MA COME E’ DIFFICILE QUELLA VITA DA ‘CARISMATICO’…!

 (IL VADEMECUM DEL CARISMATICO)

- Prima parte -

 

L’umanità dei carismatici

Tempo addietro, parlando con un amico che di ‘carismi’ se ne intende, questi ebbe a dirmi una frase che suonava come ‘i carismi sono una gran bella cosa, ma i ‘carismatici’, talvolta…’
Da parte mia osservai che talvolta un carismatico può deludere perché si può fare l’errore di idealizzarlo troppo, mentre in realtà non si considera mai abbastanza il fatto che quel carismatico che ‘parla con Dio’ non è un ‘santo’, ma solo un uomo, e talvolta non dei migliori. E’ infatti un uomo che, spesso di punto in bianco, viene chiamato a percorrere una sua particolare via alla ‘santità’ ma che, gravato dal peso della propria umanità, non riesce talvolta a procedere con il passo leggero ed agile dell’atleta spirituale.
Ed in effetti il comportamento del ‘carismatico’ potrebbe in qualche occasione dare in qualche modo ‘scandalo’, nel senso di suscitare perplessità di fronte a certi suoi comportamenti, specie a chi non ne conosce le problematiche ed i pesi che egli porta.
Sulle pagine di questa rivista spirituale che si occupa dei ‘segni del soprannaturale’, e cioè di miracoli, carismi e carismatici, non sarà allora forse male dedicare un ulteriore spazio ad una miglior conoscenza della figura del ‘carismatico’.
San Paolo, che possiamo considerare il ‘maestro’ dei carismatici, parla diffusamente dei ‘carismi’, cioè di quei particolari doni spirituali concessi dal Signore, e ne elenca una lunga serie, peraltro esemplificativa.
Tutti i carismi sono importanti anche se San Paolo dà maggior valore soprattutto a quello della profezia, perché chi profetizza ‘parla agli uomini, li edifica, li esorta, li consola’. Ma egli precisa anche che a nulla servirebbero i carismi se a monte egli non possedesse la virtù della Carità.
Questa ha come oggetto l’amore verso Dio e, come conseguenza’, l’amore verso tutto ciò che è da Dio amato, compresi i peccatori ed i nostri nemici.
Già da queste ultime parole si può intuire quanto sia allora difficile e dura la ‘vita’ del carismatico che, prima di essere tale, è invece – come già detto - anzitutto un ‘uomo’.
Fortunatamente Dio non pretende da lui la perfezione assoluta ma quella relativa, quella cioè commisurata alla sua ‘capacità’, e cioè perseguibile con tutto il suo cuore e con tutte le sue forze.
Padre Enrico Zoffoli, nel suo ‘Dizionario del Cristianesimo’ (Ed. Sinopsis) ha definito il carisma come ‘un favore preternaturale e transitorio,  comunicato dallo Spirito Santo per il bene della Chiesa…, che non suppone necessariamente la santità né è un segno infallibile della medesima…’.
Alcuni carismi – continua Padre Zoffoli – presentano evidenti analogie con certe doti straordinarie di soggetti studiate dalla parapsicologia nonché con abili manovre di individui spregiudicati, pienamente disponibili anche alle arti diaboliche.
Da ciò la difficoltà di distinguere i veri dai falsi carismatici e cioè le reali influenze dello Spirito rispetto a quelle false.
E’ proprio per queste possibili ambiguità che – continua ancora Padre Zoffoli – è giusto ricorrere al giudizio della Gerarchia per distinguere i veri dai falsi doni dello spirito, e ciò spiega come di fatto, nel corso dei secoli, alcuni abbiano potuto illudersi attribuendo a Dio fenomeni d’ordine naturale o d’origine diabolica e persino patologica.
Come già sopra accennato, San Paolo parla diffusamente dei carismi, doni gratuiti e straordinari che egli considera preziosi, ed invita a non soffocarli.
A titolo esemplificativo, dirò che vi è il carisma della sapienza, e cioè quello di saper esporre le più alte verità cristiane in maniera superiore alle naturali possibilità umane di conoscere le cose di Dio, quello della scienza che illumina l’intelletto del carismatico perchè egli sia strumento di diffusione della verità e di confutazione dell’errore e di insegnamento delle verità elementari del cristianesimo, quello della fede in grado straordinario, quello delle guarigioni, dei miracoli, e ancora quello del discernimento degli spiriti, vale a dire la capacità di determinare come per intuito l’origine divina, o naturale o diabolica dei fenomeni carismatici, e poi il carisma delle lingue o glossolalia, con il quale si parlano varie lingue sconosciute allo strumento ma lingue vere, intelleggibili, nonché il carisma parallelo della interpretazione delle lingue.
Infine il carisma della profezia, e cioè il dono di parlare in nome di Dio sotto l’ispirazione dello Spirito Santo.
Il carisma della profezia è forse quello più conosciuto, se non altro per le rivelazioni profetiche dell’Antico Testamento, ma forse il grande pubblico estraneo a queste problematiche non sa che i ‘profeti’, cioè coloro ai quali Dio si comunica e che parlano per suo conto, hanno continuato ad esistere anche dopo ed esistono oggigiorno.

