(P. Ionata: 'Coscienza  collettiva', da 'Città Nuova' - febbraio 1998,)
              - Città Nuova Editrice - 
            (G. Landolina: ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap.  3 – Edizioni Segno)
          
          19. La coscienza collettiva
          
          19.1 La personalità di Gesù
          Sto riflettendo sulla 'personalità' del Gesù della Valtorta che è emersa dalla lettura di quei due brani  precedenti concernenti il Purgatorio. 
            Chi ha letto l'Opera  valtortiana non può non aver notato che quando Gesù parla assume la personalità a volte di un padre, a volte di Gesù in quanto Cristo-Redentore e Maestro, a volte di fratello e molto sovente  di 'amico'. 
            Altre volte subentrano  invece più direttamente le specifiche ‘personalità’ del Padre e dello Spirito Santo i quali hanno un loro ‘linguaggio’ specifico, direi quasi inconfondibile ove solo si presti nel leggere un poco di  attenzione. 
            E questo - a ben pensarci -  è 'logico' perchè Dio è 'uno', ma è anche trino, cioè composto da tre persone  distinte: Padre, Figlio e Spirito Santo,  e ogni persona assume - anche dal punto di vista 'letterario' - una sua precisa  'fisionomia' di linguaggio, diciamo un suo preciso 'profilo psicologico'.
            D' altra parte qualcosa di  simile, per dare l’idea, succede in qualche modo anche a noi uomini quando a  seconda dei casi,  ad esempio con i  nostri figli, assumiamo un atteggiamento 'paterno', se non severamente paterno: quando vogliamo che prevalga la nostra  (paterna) Autorità, da 'maestro': quando desideriamo insegnare qualcosa con una certa  importanza 'didattica', da fratello quando non anche da amico: quando  cerchiamo di metterci al loro livello  perché ci sentano più vicini, il tutto a seconda delle circostanze e delle  necessità.
            Ma mentre nel nostro caso la  personalità nostra è sempre una, ed i diversi ‘modi’ di rapportarsi ai figli  rispondono solo ad una esigenza di rapporto psicologico, nell’ Opera della  Valtorta si tratta sovente proprio di personalità  distinte che subentrano – a seconda delle circostanze – una dopo l’ altra. 
            Spesso  le   differenti 'personalità' si alternano nello stesso ‘dettato’ per cui la  Valtorta stessa, in più di una occasione comincia a scrivere pensando che sia  'Gesù', e lo è anche magari perché è Gesù che l’ aveva iniziato, e finisce  accorgendosi che è diventato ad un certo momento il 'Padre', e lo si capisce dal tono, nel quale alla Maestà si unisce  sempre una insolita 'Potenza' che  scuote e intimorisce quando invece non sovrabbondi in una 'paternità' dolcissima.
            Quando però è Gesù che parla  – e sovente lo fa da ‘fratello’ e da ‘amico’ – quella che mi colpisce di più è  la sua 'umanità', e cioè quel suo  'ragionare' da 'uomo' che ben ha  conosciuto per esperienza diretta le  pieghe intime delle debolezze umane, e mostra di saperle anche capire e  compatire. 
            E anche quando - come  appunto nei due dettati di cui ho parlato sopra -  Egli ci 'striglia' con una spazzola da  cavalli, capiamo che in realtà non è il 'Dio-Giudice', ma è il  'Padre-amorevole' che cambia tono con i figli e li riprende severamente ma solo  perchè  vuol loro bene e perchè poi - a  forza di pelo e contropelo - diventano più sani e più belli. Proprio come i  cavalli.
            Insomma, quello che 'parla'  attraverso la Valtorta non è un Dio  'cosmico'- come preferiva immaginarlo Einstein  - ma un Dio che, pur essendo puro Spirito, si adagia al nostro livello e,  con finissima psicologia, Egli - Pura  Psiche e tutto il Resto - parla 'da uomo' alla nostra 'psiche', cioè alla  nostra anima, perchè nessuno - meglio di Lui che l' ha 'fatta' - sa come è  fatta e come bisogna parlarle.
