CAP. 2

IN PRINCIPIO DIO CREO’ IL CIELO E LA TERRA.

 

2.1 Compratevi la Settimana enigmistica, scegliete un rebus e poi impariamo insieme a decifrare i geroglifici egiziani, l’ebraico e … il copto, che è la lingua di Mosè.

Segretario: Abbiamo fin qui trattato il tema generale della creazione dell’universo dal punto di vista della scienza e della… Sapienza.
Si tratta ora di entrare nel vivo della Genesi, cominciando a conoscere meglio il modo di parlare di Crombette anche in relazione al primo versetto: ‘In principio Dio creò il cielo e la terra…’
Lo scopo della vita di Crombette e della sua attività di studio si può riassumere in poche parole: dimostrare che la Bibbia – se correttamente tradotta – non è un mito, ma nasconde nelle sue pieghe delle profonde verità scientifiche perché – se è Parola di Dio – Dio non può aver sbagliato nel darla, ma saranno semmai gli uomini che – sia pur in buona fede – hanno in qualche punto sbagliato nel tradurla.

Pregherei quindi il sig. Crombette – di cui vi preannuncio l’intervento – di illustrarci non i particolari tecnici delle traduzioni che sono facilmente reperibili nel sito Internet, quanto invece i ‘concetti’ che emergono dalle sue  traduzioni del testo ebraico antico attraverso il copto.
É bene ricordare che è dal testo ebraico che vennero circa duemila anni fa ricavate le traduzioni in greco e poi in latino e, attualmente, quelle nelle nostre lingue moderne.
Premesso che l’ebraico si legge da destra verso sinistra, qualcuno potrebbe meravigliarsi, come è già capitato a me, nel vedere come un versetto di Genesi di poche parole si trasformi – nella traduzione di Crombette – in un testo di varie righe.
É stata questa una cosa che mi ha creato non pochi problemi perché - nonostante la serietà ed assoluta onestà intellettuale che traspare dalle opere di Crombette - non riuscivo a liberarmi dal sospetto che nelle sue traduzioni egli si fosse fatto leggermente prendere la mano dalla … immaginazione.
Solo successivamente, approfondendo un poco di più le tematiche dei geroglifici egizi e della lingua copta, ho compreso come questo fosse possibile: le parole dell’antico ebraico – come ho già accennato – erano scomponibili in radici copte le quali implicavano ciascuna concetti più elaborati della singola parola ebraica che li riassumeva ed esprimeva, concetti che dovevano poi essere associati fra di loro per ricavarne il senso complessivo.
É quanto succede del resto con la traduzione dei geroglifici egiziani,  dove – potenza creativa di quella lingua eccezionale, tutt’altro che ‘primitiva’ come molti hanno creduto – non di rado un piccolo ‘segno’ o disegno simbolico equivale ad una frase intera.
Bisogna capire bene il ‘meccanismo’ logico/intuitivo che porta alla soluzione delle traduzioni di Crombette.
Con un esempio molto approssimativo, è quanto avviene nei rebus dove – come ben sanno gli appassionati di enigmistica – è l’interpretazione del significato dei singoli segni o immagini o azioni, e la loro concatenazione logica intuitiva nel contesto generale, quella che fornisce il significato finale. Non siete esperti di enigmistica?
Potete cercare di imparare osservando e decifrando questo ‘quadretto’:

REBUS (5,7,5,12,1,4)   L.Marinelli
i

Vedo già le vostre espressioni interrogative…
É normale che, come me prima che me lo facessi spiegare, voi non abbiate capito bene.

Ai profani il significato del ‘quadretto’ sembrerà a prima vista ‘arabo’, come le traduzioni di Crombette, ma provate ad analizzarlo un pochino meglio e ad usare l’intuito, magari chiedendo aiuto ad un vostro amico esperto di enigmistica e vedrete che vi confermerà che la sua traduzione è:

‘COLPA ESPIATA COLLA CARCERAZIONE A VITA’

La ‘Settimana enigmistica’ abbonda di esempi simili, anche molto più complessi.

