualche modo a convivere con quell’idea, per farla soffrire di meno al momento del ‘dunque’, giungendovi un poco più preparata?
O forse voleva che Lei, come Madre, potesse dar prova del suo amore verso Dio e accettasse di subire questa anticipata passione perché Lei era destinata fin dalla nascita di Gesù a diventare ‘corredentrice’ col Figlio suo, per bere poi l’ultimo calice di umiliazioni e di dolore sotto il Calvario?
Non vi sarà forse poi molto chiaro quell’altro riferimento di Simeone per cui quel bimbo sarebbe stato causa di caduta e risurrezione per molti nonché segno di contraddizione, e che si sarebbero svelati i pensieri di molti cuori.
La spiegazione è che Dio è Verità, e di fronte alla Verità che è Dio, cioè di fronte alla dottrina d’amore che il Cristo avrebbe predicato, gli uomini sarebbero stati costretti a prendere posizione, a scegliere.
L’uomo che decide di seguire i buoni istinti, magari dopo aver precedentemente seguito i cattivi, risorge a nuova vita e si salva,  quello che invece continua ad assecondare gli istinti peggiori, viene come gradatamente  ‘posseduto’ dallo spirito del Male: in un certo modo come se si ‘insatanassasse’. E di fronte alla parola di Dio egli si ribella, la avverte estranea, e – quando dovesse giungere ad avvertirla come nemica - la combatte, spesso senza neanche saperne bene il perché, se non per il fatto che qualcosa dentro di sé lo spinge a farlo.
Di fronte alla dottrina di Gesù, che è ‘amore’, l’uomo che la rifiuta è quindi in qualche modo costretto a schierarsi contro - come dice appunto Simeone - svelando i suoi reali sentimenti, prendendo posizione dalla parte opposta della barricata.
Quest’uomo magari poi ‘razionalizza’ in qualche modo questa sua avversione, attribuendone la causa scatenante a qualche altro fatto più o meno oggettivo. Ma la sostanza è quella. Ed è sulla base di questa sua posizione che poi Dio emetterà il suo giudizio.
Certi fatti eclatanti della storia con l’avversione e persecuzioni al Cristianesimo– ve ne propongo una interpretazione diversa dalle solite - si prestano anche a questo tipo di lettura.
Se solo pensate che ‘Dio’ sia Dio e che il Male non sia un astratto principio filosofico, ma l’espressione della volontà personale di Satana…
Se pensate ancora che Satana possa quindi essere una realtà, cioè una persona angelica negativa, è chiaro che quest’angelo decaduto influenzi ed ispiri al male gli uomini ottenendo poi il massimo dei risultati in quelli che – per una propria inclinazione naturale o anche per le circostanze – preferiscono propendere al male più che al bene, diventando addirittura succubi del Male nei casi più gravi.
L’uomo che invece cerca di non assecondare gli istinti cattivi (e che tende quindi, sia pur sforzandosi, a seguire quelli buoni) ‘sente’ che quella ‘Parola’ di Dio è vera, che quella è Verità, e allora – con la buona volontà – si adopera per seguirla, anche se in maniera imperfetta.
‘Pace agli uomini di buona volontà’ avevano infatti gridato gli angeli dando l’annuncio della nascita del Messia ai pastori di Betlemme.
Ecco spiegato dunque il significato della contraddizione, della caduta e della risurrezione di cui parla Simeone.
Il Verbo si era incarnato in un Uomo per redimere sulla Croce i peccati dell’Umanità da Adamo fino a quel momento e – dopo aver liberato e aperto le porte del Paradiso a tutti i giusti che erano rimasti in attesa nel Limbo – per salvare anche tutti gli uomini peccatori successivi alla Redenzione.
Ma quali uomini? Proprio tutti?
Tutti quelli che lo avessero voluto! Con un poco di buona volontà, appunto!
L’uomo del Nuovo Testamento, della Nuova Alleanza, sarebbe stato messo di fronte ad un Patto consensuale : Dio Padre lo avrebbe salvato attraverso il Verbo suo Figlio, ridandogli l’accesso al Paradiso, a patto che l’uomo da parte sua - il Paradiso - avesse voluto guadagnarselo, cooperando con Dio e facendo una scelta.
Di fronte a Gesù che ci chiama – profetizza dunque Simeone - gli uomini saranno obbligati a scegliere, costretti a ‘schierarsi’, cioè a svelare i loro ‘pensieri’, andando incontro o ad una caduta definitiva o ad una risurrezione ad una nuova vita, a seconda di come essi avranno liberamente voluto.
Gesù non è venuto per condannare ma per salvare i peccatori.
Il problema è però quello di decidere se noi ci vogliamo salvare o meno.

