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6.4 Ma ora, da bravi disinibiti, affrontiamo quel tabù della ‘sessualità’!

L’aver chiarito il concetto di ‘immacolata concezione’, l’esser cioè privi delle tare prodotte dal  Peccato originale, ci consente ora di procedere sul discorso della sessualità dell’uomo e su quello della verginità di Maria.
La mancanza della Macchia d’origine comportava un ‘status’ di perfezione particolare, come si è visto anche in Gesù-Uomo.
Il primo uomo, e cioè Adamo ed Eva, non era ‘uomo’ ma ‘superuomo’.
Le sue facoltà intellettuali, il suo senso ‘morale’, la sua spiritualità, la sua integrità fisica erano espresse al massimo livello.
I primi due e la loro progenie – nei progetti originari di Dio – avrebbero dovuto generare dei discendenti che dopo una vita lunghissima in terra da veri ‘figli di Dio’ – con un trapasso da vita terrena a morte dove questa sarebbe stata un qualcosa di simile ad un’estasi, come quella dell’assunzione in Cielo di Maria – si sarebbero ritrovati dal Paradiso ‘terrestre’ in quello ‘celeste’ per vivervi nell’eternità.
Ora nell’uomo primitivo – o meglio nell’uomo primo, perché ‘primitivi’, a seguito del Peccato d’origine, siamo ormai diventati noi, in quanto decaduti e non molto dissimili spesso da quell’uomo ‘delinquente’ di cui parlava Lombroso -  non vi erano spinte di senso, nel significato di libidine fine a se stessa, perché questa fu una conseguenza del Peccato, insieme ad egoismo, odio, invidia, superbia e altre tare ancora..
E’ bene chiarire, visto che parliamo di ‘libidine’, che non sono un paludato ‘purista’ che vede la sessualitià con orrore e se ne scandalizza.
Io vengo dal mondo e il mondo lo capisco bene, perché continuo a viverci.
Adamo ed Eva, prima del Peccato originale, amavano Dio e si amavano fra loro come fratello e sorella, di amore spirituale.
L’animalità, intesa come impulso sessuale alla procreazione e al mantenimento della specie, era presente nell’uomo ma non aveva le caratteristiche della nostra attuale sessualità che diventa ‘sensualità’, nella misura in cui – lo ripeto a scanso di equivoci – anziché essere finalizzata all’amore coniugale e ad una giusta procreazione di figli – sia invece fine a se stessa.
E’ impossibile – per il ‘razionalista-materialista magari anche evoluzionista’ - prendere in considerazione un amore ‘spirituale’. Eppure era quella la situazione di Adamo ed Eva alle origini.
E’ impossibile perché la nostra realtà attuale ci fa sembrare come abnorme e nemmeno tanto desiderabile la realtà originaria.
Ma possiamo sempre fare, ora, almeno uno sforzo intellettuale per ‘immaginare’ quella lontana situazione
Adamo ed Eva, all’inizio, non avevano i cosiddetti ‘fomiti’, cioè gli impulsi negativi di carattere morale e spirituale in genere,  e in particolare neppure quelli carnali della attrazione sessuale, tranne – per questi ultimi - che nel periodo previsto dal loro ordine naturale per essere dedicato alla generazione dei propri figli ed al mantenimento della specie.
I primi due – e con loro pure i successivi ove fossero rimasti senza fomiti di Peccato – avrebbero infatti dovuto riprodursi né più né meno di  come è invece ancora oggi possibile per tutti gli altri animali, che lo fanno nei periodi stabiliti dalla loro natura o fissati anche dalle stagioni.
 Gli animali – i cui ‘progenitori’ non hanno  commesso alcun peccato d’origine – hanno infatti conservato l’ordine nella loro ‘anima animale’ e sentono l’impulso della sessualità solo quando – come stabilito nell’originario decreto divino volto a mantenere ordine ed equilibrio anche biologico nel creato – essi devono farlo per la riproduzione finalizzata al mantenimento della specie. La loro è una sessualità finalizzata e non fine a se stessa.
La generazione dei figli dell’uomo non sarebbe stata dunque la conseguenza – oggi spesso indesiderata - della ‘sessualità’ ma quella di un atto d’amore finalizzato a creare un ulteriore ‘figlio’ di Dio, destinato al Paradiso e cioè ad una vita di felicità eterna.
Se non fosse subentrata nell’uomo una procreazione disordinata e se non ci fosse stato l’egoismo del Peccato originale, la popolazione mondiale oggi sarebbe molto meno sovradimensionata, le risorse del territorio sarebbero sufficienti, non ci sarebbe la fame nel mondo, e tante guerre e dolori sarebbero stati evitati.
Fu dunque solo la Colpa che – sconvolgendo gli equilibri spirituali dell’uomo e con essi quelli metabolici – ribaltò l’assetto complessivo dell’anima fatta di conscio ed inconscio (e cioè l’equilibrio di quell’ice-berg di cui avevo una volta parlato ne ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’) dando la stura alle passioni non più governate dallo spirito.
L’io – che faceva parte dell’anima animale intesa nella sua accezione più generale, ma che era tenuto ‘sommerso’ dallo spirito dell’anima che lo dominava – si ritrovò di colpo a galleggiare, ben emerso, con sotto di sé lo ‘spirito’, ben sommerso.
