( Il Vangelo secondo San Giovanni – La Sacra Bibbia – Cap. 8, 12-20 – Edizioni Paoline, 1968)
(M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 506 – Centro Ed. Valtortiano)

7. Io conosco tutto quello che è ignoto all’uomo.
Per questo ho detto che io sono Luce. Perchè la Luce fa conoscere ciò che era celato dalle ombre.


Gv 8, 12-20:

Di nuovo Gesù parlò loro dicendo: « Io sono la Luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della Vita ».
Gli dissero i Farisei: « Tu rendi testimonianza a te stesso: la tua testimonianza non vale ».
Gesù replicò loro: « Sebbene io renda testimonianza a me stesso, vale sempre la mia testimonianza, perchè so donde sono venuto e dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. Ma, se giudico io, il mio giudizio vale, perchè non sono solo, ma ho con me il Padre che mi ha inviato. E proprio nella vostra legge sta scritto che è valida la testimonianza di due persone. Io rendo testimonianza a me stesso, e mi rende pure testimonianza colui che mi ha mandato, il Padre ».
Gli domandarono: « Dov’è tuo padre? ».
Rispose Gesù: « Non conoscete nè me nè mio Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio ».
Gesù disse queste cose nel gazofilacio, insegnando nel Tempio; e nessuno lo prese, perchè non era ancora venuta la sua ora.


7.1 La razza – anche rinnovata dopo il diluvio – era ricaduta nelle tenebre, e allora...

Nel Vangelo di Giovanni avevamo lasciato Gesù al Tempio ma – dopo l’intermezzo di qualche mese di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente – è sempre al Tempio che lo ritroviamo ora.
Giovanni – più di quanto non facciano gli altri evangelisti – insiste molto sulla predicazione di questi ultimi mesi di Gesù a Gerusalemme.
Anche se Giovanni continua a ripetere come un ritornello: i suoi nemici non riescono a trovare l’occasione buona per catturarlo perchè non é ancora la sua ora.
Ma è un’ora che si avvicina a grandi passi.
Bisognava sfruttare il poco tempo disponibile per dire il massimo possibile, non solo e non tanto per gli ebrei – che Dio sapeva che, per la maggior parte, avrebbero rifiutato il messaggio di Cristo – quanto per tutto il resto dell’Umanità che avrebbe dovuto essere poi convertita, analizzando e studianto la Parola di Dio trasmessa attraverso i Vangeli.
Per la credibilità stessa di quel che insegnava, e dunque anche per le generazioni future, era fondamentale far capire anche il senso di quello che sarebbe stato il suo sacrificio: non un sacrificio d’uomo crocifisso, ma di Dio, di un Dio incarnatosi in un uomo per insegnargli quanto necessario alla sua salvezza e che – sia come uomo che come Dio –  avrebbe offerto volontariamente la sua  vita al Padre per il riscatto dell’Umanità la quale avrebbe così potuto – grazie al perdono – essere riammessa nel Cielo.
E così al Tempio, punto di incrocio degli israeliti che venivano un pò da tutte le regioni del mondo allora conosciuto e che poi sarebbero tornati nei loro paesi d’origine raccontando ai loro correligionari quanto avevano visto e sentito in Gerusalemme, Gesù continua la sua predicazione dando autorità alla sua Dottrina riaffermando la sua origine divina: ‘Io sono la Luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita’.

