19. Alla conclusione del secondo anno di vita pubblica di Gesù… e del nostro libro

 
19.1 Facciamo il punto di quanto abbiamo appreso

Con il suo ritorno a Nazareth, Gesù ha praticamente terminato il suo secondo anno di predicazione.
Fra i tanti episodi che emergono dall’opera valtortiana, vi ho fatto meditare non i più belli – per i quali rimando alla lettura integrale dell’Opera - ma quei pochi riferiti al tipo di ‘catechesi’ essenziale che mi ero ripromesso di proporvi.
Non sarà però male, anche per dare un senso finale più compiuto a questo nostro lavoro, richiamarne alla memoria alcuni aspetti significativi.
L’anno era iniziato con quel viaggio di Gesù in Samaria dove – agli abitanti di Sichar che gli dicevano sconsolati di essere lebbrosi agli occhi di Dio, perduti al Cielo per sempre per non esser della religione giusta – Egli chiariva che in Cielo vanno anche gli uomini delle altre religioni ‘non giuste’, quelli che oggi chiameremmo i ‘non cristiani’, purchè essi si comportino bene rispettando i principi della Legge naturale che Dio ha inciso nella loro anima e siano nella ‘ferma fede’ di essere della religione vera.
Abbiamo affrontato poi il tema misterioso del limbo, quello dei bambini non battezzati o morti prima di nascere, e quello dei giusti non cristiani.
La nozione di limbo non è stata ancora del tutto recepita e messa a punto dalla  teologia cristiana che ne parla, ma non la definisce  con certezza di verità di fede.
Tale nozione emerge però con particolare coerenza spirituale ed intellettuale dagli insegnamenti del ‘SS. Autore’ valtortiano, cioè lo Spirito Santo dei suoi ‘dettati’.
Questi, a proposito dei giusti non cristiani e del Limbo, spiega alla nostra mistica - in quel suo commento alla ‘Epistola ai romani’ scritta da  San Paolo - che ‘così come la sera del Venerdì Santo esso si svuotò dei suoi giusti, perché il Sangue versato dal Redentore li aveva detersi dalla macchia d’origine, così alla sera del Tempo i meriti del Cristo trionfante su ogni nemico li assolverà dal non essere stati del suo gregge per ferma fede di essere nella religione giusta, e li premierà della virtù esercitata in vita’.
Frase che ci consente di dedurre che il Limbo è già luogo di salvezza e che ‘i giusti non cristiani’ vi rimarranno fino al Giudizio universale, dopodiché potranno accedere al Paradiso
Successivamente, sul molo di Cesarea davanti alla galera romana, Gesù - durante quel colloquio con la bella moglie di Pilato, Claudia Procula – aveva parlato dell’anima immortale destinata ad una eterna felicità in Cielo e aveva fornito quella sorprendente spiegazione sulla origine delle religioni.
Gli uomini di tutte le razze e latitudini tendono spontaneamente ad adorare un loro ‘Dio’ perché la loro anima – nell’attimo sfolgorante della sua creazione prima di essere infusa nell’embrione umano – coglie la visione di Dio e – pur rimanendone smemorata una volta immersa nella ’carne’ – ne conserva un vago ricordo inconscio, sufficiente comunque – nel rispetto del suo libero arbitrio – a darle una spinta verso la ricerca di Dio e la salvezza.
Ecco perché la fede è lo stato permanente e necessario dell’uomo, ed è sulla base di questa ‘necessità’ di cercare Dio che gli uomini si sono costruiti delle religioni, anche se imperfette o talvolta del tutto sbagliate perché non frutto di specifica rivelazione divina.
Parlando ancora dell’anima donata da Dio all’uomo, avevamo anche sottolineato quanto sia fondamentale convincersi del fatto che noi uomini non siamo solo materia ma ‘spiriti’ infusi in una carne e, in quanto tali, immortali.