Ma ritornando a Maria, lei era priva di Macchia e il suo spirito dominava la ‘sensualità’ intesa in senso lato.
Lei  non aveva quindi alcun problema di ‘senso’, e nemmeno di ‘sesso’.
La nostra ‘sessualità’, e cioè questa forma impropria di amore derivante dalla animalità fine a se stessa alla quale ora ci pare impossibile rinunciare come lo è per un drogato il rinunciare alla propria ‘dose’, rappresentò per Satana l’estrema beffa a Dio.
Dio aveva creato dei figli che amava e avrebbe voluto che questi l’amassero di puro amore spirituale.
Satana in odio e scherno a Dio aveva trasformato questa capacità di amore spirituale dell’uomo in libidine, cioè amore carnale.
Ma se tutto ciò che abbiamo spiegato fa comprendere come Maria SS. non avesse fomiti di senso e fosse quindi rimasta vergine fino al parto, nell’opinione comune di tante persone - per non parlare poi di Voltaire, Renan, Loisy, Bultmann e… di quel mio amico - il problema è però  come lei avesse mai potuto mantenersi tale anche dopo il parto.
Il fatto è che Maria era andata sposa ad un nazireo che già di sua iniziativa si era precedentemente votato alla castità, per amore di Dio.
Ecco perché Giuseppe era stato scelto da Dio come sposo di Maria e  ‘padre putativo’ di Gesù.
Il Padre – fuori del Tempo - conosceva in anticipo l’animo degli uomini e per convivere con Maria, la pura e senza macchia, ed allevare Gesù aveva scelto un ‘santo’.
A proposito della verginità di Maria (tema scabroso ma che pur va affrontato senza falsi pudori come prima o poi bisogna affrontare con i propri figli le domande su come hanno fatto essi a nascere), nel ‘Dizionario del Cristianesimo’ di Padre Enrico Zoffoli, alla voce ‘verginità’ (di Maria) si legge: ‘Contro le calunnie dei Giudei, i pregiudizi di Cerinto, , Celso, Gioviniano, Bonoso, Elvidio, e contro quelle degli Antidicomarianiti, dei Luterani, dei Sociniani, dei Razionalisti in genere…, il Magistero sostiene che Maria, per la sua eccelsa dignità di Madre di Dio, è stata sempre vergine: prima, durante e dopo il parto’.
Ora i nostri cinici e sardonici ‘razionalisti’, che non credono al miracolo, potrebbero anche accettare che lei per un miracolo di Dio avesse, da vergine, concepito un figlio.
Potrebbero inoltre accettare la spiegazione che – anche per la santità di Giuseppe oltre che sua – sia rimasta ‘miracolosamente’ vergine dopo il parto.
Ma come glie lo vai a spiegare che – vergine - lo è rimasta anche ‘durante’ il parto, come dice sopra il Magistero?
Beh…, io non so quale risposta abbia dato il Magistero a questo quesito, ma conosco invece quella di Maria Valtorta.
Dalla visione valtortiana della nascita di Gesù in quella stalla di Betlemme si capisce che - in quella giovinetta ‘senza macchia’ che quindi non avrebbe dovuto partorire con dolore - la ‘nascita’ del bambino avviene miracolosamente in maniera diversa dalla nostra, come in una sorta di ‘parto cesareo’.
Maria SS. (la visione e la descrizione della nascita sono splendide) non avrà infatti un parto usuale con relative doglie, ma il figlioletto lei se lo ritroverà all’improvviso fra le braccia perché quel Gesù-neonato-Dio che era nel suo seno attraverserà le pareti del corpo della madre con la stessa facilità con cui, trentatrè anni dopo, Gesù Risorto con il suo corpo glorificato avrebbe attraversato per ben due volte le pareti del Cenacolo a porte chiuse, materializzandosi una volta entrato, per poi tornare a scomparire dopo aver anche mangiato con gli apostoli.
Mito, direbbe Bultmann.
‘Niente è impossibile a Dio’, risponderò io con le parole dell’Arcangelo dell’Annunciazione.
E a San Tommaso (‘bultoniano’ ante litteram, che non solo non riusciva a credere che Gesù fosse risorto ma nemmeno che nella prima apparizione alla quale lui non era presente Gesù avesse potuto attraversare le mura come se fossero trasparenti e inconsistenti ma che poi cadrà davanti a lui in ginocchio gridando ‘O mio Signore e mio Dio…!’) Gesù risponderà: ‘Perché hai veduto, o Tommaso, hai creduto. Beati coloro che non hanno visto ed hanno creduto…’.
Rimprovero di Gesù che vale anche per gli iper-razionalisti di oggi, a proposito della verginità di Maria durante il parto.
Immaginare la verginità della Madonna durante il parto sarebbe stato ben più difficile da capire duemila anni fa che non oggi che noi abbiamo scoperto come la materia ‘solida’ sia composta da atomi a loro volta composti da elettroni, protoni e neutroni, cioè – in parole povere – da particelle che potremmo definire ‘elettriche’, che sarebbero sostanzialmente incorporee e attraversabili se non fossero tenute insieme e rese appunto ‘solide’ da delle precise leggi fisiche di ‘attrazione’ delle quali Dio è certamente Padrone.