            A questo riguardo, e cioè  della doppia natura di vero Uomo e vero  Dio di Gesù, come della sua 'umanità',  ricordo due lezioni della Luce ai  Capp. 82 e 83 ne 'Alla ricerca del  Paradiso perduto', lezioni che val la pena di 'ripassare'.
          (G.Landolina:  ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Capp. 82, 83 – Ed. Segno)
             
          82. La doppia natura di Gesù: vero Dio e vero uomo
          
          Sempre ancora meditando  (scusatemi, a me piace - ma non per mero 'razionalismo' - che ogni particolare  di un quadro, di un 'puzzle' trovi la sua giusta 'collocazione', altrimenti non  mi sento 'tranquillo'...) su questo 'mistero' della 'doppia' natura di  Gesù,  mi viene in mente  - e me lo vado a rileggere - un  episodio curioso narrato nel 'Vangelo' della  Valtorta. Lei vede Gesù che sta facendo un discorso nella sinagoga di Cafarnao.  Fra tanta gente che lo acclama vi sono, mischiati alla folla, anche dei  'farisei' ostili che sperano di poterlo cogliere in fallo. Uno di questi, ad un  certo punto, si alza astiosamente a contraddirlo cercando di prenderlo in  castagna su un tema dottrinario. Gesù - nel volgersi a lui per fornirgli i  chiarimenti del caso - premette: 'Chi  sei, Io non so. Ma, chiunque tu sia, ti rispondo...' . 
            E quindi - mi ero detto - Gesù qui mostra di non essere 'onnisciente' come  avrebbe dovuto se avesse avuto  anche la natura di 'Dio'. Poco dopo però (cioè dopo aver risposto  esaurientemente al fariseo che peraltro gli aveva  anche contestato  che Egli osasse professarsi 'rappresentante  di Dio' senza poterne  però dare alcuna  dimostrazione a parte il fatto che, anche se le sue parole potevano sembrare  'sante', lo stesso Satana avrebbe potuto avere parole di inganno tinte di  santità per trarre in errore, nè si poteva prestar fede alla parola dei  discepoli di Gesù... ) Gesù   risponde  che allora un altro - che non l' amava - avrebbe parlato dicendo chi era e, rivolgendosi all' affollata assemblea, invita a venir fuori dal mucchio un  tale al quale  Egli - come se lo  conoscesse benissimo - imperiosamente grida : 'Aggeo! Vieni avanti, Te lo comando.'  Aggeo si rivela essere uno che   la gente e l' archisinagogo definiscono   'indemoniato, ebete, 'furioso' quando il demonio si appresta a  tormentarlo...'. Dopo una 'lotta'  -  sguardo nello sguardo - il dèmone all' interno dell' uomo trasforma il mugolìo  in parole intelleggibili e - dopo aver dato atto a Gesù di essere 'Dio' - ad un  ultimo suo comando  lascia il corpo dell'  uomo, preso intanto da parossismi ed urla disumane, che ritorna in sè, si  prostra ringraziando Gesù il quale - dicendogli che aveva avuto fede e quindi  per questo viene sanato - lo invita ad andare in pace e ad essere 'giusto' in  futuro...
            Ciò premesso, la Valtorta - nello  scrivere questa visione - riporta in calce una importante 'nota' di commento, o  meglio una spiegazione che lei ha 'ricevuto' al proposito e che dice :
          'Il Cristo, come Dio, e  come Santo dei Santi, penetrava nelle coscienze, vedeva e conosceva i loro  riposti segreti (introspezione perfetta); come Uomo, conosceva, solo  secondo il modo umano, le persone e i luoghi, quando il Padre suo e la sua  propria natura divina non giudicavano essere utile il conoscere luoghi e  persone senza chiedere... Qui, dovendo dar prova al fariseo della sua  onniscienza divina, chiama a nome lo sconosciuto Aggeo che sa indemoniato,  mentre, nella pagina precedente, come Uomo, aveva detto al fariseo: 'Io non so  chi tu sia..'
