DISCORDANZE EVANGELICHE: CROCE E DELIZIA DEGLI ESEGETI

GIOVANNI: ‘VIDE E CREDETTE’…

(Prima parte)
di Guido Landolina

 

E’ incredibile scoprire quanto le visioni di vita evangelica della grande mistica moderna Maria Valtorta possano aiutarci a capire tanti brani di Vangelo che avrebbero altrimenti un significato incerto e talvolta oscuro.
La critica esegetica si è sbizzarrita da secoli su questi testi scontrandosi con difficoltà di traduzione che a loro volta derivavano da testi precedenti redatti in una lingua diversa, non sempre di facile ed esatta comprensione.
La Genesi ne è un esempio.
Poi ci possono essere gli errori dei copisti e, qualche volta anche sospetti ‘aggiustamenti’, fatti a fin di bene, ovviamente.
Più che al particolare, esatto comunque al 98%, bisogna guardare alla sostanza spirituale dell’insegnamento, perché gli evangelisti non hanno voluto lasciarci delle opere scientificamente esatte e ‘storicamente’ ineccepibili rispetto ai criteri esegetici moderni, ma dei documenti che dovevano essere utilizzati per evangelizzare e possibilmente per salvarci l’anima.
Personalmente ho scritto sette libri di commento ai Vangeli, letti in filigrana alla luce delle visioni di vita evangelica della nostra mistica, cercandovi contraddizioni rispetto ai Vangeli che tuttavia non ho mai trovato.
Ho invece incontrato innumerevoli ‘chiarimenti’ che gettavano una nuova luce sui Vangeli ufficiali, nel senso che ne spiegavano i punti altrimenti oscuri illuminandoli di una luce eccezionale.
E’ per questo che, nei miei commenti, ho messo a fuoco anche le ‘discordanze’ evangeliche, cioè quei brani che nei quattro vangeli ‘ufficiali’ sono di difficile comprensione o che sembrano mettere un evangelista ‘contro’ l’altro, a causa delle contrastanti versioni dei fatti.
Vittorio Messori aveva scritto una volta che queste discordanze erano la croce e la delizia degli esegeti: croce per quelli ‘credenti’, che non sapevano come spiegarsi certe cose che mettevano in dubbio la credibilità dei testi sacri, delizia per certi anche illustri esegeti non credenti che approfittavano delle incongruenze riscontrate per cercare di demolire la Verità delle Scritture riducendole ad un prodotto – miracoli compresi – della ‘fabulazione’ popolare.
E’ il caso piuttosto famoso delle singolari divergenze nei quattro diversi racconti che gli evangelisti fanno dell’episodio delle ‘pie donne’ al Sepolcro nel giorno della Resurrezione.
Divergenze che nell’Opera valtortiana trovano invece la loro logica, naturale e… sorprendente spiegazione.1

 