A proposito di ‘Tenebre’…ecco, in poche parole, tutta la sostanza della natura di Gesù e della sua missione sulla Terra.
Il mondo – dopo il peccato originale – era rapidamente precipitato nella corruzione spirituale ed intellettuale.
L’uomo era diventato sempre più peccatore e Satana aveva esteso ancora di più il suo dominio sopra di lui.
Ad un certo punto era stato necessario persino un diluvio – come abbiamo spiegato bene nel primo volume – per eliminare una Umanità ‘animalizzata’ che di umano non aveva più niente.
Solo un ‘giusto’ – Noè e con lui sua moglie, i suoi figli e nuore – viveva nello spirito del Signore, e gli altri uomini ancora molto relativamente ‘integri’ animalizzati, si sarebbero pervertiti ben presto a causa del ‘contagio’.
Questi – umanamente – sarebbero morti nel diluvio ma, spiritualmente, si sarebbero salvati nel Limbo, in attesa della Redenzione ma nell’aspettativa felice di una vita eterna.
La razza andava dunque rinnovata completamente e, come fa il Potatore quando i rami di un albero vanno in cancrena e non danno più frutto, doveva essere recisa fino al ceppo perchè dalla nuova base potessero spuntare getti nuovi e vitali.
E la razza rinnovata aveva cominciato a riprodursi ma, come succede agli alberi che hanno ormai contratto delle gravi malattie crittogamiche, avevano  iniziato a riprodursi anche gli effetti patologici del peccato originale, virus che marchiava ormai indelebilmente la psiche dell’uomo con effetti anche somatici.
L’Umanità – tranne pochi ‘figli’ migliori, i Patriarchi, i grandi Profeti – era tornata nuovamente dimentica della propria discendenza, dimentica di essere stata creata ‘spirito’, dimentica di essere stata creata da Dio, si era nuovamente imbarbarita e impegolata in una vita di peccato, era di nuovo precipitata nelle tenebre.


7.2. Ma quel Principe del Foro parlava da Dio...

‘Io sono la Luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce di Vita’.