          Beh!, mi dico, come spiegazione  razionale è veramente - per me almeno - molto 'convincente'. Questa chiarisce  anche un particolare che mi aveva molto colpito nell' opera della Valtorta, e  cioè il fatto che Gesù - nel suo continuo peregrinare per evangelizzare con gli  apostoli, spesso chiedesse quale fosse la strada giusta da prendere per  raggiungere un posto o l' altro. E mi ero detto :"Ma che 'Dio' è mai, se  non conosce neanche la strada?". Altre volte invece mostrava di conoscere  benissimo posti che 'umanamente' non aveva mai visitato, ed era Lui che forniva  chiarimenti agli apostoli. E questa contraddizione mi aveva lasciato  sconcertato...
          Luce: 
              La  divinità di Gesù. In Gesù convivevano due nature: quella divina e quella umana.  Due nature perchè Egli era Dio incarnato in un Uomo. Le due nature erano coesistenti ma, a seconda delle  circostanze, poteva rivelarsi l' una o l' altra o più una che non l' altra.  Egli era Figlio di Dio, ma era anche Figlio dell' Uomo. Figlio di Dio per la  parte 'spirituale', perchè generato in Maria dallo Spirito Santo, ma Figlio  dell' Uomo perchè - fisicamente - nato dalla 'carne' di Maria.
              Questo  della divinità e della umanità di Gesù è uno dei concetti più difficili da  accettare, se valutato secondo l' ordine umano. Ma se valutato alla luce del  'divino' ti accorgerai che la spiegazione è semplice.
              Dio  sulla Croce, Cristo sulla Croce,  ha  sofferto come 'uomo', fisicamente. Egli ha sofferto come Dio, spiritualmente,  perchè si è addossato i peccati dell' Umanità. 
              Anche  in questo caso si è rivelata la doppia natura. Come uomo, solo come uomo, non  avrebbe potuto sopportare il peso dei peccati del mondo, di prima e di dopo.
              Ma  anche nella Risurrezione Egli manifesta le due nature: di uomo dal punto di  vista della 'solidità' corporea, di Dio nella sua capacità di risurrezione e  nel suo corpo glorificato.
              Lo  stesso nell' Ascensione al Cielo.
              La  'natura' di Dio era dunque 'dentro' all' Uomo. E Cristo-Dio decideva di rivelarsi all' Uomo a seconda di come Lui  lo reputasse necessario per la sua missione, missione di Dio.
              Ecco  perchè talvolta Gesù, Gesù-Uomo, mostra di non aver l'onniscienza. Quello è il  caso in cui 'appare' la natura dell' uomo. Dico 'appare' perchè in realtà vi è  sempre quella di Dio, contestuale. 
              Altre  volte Egli ha l' onniscienza, e la dimostra, e quello è il caso in cui il Dio  che è nell' Uomo-Gesù decide di mostrarsi secondo questa natura, sempre per il  bene della 'missione'. 
              Quando  Gesù soffre la fame, la sete, la croce, la soffre nella sua natura di uomo:  perchè come Dio - puro Spirito - non potrebbe avere di queste sofferenze.
              Quando  Gesù - nell' imminenza della Passione - sente il Padre sempre più lontano, fino  a sentirsi del tutto solo di fronte alla Passione, è perchè il Gesù-Uomo  avverte - dico 'avverte' - un senso di 'distacco'. E' il distacco, non reale ma  psicologico, che il Gesù-Dio opera nei confronti del Gesù-Uomo affinchè quest'  ultimo - privo del sostegno della divinità, o meglio 'sentendosi' privo di tale  sostegno - beva fino in fondo l' amaro calice della Passione sentendosi  abbandonato persino dal Padre.
          'Padre, padre, perchè mi hai  abbandonato?'
          Ma  Io non abbandono mai i miei figli. Non abbandonai il Cristo come non abbandono  voi.
              Non  fui mai così vicino al Cristo - Io che ero un tutt' Uno con Lui - come nel  momento della Passione che - nella nostra Unità - fu Passione anche del Padre e  dello Spirito.
              Non  sono mai così vicino a voi - quando siete, quando vi comportate da figli miei -  come quando soffrite.
              Ma  le vostre sofferenze della vita: fisiche, spirituali e morali  come quelle del Figlio mio - proprio perchè  accettate, meglio ancora se volute ed offerte come dal Cristo - sono proprio  quelle che tornano a vostra maggior gloria ed a Gloria del... Padre.