Vedo però un signore là…, fra il pubblico…, che mi fa un segno di dissenso…
Mi dica. Lei è il Signor…

Bastian Contrario!

Segretario: Non…, non capisco. Bastian cosa?

Bastian Contrario. Bastiano di nome Contrario di cognome.

Segretario: Ah…, va bene. Basta intendersi… Dica pure, allora.

B. C.: O io non capisco niente, o lei non sa spiegare bene, o l’esempio non era così facile come sembrava che lei volesse dire. Il suo sarebbe un esempio da espiare, anche questo, con la… carcerazione a vita.

Segretario: Bene, allora adesso le faccio un altro esempio che - se anche questa volta lei non lo capisce - la fa lei la carcerazione a vita! O.K.?

Non si tratta di un esempio mio, ma l’ho letto su un libretto scritto a mano in stampatello a livello amatoriale da un signore un poco eccentrico ma intelligente che amava gli studi su Crombette e quelli in particolare sull’egizio-copto.
Si trattava di un manoscritto, che io considero prezioso, che rivelava grande studio, in cui in maniera molto semplice egli fra l’altro spiegava:

^^^^
Fernand Crombette: morto sconosciuto nel 1970. Ha avuto da Dio il dono di studiare e capire le lingue antiche e ha scoperto il vero modo di tradurre i geroglifici egiziani: ha scoperto  che essi sono dei ‘rebus’ da leggere ‘in copto’, la lingua egiziana di allora, parlata dai copti ancor oggi.
Ai tempi degli egiziani non esisteva l’alfabeto e per scrivere usavano i geroglifici che conoscevano solo alcuni: gli iniziati. Vediamo un esempio pratico:
Supponiamo che non esista l’alfabeto e che esista solo il linguaggio della parola, e che io voglia comunicare ad un amico il seguente messaggio: «AMORE PER LA PESCA».
Se l’amico è vicino, glielo grido con la parola, se invece è lontano, e non posso andare da lui, e voglio non farglielo dire da altri (che potrebbero dirlo in modo sbagliato), gli mando una serie di segni, tali che vedendoli, la sua mente dica queste parole:

i
   AMO       RE        PERLA    PESCA

 ^^^^

Segretario: Il nostro personaggio, inventore dell’esempio, concludeva dunque la sua spiegazione dicendo: ‘Ecco cosa ha scoperto Fernand Crombette, ha dato al mondo la chiave per leggere i geroglifici: sono ‘rebus’ in lingua copta!’

Allora, signor Bastian Contrario, le è bastata questa mia spiegazione in italiano o vuole che gliela ripeta in ‘copto’? Risponda, altrimenti la carcerazione a vita è per lei!

Questo naturalmente è solo un esempio banale per fare capire il ‘concetto’. In realtà il lavoro di Crombette è molto più profondo, sottile e scientifico, perché richiede una mole enorme di conoscenze, come voi stessi potrete appurare.
Ricordo comunque che quel personaggio per me sconosciuto, autore del libretto amatoriale, aggiungeva queste parole:

‘E Fernand Crombette è morto sconosciuto! Il destino degli uomini che parlano di Dio!! Ci pentiremo presto di non averli ascoltati!!
Se l’uomo però  non ha voluto usare questa ‘chiave’, Crombette invece l’ha usata! I geroglifici per lui non erano più un mistero e, grazie ad essi, egli ha scoperto moltissime cose: i suoi libri sono meravigliosi! Leggili se puoi! Tra le cose che i geroglifici gli hanno fatto conoscere c’è specialmente questa:
Giuseppe (quello venduto dai fratelli), il figlio di Giacobbe, divenuto vice-re di Egitto, come racconta la S. Bibbia in Gn 41,33, è lui che ha ideato l’alfabeto detto ebraico. Giuseppe capì che i geroglifici erano troppo complicati per ‘scrivere’ le parole e le frasi e, ispirato da Dio, ideò l’alfabeto, cioè quell’insieme di simboli che sono i suoni singoli della nostra bocca che formano le parole.
Donò così al suo popolo l’alfabeto (chiamato ‘ebraico’), prendendo i simboli dell’alfabeto dai geroglifici come questa lettera: ICsimbolo del bue con le corna  (prima lettera dell’alfabeto).
Così Giuseppe insegnò a scrivere il ‘copto’ (l’egiziano) agli egiziani e al suo popolo! E Mosè, cresciuto alla corte del Faraone, fu istruito ad usare l’alfabeto scoperto da Giuseppe e da lui voluto. Mosè quindi scrisse in copto con quell’alfabeto!
Ecco la grande scoperta di Crombette: Mosè ha scritto la ‘sua’  Bibbia in copto utilizzando l’alfabeto scoperto dal vice-re d’Egitto, Giuseppe. E quindi va letta in copto con il significato del copto! Letta in questo modo è ricchissima di particolari non conosciuti, ma nascosti nelle parole copte.
Crombette si è reso conto di questo ed ha iniziato il suo lavoro di traduzione…’.

