(Il Vangelo secondo Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 21, 1-23 – Ed. Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 633 – Centro  Ed. Valtortiano)

17. Pasci le mie pecorelle. Assumi la veste pontificale e porta la Santità del Signore in mezzo al mio gregge… sinchè da pastore tu pure diverrai ‘agnello’.

Gv 21, 1-23:

Dopo questo Gesù si manifestò di nuovo ai discepoli sul lago di Tiberiade; ecco come.
Erano insieme Simon Pietro, Tommaso, detto Didimo, Natanaele di Cana in Galilea, i figli di Zebedeo e due altri dei suoi discepoli.
Disse loro Simon Pietro: «Vado a pescare».
Gli dicono gli altri: «Veniamo anche noi con te».
Si mossero e salirono sulla barca, ma quella notte non presero nulla.
Fattosi giorno, Gesù si presentò sulla riva; ma i discepoli non conobbero che era lui.
Egli domandò loro: «Giovanotti, avete niente da mangiare?».
Gli risposero: «No».
Ed egli: «Gettate la rete a destra della barca e troverete».
La gettarono e, per la gran quantità di pesci, non la potevano ritirare.
Allora il discepolo da Gesù prediletto disse a Pietro:«E’ il Signore!».
Simon Pietro, sentito che era il Signore, si cinse la veste, perché era nudo, e si buttò in mare.
Intanto gli altri discepoli, tirando la rete piena di pesci, vennero con la barca, perché non erano lontani dalla riva che un centinaio di metri circa.
Come dunque furono a terra, videro dei carboni accesi con del pesce sopra e del pane.
Disse loro Gesù: «Portate qua dei pesci che avete preso ora».
Simon Pietro salì sulla barca e tirò la rete piena di centocinquantatrè grossi pesci. E benchè fossero tanti la rete non si strappò.
Disse loro Gesù: «Suvvia, mangiate».
Nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», perché sapevano che era il Signore.
Allora Gesù si avvicinò, prese del pane e lo diede loro, così pure del pesce.
Fu questa la terza volta che Gesù, risuscitato dai morti, si manifestò ai suoi discepoli.

Quando ebbero mangiato, Gesù domandò a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi ami tu più di questi?».
Gli rispose:«Sì, Signore, tu lo sai che io ti amo».
Gesù gli dice: «Pasci i miei agnelli».
Gli domandò una seconda volta: «Simone di Giovanni, mi ami tu?»
Egli rispose: «Sì, Signore, tu lo sai che io ti amo».
E Gesù a lui: «Pasci le mie pecore».
Poi per la terza volta gli domandò:«Simone di Giovanni, mi ami tu?».
Si contristò Pietro che per la terza volta gli avesse domandato: « Mi ami tu?» e gli disse:«Signore, tu sai tutto, tu lo sai che io ti amo».
Gesù gli rispose: «Pasci le mie pecore. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane, ti cingevi da te e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio, stenderai le tue mani e un altro ti cingerà e ti condurrà dove tu non vuoi».
Disse questo per significare con qual morte egli avrebbe glorificato Dio.
Dopo aver così parlato, aggiunse: «Seguimi».

Pietro, voltatosi, vide che gli veniva dietro il discepolo prediletto da Gesù, quello che nella cena si era chinato sul petto di lui e gli aveva domandato: «Signore, chi è il tuo traditore?».
Vedutolo, Pietro domandò a Gesù: «Signore, e di lui che ne sarà?».
Gesù gli rispose: «Se voglio che egli resti finchè io ritorni, che te ne importa? Tu seguimi».

Si sparse perciò fra i fratelli la voce che quel discepolo non doveva morire.
Ma Gesù non disse a Pietro che quel discepolo non doveva morire, bensì: «Se io voglio che egli resti finchè io ritorni, che te ne importa?».


17.1 Ecco perché è difficile meditare questo brano…

 E’ un po’ che sto meditando su questo brano del Vangelo.
Il fatto che io con i numeri – come con i giorni del calendario - non mi ci ritrovi molto ve lo avevo già spiegato quando avevano parlato della cena di Betania e della settimana santa, vi ricordate?
Qui - per esempio, a proposito di ‘conti’ - Giovanni dice: ‘Erano insieme Simon Pietro, Tommaso, detto Didimo, Natanaele di Cana in Galilea, i figli di Zebedeo e due altri suoi discepoli…’.