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          83. L' umanità di Gesù.
          Rifletto sulla questione della  doppia natura di Gesù. Faccio osservare per inciso che io dico spesso  'rifletto', 'medito', 'penso', e simili. Non sono 'modi di dire' e neanche  degli 'atteggiamenti' per darsi - come suol dirsi in gergo - la 'mossa' di  quello che 'medita'. Quando io dico 'medito', medito sul serio. Cioè mi immergo  profondamente con l'occhio della mente in un problema e lo analizzo a fondo,  scavando nelle sue pieghe riposte. Non è detto che trovi delle 'risposte', ma è  diventata una 'attitudine' mentale da quando - e sono ormai molti anni - sono  un cultore di 'training autogeno', quella tecnica, conosciuta dagli 'addetti ai  lavori' ormai in tutto il mondo, inventata - a seguito di una geniale  intuizione - dal famoso 'psicologo' J.H  Schultz e che consente da un lato di rilassarsi e dall' altro - attraverso  una procedura molto particolare di rimozione degli stimoli del mondo esterno -  di concentrarsi appunto a fondo su un problema per coglierne anche gli aspetti  meno evidenti ed analizzarli senza quella 'deformazione' critica che sovente è  dovuta all' influenza della nostra sfera emotiva. 
            Se voi non ne sapete niente dirò  succintamente che - sotto rigoroso controllo medico e, più ancora,  'specialistico' - si apprendono le tecniche per provocare - con delle frasi e  delle immagini mentali - uno stato di rilassamento del tono muscolare, quindi  del sistema arterioso, poi una normalizzazione del ritmo del battito cardiaco e  del respiro, inoltre un rilassamento del ganglio del plesso solare e infine un  senso di fresco alla fronte che induce un senso di limpidezza mentale. Il  risultato finale dell' esercizio, ripetuto anche in pochi minuti due o tre  volte al giorno, è quello di una notevole autodistensione che favorisce non solo  il recupero di energie fisiche, psichiche e l' eliminazione degli stati di  'stress' ma anche la concentrazione,  cioè la meditazione che è il punto  dal quale ero partito per fare tutto questo ragionamento. Il Training Autogeno non ha niente a che  vedere con lo 'Yoga', che è una  disciplina a carattere fisico-psicologico-religioso,  anche se taluni lo chiamano lo 'yoga occidentale' per gli effetti distensivi e  di concentrazione che induce. 
            Dunque, dicevo che riflettevo.  Riflettevo sul fatto che quella che balza all' occhio nell' opera valtortiana è  proprio l' umanità di Gesù. Si capisce chiaramente che 'parla' da Dio,  da Maestro Sapiente, ma lo fa in maniera 'umana', dolce, molto dolce nel  'Poema'. Severa invece, spesso molto severa, talvolta ironica  e flagellante nei 'Quaderni' nei quali - con  il linguaggio dell' uomo moderno, anzi contemporaneo (mentre, nel 'Poema', Egli  usa un linguaggio 'aulico' di ...2000 anni fa) - Gesù affronta in maniera  rigorosamente razionale tutte le tematiche che possono interessare un ...  razionalista. 
            Ecco, mi dicevo fra me, più che  il Gesù-Dio - nella Valtorta - ho apprezzato il Gesù-Uomo, perchè sa parlare un linguaggio che riesco a comprendere,  anche se non a praticare.
          Luce:
              L'umanità  di Gesù. Gesù vi ha dato la sua 'umanità' per rendervi più facile amare Dio.  Perchè siete 'carne' ed il linguaggio della 'carne' solo potete comprendere. Ma  siete anche 'spirito' ed allora - attraverso la Parola di Gesù - dovete  sforzarvi di capire il Pensiero di Dio. Non è un pensiero folle, quello che vi  chiede la rinuncia alla vostra 'umanità', perchè è un pensiero che vi chiede di  tornare ad essere 'spiriti', soffio di Dio, quali Dio vi ha concepiti, quali vi  vuole affinchè in spirito - ed in attesa di essere completamente spirito -  torniate figli suoi, figli dello Spirito e non della Carne.