 

Crombette illustra dunque ampiamente (traducendo sinotticamente nelle sue opere, parola per parola, in tre o quattro lingue, i geroglifici egiziani e i termini copti) le modalità delle sue traduzioni, affinché gli studiosi possano verificare e controllare i criteri di interpretazione da lui seguiti e, se possibile, apportare miglioramenti e correzioni.
Egli è infatti ben cosciente di aver aperto una via che dovrà in futuro essere percorsa da altri.
So di avervi incuriosito, ma se qualcuno di voi – magari esperto di lingue orientali od egittologo – volesse cominciare ad avere almeno qualche nozione di base sul metodo di decifrazione di Crombette, rinvio oltre che alle sue varie opere pubblicate in internet anche ad una sintetica illustrazione del suo ‘Metodo di traduzione’, illustrato nella sua Opera, ‘La rivelazione della Rivelazione’1 oppure all’Estratto ‘Champollion non ha letto i geroglifici egiziani’ dove egli illustra i criteri seguiti nella decrittazione dell’egizio da Champoillon, nell’Ottocento, confrontati con i propri che hanno invece consentito una traduzione dei geroglifici egiziani più precisa.
Sappiamo infatti – e qui lo ribadiamo perché la chiarezza non è mai troppa – che Crombette è un insigne esperto di quella disciplina che si chiama ‘semantica’ e che, letterariamente parlando, è la dottrina del significato storico delle parole e della ricerca sistematica delle variazioni e dello sviluppo  del senso dei vocaboli nel corso dei secoli e dei millenni.
Inoltre, quale esperto conoscitore delle lingue antiche, egli è anche un grande esegeta della Bibbia.
In poche parole – grazie a quella felice intuizione che gli aveva fatto intravvedere una origine ‘copta’ nell’ebraico antico – Crombette è riuscito a ripulirlo dalle incrostazioni, deformazioni ed evoluzioni linguistiche dei millenni successivi scoprendo – alla luce delle radici copte – il senso originario dell’ebraico con cui era stato scritto il Pentateuco, e più in particolare la Genesi.
Egli è dunque riuscito ad individuare, nelle parole polisillabiche dell’ebraico antico, le radici monosillabiche del copto che ne erano state originariamente alla base.
 É certamente una tecnica che richiede grande studio e preparazione, ma – mi si perdoni l’estrema semplificazione che io faccio del concetto – è un poco come determinare il significato originario di un termine italiano attraverso le sue radici greche o latine dalle quali detto termine deriva.

 

2.2 Prima della Creazione, Dio pensò alla ‘forma’ dell’universo, immaginando nel suo pensiero un ‘progetto’ che poi realizzò.

Segretario: Il primo versetto del ‘nostro’ attuale testo di Genesi - testo che è stato tradotto dall’ebraico nella maniera classica che conosciamo - si legge in italiano:

‘In principio Dio creò il cielo e la terra’

Mi sembra che qui non ci sia bisogno di Crombette per capirne il significato. É chiarissimo: Dio per prima cosa ha creato il cielo e la terra!

