INTRODUZIONE

 

Oggi è il 7 ottobre 2003, giorno della Madonna del Rosario.
Non ho mai avuto troppa dimestichezza con i ‘rosari’  e quelli – anche molti - che ho finora detto dopo essermi ‘convertito’, più che rosari d’amore sono stati rosari di ‘dovere’.
Mi è anche capitato di essere introdotto  e di partecipare, con una certa frequenza e regolarità, alla vita di un Gruppo di preghiera.
Per me che sono un ‘razionalista’, che per decenni ha svolto una attività professionale basata su razionalità, programmazione e pragmatismo, questa esperienza  ha rappresentato un vero e proprio trauma.
Avvertivo un abisso di differenza di mentalità, un divario enorme fra chi di fronte a me accettava di vivere alla giornata abbandonandosi poi alla preghiera con gli occhi socchiusi e la mente rivolta al Cielo e me stesso che cercavo di tener sempre tutto ‘sotto controllo’ e nella preghiera ero sempre a disagio perché allergico alle ‘formule’ e perché con il Signore avrei preferito avere un dialogo ‘maschio’, concreto, un dialogo con Gesù-Dio con il quale poter aprire il mio cuore senza voli ‘mistici’ ma con i piedi solidamente piantati per terra.
Trovo molto interessante la lettura e la meditazione dei Vangeli, in particolare alla luce delle visioni della grande mistica e carismatica moderna Maria Valtorta che, fra le sue opere splendide, ci ha lasciato dieci volumi di visioni evangeliche sulla vita di Gesù dandoci dell’Uomo-Dio una immagine che più reale e grandiosa non potrebbe essere.
Ma in una dozzina d’anni di percorso spirituale, che per me si è tradotto in un perenne giornaliero combattimento con il mio ‘io’, non sono mai riuscito a provare la gioia dell’abbandono fiducioso alla volontà del Signore.
Mi ha sempre bloccato l’idea che, se mi fossi veramente abbandonato, ‘Lui’ avrebbe magari cercato di farmi diventare un ‘santo’.
Ho infatti paura della ‘santità’.
La Chiesa ci insegna che siamo tutti chiamati alla ‘santità’, ma io – questa - la temo,  non perché non ne apprezzi la grandezza - negli altri - ma perché ho paura dello snaturamento del mio ‘io’.
Ho paura di perdere me stesso e ritrovarmi in un altro ‘me’ nel quale però non mi riconosco più.
Sono insomma ancora troppo attaccato all’uomo vecchio che è in me.
Allora istintivamente arretro, mi metto sulla difensiva e, quando mi sembra di sentire la Voce del Signore che mi chiama e mi parla dolcemente, mi dico che è solo suggestione, che è solo il mio ‘Subconscio creativo’ che crea immagini e fantasie. Tappo quindi la bocca alla Voce, ricacciandola nel profondo della mia coscienza da dove era salita.
La mia conversione, il cui lungo percorso intellettuale è stato oggetto del mio primo lavoro di sette anni fa1, si è dunque poi tradotta in un continuo conflitto interiore che mi ha logorato, un combattimento continuo fra la personalità dell’uomo vecchio, che tutto sommato si troverebbe anche bene nel suo stato di ‘peccatore’, e quella dell’uomo che cerca di farsi ‘nuovo’.
Un uomo che - avendo accettato la ‘missione’ propostagli in quel suo primo libro dalla ‘Luce’ del suo Subconscio creativo - sente di dover in qualche modo onorare la parola data e riscattare il suo passato duellando con il proprio ‘io’, per dare un senso ‘concreto’ al suo percorso di conversione e per attuare la missione di fare apostolato presso i ‘razionalisti’ come lui.
In questi anni mi ha tuttavia anche logorato un sottile e continuo senso di colpa per non essere stato capace di abbandonarmi fiduciosamente alla volontà di Dio, e di averlo deluso nelle aspettative da Lui riposte in me tradendo così la sua fiducia personale nei miei confronti.
Ho sempre accettato quelle che mi sembravano essere le sue richieste, ma solo quelle che mi parevano ‘razionali’, attribuendo invece alla ‘suggestione’ interiore quelle che contrastavano con la mia mentalità.
Non ho fatto della Ragione il mito di illuministica e razionalistica memoria, ma la mia ‘ragione’ saltava fuori ad ogni piè sospinto per ostacolare ogni mio tentativo di abbandono.
Negli ultimi mesi ho finito per sentire Dio come sempre più ‘lontano’, forse perché disgustato dalla mia resistenza.
La mia ragione si è affrettata  ad attribuire questa sensazione ad un sottile senso di colpa del tutto immaginario, un fantasma creato dalle mie ansie.
Ma il fatto è che, terminata la stagione agricola alla quale mi dedico come novello Cincinnato, mi sono ritrovato solo con me stesso a chiedermi se ne valesse ancora la pena – visto l’abbandono di Dio – di mettere mano a questo nuovo libro di cui sto scrivendo ora l’Introduzione.
Scrivere di cose spirituali presuppone la pace interiore, il sentirsi cioè in pace con se stessi e con Dio, ma come è possibile sentire questa pace quando ci si sente in colpa?
E’ una pace che mi manca, specie da quando ho scoperto – recentemente – di avere un cuore un poco matto che non vibra d’amore per il Signore ma per una molto più prosaica fibrillazione.
Dimenticato che la vita è ‘croce’, dimenticato il significato ed il valore spirituale dell’accettazione e dell’offerta della sofferenza, ho interpretato tutto questo come la definitiva conferma dell’abbandono di Dio e quindi della inutilità del mio continuare a scrivere…