Ecco dunque il proclama di Gesù al Tempio, il tema sul quale farà il suo discorso di cui – come al solito – Giovanni riassume solo i cenni principali.
I Farisei presenti – cercate di immaginarvi la scena... – lo guardano, e lo contestano ironicamente e acidamente.
Oggi noi diremmo che lo sfottono un bel po’.
Quello, che si proclama Luce del mondo, è un folle, e la sua – per di più – è una testimonianza fasulla perchè, come gli fan rilevare, per la legge mosaica servono due testimoni perchè una testimonianza sia valida, e uno non può da solo testimoniare validamente a proprio favore.
Gesù sta al gioco  e – con un ragionamento per passi successivi – li prende dialetticamente in contropiede, ritorcendogli contro l’argomento.
Sapeva il fatto suo Gesù, in fatto di dialettica e retorica, e la Valtorta ve ne ha dato un’idea. Neanche un principe del foro saprebbe parlare e argomentare come il Gesù delle visioni valtortiane, senza contare la sapienza che ne traspare.
E Gesù risponde – lo si capisce bene da quel che dice Giovanni – che, se anche egli testimonia per sè, la sua è comunque una testimonianza valida, perchè egli – Figlio di Dio e Sapienza – sa da dove è venuto e dove andrà mentre l’uomo, l’Umanità, ha perso la memoria delle proprie origini e nelle tenebre di uno spirito dalla vista atrofizzata dal peccato originale e dagli altri peccati individuali – obbedisce ormai alle leggi dettate da Satana come uno schiavo nato in cattività che con conosce più neanche il sapore della libertà e non sa quindi come condursi e a cosa mirare.
Gesù rimprovera ai Farisei di emettere su di lui giudizi ‘secondo la carne’, dove ‘carne’ non significa ‘carne materiale’ ma ‘intelletto materializzato’: cioè spirito ‘morto’ che giudica con i poveri mezzi che gli sono rimasti e quindi con estrema limitatezza fermandosi alla superficie delle cose, incapace di leggere spiritualmente in profondità, come un miope.
Gesù dice anche che egli – per parte sua – non vuole ‘giudicare’ nessuno, perchè egli – per ora - è venuto per salvare e non per giudicare (cosa che invece farà alla fine della nostra vita terrena con il Giudizio particolare ed alla fine del mondo con quello universale) ma se proprio dovesse essere costretto a giudicare, ebbene il suo giudizio varrebbe, e come!, perchè egli – uomo, ma Uomo-Dio – ha dentro di sè il Padre che ha inviato Lui, Spirito purissimo, anzi Verbo, sulla Terra.
La sua testimonianza  - e questo è un ‘affondo’ di Gesù contro il ragionamento iniziale dei Farisei – è invece ben valida perchè il Gesù-uomo, al battesimo del guado del Giordano, ebbe anche dal Cielo la testimonianza del Padre per cui essi sono in realtà  in due – come appunto prescrive il Deuteronomio – ad addurre una testimonianza concorde e valida.
I Farisei devono essere rimasti interdetti e non può – a loro che erano così attenti in queste cose anche se poi non ne coglievano il significato profondo – non esser venuto in mente quella famosa testimonianza di quella Voce al Giordano che  tuonando dall’alto rimbombava un ‘Tu sei il Figlio mio diletto, in te mi sono compiaciuto...’.
Non era forse Giovanni Battista un grande profeta? Non l’avevano forse sempre detto essi stessi tanto che avevan pensato che il Messia potesse esser lui?
E Giovanni aveva confermato: ‘Gesù era quello che veniva dopo di lui ma era prima di lui’, perchè Egli era Dio, esistente ab-eterno.
Questo era l’episodio che Gesù ricordava ora ai Farisei.
Ma loro, sempre sarcastici e di rimbalzo: ‘Dov’è allora tuo padre?’
Essi sapevano bene che Gesù era figlio di un falegname, anzi di un povero falegname.
Ma Gesù, compatendoli per la loro cecità spirituale che non gli permetteva di avvertire con l’anima la sua divinità: ‘Non potete riconoscere nè Me nè mio Padre, se conosceste Me conoscereste anche il Padre mio...’.
Ecco, a futura memoria, cioè a memoria dei ‘futuri’, un altro messaggio lasciato nel ‘testamento’ di Gesù: Egli e il Padre erano una cosa sola.
Questo è il grande mistero della Trinità, di Dio Uno e Trino, di Tre Persone distinte che formano una Unità: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il Figlio sta al Padre come la Parola sta al Pensiero che la esprime. Parola e pensiero sono – anche per noi uomini – una cosa sola ma caratterizzate in maniera diversa. Dio Padre è Pensiero volitivo, Dio Figlio è Parola che si realizza, che rende cioè manifesto il Pensiero e lo traduce in atto esteriore, operativo. Come? Grazie allo Spirito Santo che tutto crea e tutto illumina.
Cominciamo solo adesso a comprendere qualcosa di questo immenso Universo intergalattico che ci circonda, qualcosa della sua composizione, qualcosa delle sue leggi di cui abbiamo capito qualche funzione ma di cui non riusciamo a comprendere come sono nate e come ‘operano’.
Di questa natura, poi (natura che non è lontana nello spazio, natura che abbiamo sotto gli occhi, sottomano, che possiamo anche guardare con la lente di ingrandimento o con il microscopio) riusciamo a capire solo l’esteriorità, la superficie, ma non le sue profonde ragioni d’essere, non la sua ‘intimità’.
Non riusciamo a comprendere quello che può essere ad esempio il pensiero di una formica, eppure è indubbio che una formica ‘pensi’. E’  indubbio perchè essa – sia pur da ‘formica’ – ha dei propri comportamenti ‘ragionevoli’, indici appunto di una forma di pensiero adatto ad una formica in quel suo cervellino minuscolo.
Ma come una formica non può capire i misteri dell’essenza dell’uomo, il perchè dei suoi comportamenti che – giudicati dal punto di vista di una formica devono certamente sembrare incomprensibili – così noi non possiamo pretendere di comprendere – rifiutando Dio se non ci riusciamo – la natura di Dio e le ragioni profonde del suo comportamento finchè, come dice Gesù, non saremo anche noi ‘luce’ nella Luce.
E allora Dio – Egli, sì, consapevole della nostra limitatezza – non ci chiede di ‘capire’ ma di ‘credere’, o meglio di voler credere, perchè Egli si accontenterà di questo atto di buona volontà e di fiducia in Lui per darci un ‘dono’, che è quello della fede, che non è ancora ‘vista’ in senso proprio come quando saremo immersi nella luce, ma è comunque un occhio soprannaturale che anzichè farci ‘vedere’ Dio con gli occhi della mente, spesso superba, ce lo farà ‘sentire’ con il ‘cuore’ del sentimento, aiutandoci così come un ‘faro’ in questa terra di tenebre.
‘Io sono la luce del mondo, chi segue me non comminerà nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita’.