Cediamo comunque, finalmente, la parola a Crombette…

 Fernand Crombette2: Riprendiamo questo testo in caratteri ebraici e traduciamolo con il copto seguendo il metodo che abbiamo esposto sopra.  Il primo versetto si scrive (Gen I, 1):

i


i
i

Segretario: Sono sicuro che dopo aver visto gli esempi dei rebus precedenti avrete già tradotto il tutto in un testo comprensibile e coordinato.
Come? Dite che non ci avete capito niente? Se tuttavia mi seguite per un attimo, vi farò vedere che è più facile del rebus.
Crombette disponeva di un dizionario copto/latino.
Iniziando la lettura del testo ebraico da destra verso sinistra, le parole sono state scomposte nelle loro radici copte e chiunque sia specialista in lingue antiche, abbia voglia di cimentarsi nell’impresa ed abbia infine anch’egli un buon dizionario in copto/latino, può dare il significato ad ognuna di queste radici.
Tale significato – radice per radice in modo che sia agevole agli specialisti seguirlo nel suo metodo – è stato tradotto prima in latino, poi in francese da Crombette e infine – nel testo che noi stiamo esaminando – in italiano.
Bisogna considerare che il copto è una lingua monosillabica come lo erano tutte le lingue antiche, e che l’ebraico antico non differiva sensibilmente dal copto, per cui poteva essere trattato come una lingua monosillabica e non flessionale.
In tale lingua, ciascuna sillaba rappresenta una o più delle nostre parole.
Quando le sillabe si combinano in una parola polisillabica, esse si giustappongono senza deformarsi, contrariamente a quanto avviene nelle lingue flessionali. I termini di relazione: congiunzioni, preposizioni o altre, sono inutilizzati.
Poiché queste sillabe sono radici, rappresentano tanto un sostantivo quanto un aggettivo, un verbo all’infinito, al passato, al presente, senza cambiamento di forma. É notevole che l’ebraico abbia conservato tracce di questa iniziale disposizione.
Se voi – alla luce di questi chiarimenti – ora considerate nelle tabelle di traduzione più sopra indicate solo l’ultima riga di ogni parola ebraica scomposta nei suoi radicali copti, vedrete che il testo italiano delle varie ‘radici’ è il seguente:

Italiano: 

In primo luogo  

Porre  

Forma

  Esempio

  Parola

  Fare

  Con

Quello che

   Inizio

  Fare

  Cosa

  Dell'alto

  Immaginare

 

 

 

o:

  Del basso

Sistema

Che

Disposto 

Sospendere

Movimento circolare

Intorno a

I cieli

Che segue

Sistema

Che

Mantenersi

Sotto

Terra

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

o:

Fuori da

Sole

Togliere

Se voi ora – sempre chiedendo aiuto al vostro amico esperto di enigmistica – legate fra loro consecutivamente queste parole come negli esempi dei rebus che vi avevo mostrato in precedenza, avrete il testo coordinato.
Non siete ancora capaci? É già difficile capire l’italiano e non ci mancava altro che il copto? Allora chiediamo aiuto a Crombette…

Crombette: Il testo, coordinato, diviene:

Avendo in primo luogo posto la Forma Esemplare, Colui che, all'inizio, ideò di fare le cose dell'alto e quelle del basso, fece, per mezzo della Parola, il sistema che è disposto sospeso in moto circolare intorno ai cieli, poi il sistema che si mantiene sotto, la terra, tratta dal sole.

Segretario: Avete visto? Semplice, no? Basta un po’ di ‘coordinamento’… É sempre così con i ‘rebus’. Una volta che qualcuno li abbia genialmente risolti li troviamo ‘semplici’…, come se i ‘geni’ fossimo noi!