            E dolce è l' umanità del mio Gesù, dolce il suo  parlare, grande la sua comprensione, divina ma anche umana, che sollecita le  corde migliori del vostro cuore che può a quel punto intonare le note più gradite  al Padre Creatore.
  Come  è dolce seguire l' umanità di Gesù, umanità a misura d' uomo solo che questi  non sia uomo di cuore protervo.
  Quanta  dolcezza scende nei cuori attraverso l' umanità di Gesù.
  Ed  in questo abbraccio di 'umanità', la vostra imperfetta con la sua perfetta, sta  il senso dell' Amore di Dio che  attraverso il Cristo tangibilmente vi abbraccia, al quale attraverso il Cristo  tangibilmente arrivate.
  L'  umanità vostra vi impedisce di comprendere appieno l' umanità del Cristo che  credete - quando credete - Dio più di quanto sia uomo. Ma è un' umanità che è  costata lacrime e sangue al Figlio, al Padre ed allo ...Spirito Santo.
           
          19.2 – La coscienza collettiva e la …centesima  scimmia
            
             
            Una volta tanto non sono qui  che medito sul Gesù della Valtorta ma nientemeno su quello che ho scritto io. 
            Rileggevo infatti quello che  avevo detto sul 'Training Autogeno', che  io pratico da tanti anni, e su quanto esso faciliti la capacità di 'concentrazione' e quindi di 'meditazione'. 
            Ma quello su cui 'medito'  ora non è tanto quello che avevo scritto io quanto  invece - per associazione di idee - quello che proprio stamattina mi è  capitato di leggere su di una Rivista in merito a certe caratteristiche della meditazione di cui non ero al corrente.
            Vi racconto però prima – per  passare il tempo – l’antefatto. 
            Ieri sera, prima di  addormentarmi e nel riporre i miei libri sul comodino, avevo dato un' occhiata  di sfuggita a quello che leggeva mia moglie e avevo notato che era l' articolo  di una rivista, articolo che si intitolava 'Coscienza collettiva'. 
            Era subito scattato in me il  'riflesso condizionato' di associazioni di idee:coscienza collettiva=inconscio  collettivo di Jung=la mia passione.
  ’Domani me lo leggo', mi son detto spegnendo la  'luce', intendo dire: l'abat-jour.
            E stamattina - dopo un caffè  preso comodamente sdraiato a letto con due cuscini dietro la schiena (oggi  infatti è ‘festa’ e quindi: niente 'ascesi') - ho chiesto a mia moglie la  rivista.
            A questo punto  dell’antefatto – già che ci sono e per spiegarvi come mai questa rivista è  finita stamattina sul mio letto – vi racconto un altro antefatto, e cioè una storia che ha impresso una svolta tecnica e sostanziale al mio libro  precedente, libro che io chiamo per brevità 'Alla  ricerca del Paradiso perduto', ma che in realtà si titola 
          Alla ricerca di Paradiso perduto
  ovvero 
  I dialoghi di un catecumeno'
          Un giorno era venuto a  trovarmi qui in campagna, fermandosi a pranzo, un mio ‘vecchio’ amico, di  mestiere imprenditore, un tipo ‘strano’ perchè è uno di quelli che cercano di  conciliare il ‘guadagno’ dell’ Impresa con la missione cristiana. Un po’ come  cercare di fare la quadratura del cerchio.
  Io mi ero sempre detto che  in questi casi o uno finisce per diventare veramente cristiano ma poi la sua  azienda 'fallisce', oppure finisce per smettere di essere cristiano perchè si  accorge alla fine che non 'conviene'.
  Ma lui, non solo non è  fallito ma anche ci 'credeva' in quel suo applicare l' etica cristiana alla sua  azienda e cercava di assumere nella sua attività imprenditoriale - evidentemente  nei limiti del possibile che sono anche quelli della compatibilità con il  'bilancio aziendale' - degli atteggiamenti 'coerenti' con questo suo modo di  pensare, modo che aveva sorpreso me che ero propenso a considerare che una  azienda - intesa come produttrice di lavoro e di ricchezza per l' imprenditore  ma anche per le famiglie dei lavoratori – dovesse invece essere comunque  ‘protetta’, anche a costo di decisioni dolorose, perchè ne venisse  salvaguardata la sua funzione sociale. 
