2. LO SCOPO DELLA CREAZIONE

 

Nel capitolo precedente abbiamo meditato sul tema di una certa critica razionalista alla storicità dei vangeli.
Abbiamo anche parlato del problema della cultura positivista e materialista dei due ultimi secoli che ha messo in discussione il valore trascendentale delle religioni - la cristiana in particolare in quanto considerata ‘religione di punta’ e la prima da abbattere - negandone l’attendibilità e riconducendo il problema dello spirito ad una questione di etica, cioè di comportamenti morali che non disturbino le regole di ‘condominio’ di questa nostra società.
L’uomo dopo aver vissuto muore, come un qualsiasi animale. Questo mondo e questa vita non hanno un senso se non quello di una realtà casuale, non esiste un aldilà perchè non se ne scoprono le prove ‘scientifiche’, e della morte – poiché dietro di essa rimarrebbe solo l’annullamento della nostra identità psicologica - è meglio che se ne parli il meno possibile, anzi che non  se ne parli mai.
Dio non esiste, e se esiste è un ‘Grande architetto’ dell’immenso cantiere dell’universo, ed ha quindi altri Progetti a cui pensare.
Ed in effetti non si può escludere che Dio abbia, anche, altri ‘Progetti’ e che in questo sterminato universo (composto come già detto da miliardi di galassie, contenenti ciascuna centinaia di miliardi di stelle e pianeti) abbia creato altri mondi, che si saranno mantenuti probabilmente migliori del nostro, e con forme di vita diverse dalla nostra.
Ma perché negare a priori che Dio, l’Architetto, non abbia potuto avere un suo particolare ‘Progetto creativo’ fatto su misura per quell’essere, socievole ma non troppo, che noi chiamiamo ‘uomo’?
Nella religione cristiana, ma anche in quella ebraica ed islamica, tutto parte da un Dio unico e dalla Rivelazione.
Il Dio è lo stesso per tutte e tre le religioni, e anche Abramo ne è un  ‘padre’ comune. Ma nel cristianesimo, ad un certo punto della storia – dopo Abramo -  arriva Gesù che completa per i cristiani il Vecchio Testamento mettendo in guardia prima della Passione i discepoli dai falsi Messia che sarebbero venuti dopo di lui.
Nel sesto secolo dopo Cristo, arriva Maometto con l’Islamismo.
Questi, affermando di essere invece lui l’ultimo profeta che ‘chiude’ la Rivelazione di Dio, retrocede Gesù dal livello di ‘dio’ a quello di semplice profeta promettendo poi - a coloro che combatteranno (e moriranno) per la diffusione dell’islamismo nel mondo degli infedeli - un paradiso terrestre in un cielo che più ‘terrestre’ di così non potrebbe essere.
Le tre religioni si fronteggiano, ognuna trovando discutibili le altre due, ma non mettendo in dubbio il concetto iniziale che ho sopra esposto: e cioè che Dio è unico e che si manifesta agli uomini telepaticamente, per rivelazione.
In effetti per gli ebrei l’Antico Testamento è un susseguirsi di rivelazioni telepatiche di Dio ai Profeti, intermediari fra Dio e il popolo.
Per i cristiani addirittura Dio non si rivela più solo per l’interposta persona dei profeti ma direttamente attraverso il Verbo, figlio di Dio e Dio egli stesso, che con l’incarnazione in Maria entra nella storia per rivelare in prima persona all’Umanità la natura di essere spirituale dell’uomo, uno spirito rivestito di carne, e il suo destino di salvezza solo che egli accetti di combattere, con la buona volontà, contro il proprio ‘io’ decaduto a causa del ‘peccato originale’.
Infine è sulla base di quella che noi oggi chiameremmo una ‘rivelazione privata’ che Maometto dice che Dio gli si è rivelato affidandogli la sua missione con la fondazione della religione perfetta, la sua.