 

5.2 L’arrivo dei Magi e la ‘casa’ di Gesù a Betlemme: una piccola discordanza evangelica.

Luca racconta infine che, dopo la cerimonia della Presentazione di Gesù al Tempio, la Famiglia se ne torna a Nazareth in Galilea.4
L’evangelista non parla quindi dell’arrivo a Betlemme dei tre ‘re Magi’ e neanche della fuga in Egitto mentre a farlo è invece Matteo.5
Essi chiedono udienza  al re Erode il Grande domandando dove fosse possibile trovare il ‘Re dei Giudei’ che era nato.
Un Re? Il re Erode rimane turbato.
Vengono consultati i Sacerdoti i quali, testi profetici alla mano, rispondono recitando: ‘Il Capo che un giorno guiderà Israele nascerà a Betlemme…’.
Vale la pena di attirare l’attenzione su di un particolare importante.
I capi dei sacerdoti di Israele, con la loro condotta di vita e mentalità, si erano allontanati sempre più - negli ultimi tempi - dallo spirito delle Scritture ed essi non le sapevano più interpretare in maniera corretta.
Lo stesso dicasi per il popolo che seguiva i ‘capi’.
Aveva finito per prevalere in tutti loro l’umanità ed il ruolo del Messia veniva conseguentemente interpretato non spiritualmente ma umananamente come essi se lo sarebbero voluto, cioè come un Capo politico-militare, una sorta di novello Giosué, che avrebbe dovuto liberare Israele dai suoi oppressori e sottomettere anzi i suoi circostanti nemici per realizzare il ‘Regno messianico’ di Israele in terra.
Un Liberatore politico, dunque.
Ma allora, che dire di Anna di Fanuel che - illuminata dallo Spirito Santo - aveva anch’ella profetizzato che quel bimbo sarebbe stato il ‘Liberatore’ di Gerusalemme?
Ecco qui la chiave di interpretazione spirituale giusta: non ‘Liberatore’ dai dominatori romani, ma Liberatore dal Peccato, Liberatore da Satana che dai primordi aveva corrotto l’uomo, Liberatore in chiave spirituale, non materiale.
Erode - astutamente - invita con noncuranza i Magi a fare ricerca del fanciullo ma chiede loro di informarlo quando lo avessero trovato, perché egli avrebbe voluto rendergli omaggio.
Egli temeva in realtà che – prima ancora che da Roma, che aveva le ‘spalle’ robuste e alla quale egli era comunque politicamente legato come una sorta di ‘re fiduciario’ – il primo in assoluto da cui il futuro Messia ‘politico’ avrebbe ‘liberato’ Gerusalemme, probabilmente con metodi spicci, sarebbe stato proprio lui, da tutti conosciuto come un monarca feroce.
Ma Erode, come ebbe a dire una volta Gesù nei Vangeli, era una volpe e – dopo essersi fatto confermare da Sacerdoti e Scribi che quella del Messia era proprio una verità predetta dai Profeti i quali avevano indicato addirittura la città di nascita e che quelli erano più o meno anche i ‘tempi giusti’ - gioca d’astuzia, mandando avanti i tre, ingenui come tutti i ‘santi’, e lasciando  che fossero essi stessi a ‘consegnargli’ praticamente su un vassoio d’argento il pargolo.
Un’altra riflessione. I Magi arrivano. Da dove? Dall’Oriente.
Inutile affannarsi a cercare significati ‘simbolici’ alla parola ‘Oriente’.