Ora, Pietro fa uno. Tommaso, fa due. Didimo niente perché è il soprannone di Tommaso. Natanaele fa tre ma non va confuso con Bartolomeo, che è il suo secondo nome, perché altrimenti conterebbe per due. I figli di Zebedeo fanno invece cinque, perché loro son due: Giacomo e Giovanni. Due altri suoi discepoli, fanno sette. Ma chi sono questi altri due?
Chi sono e dove sono i rimanenti cinque apostoli, anzi gli altri quattro, perché Giuda si era impiccato?
Chi è che manca all’appello?
Vediamo un po’…
Manca Andrea, il fratello di Pietro. Giuda e Giacomo d’Alfeo, i cugini di Gesù. Simone lo Zelote. Poi Filippo…e fanno dieci. No?
Ce ne vuole ancora uno per arrivare a undici…, non mi viene.
Penso…, penso agli Atti degli apostoli, li prendo, Cap. 1°, perché lì vi sono indicati tutti gli apostoli anche il nome del dodicesimo che verrà eletto qualche tempo dopo, guardo, leggo i nomi, li confronto, quello che manca…, quello che manca…è… Matteo: l’Evangelista!
Accipicchia, proprio quello mi dimenticavo…!
Mi dovrò far perdonare, in qualche modo.
Già, ma di questi ultimi sei nomi quali saranno stati quelli dei ‘due altri’ discepoli che Giovanni dice esser stati presenti alla pesca?

Ecco perché è difficile meditare questo brano. Non è solo questione di numeri, ma di indovinelli!

Meditare, indovinelli?
Beh…! Un altro esempio: vi siete mai chiesti – leggendo questo brano di Vangelo – come mai Pietro – del quale Giovanni dice che era nudo in barca, che gusti! – si veste per tuffarsi in mare, quando Giovanni gli dice che quello che gli stava dando di voce era nientemeno che Gesù?
Una persona normale, semmai, avrebbe dovuto essere vestito in barca – anziché nudo – e avrebbe dovuto svestirsi per gettarsi in mare, no?
E poi – altro indovinello – quale è la differenza c’è fra pascere gli agnelli e pascere anche le pecore, come Gesù dice alla fine a Pietro?
Eppure una differenza ci deve pur essere, perché Gesù non diceva mai niente a caso, anche se parlava allegorico.


17.2 Ragionando da mondo…

E ancora, vi siete poi chiesti come mai – come fa osservare Giovanni - la rete tirata a riva con quei centocinquantatrè grossi pesci, ‘non si strappò’?
Io sì, e mi è venuta un’idea.
Vi ricordate il primo volume di questa trilogia, quando si raccontava del miracolo della prima moltiplicazione dei pani e dei pesci? Cioè quando lo raccontava la Valtorta?
Gesù mette nei canestri, uno per ogni discepolo, qualche pezzetto di pane e di pesce, insomma qualche boccone. E poi dice loro di andare e distribuire con abbondanza ai cinquemila affamati, seduti sul prato alla moda dei pic-nic.
Marziam – il figlioletto adottivo di Pietro, tolto dalla fame e dalla strada –  prende il suo cesto e se ne va allegramente, sbuffando perché quel cesto è diventato così pesante.
Gli altri discepoli guardano il fanciullo, incerti, lo guardano andare, poi  cominciano anche loro, scuotendo il capo perché il loro cesto pesa proprio come prima.
Infine iniziano a distribuire…
Poi – a miracolo avvenuto – i discepoli esterrefatti si riuniscono tutti intorno a Gesù.
Uno dei discepoli, uno scriba, non ne può più dalla curiosità e chiede a Gesù come mai il fanciullo Marziam avesse subito sentito il peso del cesto e lui no. Anzi lui aveva frugato dentro al canestro e aveva visto che quei bocconi erano sempre quelli. Solo quando si era deciso ad andare verso la folla aveva sentito il peso. In principio ne dava parco, poi si era messo a dare e dare, infine – visto che continuavano ad uscire – si era messo a fare un secondo giro. Aveva calcolato che da solo ne aveva distribuito l’equivalente di peso di un carro pieno.
Insomma – rifletto io – era come se tutti quei pezzi di pane e pesce leggeri che dava e dava fossero stati non solidi ma ‘eterei’, come i corpi di quelli che ci appaiono prima della risurrezione finale, mi sono spiegato?
A questo punto anche gli altri apostoli danno libero sfogo alle loro impressioni, e confermano, più o meno, lo stesso atteggiamento mentale e gli stessi fatti.
Infine San Tommaso confessa di essersi all’inizio nascosto col suo canestro dietro ad un albero (ma come avrà fatto a diventar santo?)  perché non credeva possibile quel miracolo e si vergognava di far brutta figura: egli pensava infatti che Gesù avesse voluto fare uno scherzo alla gente, e i suoi pani e pesci rimanevano sempre gli stessi mentre lui rimaneva sempre dietro l’albero, finchè vede Matteo tornare indietro entusiasta.
Scambio di battute:
«Ha visto come son belli?»
«Cosa?»
«Ma i pani e i pesci!…»
«Sei matto? Io vedo sempre pezzi di pane»
«Và a distribuirli con fede e vedrai».