Tutti a scuola dall’angelo Azaria

Chiarito dunque in premessa cosa sono i carismi e cosa sono i carismatici, rimane pur sempre il problema a cui ho accennato all’inizio, quello cioè posto da quel mio amico il cui pensiero, espresso in parole povere e brutali, avrebbe potuto anche suonare così: ‘Come mai certi carismatici, che dovrebbero essere  uomini di Dio,  quando li senti parlare fuori sacco ti fanno talvolta cadere le braccia’?
La mia risposta - non prendendo ovviamente  neanche qui in considerazione quelli che carismatici veri non sono - è che certi comportamenti di veri carismatici sono imputabili alla loro umanità, che talvolta emerge energicamente nonostante il carisma e nonostante gli sforzi per comprimerla, anzi, una umanità che a volte si ribella e tanto più vuole emergere quanto più uno cerca di comprimerla, come quella palla che venga cacciata e tenuta sott’acqua ma che poi schizza fuori non appena uno molla la presa: è insomma l’io che conculcato dallo spirito, non vuole affogare, reclama il suo diritto a sopravvivere, emerge, annaspa e… grida aiuto a modo suo, sfogandosi.
Forse, anche fra i lettori ‘specializzati’ di questa rivista spirituale, non sono molti quelli che conoscono bene l’opera scritta qualche decennio fa dalla grande scrittrice mistica Maria Valtorta, edita dal centro Editoriale Valtortiano di Isola del Liri.
E’ un’opera tradotta in tutte le principali  lingue e conosciuta dagli ‘esperti’ ormai in tutto il mondo per la quale lo stesso papa Pio XII (interpellato in una speciale udienza concessa il 26 febbraio 1948 a Padre Migliorini e a Padre Berti, direttori spirituali della carismatica, affinchè autorizzasse un ‘imprimatur’ che  attestasse ufficialmente l’ispirazione divina dell’Opera) saggiamente, prudentemente e autorevolmente suggerì: ‘Pubblicate quest’Opera così come sta: chi legge capirà’.
Anima-vittima, paralizzata a letto, offertasi a Gesù per soffrire e collaborare così alla sua opera di redenzione, Maria Valtorta ha scritto un’opera enciclopedica (Il Poema dell’Uomo-Dio, ora nella nuova edizione con il titolo di L’Evangelo come mi è stato rivelato, in dieci volumi) nella quale descrive la vita apostolica  e la predicazione di Gesù che lei vedeva in visione, trascrivendo da letto ‘in tempo reale’ su dei quaderni le scene e i dialoghi  dettagliati di Gesù, degli apostoli e di tutti gli altri,  che venivano poi battuti a macchina dai sacerdoti dell’Ordine dei Servi di Maria che la assistevano spiritualmente, a Viareggio.
Si tratta di un’opera eccezionale da ogni punto di vista, ma quel che mi preme qui dire è invece che fra le sue opere ‘minori’, che sono tutt’altro che minori, ve ne è una, Il Libro di Azaria, che è specificatamente dedicata all’ammaestramento sia dei carismatici che dei loro direttori spirituali.
Maria Valtorta scrive che a parlarle è in questo caso non il Signore ma il suo angelo custode Azaria. Si tratta di lezioni di ammaestramento ad alto contenuto teologico e spirituale, espresse in un linguaggio letterario particolarissimo ma comprensibilissimo, pregevoli per l’alta razionalità e che (è facile comprenderlo,  basta leggere) non appaiono certo di origine ‘umana’.
E’ questa un’opera preziosa ed interessante per l’edificazione di chiunque voglia percorrere un cammino cristiano ma che ogni carismatico – chiamato in sostanza a percorrere un cammino di ascesi - non solo dovrebbe leggere accuratamente per propria elevazione spirituale ma anche approfondire meditatamente per metabolizzarla e farne una base di vita, senza spaventarsi di quanto, a lui ‘carismatico’, viene in essa richiesto.
Ma per chi tale opera non avesse sottomano, o per chi – avendola - trovasse difficile ricavarne una sintesi ‘operativa’, mi permetto io di approntare qui di seguito un vademecum spicciolo, rielaborando dagli  insegnamenti elevati dell’Opera  alcuni concetti in forma elementare e semplice che però, proprio per essere tale, può essere memorizzata e ‘metabolizzata’ più facilmente.
Oltre che a soddisfare una legittima curiosità dei lettori, questo mio piccolo lavoro potrà quanto meno servire a quei carismatici di cui parlava il mio amico che si lasciano magari talvolta trascinare un poco troppo dalla loro umanità, cioè dal loro ‘io’.