Gli uomini – dopo la caduta verticale dovuta al Peccato originale ed alla conseguente perdita dei doni spirituali, psichici e fisici che i due progenitori possedevano all’inizio -  avevano ‘dimenticato’ la loro origine spirituale ed il loro essere ‘figli’ di Dio.
Dio decise allora che solo incarnandosi – cioè assumendo la natura di uomo - avrebbe potuto portare agli uomini la Parola perché, aprendo le porte chiuse dell’ottusità del pensiero, avrebbe consentito la liberazione dell’anima che avrebbe potuto tornare a Dio.
Era arrivato poi il momento del primo discorso della montagna, quello sul sale della terra e sulla luce del mondo che non era destinato tanto a noi semplici peccatori quanto invece ad apostoli e discepoli, figura dei futuri vescovi e sacerdoti che Gesù – parlando loro in privato – renderà ben edotti sia del grande onore reso loro da Dio con la sua chiamata sia della tremenda responsabilità che essi si sarebbero assunti se, tradendola, avessero portato alla perdizione il ‘gregge’ dei ‘piccoli’ che Dio aveva loro affidato.
Per restare sempre in tema di vescovi e sacerdoti eravamo poi saltati a piè pari dal primo all’ultimo discorso, quello improvvisato in occasione di quella sosta forzata nel giorno di sabato, dopo la guarigione di quel lebbroso alle falde della montagna.
Gesù – invitando la folla a considerare anche quella sosta imprevista come manifestazione della volontà divina – prende lo spunto per parlare  della importanza di fare sempre la volontà di Dio e, a questo proposito specifico, ammonirà severamente ‘i discepoli’ di allora – figura dei sacerdoti dei secoli futuri - che “Non chiunque mi dice: ‘Signore! Signore!’ entrerà nel Regno dei Cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio, che è nei Cieli”.
Ed è in occasione di questo discorso che il Gesù valtortiano – parlando della santità del profeta giovanetto Daniele -  dice che essa gli aveva meritato da parte di Dio ‘le alte profezie del Cristo e dell’Anticristo, chiave dei tempi d’ora e dei tempi ultimi’.
Frase davvero misteriosa che mi aveva costretto a raccontarvi qualche cosa sui ‘tempi ultimi’ che non sono quelli della fine del mondo ma piuttosto quelli prossimi venturi, sulla grande tribolazione che colpirà  l’Umanità quale conseguenza della grande apostasia, cioè del suo allontanamento da Dio, sul breve ma tremendo Regno dell’Anticristo, sulla sua sconfitta e cacciata all’inferno da parte del Gesù ‘parusiaco’ che – come emerge anche dall’interpretazione letterale del testo dell’Apocalisse – si manifesterà al mondo in una sorta di venuta intermedia, diversa da quella finale, per ristabilire l’ordine e instaurare il Regno di Dio in terra nel cuore degli uomini ormai pentiti e purificati dal dolore.
Quasi a tempo perso ci eravamo divertiti a chiarire l’enigma da ‘sibilla cumana’ di quella frase di Gesù nel Vangelo di Matteo: « A chi ha sarà dato, e sarà nell’abbondanza, ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha».
Per un istante avevamo persino dubitato della bontà e della giustizia divina…, il Signore ci perdoni!
Capivamo però poi dal dialogo reale del Gesù valtoriano, che il senso era un altro: a chi ha voluto dare se stesso a Dio, Dio restituirà grazie e luci in abbondanza, ma a chi – pur avendo ricevuto luci – non ha voluto egoisticamente e protervamente dar niente a Dio, rifiutandolo, Dio avrebbe  tolto anche quelle luci che gli aveva già dato per aiutarlo a salvarsi.
Il che, a ben pensarci, è quel che – minimo - fareste anche voi ad una persona da voi ricolmata di doni ma che si mostrasse poi ingrata e malevola nei vostri confronti.