Ma ora che abbiamo risposto ai dubbi di Voltaire, dei ‘razionalisti’ e forse di noi tutti sulla verginità di Maria prima, durante e dopo il parto, che ne direste se scoprissimo, in questa visione di Maria Valtorta, che anche al nostro insospettabile Pietro qualche dubbio sulla verginità di Maria prima del parto sarebbe venuto anche a lui, se fosse stato lui ‘marito’ al posto di Giuseppe? Leggere per credere. 4

   

136.  Alla festa delle Encenie, in casa di Lazzaro, viene ricordata la nascita di Gesù.


22 marzo 1945.
La già splendida casa di Lazzaro questa sera è splendidissima.  Sembra che prenda fuoco per il numero di lumi che vi ardono, e la luce si rovescia al di fuori, in questo primo principio di notte, traboccando dalle sale nell'atrio e da questo nel portico, allungandosi a vestire d'oro le ghiaie dei sentieri, le erbe ed i cespugli delle aiuole, lottando, e vincendo nei primi metri, col chiaro della luna col suo giallo e carnale splendore, mentre più oltre tutto diviene angelico per la veste di puro argento che la luna getta su tutte le cose.
Anche il silenzio che fascia il magnifico giardino, in cui ha voce solo l'arpeggio dello zampillo nella peschiera, pare aumentare la raccolta e paradisiaca pace della notte lunare, mentre presso la casa voci allegre e numerose, insieme a gaio rumore di mobili smossi e stovig lie portate sulle mense, ricordano che l'uomo è uomo e non ancora spirito.
Marta va svelta nella sua ampia veste splendida e pudica di un color viola rosso, e sembra un fiore, una bella campanula o una farfalla che si agiti contro le pareti purpuree dell'atrio o quelle a minuti disegni, che paiono un tappeto, della sala del convito.
Gesù, invece, passeggia solo e assorto presso la peschiera, e pare venga assorbito alternativamente dall'ombra scura che proietta un alto alloro, un vero albero gigante, o dalla fosforica luce lunare che si fa sempre più netta.  Così viva che lo zampillo della vasca pare un piumetto d'argento che si frantumi poi in scaglie di brillanti, che ricadono a perdersi sulla lastra queta, tutta argento, della vasca.  Gesù guarda e ascolta le parole dell'acqua nella notte.  Esse acquistano un suono così musicale che se ne desta un usignolo nell'alloro folto e risponde all'arpeggio lento delle gocce con un acuto di flauto, e poi sosta, come per prendere nota e mettersi sull'accordo dell'acqua, e infine attacca, da re del canto, il suo perfetto, variato, morbido inno di gioia.
Gesù non cammina neppure più per non turbare col fruscio dei passi la serena gioia dell'usignolo, e credo anche sua, perché sorride stando a capo chino, di un sorriso di veramente serena gioia.  Quando l'usignolo, dopo una nota purissima tenuta e modulata per tono ascendente, che non so come possa una così piccola gola sostenerla, cessa di cantare, Gesù esclama: « Te benedetto, Padre santo, per questa perfezione e per la gioia che mi hai dato! » e riprende la sua lenta passeggiata piena di chissà quali profondità di meditazione.
Lo raggiunge Simone: « Maestro, Lazzaro ti prega di venire.  Tutto è pronto ».
« Andiamo.  E così cada anche l'ultimo dubbio che lo li ho meno cari per causa di Maria ».
« Quanto pianto, Maestro!  Solo un tuo segreto miracolo ha potuto medicare quel dolore.  Ma non sai che Lazzaro fu per fuggire dopo che ella, al loro ritorno, uscì di casa dicendo che lasciava i sepolcri per la gioia e... altre insolenze?
lo e Marta lo abbiamo scongiurato a non farlo, anche perché... non si sa mai la reazione di un cuore.  L'avesse trovata, io credo che l'avrebbe punita una volta per tutte.  Avrebbero voluto almeno il silenzio, da lei, su Te... ».
« E l'immediato miracolo di Me su lei.  E l'avrei potuto fare. Ma non voglio una risurrezione forzata nei cuori.  Forzerò la morte e mi renderà le sue prede.  Perché lo sono il Padrone della morte e della vita.  Ma sugli spiriti, che non sono materia che senza soffio è priva di vita, ma sono immortali essenze capaci di risorgere per volontà propria, Io non forzo la risurrezione
Do il primo appello e il primo aiuto, come uno che aprisse un sepolcro dove uno fu chiuso mal vivo e dove morrebbe se a lungo rimanesse in quelle tenebre asfissianti, e lascio entrare aria e luce... poi attendo.  Se lo spirito è voglioso di uscirne, esce.  Se non vuole così, si infosca ancor più e sprofonda.  Ma se esce!... Oh! se esce, in verità ti dico che nessuno sarà più grande del risorto di spirito.  Solo l'innocenza assoluta è più grande di questo morto che torna vivo per forza di proprio amore e per gioia di Dio... I miei più grandi trionfi!
Guarda il cielo, Simone.  Tu vedi in esso stelle e stelline, e pianeti di diverse grandezze.  Tutti hanno vita e splendore per Dio che li ha fatti e per il sole che li illumina, ma non tutti sono ugualmente splendidi e grandi.  Anche nel mio cielo sarà così.  Tutti i redenti avranno vita per Me e splendore per la mia luce.  Ma non tutti saranno ugualmente splendidi e grandi.