E ora leggiamoci il ‘piccolo Giovanni’:

506. Nel Tempio, il contestato discorso che rivela in Gesù la Luce del mondo.

28 settembre 1946.
Gesù è ancora in Gerusalemme, ma non dentro ai cortili del Tempio.  E però certo in una vasta stanza ben ornata, una delle tante sparse entro la cinta grande quanto un paese.
Vi è entrato da poco, vi sta ancora camminando al fianco di chi lo ha invitato ad entrare, forse per ripararlo dal vento freddo che scorre sul Moria, e dietro di Lui camminano gli apostoli e qualche discepolo.  Dico "qualche" perché, oltre Isacco e Marziam, vi è Gionata e, mescolati fra la gente, che pure entra dietro al Maestro, vi è quel levita Zaccaria che pochi giorni avanti gli ha detto di volere essere suo discepolo, e vi sono anche altri due che già ho visto coi discepoli, ma dei quali non so il nome.  Ma fra questi, benevoli, non mancano i soliti, gli inevitabili ed immutabili farisei.  Si fermano quasi sulla porta, quasi si fossero trovati lì per caso a discutere d'affari, ma intanto sono lì per sentire.  Viva è l'attesa della parola del Signore fra i presenti.
Egli guarda questa accolta visibilmente di nazionalità diverse, non tutte palestinesi, sebbene di religione ebraica.  Guarda questa accolta di persone, delle quali molti membri domani forse si spargeranno nelle regioni dalle quali vengono, e porteranno ad esse la sua parola dicendo: «Abbiamo sentito l'Uomo che è detto il nostro Messia».  E non parla ad essi, già istruiti nella Legge, della Legge, come fa molte volte quando comprende di avere di fronte delle ignoranze o delle fedi scosse, ma parla di Se stesso, perché lo conoscano.
Dice: «Io sono la Luce del mondo e chi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della Vita».  E tace, dopo aver enunciato il tema del discorso che svolgerà, come fa abitualmente quando sta per pronunciare un grande discorso.  Tace per lasciare tempo alla gente di decidere se l'argomento la interessa o meno, e dare anche tempo a quelli cui il tema proposto non interessa di andarsene.  Dei presenti non se ne va nessuno; anzi, i farisei che erano sulla porta, intenti in una conversazione forzata e studiata, e che hanno taciuto e si sono voltati verso l'interno della sinagoga alla prima parola di Gesù, entrano facendosi largo con la loro immancabile prepotenza.
Quando ogni brusio è cessato, Gesù ripete la frase anzidetta con voce ancor più forte ed incisiva, e prosegue.
«Io sono la Luce del mondo, essendo il Figlio del Padre che è il Padre della Luce.  Il figlio sempre assomiglia al padre che lo ha generato e ne ha la stessa natura.  Ugualmente Io assomiglio ed ho la natura di Colui che mi ha generato.  Dio, l'Altissimo, lo Spirito perfetto e infinito, è luce d’ Amore, luce di Sapienza, luce di Potenza, luce di Bontà, luce di Bellezza.  Egli è il Padre delle luci, e chi vive di Lui ed in Lui vede perché è nella Luce, così come è desiderio di Dio che le creature vedano
Egli ha dato all'uomo intelletto e sentimento perché potessero vedere la Luce, ossia Lui stesso, e comprenderla e amarla.  E ha dato all'uomo gli occhi perché potesse vedere la cosa più bella fra le cose create, la perfezione degli elementi, quella per la quale è visibile la creazione, quella che è una delle prime azioni di Dio Creatore e porta il segno più visibile di Colui che l'ha creata: la luce, incorporea, luminosa, beatifica, consolante, necessaria, così come lo è il Padre di tutti: Dio eterno e altissimo.