Ovviamente (sempre che si entri nell’ordine di idee di accettare se non altro per comodità di ragionamento sia il principio dell’esistenza di un Dio spirituale, che è il Bene per eccellenza, sia quello di un angelo decaduto, Satana, che è il Male) quando si parla di ‘rivelazioni’ ai profeti, e cioè delle loro percezioni telepatiche, bisogna ammettere che l’uomo destinato a queste rivelazioni possa ‘cogliere’ sia suggestioni ‘buone’ che ‘cattive’, a seconda che vengano da Dio o dal Nemico. A riguardo delle percezioni provenienti  da quest’ultimo, le suggestioni o tentazioni del racconto biblico sul peccato originale, di cui parleremo in seguito, ne sono un esempio.
Ma poi vi è una terza forma di ‘rivelazione’, o meglio ‘suggestione’ telepatica, quella che proviene dal proprio ‘subconscio’, questa misteriosa entità intellettuale che abbiamo dentro di noi e che fa parte del nostro complesso psichico, e che è forse la più subdola perché, senza scomodare il ‘Nemico’ e nemmeno Dio, potrebbe talvolta suggerire al nostro ‘io conscio’ le cose che fanno parte dei suoi contenuti inconsci, insomma le ‘sue’convinzioni od aspirazioni, quelle che psicanaliticamente vengono chiamate i ‘vissuti interiori’.
Difficile a volte discernere il buono dal cattivo e questo può anche spiegare come certe religioni, che si può supporre siano nate ai primordi sotto la spinta di ‘impulsi’ spirituali anche ‘buoni’, abbiano finito per deviare ed essere ‘umanizzate’  sia a causa delle  ‘suggestioni’ del Nemico, sia a causa di quelle provenienti dai ‘vissuti interiori’ inconsci degli iniziatori o dei continuatori, sia infine a causa delle loro idee personali ‘conscie’ aderenti magari a quelle della loro società.
Se Dio è un purissimo spirito ‘buono’, se il Nemico è un angelo spirituale creato e decaduto ma potentissimo, se Dio ha inculcato nel ‘Dna’ dell’anima dell’uomo il senso istintivo e congenito di Dio affinchè l’uomo - anche se rovinato dal peccato originale, anche senza l’aiuto ancora della conoscenza della religione perfetta - possa intuire anche da solo come condursi per ritornare a Dio, è allora ovvio che l’attività principale del Nemico, oltre che a portare alla perdizione personale dell’uomo in quanto tale, faccia leva sul suo  stesso ‘bisogno’ istintivo di Dio per spingerlo a  creare false religioni che – facendogli credere di essere nel vero - lo dirottino distogliendolo dal vero cammino di salvezza.
E’ pure ovvio come il Nemico punti allo smantellamento di quelle religioni che contengano in tutto o in parte la Verità (e questa, ad esempio. è la storia delle eresie e degli scismi che hanno ad esempio sconvolto e indebolito il cristianesimo lungo tutto il corso della sua storia) facendole deviare dal cammino corretto e infine indebolendole  col metterle l’una contro l’altra – ironia ! – in nome di… Dio.
Non può a quest’ultimo proposito non far riflettere, ripensando alla storia dei secoli passati ed analizzando anche quella moderna, quale ruolo preponderante abbiano avuto e stiano avendo i conflitti religiosi che, in nome appunto di Dio, sembrano tirar fuori il peggio che esiste dentro l’animo umano.
Come discernere allora le ‘rivelazioni’? San Paolo, parlando dei carismi, e fra questi anche di quelli ‘profetici’, invitò a non spegnerli ma a giudicarli dai frutti ritenendo il buono che vi poteva essere trovato.
Ma in un mondo cristiano che non ha più vera fede e dove una certa critica teologica non si limita a considerare un ‘mito’ il Peccato originale ma non si ferma neanche di fronte alla esistenza di Gesù, lui pure considerato un ‘mito’, come si può dar credito – dal punto di vista della razionalità – alle rivelazioni dei mistici, come ad esempio una Maria Valtorta?
Gli esperti di ‘carismi’ sanno che questa grande scrittice cattolica del ventesimo secolo – anima vittima – trascrisse in un’opera in dieci volumi, più altri volumi ancora, le parole che sentiva e le visioni della vita di Gesù, producendo così quello che è stato definito il più grande capolavoro letterario a carattere mistico nella storia del cristianesimo.