Taluni saranno una semplice polvere d'astri, come quella che fa lattea Galatea, e saranno quelli, innumerabili, che dal Cristo avranno avuto, meglio, avranno aspirato solo quel minimo indispensabile per non essere dei dannati, e soltanto per l'infinita misericordia di Dio, dopo lungo purgatorio, verranno al Cielo. 
Altri saranno più fulgidi e formati: i giusti che avranno unito la loro volontà - nota: volontà, non buona volontà - al volere del Cristo e avranno ubbidito, per non dannarsi, alle mie parole. 
Poi vi saranno i pianeti, le buone volontà, oh! splendidissimi!  Della luce di puro diamante o di gemmeo splendore dai diversi colori - rossi di rubino, violacei d'ametista, biondi di topazio, candidi di perle - gli innamorati fino alla morte per l'amore, i penitenti per amore, gli operanti per amore, gli immacolati per amore.
E ve ne saranno alcuni, di questi pianeti, e saranno le mie glorie di Redentore, che avranno in loro bagliori di rubino, di ametista, di topazio e di perla, perché tutto saranno per amore. Eroici per giungere a perdonarsi di non aver saputo amare prima, penitenti per saturarsi di espiazione come Ester prima di presentarsi ad Assuero si saturò di aromi, instancabili per fare in poco, nel poco che loro resta, quanto non fecero negli anni che spersero nel peccato, puri fino all'eroicità per dimenticare, anche nelle viscere oltre che nell'anima e nel pensiero, che vi è un senso
Saranno quelli che attireranno per il loro multiforme splendore gli occhi dei credenti, dei puri, dei penitenti, dei martiri, degli eroi, degli asceti, dei peccatori, e per ognuna di queste categorie il loro splendore sarà parola, risposta, invito, assicurazione...
Ma andiamo.  Noi parliamo e là ci attendono.
« E' che quando Tu parli si dimentica d'essere vivi.  Posso dire tutto questo a Lazzaro?  Mi pare che in esso ci sia una promessa... ».
« Lo devi dire.  La parola dell'amico può posarsi sulla loro ferita e non arrossiranno di essere arrossiti davanti a Me... Ti abbiamo fatto attendere, Marta.  Ma parlavo a Simone di stelle e ci siamo dimenticati di queste luci.  Veramente la tua casa è un firmamento questa sera... ».
«Non solo per noi e per i servi, ma anche per Te e per gli ospiti tuoi amici abbiamo acceso.  Grazie di essere venuto per l'ultima sera.  Ora la festa è proprio la Purificazione... ».
Marta vorrebbe dire di più, ma sente salire il pianto e tace.
« Pace a tutti voi , dice Gesù entrando nell'atrio folgorante di decine di lumi di argento, tutti accesi e posti per ogni dove.
Lazzaro si fa avanti sorridente: « Pace e benedizione a Te, Maestro, e molti anni di santa felicità ».
Si baciano. « Mi hanno detto certi nostri amici che Tu sei nato mentre Betlemme ardeva per una lontana Encenie.  Di averti questa sera noi ed essi giubiliamo.  Non chiedi chi sono? ».
« Altri amici non ho, che non siano i discepoli e i cari di Betania, fuor dei pastori.  Sono dunque essi.  Venuti?  A che? ».
« Ad adorarti, Messia nostro.  Lo sapemmo da Gionata e qui siamo.  Coi nostri armenti, ora nelle stalle di Lazzaro, e coi nostri cuori ora e sempre sotto i tuoi piedi santi ».
Isacco ha parlato per Elia, Levi, Giuseppe e Gionata, che sono tutti prostrati ai suoi piedi: Gionata nella soffice veste dell'intendente beneamato dal padrone; Isacco nella sua di instancabile pellegrino, di grossa lana marrone scuro, impermeabile all'acqua; Levi, Giuseppe, Elia in vesti date da Lazzaro, fresche, monde per poter assidersi alle mense senza portarvi la povera veste stracciata e sitente di mandra dei pastori.
« Per questo mi avete mandato nel giardino?  Dio vi benedica tutti!  Non manca che la Madre alla mia felicità.  Alzatevi, alzatevi.  E' il mio primo Natale che faccio senza la Madre.  Ma la vostra presenza mi solleva dalla tristezza, dalla nostalgia dei suo bacio  ».
Entrano tutti nella stanza delle mense.  Qui i lumi sono per la maggior parte in oro e il metallo si avviva della luce delle fiamme, e le fiamme sembrano più splendide per il riflesso che dà loro tanto oro.  La tavola è stata messa a U per dare posto a tanta gente e poterla servire senza ostacolare le operazioni degli scalchi e dei servi.  Oltre a Lazzaro vi sono gli apostoli, i pastori, Massimino, il vecchio servo di Simone.
Marta sorveglia la disposizione dei posti e vorrebbe stare in piedi.  Ma Gesù si impone: « Oggi non sei l'albergatrice, sei la sorella e ti siedi come mi fossi di un sangue.  Siamo una famiglia.  Cadano le regole per dare posto all'amore.  Qui, al mio lato, e presso te Giovanni.  Io con Lazzaro.  Ma datemi un lume. Fra Me e Marta vegli una luce... una fiamma, per le assenti e pure presenti: per le amate, le attese, per le donne care e lontane.  Tutte.  La fiamma ha parole di luce.  L'amore ha parole di fiamma, e vanno lontano queste parole, sull'onda incorporea degli spiriti che si trovano sempre, oltre monti e mari, e portano baci e benedizioni... Tutto portano.  Non è forse vero? ».
