(Il Vangelo secondo Matteo e Marco – La Sacra Bibbia – Ed. Paoline – 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Capp. 59-60 – Centro Ed. Valtortiano)


3. Il Regno dei Cieli vi aspetta. Domani.


Mt 4, 12-17:

Or Gesù, avendo udito che Giovanni era stato messo in carcere, si ritirò in Galilea, e, lasciata Nazareth, andò ad abitare a Cafarnao, posta sulla riva del mare, nel territorio di Zabulon e di Neftali, affinchè si adempisse  quello che era stato annunziato dal profeta Isaia: « Terra di Zabulon e terra di Neftali, via verso il mare, al di là del Giordano, Galilea dei Gentili, il popolo che sedeva nelle tenebre ha veduto una gran luce; per coloro che sedevano nella regione e nell’ombra si è levata una luce ».
Da quel momento Gesù cominciò a predicare e a dire: ‘Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino’.

Mt 4, 23:

Gesù percorreva tutta la Galilea, insegnando  nelle loro sinagoghe; predicava il Vangelo del Regno e guariva ogni malattia e ogni infermità in mezzo al popolo.

Mc 1, 21-28:

Intanto si recarono a Cafarnao, e appena giunto il sabato, entrato nella sinagoga, insegnava.
Ed erano meravigliati della sua dottrina, poiché egli insegnava loro come uno che ha autorità, non come gli Scribi.
Or ecco, c’era nella sinagoga un uomo posseduto da uno spirito impuro, il quale gridò dicendo: « Che abbiamo da vedere noi con te, o Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? Io so chi tu sei: il Santo di Dio ».
Ma Gesù gli intimò: « Taci e partiti da costui! ».
E allora lo spirito impuro, dopo averlo agitato convulsamente, uscì da lui, gettando un forte urlo.
Tutti rimasero stupiti e si domandavano a vicenda: « Che è questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità! Comanda persino agli spiriti impuri e gli obbediscono! ».
E si divulgò subito la sua fama dovunque, in ogni zona della Galilea.

Mt 8, 14-17:

Essendosi poi Gesù recato alla casa di Pietro, vide la suocera di lui a letto con la febbre.
Le toccò la mano e la febbre sparì; ed ella, alzatasi, si mise a servirlo.

Venuta la sera, gli presentarono molti indemoniati ed egli, con la parola, caccò gli spiriti e guarì tutti i malati; affinchè si adempisse ciò che fu annunziato dal profeta Isaia che dice: « Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato dei nostri mali ».