Fernand Crombette: Il primo versetto della Genesi, così restaurato, appare di una fecondità note­vole. La parola iniziale della Bibbia, Beréschidjth, debitamente analizzata, non ha solo il senso comune di "inizio", senso già compreso nelle due prime sillabe, ma ci indica la maniera in cui Dio ha proceduto alla creazione: Egli ha inizialmente posto la forma esemplare, cioè l'archetipo.
Siccome la forma iniziale è detta esemplare, essa contiene in potenza il principio e il modello di tutta la creazione.  É ciò che afferma San Giovanni nel prologo del suo Vangelo: "In principio era il Verbo… per mezzo di Lui tutte le cose sono state fatte". E San Paolo lo conferma dicendo (Epistola ai Colossesi, I, 15 e s): "Egli è l'immagine dell'invisibile Dio, il primogenito di ogni creatura, poiché in lui sono state create tutte le cose, quelle che sono nei cieli e quelle che sono sulla terra, le cose visibili e quelle invisibili: troni, signorie, principati e potestà; tutte le cose sono state create per mezzo di lui e in vista di lui, Egli è prima di ogni cosa e tutte le cose sussistono in lui. Egli stesso è il capo del corpo, cioè della chiesa; egli è il principio, il primogenito dei morti, affinché abbia il primato in ogni cosa... ".
La seconda parola della Bibbia, Bôraha come noi l'abbiamo scomposta, e non Bara, come si scrive ordinariamente, non signi­fica unicamente creare, termine che richiede d'altronde una definizione per essere compreso e che ha dato luogo a delle discussioni alquanto bizantine. Dicendoci che Dio ha fatto tutto con la Parola, la parola, esplicitata, ci indi­ca come Dio ha proceduto per creare. Giacché la parola è il pensiero e­spresso, Dio ha dunque pensato il mondo e, avendolo pensato, l'ha voluto. Vi è nella creazione una doppia operazione di Dio: quella della Sua Intelligenza e quella della Sua Volontà. Ora, si pensa o non si pensa, si vuole o non si vuole. Essendo le operazioni dell'intelligenza e della volontà contin­genti e non necessarie, la creazione, che ne è il prodotto, non è Dio.
Fin dalle prime parole della Bibbia, la questione dell'ateismo si trova posta. L'ipotesi di un caos primitivo da cui sarebbe nato spontaneamente un mondo ordinato, è tanto contraddittoria quanto quella che farebbe nascere l'essere dal niente. L'ordine delle cose suppone un'ordinanza preliminare e una for­za realizzatrice ordinata. Il funzionamento regolare dell'universo implica delle leggi, e dunque un legislatore.
Supporre l'esistenza di queste forze e di queste leggi nella natura stessa sarebbe attribuire alla natura non solo il principio dell'ordine, dell'armonia, della finalità, ma anche un'infinità di princìpi, di ordini, di armonie, di finalità. Giacché, perché una stessa mate­ria iniziale, per esempio, dovrebbe ripartirsi spontaneamente in una moltitu­dine di oggetti aventi forme, sviluppi, destinazioni diverse? Ciò che esiste suppone delle forze ordinate e non cieche.
Per di più, non essendo mai stato constatato il passaggio spontaneo da una specie all'altra, e non avendo mai potuto realizzare fin qui la transizione da una vera specie a un'altra con le esperienze di laboratorio (che suppongono già un'intelligenza umana direttrice, e non il caso), bisogna ricorrere ad una forza intel­ligente preesistente avente realizzato per tappe ciò che esiste, cioè Dio.