Marta posa la lampada dove Gesù vuole, ad un posto che resta vuoto... e, poiché Marta capisce, si curva a baciare la mano di Gesù, che poi le si posa sulla testa bruna, benedicente e riconfortante.
Il pasto ha inizio.  Un poco confusi sul principio i tre pastori - mentre Isacco è già più sicuro e Gionata non mostra disagio - ma si rinfrancano sempre più, più il pasto procede, e dopo avere taciuto parlano.  E di che devono parlare se non del loro ricordo?
« Ci eravamo ritirati da poco » dice Levi. « Ed io avevo tanto freddo che mi rifugiai fra le pecore, piangendo per desiderio della mamma... ».
« Io pensavo invece alla giovane madre che avevo incontrata poco prima e mi dicevo: " Avrà trovato posto?  ". Ad averlo saputo che era in una stalla!  Nello stabbio l'avrei condotta!... Ma era così gentile - un giglio delle nostre valli - che mi parve offesa dirle: " Vieni fra noi ". Ma pensavo a Lei... e sentivo ancora più il freddo pensando a quanto la doveva far soffrire.  Ti ricordi che luce quella sera?  E la tua paura? ».
« Sì... ma poi... l'angelo... Oh!... ».  Levi, un poco trasognato, sorride al suo ricordo.
« Oh! sentite un poco, amici.  Noi non sappiamo che poco e male.  Abbiamo sentito parlare di angeli, di greppie, di greggi, di Betlemme... E noi sappiamo che Lui è galileo e falegname... Non è giusto che non si sappia noi!  Al Maestro l'ho chiesto all'Acqua Speciosa... ma poi si parlò d'altro.  Costui, che sa, non mi ha detto nulla... Sì, parlo a te, Giovanni di Zebedeo.  Bel rispetto che hai per l'anziano!  Tieni tutto per te e mi lasci crescere da discepolo zuccone.  Non lo sono già di mio abbastanza? ».
Ridono per lo sdegno buono di Pietro.  Ma lui si volge al suo Maestro:«Ridono. Ma ho ragione » e poi a Bartolomeo, Filippo, Matteo, Tommaso, Giacomo e Andrea: « Avanti, ditelo anche voi, protestate con me!  Perché non sappiamo nulla noi? ».
« Veramente... Dove eravate quando moriva Giona? e dove sul Libano? ».
« Hai ragione.  Ma per Giona, io almeno, l'ho creduto delirio di morente, e sul Libano... ero stanco e assonnato.  Perdonami, Maestro, ma è la verità ».
«E sarà la verità di tanti!  Il mondo degli evangelizzati sovente risponderà al Giudice eterno, per scusare la sua ignoranza nonostante l'insegnamento dei miei apostoli, risponderà ciò che tu dici: " Lo credetti delirio... Ero stanco e assonnato". E sovente non ammetterà la verità perché la scambierà per delirio, e non ricorderà la verità perché sarà stanco e assonnato per troppe cose inutili, caduche, peccaminose anche.  Una sola cosa è necessaria: conoscere lddio ».
« Ebbene, ora che ci hai detto quello che ci sta bene, raccontaci le cose come sono state... Al tuo Pietro.  Poi le dico alla gente.  Se no... te l'ho detto: che posso dire?  Il passato non lo so, le profezie e il Libro non lo so spiegare, il futuro... oh! povero me!  E che evangelizzo allora? ».
« Sì, Maestro.  Che si sappia anche noi... Sappiamo che sei il Messia e lo crediamo.  Ma, almeno per mio conto, ho dovuto faticare ad ammettere che da Nazaret potesse venire del buono... Perché non mi hai subito reso noto il tuo passato? » dice Bartolomeo.
« Per provare la tua fede e la luminosità del tuo spirito.  Ma ora vi parlerò, anzi, vi parleremo del mio passato.  Io dirò ciò che anche i pastori non sanno, ed essi ciò che videro.  E conoscerete l'alba di Cristo.  Udite.
Essendo venuto il tempo della Grazia, Dio si preparò la sua Vergine.  Voi bene potete comprendere come non potesse risiedere Dio là dove Satana aveva messo un incancellabile segno.  Perciò la Potenza operò per fare il suo futuro tabernacolo senza macchia.  E da due giusti, in vecchiezza e contro le regole comuni del procreare, fu concepita Quella su cui non è macchia veruna.
Chi depose quell'anima nella carne embrionale che rinverdiva il vecchio seno di Anna di Aronne, la nonna mia?  Tu, Levi, hai visto l'arcangelo di tutti gli annunzi.  Puoi dire: è quello. Perché la " Forza di Dio " fu sempre il vittorioso che portò lo squillo di gioia ai santi e ai Profeti, l'indomabile sul quale la pur grande forza di Satana si spezzò come stelo di musco disseccato, l'intelligente che stornò con la buona e lucida intelligenza le insidie dell'altro intelligente ma malvagio, rendendo con prontezza eseguito il comando di Dio.
In un grido di giubilo egli, l'Annunziatore che già conosceva le vie della terra per essere sceso a parlare ai Profeti, raccolse dal Fuoco divino la immacolata scintilla che era l'anima della eterna Fanciulla e, serrandola in un cerchio di fiamme angeliche, quelle del suo spirituale amore, la portò sulla terra, in una casa, in un seno.  E il mondo, da quel momento, ebbe l'Adoratrice; e Dio, da quel momento, poté guardare un punto della terra senza averne disgusto.  E nacque una creaturina: l'Amata di Dio e degli angeli, la Consacrata a Dio, la santamente Amata dai parenti.