San Tommaso si decide e va, con riluttanza, ma poi comincia, e dà e dà e dà …
E, ora, si rivolge mortificato a Gesù chiedendo perdono, perché è un peccatore.
E Gesù:«No. Sei uno spirito del mondo. Ragioni da mondo».

Ed allora ecco perché – concludo ragionando io –  Giovanni racconta che la rete non si era strappata
La rete sarà stata anche piena ma non doveva essere pesante.
Fino a quel momento infatti – a parte Giovanni – gli apostoli non si dovevano essere ancora convinti che – dopo quella notte lunga e infruttuosa -  quei centocinquantatrè grossi pesci potessero proprio essere veri.
La fede – in compenso - gli doveva esser tornata quando quei bei pesci se li erano fatti al barbecue, alla carbonella, insomma un altro pic-nic.
Ecco, sono a questo punto delle mie meditazioni, quando all’improvviso mi viene un’idea
Sarà mica che anch’io ragioni da mondo perché sono uno spirito di mondo…?
Beh…, sempre meglio che esser peccatori come Tommaso, però!

Ma ora andiamo a vedere la Valtorta.

 

633. Apparizione sufle rive del lago e conferimento del mandato a Pietro.


19 aprile 1947.
Una notte calma e afosa.  Non tira un respiro di vento.  Le stelle, larghe e palpitanti, gremiscono il cielo sereno.  Il lago, calmo e immobile tanto da parere una vastissima vasca al riparo dei venti, riflette sulla sua superficie la gloria di quel cielo palpitante d'astri.  Le piante lungo le rive sono un blocco senza fremiti.  Così calmo il lago che il suo fiotto sulla riva si riduce ad un fruscio lievissimo.  Qualche barca al largo, appena visibile come forma vagante, che talora mette una sterlina a poca distanza dall'onda col suo lumino legato all'albero della vela a rischiarare l'interno del piccolo scafo.
Non so quale punto del lago sia.  Direi in quello più meridionale, là dove il lago si appresta a ritornar fiume.  Alla periferia di Tarichea, direi, non perché io veda la città, che un ammasso d'alberi mi nasconde, protendendosi nel lago a fare un piccolo promontorio collinoso, ma perché così giudico dalle sterline dei lumi delle barche, che si allontanano verso nord staccandosi dalle sponde del lago.  Dico periferia perché un mucchietto di casupole, che son tanto poche da non poter costituire neppure un villaggio, sono riunite lì, ai piedi del piccolo promontorio.  Case povere, quasi sul lido, certo di pescatori.
Delle barche in secco sulla piccola spiaggia; altre, già pronte a navigare, presso riva, nell'acqua, e così ferme da parer confitte al suolo, anziché galleggianti.
Da una casupola Pietro sporge il capo.  La luce tremolante di un fuoco acceso nella cucina fumosa illumina da tergo la figura atticciata dell'apostolo, facendola risaltare come un disegno.  Guarda il cielo, guarda il lago... Viene avanti sino al limite del lido.  Poi - è con una tunica corta e a piedi scalzi - entra nell'acqua sino a mezza coscia e carezza il bordo di una barca, protendendo il braccio muscoloso.
Lo raggiungono i figli di Zebedeo.
«Bella notte».
«Fra poco ci sarà la luna».
«Sera di pesca».
«Coi remi però».
«Non c'è vento».
«Che si fa?».
Parlano adagio, a frasi staccate, come uomini usi alla pesca alle manovre delle vele e delle reti, che richiedono attenzione perciò poche parole.
«Sarebbe bene andare.  Venderemmo parte della pesca».
Vengono a raggiungerli sulla riva Andrea, Tommaso e Bartolomeo.
«Che calda questa notte!» esclama Bartolomeo.
«Farà tempesta?  Vi ricordate quella notte?» chiede Tommaso.