Per un comando del suo Pensiero, Egli creò il firmamento e la terra, ossia la massa dell'atmosfera e la massa della polvere, l'incorporeo e il corporeo, il leggerissimo e il pesante, ma ambedue ancor poveri e vuoti, informi ancora, perché avvolti nelle tenebre, vuoti di astri e di vita.
Ma per dare alla terra e al firmamento la loro vera fisionomia, per farne due cose belle, utili, atte al proseguimento dell'opera creativa, lo Spirito di Dio - che si librava sopra alle acque e che era tutt'uno col Creatore che creava e con l'Ispiratore che spingeva a creare, per poter amare non soltanto Se stesso nel Padre e nel Figlio, ma anche un numero infinito di creature, dai nomi di astri, pianeti, acque, mari, selve, piante, fiori, animali che volano, guizzano, strisciano, corrono, saltano, arrampicano, e l'uomo infine, il più perfetto fra i creati, più perfetto del sole perché avente l'anima oltre che la materia, l'intelligenza oltre l'istinto, la libertà oltre l'ordine, l'uomo simile a Dio per lo spirito, simile all'animale per la carne, il semidio che dio diventa per partecipazione e per grazia di Dio e volontà propria, l'essere umano che volendo può trasformarsi in angelo, l'amatissimo del creato sensibile per il quale, pur sapendolo peccatore, da prima che il tempo fosse ha preparato il Salvatore, la Vittima, nell'Essere amato senza misura, nel Figlio, nel Verbo, per cui tutto è stato fatto - ma per dare alla terra e a firmamento la loro vera fisionomia, dicevo, ecco che lo Spirito di Dio, librantesi nel cosmo, grida, ed è la Parola che per la prima volta si manifesta: "Sia la luce", e la luce è, buona, salutare potente nel giorno, tenue nella notte, ma imperitura sino a che il tempo sarà.
Dall'oceano di meraviglie che è il trono di Dio, il seno di Dio Dio trae la gemma più bella, ed è la luce, che precede la gemma più perfetta, che è la creazione dell'uomo, nel quale non è un gioiello di Dio ma Dio stesso, col suo soffio alitato sul fango a farne una carne e una vita e un suo erede nel Paradiso celeste dove Egli attende i giusti, i figli, per bearsi in loro e loro in Lui.
Se all'inizio della creazione Dio volle sulle sue opere la luce, se per fare la luce si servì della sua Parola, se Dio ai più amati dona la sua somiglianza più perfetta: la luce - luce materiale,gaudiosa ed incorporea, luce spirituale sapiente e santificante - potrà al Figlio del suo amore non aver dato ciò che è Egli stesso?  
In verità, a Colui in cui ab eterno Egli si compiace, l'Altissimo ha dato tutto, e del tutto ha voluto che fosse prima e potentissima la Luce, perché senza attendere di salire al Cielo gl uomini conoscessero la meraviglia della Triade, ciò che fa cantare i Cieli nei beati cori, cantare per l'armonia della gioia ammirata che viene agli angeli dal mirare la Luce, ossia Dio, la Luce che riempie il Paradiso e lo fa beato in tutti i suoi abitanti.
Io sono la Luce del mondoChi mi segue non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della Vita!  Come la luce sulla terra informe permise la vita a piante ed animali, così la mia Luce permette agli spiriti la Vita eterna.  Io, la Luce che lo sono, creo in voi la Vita e la mantengo, l'aumento, vi ricreo in essa, vi trasformo, vi porto alla Dimora di Dio per vie di sapienza, d'amore, di santificazione.  Chi ha in sé la Luce ha in sé Dio, perché la Luce è una con la Carità, e chi ha la Carità ha Dio.  Chi ha in sé la Luce ha in sé la Vita, perché Dio è là dove è accolto il suo Figlio diletto».