D'altra parte, malgrado l'ordine incontestabile che vi regna, la natura non si presenta senza tracce di scompigli profondi contrari al cammino abituale dei fenomeni ordinari, come, per esempio, la divisione della terra in continenti, isole e banchi dispersi, allorché tutto indica che un tempo essi sono stati uni­ti. Ora, chi ha potuto turbare così l'ordine della natura, se non Quello stesso che era stato tanto potente da stabilirlo? Non ha certo potuto essere la natu­ra stessa che, spontaneamente, non poteva che seguire l'impulso primo di cui era stata animata. Esistono dunque nella natura delle manifestazioni di una volontà indipendente da lei e che la domina, dunque la prova dell'esistenza di un Dio creatore e non un fatale determinismo.
La terza parola della Genesi è il Nome di Dio considerato come creatore: Ehèlohîdjm: Quello che, all'inizio, ha immaginato di fare le cose dell'alto e quelle del basso. Così la finale Djm, considerata come un singolare e non un plurale, conferma ciò che noi abbiamo detto circa il ruolo dell'intelligenza di Dio nella creazione poiché Djem significa immaginare. Quanto alle cose dell'alto e a quelle del basso che Dio ha fatto, si penserà immedia­tamente al cielo e alla terra, citati in seguito, ma queste cose sono innanzitutto, in maniera più generale, le spirituali e le materiali, in altri termini, lo spirito e la materia.
La parola ebraica i che si è tradotta con "cielo", Haschschômadjim, dice in realtà: Il sistema che è disposto sospeso in movimento circolare in­torno ai cieli.
Adesso, cogliamo meglio di cosa si tratta qui: dell'anello ga­lattico comprendente tutte le stelle e anche le nebulose.
Giacché, per Mosè, non ci sono, come si pretende oggi in astronomia, altrettanti universi galatti­ci quante sono le nebulose spirali, comparazione che zoppica alla base poi­ché la Via Lattea ha la sua materia disseminata alla periferia ed è pratica­mente vuota al centro, mentre nelle nebulose spirali la materia, estremamen­te condensata al centro, è molto tenue alle estremità. L'ipotesi degli universi multipli non è, in realtà, che una brillante bolla di sapone.
Tuttavia, all'origine, la materia della Via Lattea non era ancora luminosa. Ma, cosa estremamente importante, Mosè ci dice come la galassia poteva restare sospesa nello spazio superiore (i cieli): perché era animata da un movimento circolare. Non è tanto, notiamolo bene, girando su se stessi che gli astri, che forse non erano ancora individualizzati, si mantenevano nello spazio, ma girando in blocco attorno ai cieli.
Ci si obietterà senza dubbio che le stelle sono dette fisse e che, pertanto, non devono essere animate dal movimento di rivoluzione che noi indichiamo. Ne abbiamo parlato dettagliatamente nel primo volume di Galileo aveva torto o ragione?; qui menzioniamo soltanto ciò che dice Pierre Rousseau: "Si può immaginare per un attimo, si sono detti gli astronomi, che un tale insieme (la Galassia) sia immobile?  Supponiamo che i pianeti cessino di girare attorno al sole: si precipiteranno subito su di lui.  La rivoluzione dei pianeti è la condizione obbligatoria della stabilità del sistema solare". Ciò che è vero per i pianeti lo è anche per le stelle. 
La conclusione che si impone dal punto di vista meccanico è che la Via Lattea gira in blocco per non cadere. 
Gli astronomi se ne sono oggi più o meno resi conto, senza d'altronde aver determinato con sicurezza il senso e la velocità di questa rota­zione di cui essi non tengono direttamente conto nei loro calcoli. È così che Kapteyn, di Groningue, ha determinato nella Via Lattea un doppio movi­mento generale delle sue stelle ripartite in due gruppi che si dirigono verso due punti opposti, il che, notiamolo bene, si spiegherebbe semplicemente con un movimento rotante della galassia. 
Ora, è ciò che Mosè diceva già più di 3000 anni fa, e che non si è compreso: la Galassia è un sistema giran­te.
In seguito, Dio fece, sotto la Via Lattea, il sistema della terra tolta dal sole.