Luce:
Io non abbandono mai i miei figli…, e non abbandono quindi neanche te.
Posa il capo sul mio Cuore e… abbandonati tu fra le mie braccia.
Coraggio, riprendi la penna e scrivi, sempre stretto a Me.
Non ti farò mancare la Parola, continua la tua missione, che è quella di fare apostolato…

***

Questo quarto volume continua la serie dei tre libri precedenti di commento ai vangeli di Matteo, Marco e Luca, commenti fatti alla luce – come già detto – delle visioni e delle rivelazioni avute mezzo secolo fa dalla grande mistica Maria Valtorta.
E’ una serie commentata  da un ‘razionalista’ che si rivolge ad altri razionalisti, cioè a coloro che vorrebbero poter credere ma solo alla luce della ragione, coloro che  – come già scrissi una volta – vorrebbero poter credere, ma senza che si pretenda da loro un atto preventivo di fede.
Nel primo e nel secondo volume di questa serie di commenti ai vangeli dei tre ‘sinottici’ - detti sinottici perché seguono più o meno la stessa falsariga talché il testo di ognuno si può quasi strutturalmente sovrapporre a quello degli altri - avevo spiegato diffusamente il clima filosofico- illuminista che animava il Settecento e l’Ottocento.
Esaltazione dell’uomo, messo al centro di tutto, diminuzione del Dio cristiano del quale o si negava l’esistenza o se ne contestava la figura di Creatore dell’uomo quale emerge dal racconto biblico.
Insomma, era il clima culturale che a due secoli di distanza possiamo respirare  anche oggi, presentato nobilmente come ‘pensiero laico’ in antitesi a quello ‘cristiano’, per non dire cattolico.
Nell’intento non sempre espressamente dichiarato – ma sempre sottinteso - di negare Dio creatore dell’Universo e dell’uomo,  si continuano a ‘formare’ le ‘libere’ opinioni facendo veicolare attraverso ‘mass media’ compiacenti la teoria assurda di un universo che si è creato ‘da sé’, e cioè l’autogenesi dell’universo e della natura che ci circonda, nonché la teoria di un uomo che viene orgogliosamente presentato come discendente da una scimmia, cioè da un animale, fatto che già di per se stesso dovrebbe suonare offesa all’orgoglio di chi si professa Re della Ragione e che non ha l’umiltà di volersi dire creato da Dio.
Clima che trovava in uomini come Rousseau e Voltaire, che del movimento illuminista erano autorevoli esponenti, i padri spirituali che proponevano la liberazione dell’Umanità dall’oscurantismo del Cristianesimo.
Un Voltaire che – come osserva Vittorio Messori nel suo ‘Pensare la storia’ – nel 1773 prevedeva solennemente ‘Nella cultura nuova, non ci sarà futuro per la superstizione cristiana. Io vi dico che fra vent’anni il Galileo sarà spacciato’.
Che Voltaire non si riferisse a Galileo Galilei ma a Gesù Cristo mi sembra intuitivo…
‘Ed i vent’anni – continua Messori – caddero nel 1793, anno del Grande Terrore proprio in nome della Ragione annunciata come benefica salvatrice al posto della fede, sanguinaria ed oscurantista’.
E’ il clima ‘illuminista’ per il quale – nel momento in cui si cerca oggi di dare all’Europa unita una sua Costituzione – viene rifiutata dai Governi l’idea di mettere nella stessa un riferimento alle origini cristiane della nostra Società.
Un’Europa dove i figli attuali della Francia ‘rivoluzionaria’ di allora proclamano ancor oggi orgogliosamente la laicità dello Stato, non tanto nel senso di ‘dare a Cesare quel che è di Cesare e dare a Dio quel che è di Dio’ di evangelica memoria, quanto per mettere una solida barriera fra noi ed un ‘dio’ che avrebbe la pretesa di salvarci, mentre possiamo benissimo fare da soli.