"E Abele dette a Dio le primizie del suo gregge". Oh! che in verità i nonni dell'eterno Abele seppero dare a Dio la primizia del loro bene, tutto il loro bene, morendo per avere dato questo bene a chi lo aveva loro dato!
Mia Madre fu la Fanciulla del Tempio dai tre ai quindici anni e affrettò la venuta del Cristo con la forza del suo amare. 
Vergine avanti il suo concepimento, vergine nelle oscurità d'un seno, vergine nei suoi vagiti, vergine nei suoi primi passi, la Vergine fu di Dio, di Dio solo, e proclamò il suo diritto, superiore al decreto della Legge d'Israele, ottenendo dallo sposo a Lei dato da Dio di rimanere inviolata dopo le nozze.
Giuseppe di Nazaret era un giusto.  Solo a lui poteva essere dato il Giglio di Dio e solo lui lo ebbe.  E, angelo nell'anima e nella carne, egli amò come amano gli angeli di Dio.  L'abisso di questo forte amore, che ebbe tutte le tenerezze coniugali senza sorpassare la barriera di celeste fuoco oltre la quale era l'Arca del Signore, sarà compreso solo da pochi sulla terra.  E' la testimonianza di ciò che può un giusto sol che voglia.  Ciò che può, perché anche l'anima, ancor lesa dalla macchia d'origine, ha forze potenti di elevazione, e ricordi e ritorni alla sua dignità di figlia di Dio, e divinamente opera per amore del Padre.
Ancora era Maria nella sua casa, in attesa della unione con lo sposo, quando Gabriele, l'angelo dei divini annunzi, tornò sulla terra e chiese alla Vergine d'essere Madre.  Già aveva promesso al sacerdote Zaccaria il Precursore e non era stato creduto.  Ma la Vergine credette che ciò potesse essere per volere di Dio e, sublime nella sua ignoranza, chiese solo: " Come può ciò avvenire?  ".
E l'angelo le rispose: " Tu sei la Piena di Grazia, o Maria.  Non temere dunque, ché grazia hai trovato presso il Signore anche per quanto è la tua verginità.  Tu concepirai e partorirai un Figlio al quale metterai nome Gesù, perché Egli è il Salvatore promesso a Giacobbe e a tutti i Patriarchi e Profeti d'Israele.  Egli sarà grande e Figlio vero dell'Altissimo, perché per opera di Spirito Santo sarà concepito.  A Lui il Padre darà il trono di Davide, come è predetto, e regnerà sulla casa di Giacobbe sino alla fine dei secoli, ma il suo vero Regno non avrà mai fine.  Ora il Padre, il Figlio e lo Spirito Sánto attendono la tua ubbidienza per compiere la promessa.  Già è il Precursore del Cristo nel seno di Elisabetta, tua cugina, e se tu consenti lo Spirito Santo scenderà su te, e santo sarà Colui che da te nascerà e porterà il suo vero nome di Figlio di Dio ".
E allora Maria rispose: " Ecco l'Ancella del Signore.  Si faccia di me secondo la sua parola ". E lo Spirito di Dio scese sulla sua Sposa e nel primo abbraccio le impartì le sue luci che sopra-perfezionarono le virtù di silenzio, umiltà, prudenza e carità di cui Ella era piena, ed Ella fu tutt'una con la Sapienza, e non più fu scindibile dalla Carità, e l'Ubbidiente e Casta si perse nell'oceano della Ubbidienza che Io sono, e conobbe la gioia d'esser Madre senza conoscere il turbamento d'esser sfiorata.  Fu la neve che si concentra in fiore e si offre a Dio così... ».
« Ma il marito? » chiede sbalordito Pietro.
« Il sigillo di Dio chiuse le labbra di Maria.  E Giuseppe non seppe del prodigio che quando, di ritorno dalla casa di Zaccaria parente, Maria apparve madre agli occhi dello sposo ».
« E che fece lui? ».
« Soffrì... e soffrì Maria... ».
« Se ero io... ».
« Giuseppe era un santo, Simone di Giona.  Dio sa dove mettere i suoi doni... Acerbamente soffrì e decise di abbandonarla, addossandosi taccia di ingiusto.  Ma l'angelo scese a dirgli: " Non temere di prendere con te Maria tua sposa.  Perché quello che in Lei si forma è il Figlio di Dio e per opera di Dio Ella è Madre.  E quando il Figlio sarà nato gli metterai nome Gesù, perché Egli è il Salvatore " ».
« Era dotto Giuseppe? » chiede Bartolomeo.
« Come un discendente di Davide ».
« Allora avrà avuto subita luce nel ricordare il Profeta: Ecco una vergine concepirà....».
«  Sì.  La ebbe.  Alla prova successe il gaudio... ».
« Se ero io... , torna a dire Simon Pietro « non succedeva, perché prima avrei... Oh!  Signore, come è stato bene che non fossi io!  L'avrei spezzata come uno stelo senza darle tempo di parlare.  E dopo, se assassino non fossi stato, avrei avuto paura di Lei... La paura di tutto Israele, da secoli, per il Tabernacolo...».