«Oh! no!  Calmeria, nebbie forse, ma non tempesta.  Io... Io vado a pescare.  Chi viene con me?».
«Veniamo tutti.  Forse si starà meglio là in mezzo» dice Tommaso, che suda, e aggiunge: «Occorreva alla donna quel fuoco, ma è come fossimo stati alle terme calde ... ».
«Vado a dirlo a Simone. E’ tutto solo là» dice Giovanni. Pietro già prepara la barca insieme ad Andrea e Giacomo.
«Andiamo sino a casa?  Una sorpresa per mia madre ... » chiede Giacomo.
«No.  Non so se posso far venire Marziam.  Prima di... della... Sì, insomma!  Prima di andare a Gerusalemme - si era ancora ad Efraim - il Signore mi disse di voler fare la seconda Pasqua con Marziam.  Ma poi non mi ha detto altro ... ».
«A me pare che abbia detto di sì» dice Andrea.
«Sì.  La seconda Pasqua, sì.  Ma farlo venire prima non so se vuole.  Ho fatto tanti sbagli che... Oh! vieni anche tu?».
«Sì, Simone di Giona.  Mi ricorderà molte cose questa pesca ... ».
«Eh! a tutti ricorderà molte cose... E cose che non torneranno più... Si andava col Maestro in questa barca, sul lago... E io le volevo bene come fosse una reggia, e mi pareva di non poter vivere senza di essa.  Ma ora che Lui non c’è più, nella barca... ecco... ci sono dentro e non ne ho gioia» dice Pietro.
«Nessuno più ha gioia delle cose passate.  Non è più la stessa vita.  E anche a guardare indietro... fra quelle ore passate e quelle presenti c'è in mezzo quel tempo orrendo ... » sospira Bartolomeo.
«Pronti.  Venite.  Tu al timone e noi al remi.  Andiamo verso la curva di Ippo.  E’ posto buono.  Su!  Op!  Su!  Op!».
Pietro dà la voga e la barca scivola sull'acqua cheta, Bartolomeo al timoneTommaso e lo Zelote a far da garzoni, pronti a gettar le reti che preparano stese.  Si alza la luna, ossia supera i monti di Gadara (se non erro) o Gamala, insomma quelli che sono sulla costa orientale ma verso il sud del lago, e il lago ne riceve il raggio, che fa un strada di diamanti sull'acque chete.
«Ci accompagnerà sino al mattino».
«Se non viene foschia».
«I pesci lasciano il fondo attirati dalla luna».
«Se faremo buona pesca, bene sarà.  Perché non abbiamo più denaro.  Compreremo pane e porteremo a quelli sul monte pesce e pane».
Parole lente, con pause lunghe fra l'una e l'altra voce.
«Voghi bene, Simone.  Non hai perso la vogata! ... » ammira lo Zelote.
«Sì... Maledizione!».
«Ma che hai?» chiedono gli altri.
«Ho... Ho che il ricordo di quell'uomo mi perseguita da per tutto.  Mi ricordo di quel giorno che si faceva con due barche a chi vogava meglio, e lui ..».
«Io invece pensavo che una delle prime volte che ebbi la visione del suo abisso di perfidia, fu quella volta che incontrammo, anzi, che scontrammo le barche dei romani.  Ricordate?» dice lo Zelote.
«Eh! se si ricorda! Mah!... Lui lo difendeva... e noi... fra le difese del Maestro e le doppiezze del... del nostro, non si comprese mai bene ... » dice Tommaso.
«Uhm!  Io più di una volta... Ma diceva: "Non giudicare, Simone!"».
«Il Taddeo lo ebbe sempre in sospetto».
«Quello che io non riesco a credere è che costui non ne abbia saputo mai nulla» dice Giacomo urtando col gomito suo fratello. Ma Giovanni tace curvando il capo.
«Ormai puoi dire ... » dice Tommaso.
«Mi sforzo di dimenticare.  Così ne ho avuto ordine.  Perché mi volete fare disubbidire?».
«Hai ragione.  Lasciamolo stare» difende lo Zelote.
«Calate le reti.  Adagio... Vogate voi.  Voga lento.  Curva a sinistra, Bartolmai.  Accosta.  Vira.  Accosta.  Vira.  Stesa la rete?  Sì? Su i remi e attendiamo» comanda Pietro.