 
3.1 Le prime predicazioni di Gesù

Matteo continua qui il suo racconto narrando che Gesù aveva deciso di lasciare Nazareth per stabilirsi a Cafarnao, avendo peraltro appreso che quel Giovanni Battista che lo aveva battezzato al Giordano prima che egli si ritirasse nel deserto era stato nel frattempo arrestato.
Per inciso Gesù venne chiamato ‘nazareno’ perché vissuto e proveniente da Nazareth e non perché appartenente alla setta dei ‘nazarei’, come sostiene Loisy.
Quella dei nazarei era una setta di consacrati a Dio, come ce ne sono anche oggi, votati alla castità.
Nelle visioni di Maria Valtorta che riguardano l’affidamento in sposa di Maria giovinetta a Giuseppe 1 è stupendo l’episodio in cui il Sacerdote del Tempio, dove Maria viveva fin dalla primissima età essendo morti i suoi genitori Gioacchino e Anna, decide di affidare Maria in sposa ad uno dei tanti giovani appositamente convocati e che sarebbe stato scelto a sorte, contando sull’ispirazione di Dio.
Maria non ha il coraggio di disubbidire e piange perché – anche se il Sacerdote non lo sa - fin dall’infanzia lei si era votata alla castità affinchè Dio mandasse finalmente il Messia la cui manifestazione sulla terra tutto Israele considerava ormai imminente, secondo i calcoli delle Scritture.
Giuseppe le confida che mai avrebbe pensato di doversi sposare, e per di più con lei che egli aveva visto nascere in quanto compaesano e amico dei suoi genitori,  ma di non aver avuto il coraggio di sottrarsi all’ordine del Sacerdote del Tempio.
Si era presentato insieme agli altri alla cerimonia del Tempio non per desiderio di matrimonio ma perché convocato: egli era infatti  un ‘nazareo’.
Se Giuseppe le apre il cuore, a Maria il cuore a questo punto  si spalanca e – luminosa in volto - si fa coraggio e gli confida anche lei il suo grande analogo segreto fin da quand’era giovinetta.
La conclusione non può essere che una: i due decidono di unire i rispettivi sacrifici e di amare, con la loro castità, così tanto l’Eterno che Questi certamente avrebbe dato al più presto alla terra il Salvatore.
Essi giurano quindi che si sarebbero amati di amore spirituale come gli angeli si amano fra loro.
Cafarnao, per tornare all’inizio della digressione, non era posta sulle rive del mare (Mediterraneo) come si potrebbe pensare dal testo evangelico, ma su quelle del Lago di Tiberiade, in Galilea, che era detto però anche Mare di Galilea.
Era una ridente cittadina situata alla confluenza del fiume Giordano con il lago, dalla parte della sponda destra seguendo in discesa il corso del fiume.
Ed è da Cafarnao, come dalle cittadine limitrofe di Betsaida, Corozim, Tiberiade, che si irradia la predicazione di Gesù.
Gesù parlava con grande capacità oratoria e sapienza, e per un popolo abituato ai profeti dei quali da secoli conservava e studiava nelle sinagoghe i ‘rotoli’ con i loro scritti, non era difficile intuire in lui la figura di un ‘profeta’, ma ancora più sapiente e quindi dotato di maggior autorità di quelli che lo avevano preceduto e degli altri Scribi e Dottori della Legge in circolazione.
Egli padroneggiava infatti perfettamente le Scritture, spiegando i passi più nebulosi che sapeva sempre interpretare in maniera esauriente e spirituale.
Gesù si spostava di paese in paese, dove veniva accolto con il rispetto dovuto  ad un grande Rabbi, e predicava alle folle nelle situazioni logistiche più improvvisate.
In un bosco, con gli ascoltatori seduti sull’erba all’ombra degli alberi, oppure sulla spiaggia del lago, fra mucchi di reti e cassette di pesci o magari parlando dall’alto di una barca in acqua per farsi meglio vedere e sentire, o ancora in una casa ospitale, infine in una sinagoga.
I ministri del culto facevano a gara per accaparrarselo – come si fa ancor oggi quando c’è la possibilità di approfittare di un grande predicatore – anche perché dopo l’ascolto lo spettacolo era quasi sempre garantito, con tutti quei poveri disgraziati che attirati dalla sua fama accorrevano per essere sanati.
Dall’opera valtortiana si evince che Gesù, dopo essersi stabilito in una casa di Cafarnao, viene invitato con la madre che era rimasta a Nazareth a quello sposalizio nella città di Cana, non troppo distante da Cafarnao e nemmeno da Nazareth, dove compirà il suo primo miracolo dell’acqua trasformata in vino.2
Quindi ritorna a Cafarnao da dove qualche giorno dopo (Gv 2, 12-25) decide di partire per Gerusalemme, perché la Pasqua giudaica è vicina.
Lì – a Gerusalemme - avverrà l’altro celebre episodio della cacciata dei mercanti dai piazzali del Tempio3, piazzali utilizzati da essi indegnamente ma che erano stati loro concessi dagli stessi sacerdoti dietro pagamento di adeguate prebende.