Abbattuta la loro monarchia ‘papalina’, i rivoluzionari francesi mandavano  alla ghigliottina migliaia di religiosi, considerati politicamente ‘contigui’ al vecchio regime  ed instauravano una politica di esportazione militare delle loro ideologie mediante la sconfitta e l’asservimento delle altre ‘potenze’ europee che si appoggiavano all’autorità morale e spirituale del papato romano.
La teoria evoluzionista di Charles Darwin - oggi smentita clamorosamente dalle moderne scoperte scientifiche sulla genetica - aveva ipotizzato una discendenza dell’uomo dalla scimmia, ma non avrebbe forse incontrato tanto successo se non avesse trovato grande seguito negli ambienti illuministi inglesi, francesi e poi in quelli degli altri paesi europei.
Questi, nel clima culturale che vi ho detto, furono ben lieti di poter utilizzare questa ipotesi – che come già accennato è stata sempre e solo una ‘teoria’ ma che veniva presentata come un fatto scientifico assodato - per demolire la Genesi con quel suo racconto ‘mitico’ di Dio che, dal ‘fango’, crea Adamo ed Eva dai quali sarebbe poi disceso tutto il genere umano.
L’attacco alla credibilità della Genesi e un certo tipo di critica ai Vangeli era funzionale all’attacco alla credibilità del Papato e quindi del Cristianesimo in senso lato.
Ed è in questo clima che furono scritte e pubblicate nell’Ottocento opere di teologi di grandissimo successo divulgativo come quelle di Renan e Loisy, volte anch’esse a demolire Antico e Nuovo Testamento, oppure – nel Novecento più moderno - quelle di Bultmann che aveva proposto la ‘demitizzazione’ della Bibbia, cioè la sua depurazione di tutti quegli aspetti ‘mitici’ che a suo avviso non la rendevano credibile dal punto di vista della razionalità illuminista.2
L’idea di un Dio purissimo Spirito che si incarna in un uomo sembrava un insulto alla Dea Ragione.
Creazione dell’uomo, Peccato originale, Resurrezione di Gesù, Ascensione al Cielo, per non parlare dei miracoli e di tanto altro ancora, venivano rifiutati, al punto che della Bibbia ed in particolare dei Vangeli non rimaneva più niente se non una ‘morale’ di per sé del tutto apprezzabile ma considerata anche del tutto ‘umana’.
Ernest Renan (1823/1892), nella sua ‘Vita di Gesù’, affermava: ‘Gesù non fu un Dio che – quale Messia – entra nella storia ma solo un individuo straordinario’…, e ancora: ‘il profeta Isaia nel celebre brano messianico sull’uomo dei dolori non pensava certo al Messia-Gesù ma si sarà probabilmente ispirato a qualche poveraccio di profeta malmenato e torturato dai suoi contemporanei...’.
Sempre secondo Renan, ‘i profeti dell’Antico Testamento non erano uomini che parlavano per conto di Dio quanto piuttosto uomini che ‘credevano’ di interpretare un messaggio divino…’, mentre l’attesa messianica era ‘un’attesa frutto di frustazioni e di sogni’.
Inoltre: ‘Il termine di ‘Figlio di Dio’ è stato attribuito a Gesù Cristo in quanto egli venne considerato l’interprete di questi sogni: termine giusto, naturalmente, perché Gesù Cristo seppe far fare un enorme balzo in avanti alla storia, ma che non stava certo a significare che Gesù fosse veramente ‘figlio di Dio’…‘Gesù applicò a se stesso l’appellativo di ‘Figlio dell’uomo’ di Ezechiele e Daniele perché questo era considerato uno dei titoli del Messia…Persa la fede giudaica, Gesù si convinse di essere proprio lui il Messia e che sarebbe venuto dopo la morte per fare giustizia dei suoi ‘nemici’.
Infine: ‘Gesù non si dichiarò apertamente Dio ma, più prudentemente, ‘’figlio di Dio’. Anzi si inventò Dio come Padre suo e… nostro, cioè un Dio che è anche padre di tutta l’Umanità. Poi, copiando Daniele, si inventò anche il concetto di ‘Regno di Dio’.