            Dicevo dunque che - lui e  signora - ci erano venuti a trovare in autunno inoltrato e mia moglie aveva  preparato polenta e coniglio, annaffiati con il mio solito doc rosso delle  colline dell' Alto Monferrato.
            Loro, qualche tempo dopo, ci  avevano invitato a cena nella loro città, una città di mare, e ci avevano  preparato polenta e ...baccalà, tanto per non smentire le loro tradizioni  marinare.
            Cena splendida allietata da  una conversazione allegra anche con la loro figliola.
            A tavola, e nel dopo tavola,  racconto di esperienze reciproche… 
            Loro, profondamente  credenti, l'apostolato lo fanno alla grande, credetemi, lo fanno in pratica e  non a...’chiacchere’, come me.
            E in quell' occasione,  sprofondati tutti in poltrona con un bicchierino davanti, io accennai alla mia  intenzione di lasciare la mia attività professionale per ritirarmi a fare il  contadino in campagna e per scrivere in santa pace un libro. 
            Curiosità, interesse,  qualche domanda ed io - reticente a metà - spiegai che avevo immaginato di  scrivere una serie di dialoghi dove  una 'Luce', che era apparsa in sogno  ad un uomo che era alla ricerca della ‘Verità’, intrecciava con l' uomo una  sorta di catechesi con il patto che  – e nel caso specifico non era certamente un patto col diavolo – ove la Luce avesse convinto l' uomo in ordine  alla sua Verità, l' uomo a sua volta si sarebbe impegnato a  cercar di convincere quelli come lui.
            E fin qui tutto bene: 'Bello, bello...', dicono i due che -  avendo già trovato la strada della 'perfezione' interiore - avevano  evidentemente rimosso o compresso ogni loro spirito critico. 
            'Un momento - fa però la 'guastafeste', cioè la loro figlia: un tipo 'peperino' - ma da quello che ho capito, nel tuo libro  quella che parlerebbe sarebbe  solo la  'Luce', e dov' è il 'dialogo' allora? Quelli sono monologhi! Ci vuole invece il dialogo vero, cioè quello  dove tu ci metti la tua parte di 'colloquio', quello dove tu fai conoscere la  tua interiorità  perchè è questo che,  alla gente che legge, può interessare'.
          Quando ero piccolo mio padre  - che mi allevava alla tedesca - quando scopriva che non ero scattato giù dal  letto all' ora prevista e che continuavo a sonnecchiare impigrito al calduccio  sotto le coperte era solito strapparmele via di colpo guardandomi con aria di sfida.
            Io non osavo  ribellarmi - perchè oltretutto sapevo di essere 'in colpa' - ma ci rimanevo  malissimo con una sensazione, ovvia, di freddo alle 'estremità' rimaste  scoperte ma anche  di 'nudità' che non vi  so descrivere.
            E beh! E' stata la stessa  cosa. 
            La piccola ‘guastafeste’-  guardandomi anche lei con aria di sfida - aveva detto l' unica cosa che non avrebbe dovuto dire perchè io - pur  avendola già pensata dentro di me - avevo cercato accuratamente di rimuoverla  dalla mia ‘coscienza’, tanto da averla ben dimenticata.
            Fare quanto lei aveva detto,  infatti, avrebbe significato dover mettere allo scoperto una parte di me  stesso, con le mie intimità, i miei limiti, le mie ‘miserie’. Avrebbe anche  significato espormi alla curiosità e alla critica. 
            Non mi ricordo dunque cosa  esattamente risposi , ma ricordo che mi ero abbastanza sentito punto sul vivo,  come se 'lei' – da ‘maleducata’ -  avesse voluto mostrare una curiosità 'indiscreta'. Comunque il senso della mia  risposta fu che, sì..., ci avrei pensato…, con l' aria però di farle capire  dalla mia espressione, e tono, che neanche  per sogno lo avrei fatto.
            Eppure lei aveva ragione, lo  sapevo anch' io, e questo mi dava ancora maggior fastidio perché questa  consapevolezza mi faceva  rimordere  la coscienza. 