«Tu dici parole senza ragione.  Chi ha visto ciò che è Dio?  Neppure Mosè ha visto Dio, perché sull'Oreb, non appena seppe chi parlava dal roveto ardente, si coperse il volto; e anche le altre volte non poté vederlo fra le abbacinanti folgori.  E Tu dici di aver visto Dio?  A Mosè, che solo lo sentì parlare, rimase uno splendore sul volto.  Ma Tu, che luce hai sul tuo viso?  Sei un povero galileo dal volto pallido come i più fra voi.  Un malato sei, stanco e magro.  In verità, se avessi visto Dio e Egli ti amasse, non saresti come uno che è prossimo a morire.  Vuoi dare la vita Tu che non l'hai neppure per Te stesso?», e scuotono il capo compassionandolo ironici.
«Dio è Luce ed Io so quale è la sua Luce, perché i fíglioli conoscono il loro padre e perché ognuno conosce se stesso.  Io conosco il Padre mio e so chi sono.  Io sono la Luce del mondo.  Sono la Luce perché mio Padre è la Luce e mi ha generato dandomi la sua Natura.  La Parola non è dissimile dal Pensiero, perché la parola esprime ciò che l'intelletto pensa.  E del resto, non conoscete più i profeti?  Non ricordate Ezechiele e soprattutto Daniele?  Descrivendo Dio, visto nella visione, sul carro dei quattro animali, dice il primo: "Sul trono vi stava uno che all'aspetto sembrava un uomo e dentro di lui e intorno a lui io vidi una specie di elettro come l'apparenza del fuoco, e dai suoi lombi al di sopra e al di sotto vidi come una specie di fuoco che risplendeva all'intorno; come l'aspetto dell'arcobaleno quando si forma nella nube in giorno di pioggia, tale era l'aspetto dello splendore all'intorno".  E dice Daniele: "Io stava ad osservare finché non furono alzati dei troni e non s'assise l'Antico dei giorni.  Le sue vesti erano bianche come la neve, i capelli come candida lana; vive fiamme erano il suo trono e le ruote del suo trono erano fuoco divampante.  Un fiume di fuoco scorreva rapidamente davanti alla sua faccia".  Così è Dio, e così Io sarò quando verrò a giudicarvi».
«La tua testimonianza non è valida.  Ti rendi testimonianza da Te stesso.  Perciò la tua testimonianza che valore ha?  Per noi non è vera».
«Benché Io renda testimonianza a Me stesso, la mia testimonianza è vera, perché Io so da dove sono venuto e dove vado.  Ma voi non sapete né da dove vengo né dove vado.  Voi avete per sapienza ciò che vedete.  Io conosco invece tutto quello che è ignoto all'uomo, e sono venuto perché voi pure lo conosciatePer questo ho detto che Io sono Luce.  Perché la luce fa conoscere ciò che era celato dalle ombre.  Nel Cielo è luce, in terra molto regnano le tenebre e celano le verità agli spiriti, perché le tenebre odiano gli spiriti degli uomini e non vogliono che conoscano la Verità e le verità perché non si santifichino.  E per questo Io sono venuto.  Perché voi abbiate Luce e perciò Vita.  Ma voi non mi volete accogliere.  Voi volete giudicare ciò che non conoscete e ciò che non potete giudicare, perché è tanto più in alto di voi ed è incomprensibile a chiunque non lo contempli con l'occhio dello spirito, e spirito umile e nutrito di fede.  Ma voi giudicate secondo la carne.  Perciò non potete essere nella verità di giudizio.  Io invece non giudico alcuno, sol che possa astenermi dal giudicare.  