Il Gesù che agisce e parla nelle sue visioni, con l’umanità dell’uomo e la Sapienza del ‘Dio’, si rivolge all’Umanità contemporanea (quella che dissacra appunto i vangeli nell’intento di depurarli dalle invenzioni ‘mitiche’) e fornisce degli episodi dei Vangeli una descrizione carismatica che più autentica di così – pur trattandosi di visioni - non potrebbe apparire anche al più incallito, purchè non prevenuto, dei critici razionalisti.
Di fronte al mistero dei Vangeli ed ai dubbi di certi critici sulla loro reale consistenza storica, dovrebbe essere impegno dell’esegeta, se non altro per propria cultura o curiosità, leggere quest’opera mistica di Maria Valtorta per valutare come questa vita  di Gesù vista in visione venga da lei descritta, per confrontarla con i vangeli canonici, per verificare in che cosa consista la  predicazione di Gesù nelle sue visioni (predicazione che non di rado i vangeli riportano in maniera incompleta o comunque estremamente sintetica) e, infine – perché no? – per analizzare senza prevenzioni ‘ideologiche’ fino a qual punto quest’opera carismatica, passata al setaccio dei moderni metodi critici già usati per lo studio dei vangeli ufficiali, non possa superare le forche caudine della veridicità e patente di attendibilità di quanto di teologico, storico, sociale e religioso è contenuto negli episodi narrati.
Il grande ‘mariologo’ Padre Roschini, che ricoperse importanti cariche accademiche e nei dicasteri della Curia romana scrisse: ‘Chi vuol conoscere la Madonna (una Madonna in perfetta sintonia col Magistero ecclesiastico, particolarmente col Concilio Vaticano II, con la S. Scrittura e la Tradizione ecclesiastica) legga la Mariologia della Valtorta…’.
Padre Gabriele Maria Allegra (missionario in Cina, famoso biblista che ha tradotto l’intera Bibbia in cinese fondando lo Studio biblico di Pechino, morto nel 1976 a Hong Kong dove si è aperto dopo pochi anni il processo di beatificazione) scrisse al sinologo Padre Fortunato Margiotti, che gli aveva fatto conoscere l’opera della Valtorta, che la sua lettura lo aveva distaccato dagli studi della Sacra Scrittura, lo faceva piangere e ridere di gioia e di amore e – quanto ad un giudizio sull’origine dell’opera – non credeva che l’opera di narrazione evangelica fosse semplicemente l’opera di un ‘genio’, ma che vi fosse invece il ‘dito di Dio’: digitus Dei est hic!
Padre Gabriele Allegra, dopo uno studio approfondito dell’Opera, ne darà questo lapidario giudizio: ‘Doni di natura e doni mistici armoniosamente congiunti spiegano questo capolavoro della letteratura  religiosa italiana e forse dovrei dire della letteratura cristiana mondiale’.
L’Opera di Maria Valtorta ebbe dei ‘critici’ accaniti, che rifiutavano a priori l’eventualità che potesse essere frutto di ‘rivelazione’, e che poi riuscirono addirittura a farla mettere  all’Indice (poi abolito) dei libri proibiti.
Ma lo stesso papa Pio XII – prima di morire  -  aveva già dato precedentemente il suo giudizio circa l’origine soprannaturale dell’Opera suggerendo  a quelli che gli avevano prospettato la richiesta di un ‘Imprimatur’ ufficiale: ‘Pubblicate quest’opera cosi’ come sta, senza pronunciarvi dell’origine straordinaria o meno di essa: chi legge, capirà…’.

E quale è allora – tornando al Progetto del Grande Architetto – l’immagine del Progetto creativo di Dio che si può desumere dall’approfondimento di quest’Opera?
Dal ‘Libro di Azaria’(nome quest’ultimo con cui l’Arcangelo Raffaele si era presentato a Tobia nel Libro di Tobia, e che Maria Valtorta spiega essere anche il nome del suo Angelo custode che le parla per istruirla sulle cose di Dio) emerge un quadro che ritengo di poter interpretare nelle linee seguenti. (1)
Dio volle un popolo di figli da amare e dai quali essere riamato, e decise di farli a sua immagine e somiglianza.
Satana volle tuttavia ‘rovinare’ il progetto divino e, attraverso il Peccato Originale, portare gli uomini alla perdizione spirituale.