« Anche Mosè ebbe paura di Dio, e pure fu soccorso e stette con Lui sul monte... Giuseppe andò dunque nella casa santa della Sposa e provvide ai bisogni della Vergine e del Nascituro. E venendo per tutti il tempo dell'editto, con Maria andò nella terra dei padri, e Betlemme li respinse perché il cuore degli uomini è chiuso alla carità.  Ora parlate voi ».
« Io incontrai verso sera una donna giovane e sorridente a cavallo d'un somarello.  Un uomo era con lei.  Mi chiese del latte e informazioni.  Ed io dissi ciò che sapevo... Poi venne notte... e una grande luce... e uscimmo... e Levi vide un angelo pressa lo stabbio.  E l'angelo disse: " E' nato il Salvatore”. Era la notte piena.  E pieno di stelle era il cielo.  Ma la luce si perdeva in quella dell'angelo e di mille e mille angeli... (E piange ancora nel ricordare).  E ci disse l'angelo: "Andate ad adorarlo.  E' in una stalla, in una greppia, fra due animali.  Troverete un piccolo Bambino avvolto in poveri panni O come sfavillava l'angelo dicendo queste parole!... Ma ti ricordi, Levi, le sue ali come mandavano fiamme quando, dopo essersi inchinato per nominare il Salvatore, disse: "... che è Cristo Signore"? ».
« Oh! se ricordo!  E le voci dei mille?  Oh!... " Gloria a Dio nei Cieli altissimi e pace in terra agli uomini di buona volontà! ". Quella musica è qui, è qui, e mi porta in Cielo ogni volta che la sento» e Levi alza un viso estatico su cui luce il pianto.
« E andammo» dice Isacco.  « Carichi come bestie da soma lieti come per nozze, e poi... non seppimo più far nulla quando udimmo la tua piccola voce e quella della Madre, e spingemmo Levi, fanciullo, perché guardasse.  Noi ci sentivamo lebbrosi presso tanto candore... E Levi ascoltava, e rideva piangendo e ripeteva, così con voce d'agnello che la pecora di Elia ebbe un belato.  E Giuseppe venne all'apertura e ci fece entrare.  Oh! come eri piccino e bello!  Un boccio di rosa carnicina sul ruvido fieno... e piangevi... Poi ridesti per il tepore della pelle di pecora che ti offrimmo e per il latte che ti mungemmo... tuo primo pasto... Oh! e poi... e poi ti baciammo... Sapevi di mandorla e gelsomino e noi non potevamo più lasciarti... ».
 « Non mi avete più lasciato, infatti ».
« E' vero » dice Gionata. « Il tuo viso restò in noi e la tua voce e il tuo sorriso... Crescevi... eri bello sempre più... Il mondo dei buoni veniva a bearsi di Te... e quello dei malvagi non tivedeva... Anna... i tuoi primi passi... i tre Sapienti... la stella... ».
« Oh! quella notte, che luce!  Il mondo pareva ardere con mille luci.  Invece, la sera della tua venuta, la luce era fissa e perla... Ora era la danza degli astri, allora l'adorazione degli astri.  E noi da un'altura vedemmo passare la carovana e andammo dietro per vedere se si fermava... E il giorno dopo tutta Betlemme vide l'adorazione dei Sapienti.  E poi... o non diciamo l'orrore!... Non lo diciamo!... ». Elia sbiadisce nel ricordare.
«Sì, non lo dire.  Silenzio sull'odio... ».
« Il più grande dolore era non avere più Te e non sapere di Te.  Neppure Zaccaria ne sapeva.  Ultima nostra speranza... Più niente ».
« Perché, Signore, non hai confortato i tuoi servi? ».
« Chiedi il perché, Filippo?  Perché era prudenza farlo.  Vedi che anche Zaccaria, la cui formazione spirituale si completò dopo quell'ora, non volle sollevare il velo.  Zaccaria... ».
« Ma ci hai detto che fu lui ad occuparsi dei pastori.  E allora perché lui non disse, a loro prima, a Te poi, che gli uni cercavano l'Altro? >.
« Zaccaria era un giusto tutto uomo.  Divenne meno uomo e più giusto nei nove mesi di mutismo, si perfezionò nei mesi successivi alla nascita di Giovanni, ma divenne uno spirito giusto quando sulla sua superbia di uomo cadde la smentita di Dio.  Aveva detto: " Io, sacerdote di Dio, dico che a Betlemme deve vivere il Salvatore " e Dio gli aveva mostrato come il giudizio, anche sacerdotale, se non è illuminato da Dio è un povero giudizio. 
Sotto l'orrore del pensiero: " Potevo fare uccidere Gesù per la mia parola " Zaccaria divenne il giusto, che ora riposa attendendo il Paradiso.  E giustizia gli insegnò prudenza e carità.  Carità verso i pastori, prudenza verso il mondo al quale doveva essere sconosciuto il Cristo.  Quando, di ritorno in patria, ci dirigemmo a Nazaret, per la stessa prudenza che ormai guidava Zaccaria evitammo Ebron e Betlemme, e costeggiando il mare tornammo in Galilea.
Neppure il giorno della mia maggiore età fu possibile vedere Zaccaria, partito il giorno avanti col suo fanciullo per la stessa cerimonia.