Quando poi il Gesù del Vangelo di Matteo decide di mandare gli apostoli in missione dando loro consigli e mettendoli in guardia dai futuri pericoli connessi alla loro opera di evangelizzazione, anche nei secoli futuri, dirà loro quella misteriosa frase: « Quando vi perseguiteranno in una città fuggite nell’altra, perché vi dico in verità: non finirete le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’Uomo ».
Il che chiarito da me in parole povere significa: ‘voi apostoli e cristiani continuerete ad essere perseguitati finché Io non ritornerò’.
Ma il chiarimento che ne dà invece il Gesù valtortiano è molto più bello e completo e lo possiamo tradurre così:  « Voi sarete perseguitati e lo stesso popolo di Israele verrà spazzato via dalla sua patria e disperso in tutto il mondo. Israele cercherà inutilmente per secoli e secoli di ricostituirsi in nazione, ma vi riuscirà solo all’ora segnata, ‘un millennio dopo un altro uno e oltre’, cioè dopo il secondo millennio, ed allora Io ritornerò ».
Io vi ho già spiegato che quello sarà il periodo della grande tribolazione di Israele e della Umanità intera. Israele, in particolare, mediterà sulle sue sofferenze, capirà che il vero Messia che lei attendeva era stato quello di duemila anni prima, Gesù Cristo crocifisso, e si batterà il petto, e ne invocherà il nome e si convertirà.
Sarà allora che - in onore della sua prima pecorella, smarrita e finalmente ritrovata -  Gesù tornerà come  aveva anche profetato nel Vangelo di Matteo in quella invettiva contro scribi e farisei: « Ecco la vostra casa vi sarà lasciata deserta! Poiché Io vi dico: non mi vedrete più finché non diciate: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore’ ».
Ci siamo infine tolti la curiosità di comprendere il senso misterioso di quell’altra frase di Gesù nel Vangelo di Matteo: ‘Fra i nati di donna non è sorto nessuno più grande di Giovanni Battista, tuttavia il più piccolo del Regno dei Cieli è più grande di lui’.
Che significava, con precisione? Sembrava un gioco di parole.
In sostanza il Gesù della visione di Maria Valtorta – per dare un ordine di grandezza sui doni posseduti da chi è in Paradiso – spiegava, anche a conforto dei genitori colpiti dalla scomparsa prematura di un loro giovane figlio, che un bimbo in Paradiso – partecipando lì dell’amore, della sapienza e della conoscenza di Dio -   sarebbe stato più grande e sapiente dei più grandi e sapienti uomini della terra e finanche di un Giovanni Battista, il Precursore di Gesù, il più grande di tutti i nati di donna..
Insomma, detto fra me e voi, un bimbetto – in Paradiso – ne sa molto di più di Einstein e Pico della Mirandola, in terra. Altro che orgoglio!
Che dire poi di quelle accuse a Gesù di scribi e farisei che - dopo averlo accusato di liberare gli ossessi perché anche lui era un ‘Belzebù’ ed era aiutato da Satana – pretendevano che egli desse loro un segno della sua natura divina  che fosse più ‘convincente’?
‘Niente!- fu la risposta di Gesù – perché, a questa generazione - adultera e malvagia perché ha respinto il soprannaturale maritaggio con la Legge  divina ed ha sposato in seconda adultera unione la legge di Satana - non sarà data altra prova che il segno di Giona’.
Insomma Gesù intendeva dire – a futura memoria – che Egli sarebbe rimasto tre giorni nella tomba come il Giona del racconto biblico rimase nello stomaco del pesce che lo aveva ingoiato,  dopo di che  Egli sarebbe risorto.
Questo episodio mi aveva però offerto l’occasione di raccontarvi in chiave quasi comica la personalità ambivalente di Giona che era scappato per nave nella direzione opposta non volendo saperne di ubbidire a Dio e di  andare a Ninive a predicare agli abitanti che Dio li avrebbe distrutti se non si fossero convertiti.