Vuol dire proprio Oriente, cioè dalle terre situate ad oriente di Gerusalemme dove lo studio dell’astrologia, allora, era una cosa seria.
I ‘magi’ non erano infatti i ‘maghi’ di oggi, dispensatori di oroscopi assurdamente infantili e che fanno finta di consultare le stelle o le costellazioni dello Zodiaaco ma, presso i Medi e i Persiani ad esempio, erano una specie di classe di ‘sacerdoti’, con gli occhi – specie quelli di questi nostri tre Magi - rivolti al Cielo in senso materiale e metaforico: ecco perché, oltre a conoscere così bene le stelle, essi ne sapevano interpretare il significato.
Essi – saputo dunque dai sacerdoti del Tempio che il Messia avrebbe dovuto nascere a Betlemme – ripartono da Gerusalemme per raggiungere questo villaggio distante poche miglia dove poi essi chiedono informazioni sugli ultimi nati ed in effetti trovano ed entrano nella casa che ospitava la Sacra Famiglia.
Ho detto casa e non stalla, perché qui Matteo6 parla proprio di una ‘casa’, anche se Luca aveva fatto capire che erano in una stalla.
Ecco dunque un esempio di ‘discordanza biblica’ che spingerebbe certi critici razionalisti – in nome della ‘ragione’ e della critica ‘scientifica’ ai Vangeli – ad attaccarsi al cavillo per respingere la ‘storicità’ dei vangeli, accusandoli di melenso pauperismo per quei natali modesti o di imprecisione e inaffidabilità, e attribuirli comunque alla ‘fabulazione’ dei primi cristiani.
Ma come al solito è leggendo le visioni della Valtorta che tutte le discordanze evangeliche vanno a posto, e lo vedremo anche in seguito.
Anche la Valtorta vede in visione la nascita di Gesù in una stalla, ma - all’arrivo dei Magi - lo vede invece, già ‘grandicello’, in una casa, come dice appunto Matteo.
Se era ‘grandicello’ non era evidentemente nato da poco, come ce lo presenta la tradizione e l’iconografia dei magi di fronte al presepe.
Cosa era dunque successo nel frattempo? Semplice: i paesani di Betlemme si erano  commossi per quel piccino esposto ai rigori invernali e vi era stato chi, premurosamente, aveva messo loro a disposizione un alloggio.
D’altronde, poiché dalla visione della mistica emerge che - all’arrivo dei Magi - il bimbo appariva di un anno di età, è più che logico che Giuseppe, che da abile artigiano lavorava professionalmente bene e quindi guadagnava, avesse nel frattempo trovato una casa decente, come racconta Matteo.
Credo sia stata proprio la Madonna a raccontare all’apostolo Matteo l’episodio dei tre magi, parlandogli non della stalla ma di quella casa dove essi erano stati ospitati a lungo.
Poi Lei – alcuni anni dopo – parlando con Luca e scavando altri particolari nella memoria, gli doveva avere raccontato i vari episodi dell’Infanzia di Gesù che troviamo nel suo Vangelo nonché gli episodi dei pastori, della apparizione degli angeli, e di quel loro primo ‘fortunoso’ ricovero notturno in una stalla.


1 Lc 2, 21-40

2 G.L.: ‘I Vangeli di Matteo…’ – Vol. I – Cap. 7, Ed. Segno – vedi sito internet

3 Lc 1, 64-79

4 Lc 2, 36-39

5 Mt 2, 1-12

6 Mt 2, 1-12