L’esordio di Gesù con i sacerdoti del Tempio – dal punto di vista delle relazioni umane con loro – non avrebbe potuto essere dei peggiori.
Essi – di fronte al popolo – non hanno il coraggio di recriminare su quel suo atto che anche a loro appare moralmente incontestabile.
Per metterlo in difficoltà gli chiedono solo con arroganza – considerandolo una nullità, in quanto ‘falegname’ di un oscuro villaggio di Galilea - che cosa lo facesse sentire autorizzato a comportarsi così, con quella frase ‘Qual segno ci mostri per fare queste cose?!’.
Il Dio-Verbo che era in Gesù - alludendo misteriosamente al Tempio del proprio Corpo e alla propria futura morte e resurrezione dopo tre giorni – risponderà Disfate questo Tempio e in tre giorni lo rimetterò in piedi’, come a dire che il ‘segno’ della sua ‘autorità’, e cioè del suo essere Dio, sarebbe stato dato dalla propria futura resurrezione al terzo giorno.
Non comprenderanno l’allusione, i sacerdoti, ma non la dimenticheranno e gliela faranno pagare quella cacciata dal Tempio, perché questa frase - distorta da dei falsi testimoni e travisata come un  Distruggerò questo Tempio e in tre giorni lo rimetterò in piedi’ - verrà utilizzata tre anni dopo, al suo processo nella notte della cattura, come prova delle sue intenzioni sediziose nei confronti del Tempio, aggiunta all’accusa di spirito blasfemo per aver osato successivamente dichiararsi ‘Dio’.
Ritornato da Gerusalemme a Cafarnao, non senza aver fatto nel contempo altri discepoli come Giuda di Keriot, Simone Zelote e Tommaso, Gesù continua ad andare in giro per la Galilea sanando malati, esorcizzando indemoniati ma, soprattutto, predicando l’ormai prossimo Regno dei Cieli.
Per gli ebrei di allora il Regno era, a dire il vero, l’attesa di un regno messianico di un condottiero, un ‘unto’, insomma un Messia che avrebbe chiamato il popolo a raccolta guidandolo alla riscossa contro tutti i suoi nemici, sottomettendoli.
Gesù doveva dunque andare controcorrente e combattere contro questa credenza diffusa, ideologicamente forte ed umanamente più gradita di un molto ipotetico spirituale Regno dei ‘Cieli’.
Egli doveva riuscire a far loro capire che il vero Nemico da abbattere di cui parlavano le Scritture non erano gli altri popoli ma Satana che – grazie alla catena del Peccato - teneva  in schiavitù tutti gli uomini, senza che essi se ne rendessero neanche conto.
Il Regno dei Cieli era ormai prossimo, come aveva già predicato il Precursore.
Ma, ‘prossimo’, perché? Perché con la Redenzione – di lì a tre anni, cioè dopo poco – si sarebbero finalmente aperte le porte del Paradiso celeste che dopo il Peccato originale era stato precluso all’Umanità traditrice.
Prima della Redenzione - che si sarebbe compiuta grazie al Sacrificio sulla Croce di un Dio - l’anima dell’uomo, dopo la morte del corpo,  aveva due possibilità.
La peggiore era quella di finire all’Inferno, la migliore, cioè quella dei giusti e dei Patriarchi, era di attendere nel Limbo in attesa della fine del mondo e del Giudizio universale.
Il Limbo – per spiegarci con delle immagini - era una sorta di ‘stazione di attesa’, pregustazione di gioia ma non gioia vera.
La Redenzione avrebbe invece costituito per queste anime una sorta di amnistia: esse sarebbero state liberate innanzitempo per i meriti di Cristo.
Dopo la Redenzione le anime degli uomini ‘giusti’ cristiani - per poter entrare il Regno dei Cieli – non avrebbero più dovuto attendere nel Limbo fino alla fine del mondo ma – grazie al Battesimo che dà la Grazia - esse avrebbero potuto accedere senza indugio al Regno dei Cieli subito dopo la morte del corpo.
Il Purgatorio infatti è già salvezza, ed è solo una anticamera temporanea in attesa del passaggio graduale al Paradiso via via che l’anina si purifica e si perfeziona nell’Amore.
E Gesù predicava dunque questa imminenza del Regno, dandone la Buona Novella, e insegnava a salvarsi, purificandosi già in terra con il combattere contro il proprio ‘io’, pregando e facendo penitenza.
Secondo Loisy, che non crede nei Cieli come neppure negli Inferi, il Regno dei Cieli non sarebbe altro che la ‘spiritualizzazione’ ad opera dei giudei delle attese di quel regno messianico in terra che essi avevano perso la speranza di veder arrivare, spiritualizzazione avvenuta solo successivamente per dare tempo al ‘mito’ di formarsi.
E invece si evince non solo dai vangeli ma anche dalle visioni di Maria Valtorta che è proprio questa, fin dall’esordio, la predicazione di Gesù: il Regno dei Cieli sarebbe arrivato presto, anche nel cuore degli uomini.