Ciò sia perché Giona aveva paura di provocare reazioni violente dei niniviti con la sua predicazione, sia perché aveva paura che - se si fossero convertiti e Dio non avesse quindi attuato le sue minacce - essi avrebbero potuto considerarlo un ‘falso profeta’ e se la sarebbero presa con lui, sia infine perché – essendo essi di un’altra religione – egli non era poi tanto contento che Dio li salvasse…
Mi viene ora un dubbio: oltre che ‘molto pauroso’ non è che Giona fosse un pochino troppo ‘fondamentalista’, anche lui?
Potevamo poi non parlare della teoria della reincarnazione  specialmente ora che – grazie alle dottrine spiritistiche e gnostiche– sembra che quasi tutti ci credano?
Lo spunto ce lo aveva offerto quello scriba col figlioletto malato che aveva chiesto a Gesù se Egli ci credesse.
Lapidaria la risposta di Gesù: non ci sono reincarnazioni di vita in vita ma una sola, e non da uomo a uomo, ma dal Creatore dell’anima all’uomo, e dall’uomo al Creatore quando l’anima ritorna a Lui!
E lì, dopo aver ironizzato sul ‘caratteraccio’ di San Pietro prima che diventasse santo, eravamo tornati sul discorso che avevamo fatto all’inizio di questo libro in merito al  Purgatorio e al Limbo dei giusti non cristiani.
Sul Limbo -  che all’inizio avevo interpretato come un quarto luogo, o stato dell’Aldilà accanto ad Inferno, Purgatorio e Paradiso – mi era sembrato di poter alla fine concludere che potesse essere invece inteso come facente parte di quello che noi chiamiamo ‘Purgatorio’. Limbo inteso insomma come una specie di sua ‘dependance’, luogo di purificazione ma anche stazione di ‘gioiosa attesa’, destinato a cessare, con il Purgatorio, alla sera del Tempo.
Le dimore vere e proprie dell’Aldilà sarebbero dunque in definitiva tre e non quattro, a meno che – come aveva detto in quell’episodio valtortiano il piccolo Marziam ad apostoli e discepoli – qualcuno di voi non sia tanto curioso di andarsene all’aldilà per poi venircelo a raccontare…, se ci riesce.
Era poi anche emerso un concetto interessante a seguito della domanda che lo Scriba aveva rivolto a Gesù a proposito della sua doppia natura di Dio e di Uomo.
Lo scriba voleva sapere da Gesù cosa ne sarebbe stato – nell’aldilà – della sua natura umana, cioè quella di Gesù in quanto uomo in carne ed ossa.
Chiara la risposta di Gesù: ‘Io vivrò perché carne sono, e allo Spirito divino ho unito l’anima del Cristo in carne d’uomo’.
Il che corrisponde ad un’altra verità della dottrina cristiana che sembra quasi incredibile ad uno che non accetti la potenza del Dio dell’Universo.
Gesù Cristo, in quel luogo o stato che noi chiamiamo ‘Paradiso’ vive ora con il suo corpo di allora, ma un corpo ‘glorioso’ libero dalle leggi della materia, come quello di Risorto che mostrava quando si materializzava o smaterializzava davanti agli apostoli, scomparendo e riapparendo con la velocità del lampo a distanza, o ascendendo al Cielo sotto gli occhi di tutti.
Il che ci fa anche capire quale grandioso progetto di Gloria abbia Iddio su di noi.
Non vergognamoci, per pudore razionalistico, di dire queste cose che ci sembrano ‘impossibili’.
Ma non è più ‘impossibile’ il funzionamento del corpo umano o il crescere e lo sbocciare di un fiore?
Alla sera del Tempo gli uomini che si saranno salvati - dopo avere atteso  in Cielo come spiriti - al momento della resurrezione della carne e del Giudizio universale  verranno chiamati da Dio per avere il premio finale e vivere trionfalmente in Paradiso, la ‘città di Dio’, la ‘Gerusalemme’ celeste, rivestiti dei loro corpi… glorificati, come quello del Gesù risorto.