Dio però – attraverso Cristo – li volle salvare servendosi dello stesso peccato originale indotto da Satana per cui essi – combattendo contro le tendenze ormai distorte del proprio ‘io’, cioè quelle della propria natura ormai non più perfetta a causa del peccato e dunque in certo qual modo ‘martiri’ del proprio ‘io’ - potessero ritornare a Dio onde ricevere il titolo di ‘gloria’ derivante da questo loro  stesso combattimento e dare nello stesso tempo gloria a Dio.
Dio era ‘il Santo’ e per figli voleva infatti un popolo di ‘santi’: i ‘figli’ di Dio.
Il Dio-Verbo era già ‘Gloria’ ma si fece uomo, e nel ‘Tempo’  accettò di patire atrocemente e completamente per riscattare l’uomo peccatore davanti al Padre e salvarlo.
Poi è risalito al Cielo e la sua Gloria originaria, già di per sé grande e già aumentata per il suo orribile patimento, è oggi continuamente aumentata da ogni giusto, ogni 'santo', che sale in Cielo poiché Egli è come un uomo che, dopo tanto lavoro, voglia cogliere ogni frutto del proprio raccolto.
E' stata dunque la sofferenza nel 'Tempo' quella che fa ora rifulgere sempre più la gloria di 'Dio-Cristo' - per ogni 'santo' in Cielo, in Cristo - nel suo Corpo glorificato.
Lo scopo della 'Creazione' è stato dunque quello di accrescere la Gloria di Dio dandola anche all'uomo.
Ma quale uomo? A quello demeritevole? No! A quello meritevole.
Per questo Dio - che non volle il 'Male' provocato dal libero arbitrio di Lucifero nè quello provocato luciferinamente dal libero arbitrio dei primi due, Adamo ed Eva -  consentì il 'male': e cioè perchè l'uomo decaduto, e poi 'potenzialmente' salvato dalle sofferenze di Cristo, compartecipasse alle Sue sofferenze 'guadagnandosi' - per giustizia - con pieno merito, con proprio personale merito, il Regno dei Cieli. Quindi non dono 'gratuito' ma dono 'guadagnato'.
Alla fine del mondo il mosaico della 'Creazione' si comporrà e la tessera costituita da ogni anima salvata, così come questa si è volontariamente 'formata', concorrerà a comporre il quadro generale della Creazione, per l'eternità.
La caduta dell' uomo, con la sua conseguente umiliazione, fu dunque in tutti i sensi 'provvidenziale' perchè altrimenti l’orgoglio derivante dalla sua perfezione, un orgoglio che sarebbe con il tempo diventato smisurato, lo avrebbe portato a peccare come Lucifero che, per essere stato senza colpa d’origine, finì per credersi simile a Dio.
Per l'uomo non vi sarebbe stata più redenzione perchè, senza Lucifero e la sua tentazione, avrebbe finito per credersi simile a Dio da sè, e quindi senza 'attenuanti', ed avrebbe perciò meritato l'inferno-eterno.
Per questo persino la 'colpa' fu provvidenziale.  La ‘colpa’ ha pervertito la spiritualità dell’uomo facendolo diventare ‘materia’. Ma la  'materia' con le sue miserie - come dal fiore viene il frutto e dalla crisalide la farfalla – serve a partorire il ‘figlio di Dio’.
La vera 'autogenesi' è questa, nel senso che il ‘figlio della carne’ si fa ‘figlio di Dio’ con la propria volontà grazie all'aver sottomesso la materia allo spirito.
Dio non è egoista e voleva condividere la sua gloria con gli uomini meritevoli, cioè con i veri figli di Dio, i Figli dello Spirito e non della Carne.

Questo progetto di Dio – oltre a sorprenderci dal punto di vista intellettuale - ci lascia forse un poco di amaro in bocca forse perché vorremmo che la ‘salvezza’ non fosse così ‘faticosa’.
Non si può però negare che tale progetto possieda, dal punto di vista della visione mistica delle cose, una sua logica e ‘giustizia’ ineccepibile, visto che siamo ormai tutti figli del peccato originale, cioè tutti ‘peccatori’, ma che lo sbocco spirituale finale sarà per noi la ‘gloria’…, guadagnata con la nostra buona volontà, ovviamente.


Nota 1: vedi G.Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 18 – Ed. Segno, 1997