Dio vegliava, Dio provava, Dio provvedeva, Dio perfezionava.  Avere Dio è anche avere sforzo, non solo avere gioia.  E sforzo ebbero il padre mio d'amore e la Madre mia d'anima e di carne.  Anche il lecito fu vietato perché il mistero fasciasse d'ombra il Messia fanciullo.
E questo spieghi, a molti che non comprendono, la ragione duplice dell'affanno quando fui smarrito per tre giorni
Amore di madre, amore di padre per il fanciullo smarrito, tremore di custodi per il Messia che poteva essere disvelato anzi tempo, terrore di avere mal tutelato la Salute del mondo e il grande dono di Dio. 
Questo il motivo dell'insolito grido: " Figlio, perché ci hai fatto questo?  Tuo padre ed io, angustiati, ti cercavamo! ".
Tuo padre, tua madre... Il velo gettato sul fulgore del divino Incarnato.  E la rassicurante risposta: " Perché mi cercavate?  Non sapevate che Io devo essere attivo nelle cose del Padre mio?  ".
Risposta raccolta e compresa dalla Piena di Grazia per quanto essa vale, ossia: " Non abbiate tema.  Piccolo sono, un fanciullo.  Ma se cresco, secondo umanità, in statura, sapienza e grazia agli occhi degli uomini, Io sono il Perfetto in quanto sono il Figlio del Padre e perciò so regolarmi con perfezione, servendo il Padre col farne splendere la luce, servendo Dio col conservargli il Salvatore ".
E così feci fino a or è un anno.
Ora il tempo è giunto.  Si alzano i veli.  E il Figlio di Giuseppe si mostra nella sua natura: il Messia della Buona Novella, il Salvatore, il Redentore e il Re del secolo futuro ».
« E non vedesti mai più Giovanni? ».
« Solo al Giordano, Giovanni mio, quando volli il Battesimo ».
« Sicché Tu non sapevi che Zaccaria aveva fatto del bene a questi? ».
« Ti ho detto: dopo il bagno del sangue innocente i giusti divennero santi, gli uomini divennero giusti.  Solo i demoni rimasero quel che erano.  Zaccaria imparò a santificarsi con l'umiltà, la carità, la prudenza, il silenzio ».
« lo voglio ricordare tutto questo.  Ma lo potrò? » dice Pietro.
« Sta' buono, Simone.  Domani mi faccio ripetere tutto dai pastori.  Con pace.  Nel frutteto.  Uno, due, tre volte se occorre. lo ho buona memoria, esercitata al mio banco, e ricorderò per tutti.  Quando vorrai ti potrò ripetere tutto.  Non tenevo neppure le note a Cafarnao, eppure... » dice Matteo.
« Oh! non ti sbagliavi di un didramma!... Me lo ricordo... Bene!  Te lo perdono il passato, ma proprio di cuore, se ti ricordi questo racconto... e se me lo dici sovente.  Voglio mi entri in cuore come è in questi... come lo ebbe Giona... Oh! morire dicendo il suo Nome!... ».
Gesù guarda Pietro e sorride.  Poi si alza e lo bacia sul capo brizzolato.
« Perché, Maestro, questo tuo bacio? ».
« Perché fosti profeta.  Tu morrai dicendo il mio Nome.  Ho baciato lo Spirito che parlava in te ».
Poi Gesù intona forte un salmo e tutti, in piedi, fanno eco: « " Alzatevi e benedite il Signore vostro Dio, di eternità in eternità.  Sia benedetto il suo Nome sublime e glorioso con ogni lode e benedizione.  Tu solo sei il Signore.  Tu hai fatto il cielo e il cielo dei cieli e tutto il loro esercito, la terra e tutto quello che contiene " ecc. (è l'inno cantato dai leviti alla festa della consacrazione del popolo, cap.  IX del II libro di Esdra) » e tutto ha termine con questo lungo canto, che non so se sia nel rito antico o se Gesù lo dica di suo.

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Siamo ormai arrivati alla conclusione di questo secondo volumetto sulla vita di Gesù.
Vi ho raccontato tante cose sulle quali mi auguro possiate ora riflettere con calma.
Il mio è un approccio ‘scientifico’ alla fede che mi aiuta a credere perchè - da ‘uomo di poca fede’ - sono convinto che una fede ‘ragionata’ riposi più sicura di una fede ‘senza ragioni’.
Dopo questa episodio nella casa di Lazzaro, Gesù tornerà all’Acqua speciosa.
Vi rimarrà tuttavia per poco perché i suoi nemici di Gerusalemme lo rintracceranno e manderanno emissari a minacciarlo diffidandolo dal continuarvi la sua predicazione.
Per prudenza e per non far precipitare anzitempo la situazione, egli deciderà allora di lasciare con tutti gli apostoli la zona e dirigersi verso i monti nei dintorni di Emmaus, risalendo poi in direzione di Arimatea e puntando infine sulla Samaria.
Quest’ultima regione era in conflitto religioso con la Giudea, e  poteva essere dunque considerata come una zona-rifugio, una sorta di zona politicamente ‘franca’.
E’ passato a questo punto il primo anno dall’inizio della vita pubblica di Gesù, quello in cui egli si è prodigato come Maestro.
Nel secondo anno, quello del prossimo volume, lo vedremo invece all’opera  più come il Salvatore, nel terzo come il Redentore.


4  (M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 136 – Centro Ed. Valtortiano)