E i miti delle religioni pagane che riecheggiano anche nell’Antico Testamento?
Che gioia, per certi razionalisti e teologi alla Bultmann, accusare gli scrittori sacri dell’Antico Testamento di aver copiato quei miti, spiritualizzandoli, dalle precedenti culture di altre civiltà di quell’epoca lontana.
Nessuna copiatura, fa capire il Gesù valtortiano, perché il Vecchio Testamento è frutto di una Rivelazione del Dio della religione giusta ed i racconti della Genesi sono dunque quelli veramente autentici.
Le anime di quegli antichissimi giusti pagani che hanno introdotto quei ‘miti’ nelle loro culture e religioni – spiega ancora Gesù – essendo anime di giusti, più vicini dunque alla Verità, si erano invece in qualche modo ‘ricordate’ della Verità vista nell’attimo in cui esse erano state create.
Ma essi – essendo pagani - non possedevano la rivelazione divina della religione vera, per cui avevano potuto solo tradurre alla meno peggio quel confuso ricordo nei loro ‘miti’, come appunto nel caso del racconto di  Prometeo e di Deucalione.
Parlando di ricordi delle anime, abbiamo poi anche toccato il tema attuale delle reminescenze, cioè di quelle sensazioni di cose già dette o fatte, o viste, che talvolta ci capitano facendoci pensare di aver già vissuto quella situazione in un’altra vita precedente.
Le reminescenze esistevano però anche ai tempi di Gesù, come diceva Sintica.
Anche qui la spiegazione di Gesù è la stessa che vale per i ‘ricordi’ degli antichissimi pagani creatori dei miti: ‘L’anima non ricorda perché rivive. Ma ricorda perché viene da dove è tutto noto…, si vive sì una sola volta ma non più sulla terra. Con lo spirito in altri regni…’.
Da bravi peccatori, poi, non potevamo non tornare a fare un pensierino su quella faccenda di Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre, insomma sul frutto dell’Albero della conoscenza del Bene e del Male.
Che ‘Male’ c’era in fin dei conti – dicono ‘taluni’ - visto che era stato Dio stesso a dire ai Due: ‘Crescete e moltiplicatevi’?
Qui abbiamo però capito che nella Genesi, con questa frase, Dio intendeva alludere non a dei ‘baccanali’ – come quei ‘taluni’ hanno ‘volterrianamente’ pensato - ma ad una ‘riproduzione’ santa di anime di ‘figli di Dio’ in carne umana destinate alla vita eterna in Cielo.
Adamo ed Eva, dopo il Peccato – si coprivano nudi e vergognosi con la classica foglia di fico – ma in realtà il vero ‘peccato’ non era consistito nella sessualità ma nella precedente disobbedienza, che presupponeva mancanza d’amore e tradimento, nei confronti di Dio.
Sul finire del libro ci era però rimasto ancora un dubbio da sciogliere.
Se il Verbo di Dio, incarnandosi in Gesù Cristo, aveva operato la Redenzione per tutta l’Umanità, come mai – i giusti cristiani – purgatorio permettendo – possono andare in Paradiso anche subito dopo morti, mentre i giusti non cristiani devono attendere sino alla fine del Tempo?
‘E’ per l’essere credenti in me’,  aveva spiegato a Sintica il Gesù valtortiano.
L’essere credenti in Gesù significa infatti essere ‘cristiani’, ed essere cristiani significa avere ricevuto il Sacramento del Battesimo,lo specialissimo dono,porta dei sette sacramenti, lasciatoci da Gesù prima di ascendere al Cielo, dono che  cancella tutti i peccati, a partire da quello originale.