Due prove inoppugnabili: un redivivo ben morto ed un boccone indigesto

Uno dei brani più giustamente celebrati è quello di Giovanni che parla della Resurrezione di Gesù e della sua prima apparizione alla Maddalena.2
I Capi del Tempio, persecutori di Gesù, gli chiedevano da tempo beffardamente ed insistentemente di dare una prova inoppugnabile della sua divinità, quale ad esempio la resurrezione di un cadavere morto da un pezzo e  che non potesse quindi sembrare essere stato colpito da morte apparente.
Gesù di prove ne volle allora dare due: quella di Lazzaro, tratto dalla tomba dove già stava da quattro giorni, e quella di Giona.
Quest’ultimo era quel famoso simpatico profeta, molto umano nelle sue passioni, che – avendo avuto da Dio il comando di andare a predicare ai corrotti abitanti di Ninive la conversione pena la loro distruzione – non voleva saperne di ubbidire.
I niniviti erano infatti nemici di Israele e per di più erano di un’altra religione: meglio che non si convertissero e che venissero distrutti.
Giona era un buon ‘diavolo’ e allora, tanto per non smentirsi, se la squagliò all’inglese prendendo la prima nave che partiva in direzione opposta.
Sia che fosse un fatto miracoloso realmente accaduto oppure un racconto a fine educativo-spirituale, gli ebrei conoscevano bene la storia di Giona.
Si racconta nel Libro di Giona che Dio, per ricondurre alla ragione il renitente profeta che Lui amava, nonostante le sue umane debolezze, permise che l’equipaggio pagano della nave, colto da una tempesta provocata da Dio, lo gettasse in mare per sacrificarlo e placare così l’ira presunta dei loro dei.
Giona venne inghiottito da un enorme pesce ma – ritrovatosi ancor vivo nel suo capace stomaco e compreso che si trattava di una punizione del Signore per aver egli trasgredito ai suoi comandi – pentito, chiese perdono a Dio dichiarandosi pronto ad eseguire la missione che gli era stata affidata..
Dopo tre giorni e tre notti il ‘pesce’, stanco forse di quel boccone indigesto che gli era rimasto sullo stomaco, lo risputò fuori e Giona si salvò.
Egli si recò allora a Ninive, vi predicò, i niniviti accolsero la sua predicazione, si pentirono e quindi… si salvarono.
Il dire da parte di Gesù che Egli avrebbe dato ‘il segno di Giona’ significava dunque – per gli ‘addetti a lavori’, come lo erano quelli del Tempio - che al terzo giorno sarebbe risorto a nuova vita.
Ecco perché i farisei ed i Capi del Tempio, dopo la morte di Gesù, pur non credendo minimamente alla sua resurrezione, si erano recati da Pilato per chiedergli che mettesse un corpo di guardia intorno alla sua tomba: per evitare che i suoi discepoli ne trafugassero il cadavere facendo poi credere a tutti che era resuscitato.3
Ma se loro non credevano alla Resurrezione, anche gli apostoli non erano da meno, e l’incredulità di Tommaso – ad una settimana di distanza dalla Resurrezione - ce lo insegna, nonostante tutte le assicurazioni che gli avevano dato gli altri apostoli che gli avevano garantito di aver visto Gesù risorto sin dalla sera della domenica precedente e che Gesù aveva persino mangiato con loro.
Averlo veduto o saputo così ridotto, flagellato, crocifisso, dissanguato, straziato con un colpo di lancia al cuore, avrebbe infatti tolto la fede sulla Resurrezione anche al più solido dei credenti, a parte la Madonna.
Ma siamo davvero così sicuri che quel mattino della prima domenica, gli apostoli Pietro e Giovanni, accorsi al sepolcro, avessero creduto alla sua Resurrezione?
A prima vista, secondo una interpretazione diffusa, sembrerebbe di sì.

 

Due corse a perdifiato ed una doppia interpretazione.