            Sapevo infatti che la mia  era una mancanza di coraggio nei  confronti di una 'testimonianza' che  avrei dovuto invece dare. 
            Ho dovuto prendermi, dopo,  qualche mese di riflessione ed avevo persino preso in considerazione la  rinuncia. Perchè un conto era scrivere quello che diceva la 'Luce': e cioè in pratica un  susseguirsi di una serie di ‘lezioni’, e un altro era scrivere quello che 'io' avevo intimamente pensato dentro di me prima che la Luce mi 'rispondesse', o  anche dopo. 
            Mi ero anche  detto che avrei potuto inserire la mia parte del 'dialogo' ma poi celare il nome dell' autore attraverso  uno 'pseudonimo'.
            La mia testa di sinistra diceva  infatti (ma allora non la sapevo ancora la storia della 'testa di sinistra e di  quella di 'destra') che lo fanno tanti e la gente neanche se ne accorge, anzi  uno pseudonimo sarebbe stato meglio: con tutte quelle curiosità 'morbose' che  ci sono in giro... Perchè dare i propri fatti in pasto agli altri? 
            Vedevo nella mia  immaginazione i lettori come tanti squali affamati con i denti affilati che  saltano fuori dall' acqua del mare con le bocche spalancate. Mi auguravo anzi  in certi momenti che nessuno lo leggesse, il libro. E gli 'psicologi', poi?  Figurati - mi dicevo - cosa ti può andare a tirar fuori uno di quelli...
            Dal ‘complesso mistico’  della ‘libido frustrata’, alla sindrome di megalomania di chi parla con la  ‘Luce’, al senso di Potenza dato dal parlare 'come' una Luce, alla messa a nudo  delle proprie miserie per un complesso inconscio di espiazione delle proprie  colpe...a forme inconsulte di esibizionismo, egocentrismo, e via di seguito  aggiungendo un 'ismo' ad ogni sostantivo negativo che mi veniva in mente. 
            Insomma è stata dura.
            Ma poi deve aver vinto la  mia testa di destra perchè mi son  detto che la mia era una conversione e  l' unico modo di rendermi utile - per mantenere il patto d'onore sottoscritto con la Luce durante quel ‘sogno’ laggiù sulle montagne del ‘Tibet’ -  era quello di narrare per filo e per segno la mia storia, non tanto per farla  conoscere, in sè e per sè, agli altri ma perchè altri ci trovino dentro  qualcosa di sè e prendano il coraggio a quattro mani come sto cercando di fare  io.
  Dovevo dare una testimonianza di  conversione, e la testimonianza la potevo  dare solo spiegando, o almeno lasciando intuire, attraverso quale, a volte  penoso, processo interiore di domande, di dubbi, di risposte, si potesse  partire da un punto per arrivare ad un altro. 
            E' stata proprio dura – a  volte da arrossire – ma, ora che mi è venuta la faccia tosta, sono qui col  secondo libro che tento - dopo essere andato 'Alla ricerca' - di vedere  se riesco ad arrivare 'Alla scoperta del Paradiso perduto'.
            E quei miei cari amici, cioè  i due genitori ‘acritici’ che – avendo già imparato ad ‘amare’ – avevano  approvato senza riserve, erano proprio quelli che – la prima volta che erano venuti  a trovarmi in campagna – mi avevano convinto a sottoscrivere l’ abbonamento di  una rivista che si chiama ‘Città Nuova’,  che è poi quella sulla quale - prima di addormentarmi - avevo sbirciato ieri  sera il titolo dell’ articolo sulla ‘coscienza  collettiva’.
          Ora che vi ho spiegato l’ antefatto della Rivista, la prendo  in mano, apro e leggo:
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            DOMANDE  ALLO PSICOLOGO di Pasquale Ionata
          Coscienza collettiva
          'Leggendo  con molto interesse il suo ultimo libro Ottimismo, ho notato che lei cita il concetto  di 'coscienza collettiva' da affiancare a quello di 'inconscio collettivo' di  Jung... Di cosa si tratta?'