Come è bello il dolce lago nella pace della notte, sotto il bacio della luna!  Paradisiaco tanto è puro.  La luna vi si specchia in pieno dal cielo e lo fa di diamante, la sua fosforescenza trema sui colli. li disvela, fa di neve le città delle rive...
Ogni tanto estraggono la rete.  Una cascata arpeggiante di diamanti sull'argento del lago.  Vuota.  La immergono di nuovo.  Si spostano.  Non hanno fortuna...
Le ore passano.  La luna tramonta, mentre la luce dell'alba si fa strada, incerta, verd'azzurra... Una foschia di caldo fuma verso le rive, specie verso l'estremità sud del lago.  Tiberiade se ne vela e se ne vela Tarichea.  Nebbia bassa, poco compatta, che il primo sole scioglierà.  Per evitarla preferiscono costeggiare il lato d'oriente dove essa è meno fitta, mentre a ovest, venendo dall'acquitrino che è oltre Tarichea sulla riva destra del Giordano, essa si afrittisce come l'acquitrino fumasse.  Vogano attenti per evitare qualche pericolo del fondale, essi pratici del lago.
«Voi, della barca!  Avete niente da mangiare?». 
Una voce maschile viene dalla riva.  Una voce che li fa sussultare.
Ma scrollano le spalle, rispondendo forte: «No»; e poi fra loro:    «Ci pare pare sempre di sentirlo! ... ».
«Gettate le reti a destra della barca e troverete».
La destra è verso il largo.  Gettano la rete, un poco perplessi.
Scosse, peso che fa piegare la barca dal lato dove è la rete.
«Ma questo è il Signore!» grida Giovanni.
«Il Signore, dici?» chiede Pietro.
«E ne hai dubbio?  Ci è parsa la sua voce, ma questa ne è la prova.  Guarda la rete! E’ come quella volta! E’ Lui, ti dico!  Oh!  Gesù mio!  Dove sei?».
Tutti aguzzano lo sguardo a forare i veli della nebbia, dopo aver bene assicurata la rete per trascinarla nella scia della barca, posto che volerla issare è pericolosa manovra, e remano per andare a riva.  Ma Tommaso deve prendere il remo di Pietro che, infilata in fretta e furia la breve tunica sulle brachette cortissime che erano il suo unico vestimento, come è quello degli altri meno Bartolomeo, si è gettato a nuoto nel lago e fende a grandi bracciate l'acqua cheta, precedendo la barca e mettendo per primo il piede sulla spiaggetta deserta, dove su due pietre al riparo da un cespuglio spinoso luccica un fuoco di sterpi.  E lì, vicino al fuoco, è Gesù, sorridente e benigno.
«Signore!  Signore!».  Pietro ha il fiato grosso dall'emozione e non può dire altro.  Grondante d'acqua come è, non osa toccare neppur la veste del suo Gesù, e sta prostrato sull'arena con la tunica incollata addosso, adorando.
La barca sfrega sul greto e si ferma.  Tutti sono in piedi, agitati dalla gioia...
«Portate qua di quei pesci.  Il fuoco è pronto.  Venite e mangiate» ordina Gesù.
Pietro corre alla barca e aiuta a issare la rete, e afferra nel mucchio guizzante tre grossi pesci e li sbatte sull'orlo della barca per ucciderli e li sbuzza col suo coltello.  Ma gli tremano le mani, oh! non di freddo!  Li sciacqua, li porta là dove è il fuoco e ve li aggiusta sopra, sorvegliandoli nella cottura.  Gli altri stanno adorando il Signore, un poco lontani da Lui, timorosi come sempre di Lui che è, Risorto, così divinamente potente.
«Ecco.  Qui è il pane.  Avete lavorato tutta la notte e siete stanchi.  Ora vi rifocillerete. E’ pronto, Pietro?».
«Sì, mio Signore» dice Pietro con una voce ancor più roca del solito, curvo sul fuoco, e si asciuga gli occhi che gocciano, come se il fumo li facesse piangere irritandoli insieme alla gola.  Ma non è il fumo che dà quella voce e quelle lacrime...