 

2.3 Dio in principio creò le cose dell’alto e quelle del basso…, ed anche ‘un sistema girante’.

Segretario: Sono sicuro che Crombette procederà in seguito ad una dissertazione scientifica sulla traduzione da lui effettuata ma, per una maggior chiarezza, vorrei sintetizzare il senso di quanto fin qui da lui tradotto e spiegato.
Il testo ebraico – secondo le sue radici copte – non si limita a dire che Dio creò ‘il cielo e la terra’ ma che Dio (Ehèlohidjm) – termine quest’ultimo le cui radici copte scomposte dall’ebraico starebbero a significare ‘Colui che all’inizio ha immaginato di fare le cose dell’alto e del basso (e cioè la creazione spirituale e quella materiale) – prima di creare abbia pensato alla ‘forma’ della futura Creazione, cioè ad un progetto complessivo, come farebbe un architetto prima di porre mano alla costruzione di una casa, e poi abbia provveduto alla sua realizzazione.
Al centro di questa ‘forma esemplare’ ci sarebbe stato il futuro Gesù Cristo, Verbo che si sarebbe incarnato in una carne umana, come sembra di poter comprendere dal Prologo del Vangelo di Giovanni citato da Crombette e dall’Epistola di San Paolo ai Colossesi.
Questo della ‘forma esemplare’ è tuttavia un argomento teologico troppo profondo che – anche se legato alla centralità della Terra nell’Universo – attiene al cosiddetto concetto del ‘Cristocentrismo’, se avremo occasione di parlarne.
La scomposizione copta della parola ebraica Ehelohidjm ( E He  L  O  Hi  Djm ), termine ben noto agli specialisti biblici, bene qualifica l’identità di Dio: ‘Colui che all’inizio ha immaginato di fare le cose dell’alto e del basso’.
Secondo Crombette il progetto complessivo – più che il ‘cielo’ e la ‘terra’ – avrebbe riguardato più in generale una creazione ‘spirituale’ ed una ‘materiale’ intese in senso lato.
I traduttori di oltre 2000 anni fa (che pur essendo in parte ebrei non comprendevano bene l’antichissima lingua madre originaria di Mosè, lingua che non era l’ebraico ma il copto-egiziano) analogamento a quanto potremmo fare noi oggi se non conoscessimo bene il latino, avrebbero semplificato il concetto – solo vagamente compreso e per di più ‘scientifico’ – ed avrebbero così tradotto in ebraico l’equivalente copto di ‘cose dell’alto’ con il termine ‘cielo’ e ‘cose del basso’ con il termine ‘terra’, quello che nella versione in italiano di Genesi noi leggiamo come: ‘Dio creò il cielo e la terra’.
Crombette ‘corregge’ e traduce che Dio – vale a dire Colui che fin dall’inizio ha immaginato di fare ‘le cose  dell’alto’ (e cioè gli spiriti angelici e le anime degli uomini) e ‘le cose del basso’ (e cioè la creazione materiale, vale a dire galassie, stelle, pianeti, la Terra e gli esseri viventi, vegetali ed animali, compreso l’uomo per quanto attiene alla parte ‘animale’ della sua natura) – avrebbe in prima istanza creato un ‘sistema’ disposto sospeso in movimento circolare intorno ai cieli.
Da quanto dice Crombette – le cui spiegazioni ‘scientifiche’ non sempre appaiono di assoluta chiarezza ed evidenza per una persona di normale cultura – mi sembra di poter interpretare tale ‘sistema’ come un agglomerato di galassie che a loro volta comprendono ciascuna centinaia di  miliardi di stelle, gas e polveri legate fra loro da forze di natura gravitazionale ed orbitanti intorno ad un centro comune.
Il sistema solare fa parte della nostra galassia, la Via Lattea, la quale a sua volta è solo una delle tante galassie e nebulose che fanno parte del suddetto ‘sistema’.
Esistono galassie dalle forme ellittiche, a spirale, a disco.
Una cosa molto importante da tenere ben presente è che tutta questa massa ruotante di stelle – fra le quali il nostro sole – non era ancora stata resa luminosa.
Il sole e le stelle – pur esistendo come ‘materia’ opaca nel firmamento fin dal principio – diventeranno sole e stelle propriamente detti (e cioè astri luminosi) solo nel quarto giorno creativo di Genesi, quando la loro materia costitutiva verrà portata da Dio all’incandescenza.
In secondo luogo Dio fece la Terra, ma – attenzione – la fece traendola dal sole, non però il sole luminoso che conosciamo oggi, ma quella massa di materia opaca di cui era costituito il sole all’inizio: la Terra sarebbe dunque uscita dal sole.
Una prima domanda che sorge è dunque questa: se esiste tutto questo enorme ‘sistema girante’ – del quale fa parte anche la Terra insieme al sole ed al resto del sistema solare – intorno a cosa gira tutto questo?


1 Fernand Crombette: ‘La rivelazione della Rivelazione’ - Vol. I, pagg. 19/36, opera consultabile sul sito internet  http://crombette.altervista.org/

2 Fernand Crombette: ‘La rivelazione della Rivelazione’, pagg. 139 e segg.-:  http://crombette.altervista.org/