Ecco perché i giusti non cristiani – che non ne hanno beneficiato - devono rimanere nel Limbo sino alla sera del tempo quando però – come vi ricordo aveva spiegato nel nostro secondo capitolo lo Spirito Santo alla mistica Valtorta   - ‘avendo fatto naturalmente ciò che la Legge impone pur non avendo avuto la Legge, ed  essendo così Legge a se stessi mostrando così come il loro spirito amasse la virtù e tendesse al Bene supremo, essi saranno la folla immensa a cui nell’ultimo giorno verrà impresso il sigillo del Dio vivo a salvezza e premio, prima dell’estremo inappellabile giudizio, perché la loro virtù, la loro spontanea obbedienza alla legge di virtù li avrà battezzati senza altro battesimo, consacrati senza altro crisma che i meriti infiniti del Salvatore’.
Il Battesimo dunque ‘salva’, anche se la ‘Luce’ del mio Subconscio creativo – a me che pensavo di essermela cavata a buon mercato - chiariva che ‘l’acqua battesimale ci rende ‘cristiani’ e ci dà la Grazia, ma è la  fedeltà alla Grazia - nel seguire la Legge – che ci mantiene cristiani, non soltanto di nome ma di fatto’...


19.2 Il prossimo anno farà scintille!

Sempre seguendo l’ordine temporale dell’Opera valtortiana, ora si avvicina il tempo della Festa delle Luci, insomma il nostro Natale.
Il primo Natale di vita pubblica, cioè quello di cui abbiamo già parlato nel volume precedente a questo, Gesù lo aveva trascorso con apostoli e discepoli in una cena a Betania, in casa di Lazzaro. Era stato il suo primo compleanno fatto senza la Mamma.
La villa bellissima di Lazzaro ed il suo giardino erano quella sera - come voleva la Tradizione ebraica - tutto un brillìo di torce che rilucevano anche in tutte le altre case nel buio esterno della campagna.
Gesù, riandando con la Mente al lontano passato, aveva in quell’occasione rievocato la sua nascita descrivendola con l’occhio dell’Uomo-Dio. Un racconto meraviglioso  che aveva tenuto incatenati apostoli, discepoli e…padroni di casa.
Questo secondo Natale Gesù lo trascorre invece ora con sua Mamma a Nazareth, nell’intimità della sua casa, rilassandosi in lavori di…falegnameria per costruire attrezzi - fatti dalla sua propria mano - da donare a  Giovanni di Endor e Sintica che sarebbero di lì a poco partiti per il loro esilio di Antiochia.
Gesù sarà infatti costretto a mandarli laggiù entrambi – con lei che avrebbe assistito lui, ormai anziano e malato - per sottrarli a ricerche e persecuzioni in Giudea dove la loro presenza nel gruppo apostolico era ormai conosciuta.
Non voglio farvi piangere e quindi non vi parlerò del colloquio di addio fra Gesù e Giovanni di Endor.
Le feste del terzo Natale Gesù le trascorrerà invece l’anno successivo – oggetto del prossimo libro - a Gerusalemme, ma saranno feste per modo di dire perché i ‘principi’ dei sacerdoti, quelli del Tempio, cercheranno di farlo lapidare (Gv 10, 22-39).
Se nel primo anno Gesù era stato il paziente Maestro, il Sapiente che chiamava alla Sapienza, e se nel secondo appena trascorso è stato il Misericordioso, nel terzo, quello del prossimo volume, Gesù sarà il Dio Redentore e Re, il Giusto, dove nell’Agnello vedremo balenare il Forte.
Saranno scintille! Sarà l’anno dello scontro finale con i Capi di Israele che, nonostante la continua predicazione e gli straordinari miracoli di Gesù,  rifiuteranno ottusamente di accettare la sua Sapienza e Potenza come segno della sua divinità…
Ma per adesso mi fermo qui.
Mentre sbatacchio le dita sui tasti del mio computer per scrivere queste ultime righe mi rendo conto che anche qui da noi, a dicembre, siamo in clima di Festa delle Luci.
Ma se è davvero festa e se Gesù già allora – a fine stagione - mandava i suoi discepoli in vacanza, volete che non ci mandi anche me visto che questo libro ho ormai finito di scriverlo?