Anche una nullità può ricevere un ‘dono’ di Dio

I carismi sono doni gratuiti dati da Dio al ‘carismatico’ per fini divini, non perché il carismatico è lui ma perché c’è bisogno di lui.
Questi non può nè gloriarsene, poiché non è merito suo, né rifiutarli, perché sarebbe dare un dispiacere a Dio.
E’ Dio stesso che elegge i suoi strumenti e questi ‘chiamati’ – se vogliono corrispondere – ricevono l’eredità eterna, grazie all’immolazione di Gesù.
Anche una nullità può ricevere un dono di Dio, se Dio ritiene per i suoi fini di amore che quella nullità gli possa venire utile.
Il carimatico sovente ha ‘paura’ delle conseguenze che gli potrebbero derivare dal possedere ed esercitare, anche di fronte al ‘mondo’, questi doni ma non bisogna avere paura  perché essi sono un segno di Dio.
Le paure sono messe da Satana che vuole indurre gli strumenti a disubbidire a Dio, per strapparglieli.
Gli ‘strumenti’ sono ‘pagina vivente’ redatta dalla Trinità nel cuore degli strumenti stessi. Essi ne devono essere convinti, ringraziarne il Signore, non gloriarsene, avere culto del dono, darlo agli altri, perché col dono viene anche data la capacità di trattarlo.
Ma la capacità si perde se subentra superbia, menzogna, disubbidienza, egoismo.
Gli ‘strumenti’ del Signore sono di vario genere. E fra essi vi sono i ‘profeti’, e cioè le ‘voci’ del Signore che attraverso di loro fa conoscere agli altri uomini il suo pensiero.
Le ‘voci’ sono dunque dei ‘canali’, dei ‘dispensatori’ straordinari della Parola di Dio, Parola che non viene mai data a sufficienza, dato il lavoro continuo delle forze avverse contro la Parola stessa e delle resistenze che gli stessi uomini per la loro umanità vi oppongono.
Cosa si chiede agli strumenti? La fedeltà alla missione.
L’obbedienza dello strumento è dunque importante, è anzi la più importante qualità e dovere dello strumento.
E’ l’obbedienza ai comandi di Dio che lo fa strumento.
Una delle virtù essenziali degli ‘strumenti’ in genere ed in particolare di quelli profetici deve però essere l’umiltà.
Questi ultimi, infatti, nel confondere la Fonte con la semplice ‘voce’ che essi invece sono, sono portati più di altri a cadere nel peccato d’orgoglio.
Essi devono sempre riconoscere di essere una semplice ‘voce’, cioè una sorta di ‘foce’ del fiume e non la sua sorgente.
E’ infatti Dio che li ha fatti suoi strumenti, ed essi, per loro propria potenza, sarebbero un nulla.
Non bisogna esigere i doni e non bisogna neanche sciuparli col volerne aumentare il ‘volume’, facendoli apparire più grandiosi per stupire ed apparire di più ancora.
Lo strumento chieda sempre aiuto agli angeli e ai santi in cielo perché Satana, ogni volta che può, lo tenta: nell’orgoglio, nella superbia, nel voler apparire agli occhi degli altri.
Egli deve invece sempre ricordare di essere un sasso inerte che acquista ‘vita’ solo quando è animato dallo Scultore divino.
La mancanza di umiltà genera superbia.
L’onore di essere strumento, toccato dalla mano di Dio, può in effetti indurre a superbia. Questa assopisce l’anima e la rende vulnerabile al peccato e al Tentatore.
Non bisogna mai credersi sicuri e non bisogna neanche mai – imprudentemente - confidare troppo in Dio: aver fiducia ma lavorare anche di proprio.
Fare pure attenzione all’autocompiacimento, anticamera dell’orgoglio e della superbia: si perde così l’unione con Dio e si diventa zimbello di Satana e del Mondo.
Bisogna quindi mantenersi umili nonostante i doni.
Lo strumento è insomma come un equilibrista da circo che cammina su un filo nel vuoto: cammina ‘alto’, pare che voli, ma se perde l’equilibrio precipita in basso ( e si fa male).
Per voler essere umili sui propri doni non bisogna però diventare insinceri con delle false umiltà.
E’ bene tuttavia, a meno che la propria ‘missione’ non preveda espressamente il contrario, tenere il dono ‘celato’, cioè mantenerne una sia pur relativa segretezza mantenendosi in nascondimento per non rischiare di cadere in peccato d’orgoglio.
Tenere celato il dono, infatti,  fa sì che esso non degeneri in fanatismo da parte della gente, che non determini turbamento dello strumento stesso, nonché perdite di tempo con distrazioni dalla sua  missione, infine tentazioni e anche, appunto, i peccati di orgoglio.
I doni – a meno che per la specifica missione di uno strumento non sia richiesta una ‘testimonianza’ pubblica - vanno dunque  tenuti possibilmente segreti, cioè non propagandati, perché serve una prudenza silenziosa facendo fruttare il dono sotto una apparenza ordinaria di vita.
Nessuna propaganda ma neanche ‘falsa modestia’ con chi – in seno alla Chiesa gerarchica -  ha invece il dovere di interrogare.
Anche se lo ‘strumento’ è un peccatore (peccatore cioè almeno al punto di non disgustare Dio)  il Signore può, a suo insindacabile giudizio, dargli dunque dei doni.
Lo strumento perfetto fu comunque Maria S.S.: lei ebbe il massimo dei doni ma con l’umiltà non se ne fece ragione di rovina.

(Fine della prima parte, la seconda continuerà nel prossimo numero)