Porta il pesce che ha steso su una foglia rasposa, pare una foglia di zucca e glie l'ha portata Andrea dopo averla sciacquata nel lago.
Gesù offre e benedice, spezza il pane e i pesci e li distribuisce facendone otto parti e gustandone Lui pure.  Mangiano con la riverenza con cui compirebbero un rito.  Gesù li guarda e sorride.  Ma tace Egli pure sinché chiede: «Dove sono gli altri?».
«Sul monte.  Dove hai detto.  E noi si è venuti per pescare, perché non si ha più denaro e non vogliamo abusare dei discepoli».
«Fate bene.  Però d'ora in avanti voi apostoli starete sul monte in orazione, edificando con l'esempio i discepoli.  Mandate quelli a pescare.  Voi è bene che rimaniate là in preghiera e per ascoltare quelli che hanno bisogno di consiglio o possono venire a darvi delle notizie.  Teneteli uniti molto i discepoli.  Presto verrò».
«Lo faremo, Signore».
«Marziam non è con te?».
«Non me lo avevi detto di farlo venire così subito».
«Fàllo venire.  La sua ubbidienza è finita».
«Lo farò venire, Signore».
Un silenzio. 
Poi Gesù, che era stato un poco a capo chino, pensando, alza la testa e figge gli sguardi su Pietro.  
Lo guarda col suo sguardo delle ore di più forte miracolo e impero.  Pietro ne ha un trasalimento quasi di paura e si getta un poco indietro... Ma Gesù, posando una mano sulla spalla di Pietro, lo trattiene fortemente e gli chiede, tenendolo cosi: «Simone di Giona, mi ami tu?».
«Certo, Signore!  Tu lo sai che ti amo» risponde Pietro sicuro.
«Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi ami tu?».
«Sì, mio Signore.  E Tu lo sai che ti amo».  La voce è meno baldanzosa, è anzi un poco stupita per la ripetizione di quella domanda.
«Pasci i miei agnelli... Simone di Giona, mi ami tu?».
«Signore... Tu sai tutto... Tu sai se io ti amo ... », gli trema la voce a Pietro, che è sicuro del suo amore, ma che ha l'impressione non ne sia sicuro Gesù.
«Pasci le mie pecorelle.  La tua triplice professione d'amore ha cancellato la tua triplice negazione.  Sei tutto puro, Simone di Giona, ed Io ti dico: assumi la veste pontificale e porta la Santità del Signore in mezzo al mio gregge.  Cingiti le vesti alla cintura e tienile cinte sinché da Pastore tu pure diverrai agnello. In verità ti dico che, quando eri più giovane, da te ti cingevi e andavi dove volevi, ma quando sarai invecchiato stenderai le mani ed un altro ti cingerà e ti condurrà dove non vorresti.  Ora però sono Io che ti dico: "Cingiti e seguimi sulla mia stessa via”.  Alzati e vieni».
Si alza Gesù e si alza Pietro, andando verso la riva, e gli altri si danno a spegnere il fuoco soffocandolo sotto la rena.
Ma Giovanni, raccolti i resti del pane, segue Gesù.  Pietro sente lo scalpiccìo dei passi e volge il capo.  Vede Giovanni e chiede, accennandolo a Gesù: «E di questo che avverrà?».
«Se Io voglio che resti finché Io non ritorni, che te ne importa? Tu seguimi».
Sono sulla riva.  Pietro vorrebbe ancora parlare: l'imponenza di Gesù, le parole sentite lo trattengono.  Si inginocchia, imitato dagli altri, e adora
Gesù li benedice e congeda.  Essi salgono in barca e si allontanano remando.
Gesù li guarda andare.

E anch’io li guardo andare, rendendomi conto – ragionando - che gli altri due che Giovanni non aveva menzionato senza nominarli erano Andrea e Simone lo Zelote.
Ragionando da mondo, s’intende.