 

3.2. Il Regno dei Cieli e…la suocera di Pietro

Loisy, che non ammette la divinità di Gesù ma ammette invece che egli sia un personaggio storico realmente esistito, contesta quei teologi che – non credendo alla sua storicità – avevano ritenuto di vedere in lui a seconda dei casi o un mito solare, o una creazione dell’allegorismo alessandrino o altre fantasiose ipotesi ancora.
Loisy sostiene invece che – anche se la parte del mito nella tradizione cristiana per quanto concerne Gesù sarebbe per lui indiscutibile e il fatto cristiano in sé sarebbe un mito, il mito cristiano di Gesù-Dio si è formato nelle comunità cristiane solo lentamente e progressivamente, quindi dopo parecchio tempo.
Ora, per quanto gli episodi che ora seguiranno - quello della Sinagoga e l’altro della suocera di Pietro -  siano due ‘visioni’, ciò non di meno si presentano agli occhi di chi legge non come un ‘mito’ ma come una realtà di tutta evidenza.
Inoltre non come un fatto ‘letterario’ raccontato dalla ‘scrittrice’ mistica Maria Valtorta ma come  episodi osservati da un qualcuno che, sia pur in visione, per descriverli così li deve per forza aver visti ‘in diretta’.
E ciò, più che dal fatto che viene posto al centro dell’attenzione, emerge da tutta una serie di particolari che come tanti faretti laterali lo illuminano facendone meglio risaltare i contorni che ne emergono a caratteri forti: troppo forti per non essere veri.
Niente mito, dunque, ma storia, umile anche, ma proprio per questo ancora più ‘storia’.
Nel primo episodio della Sinagoga, il Regno dei ‘Cieli’ vi appare predicato da subito ed esso non è presentato certo come la ‘spiritualizzazione’, avvenuta molto tempo dopo, dell’attesa frustrata del regno messianico ‘in terra’.
E qui - lungi dal vedere inoltre in Gesù un uomo che verrà trasformato mitologicamente in Dio solo parecchi decenni dopo dalle prime comunità ‘fabulatrici’ cristiane – si vede subito emergere il Verbo che parla nel Gesù-Uomo e che afferma di essere il Liberatore, il Salvatore, il Santo, e cioè Dio.
E così pure vedremo trasparire la sua famosa doppia natura.
Nel secondo episodio in casa della suocera di Pietro risalterà invece di più l’altro aspetto della natura di Gesù, quello umano, insieme alla ‘umanità’ di Pietro, per non parlare di quella della suocera.
Tutte cose che fanno capire che questi episodi visti in visione dalla Valtorta rappresentano la vera realtà che si cela dietro a quegli scarni racconti dell’evangelista Matteo.
Due visioni – episodi uno immediatamente successivo all’altro - che per il loro ‘verismo’ obbligano a pensare essere realmente accaduti come riportato dai vangeli e non certo inventati di sana pianta dalle comunità cristiane per creare il mito del ‘Dio’.
Le visioni ci mostrano dunque episodi ‘reali’ che più reali di così non potrebbero essere.
Reale la scena della liberazione dell’indemoniato, reale pure la suocera del povero Pietro, reali quelle umiliazioni che lei gli infligge con malevolenza, dandogli del fannullone che si vuole atteggiare a ‘santo’, nonché del buono a nulla incapace di far ricca sua figlia, la moglie di Pietro.4

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>>> continua


1 G.L.: “I Vangeli di Matteo, Marco, Luca e del ‘piccolo’ Giovanni” – Cap. 5 – Ed. Segno, 2001

2 G.L.: “Il Vangelo del ‘grande’ e del ‘piccolo’ Giovanni” – Cap. 3 – Edizioni Segno

3  - idem -

4 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Capp. 59 e 60 – Centro Edit. Valtortiano