L’apostolo Giovanni – insieme a Pietro - fu l’unico evangelista presente, e quindi delle varie testimonianze sulla Resurrezione la sua è forse la più affidabile in quanto testimonianza diretta.4
Egli racconta con quel suo stile asciutto e pur completo che il primo giorno della settimana ebraica (corrispondente alla nostra domenica) la Maddalena si era recata al sepolcro di primissimo mattino, quando era ancora buio.
Cerchiamo di rivivere anche noi la scena.
Arrivata là lei si guarda intorno e vede ribaltata la pesante pietra tombale posta a sigillare il sepolcro.
Due più due fa quattro. Lei non entra nemmeno, fa un rapido dietrofront e piangendo e correndo a perdifiato torna da Pietro e Giovanni e grida loro disperata: Hanno portato via il Signore dal Sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!’.
Chi lo avrebbe dovuto portare via, secondo la Maddalena? Ma i Capi del Tempio, ovviamente, avendo lei fatto lo stesso ragionamento, ma inverso, a quello che quelli avevano fatto a Pilato quando gli avevano chiesto di mettere un corpo di guardia per evitare un trafugamento da parte dei discepoli.
Immaginate la sorpresa e la costernazione dei due apostoli.
Contrariamente ai Capi del Tempio, essi non avevano pensato alla possibilità di un trafugamento da parte di quelli, il trafugamento doveva esser loro sembrata una enormità, una cosa incredibile…, non era possibile.
I due corrono dunque a perdifiato verso il Sepolcro, seguiti dalla affranta Maddalena. Arriva prima il più giovane, Giovanni, che si ferma e cede il passo al più vecchio, Pietro.
Entrano, si guardano intorno…, vuoto, il sepolcro era proprio vuoto!
Allora l’Evangelista Giovanni, dopo aver parlato dell’ingresso nella tomba da parte di Pietro, dice di se stesso: ‘Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro,  e vide e credette. Non avevano infatti ancora compreso la Scrittura, che egli cioè doveva resuscitare dai morti’.
I due discepoli se ne ritornano dunque indietro e la Maddalena rimane invece lì a singhiozzare disperata quando Gesù – prima fra tutte le discepole e discepoli – le appare, testimoniandole così di essere risorto e non … trafugato.
Immaginate ancora: altra corsa della Maddalena, questa volta felice, a cuor leggero e con le ali ai piedi, e altro annuncio ai due apostoli: ‘Ho visto il Signore!’.
Quel ‘vide e credette’ di Giovanni viene spesso commentato, anche nelle chiese, come la prova che, di fronte all’evidenza della tomba vuota, i due apostoli finalmente credettero alla auto-resurrezione di Gesù che fino a quel momento essi avevano evidentemente considerato una cosa impossibile, nonostante il fatto che le Scritture ne avessero parlato e Gesù stesso lo avesse profetizzato.
Ma di questo brano è possibile anche una seconda interpretazione: ‘Giovanni vide (la tomba vuota) e credette (non alla resurrezione ma a quanto era stato gridato loro in precedenza dalla Maddalena, e cioè al fatto che il corpo era stato effettivamente trafugato: la tomba era vuota).
E perché Giovanni credette al ‘trafugamento’ di cui aveva parlato la  Maddalena e non alla Resurrezione?
E’ Giovanni stesso che – riferendosi a se stesso ed a Pietro - lo chiarisce subito dopo: Non avevano infatti compreso la Scrittura, che egli cioè doveva risuscitare dai morti’.
Gli appassionati lettori dell’Opera valtortiana – che so essere numerosi anche fra i lettori di questa Rivista – sanno bene di questa incredulità degli apostoli finchè Gesù, lasciatili per ultimi, non apparirà loro quella stessa sera, assente Tommaso.
A chi dovesse comunque sembrare troppo audace questa mia interpretazione, citerò allora altri due passi di Vangelo, tutti ‘Parola’ del Signore.
Marco, nel suo ‘Epilogo’, scrive della Maddalena: ‘Questa andò ad annunziarlo ai suoi seguaci che erano in lutto e in pianto. Ma essi, udito che era vivo e era stato visto da lei, non vollero credere’. 5
Questo episodio si riferisce evidentemente alla seconda corsa della Maddalena dal Sepolcro alla casa degli apostoli, perché lei racconta loro di aver appena visto Gesù risorto, vivo in carne ed ossa. Ma essi – conclude Marco – pur udito che Gesù era vivo ed era stato visto da lei, non le credettero.
Già questo è in palese contraddizione con quella prima interpretazione data al  Vangelo di Giovanni che vi avevo detto, circa il suo credere alla Resurrezione dopo aver visto la tomba vuota, mentre concorda invece con la seconda interpretazione che ho proposto alla vostra attenzione.
Marco però insiste e racconta subito dopo: ‘Dopo di ciò, apparve a due di loro sotto altro aspetto, mentre erano in cammino verso la campagna. Anch’essi ritornarono ad annunziarlo agli altri; ma neanche a loro vollero credere’.6
Questo episodio si riferisce ai due discepoli che il pomeriggio della Resurrezione andavano ad Emmaus e che, dopo essersi accompagnati a Gesù che sotto mentite spoglie si era loro affiancato nel cammino spiegando loro le Scritture, lo riconoscono mentre – a casa loro - Egli fa l’atto di spezzare il Pane prima di scomparire davanti ai loro occhi.
Se non bastasse, eccovi ora un’altra conferma di Marco:7 ‘Alla fine apparve agli undici, mentre stavano a mensa, e li rimproverò per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto resuscitare’.
Ma di quest’ultima ‘conferma’ riparleremo nella prossima seconda parte di questa nostra chiaccherata, perchè a quel punto scopriremo un’altra discordanza, anzi due, o meglio… quasi tre.


1 Dell’autore: ‘Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni” – Vol. III, Cap. 12, Ed. Segno 2000  
 – vedi anche sito internet www.ilcatecumeno.net

2 Gv 20, 1-18

3 Mt 27, 62-66

4 Gv 20, 1-18

5 Mc 16, 10-11

6 Mc 16, 12-13

7 Mc 16, 14