Vi guardo con misericordia e prego per voi.  Perché vi apriate alla Luce.  Ma quando devo proprio giudicare, allora il mio giudizio è vero, perché Io non sono solo, ma sono con il Padre che mi ha mandato, ed Egli vede dalla sua gloria l'interno dei cuori.  E, come vede il vostro, vede il mio.  E se vedesse nel mio cuore un giudizio ingiusto, per amore di Me e per l'onore della sua Giustizia me ne avvertirebbe.  Ma lo e il Padre giudichiamo in un unico modo, e perciò siamo in due, e non sono solo a giudicare e a testimoniare.  Nella vostra Legge sta scritto che la testimonianza di due testimoni che affermano la stessa cosa è da accertarsi per vera e valida.  Io dunque rendo testimonianza alla mia Natura, e con Me il Padre che mi ha mandato testimonia la stessa cosa.  Perciò ciò che Io dico è vero».
«Noi non sentiamo la voce dell'Altissimo.  Tu lo dici che ti è Padre ... ».
«Egli ha parlato di Me sul Giordano ... ».
«Va bene.  Ma non eri solo Tu al Giordano.  C'era anche Giovanni.  Poteva parlare di lui.  Egli era un grande profeta».
«Con le vostre stesse labbra vi condannate.  Ditemi: chi parla sulle labbra dei profeti?».
«Lo Spirito di Dio».
«E per voi Giovanni era profeta?».
«Uno dei più grandi, se non il più grande».
«E allora perché non avete creduto alle sue parole e non ci credete?  Egli mi indicava come l'Agnello di Dio venuto a cancellare i peccati del mondo.  A chi lo interrogava se era egli il Cristo diceva: "Io non sono il Cristo, ma colui che lo precede.  E dietro di me è Colui che in realtà mi precede, perché esisteva da prima di me, ed io non lo conoscevo, ma Colui che mi ha preso dal ventre di mia madre e che mi ha investito nel deserto e mi ha mandato a battezzare, mi ha detto: ' Colui su cui vedrai scendere lo Spirito, quello è Colui che battezzerà con lo Spirito Santo e nel fuoco '. 
Non ve ne ricordate?  Eppure molti di voi eravate presenti... Perché dunque non credete al profeta che mi indicò avendo sentito le parole del Cielo?  Questo devo dire al Padre mio: che il suo Popolo non crede più nei profeti?».
«E dove è mai il padre tuo?  Giuseppe il legnaiolo dorme da anni nel sepolcro.  Tu non hai più padre».
«Voi non conoscete né Me né il Padre mio.  Ma, se mi voleste conoscere, conoscereste anche il mio vero Padre».
«Sei un ossesso e un mentitore.  Sei un bestemmiatore, volendo sostenere che l'altissimo ti è Padre.  E meriteresti di esser colpito secondo la Legge».
I farisei e altri del Tempio urlano minacciosi, mentre la gente li guarda torva in difesa del Cristo.
Gesù li guarda senza aggiungere parola e poi esce dalla stanza, da una porticina laterale che dà su un portico.

Rimango a riflettere su questo discorso di Gesù: parla proprio da Dio!
Non riesco ad immaginare che quella della Valtorta sia solo un’opera letteraria ‘umana’ e non sia invece il frutto di visioni a …portata umana..
Solo un Dio poteva parlare così, e se solo avesse parlato un po’ più ‘da Dio’ non saremmo riusciti a capirlo: deve aver fatto un bello sforzo per abbassarsi al nostro livello, come facciamo noi adulti quando adattiamo il linguaggio per farci capire dai bambini. Non vi accorgete che – leggendo Giovanni con la Valtorta in presa diretta – tutti i brani evangelici acquistano una ‘vita’ ed una evidenza straordinaria proprio come se a illuminarceli fosse veramente la Luce?
‘Come se’...? E perché? Non vi sembra forse la Luce?!