Ecco perché - di fronte a tanta ‘erudizione’ scientifico-teologica che fa perdere la fede – ho deciso quanto di più irrazionale e meno scientifico si possa immaginare: un commento evangelico ‘da uomo della strada’ unito al racconto di una mistica che del presunto Gesù-mito ci dà invece – nelle sue visioni – la più credibile versione storica in perfetto accordo non con una immaginaria realtà romanzesca, come qualcuno ha cercato di insinuare, ma con la lettera e lo spirito dei Vangeli.
Sono dunque le tesi ‘illuministe’ quelle che cercheremo di confutare di volta in volta con argomentazioni razionali.
La grande mistica, di cui ho già a lungo parlato nei miei primi libri, era rimasta paralizzata ma - seduta sul proprio letto, appoggiata a cuscini contro lo schienale – descriveva e trascriveva su dei quaderni le visioni ed i dialoghi che lei vedeva e ascoltava in tempo reale.
Lei ‘vedeva’ Gesù come nella realtà materiale, ascoltava i suoi discorsi e quelli degli altri personaggi ed aveva in più come una sorta di illuminazione interiore che le faceva intuire i significati più reconditi.
E fra i doni che Gesù diede alla mistica per la redazione di quest’Opera, vi fu anche quello di una capacità di espressione letteraria assolutamente al di sopra non solo di quella che era la sua normale cultura ma – come potrete voi stessi constatare proseguendo la lettura – superiore a quella dei migliori letterati conosciuti.
Insomma o l’opera di un vero e proprio genio letterario – se valutata da un punto di vista ‘razionalistico’ – oppure un’opera ispirata direttamente da Dio, come ebbe a dire il papa Pio XII quando – di fronte ai padri spirituali che assistevano la Valtorta e che si erano recati da lui in udienza per ottenere la concessione dell’imprimatur alla pubblicazione dell’Opera, concessione avversata da altri prelati – suggerì: ‘Pubblicate  questa Opera così come sta, senza pronunciarvi dell’origine straordinaria a o meno di essa: chi legge capirà…’.
Le visioni di vita evangelica, sovente accompagnate da ‘dettati’ di  chiarimento da parte del suo Gesù, vennero date alla mistica secondo le esigenze contingenti di formazione spirituale sua e delle persone, anche sacerdoti, che la assistevano giornalmente.
Esse furono ricevute fra gli anni 1943 e 1950, ma alla conclusione dell’Opera Gesù chiarì alla mistica – posto che neppure l’ordine narrativo dei Vangeli ufficiali era cronologico ma obbediva ad esigenze didattiche e di  apostolato – in quale ordine ella dovesse collocare gli episodi delle visioni ricevute così da poter far meglio comprendere, ulteriore riprova dell’ispirazione divina, secondo quale cronologia ed in quale contesto socio-culturale-politico-religioso si erano svolti e susseguiti in realtà i fatti narrati nei Vangeli che da questa Opera hanno quindi ricevuto grandi luci di comprensione.
Ecco perché noi, nel commentare singoli episodi dei Vangeli dei sinottici, non seguiremo l’ordine redazionale ufficiale in cui questi furono stesi - che non fu appunto un ordine temporale - ma li inquadreremo secondo quello indicato da Gesù alla mistica per i dieci volumi de ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’.


1 G.L.: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 128 - Ed. Segno, 1997

2 Per una più ampia trattazione del clima politico, filosofico e religioso dell’Ottocento, come pure sul pensiero di A. Loisy. E. Renan e R. Bultmann vedere entrambe le Introduzioni dei volumi I e II de “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Ed. Segno, 2001 e 2002