                                                                                       Lettrice di Torino
          Risposta: 
            Per capire il concetto di coscienza  collettiva bisogna partire da una metafora: noi siamo contemporaneamente un cuore che batte e un singolo battito nel  corpo chiamato Umanità. Einstein così  si esprimeva: 'Un essere umano è una  parte del tutto che chiamiamo 'Universo', una parte limitata nello spazio e nel  tempo. Egli sperimenta se stesso, i propri pensieri e sentimenti, come qualcosa  di separato dal resto, in una sorta di illusione ottica della coscienza. Quest'  illusione è una sorta di prigione che ci restringe ai nostri desideri  individuali e all' affetto per le poche persone che ci sono vicine. Abbiamo il  compito di liberarci da questa prigione...'
            E pare che la moderna psicologia, in  particolare quella statunitense, con recenti studi scientifici stia dimostrando l'  attendibilità di questa coscienza collettiva.
            Ad esempio si è capito che la nostra mente, tramite l'emisfero  destro, è in grado di entrare in  contatto con il relativo emisfero di altre persone: è vero che siamo tutti  uniti l' uno con l' altro. Questo avviene, per esempio, quando più persone  sono in fase Alpha profonda, quasi Teta: quando le onde  elettroencefalografiche di ciascuno vanno ad armonizzarsi fra di loro,  mostrando un unico e identico pattern di onde, si parla di 'Sincronizzazione cerebrale'.
            Sembra  che durante la meditazione, dove si  producono onde Alpha, i centri cerebrali con attività elettrica diversa l' uno  dall' altro comincino a produrre onde in modo sincrono, come chiamati ad un'  unica funzione.
            Molti scienziati del nostro tempo hanno avuto esperienze in fase Alpha (ripeto è la fase caratteristica della meditazione, che ci permette di entrare  in contatto con l' esperienza interiore,  cioè con la nostra coscienza e di assistere ad una trasformazione enorme dell' individuo: si tratta di premi Nobel  come Eccles, Jonson, Wig, Fritjof,  Capra, il grande fisico Bohm,  Sheldrake.
            Quest' ultimo, per esempio, sostiene  che le leggi dell' universo non sono immutabili ma sono abitudini che si  possono cambiare: quando in laboratorio si sintetizza per la prima volta una  sostanza organica è molto difficile farlo, però la seconda volta è più facile,  anche se viene fatto da qualcun altro, che non è a conoscenza del procedimento  già realizzato. Sheldrake dice che  si crea un precedente: un 'campo  morfogenetico', cioè uno schema invisibile ma esistente, che determina  tutte le successive sintesi di quella sostanza.
            In Inghilterra, parecchi anni fa, il  latte era recapitato in bottiglie col tappo di stagno che venivano depositate  sulla soglia delle abitazioni. Un bel giorno un uccello imparò a forare il  tappo di stagnola e a bere un po' di latte. Improvvisamente, in pochissimi  giorni, in gran parte dell' Inghilterra moltissimi uccelli si misero a fare la  stessa cosa, tanto che l' ente responsabile dovette cambiare la confezione del  latte.
            Se a un topo si dà un determinato  compito in un laboratorio, poniamo a Londra, se poi si fa lo stesso esperimento  con topi diversi di un altro laboratorio, magari agli antipodi, i topi fanno  questo stesso lavoro in un tempo inferiore e più facilmente.
            Sheldrake sostiene che quegli uccelli, quei topi provocano un campo  morfogenetico, cioè un campo che crea una nuova forma, una nuova possibilità. 
            Questa possibilità se è ripetuta,  diventa a poco a poco una legge. Le teorie di Sheldrake sono state attaccate, considerate assurde e non  plausibili, eppure sono state confermate da altri esperimenti e osservazioni,  come ad esempio da Ken Lensey col  suo libro La centesima scimmia.
            Al largo della costa giapponese durante  uno studio condotto su un gruppo di scimmie, si è visto che una femmina del  branco aveva cominciato a lavare nell' acqua le patate dolci, prima di  mangiarle. Ben presto altre la imitarono, e quando il numero di queste scimmie  'lavatrici' arrivò ad una certa soglia, lo stesso comportamento cominciò a  manifestarsi anche in un altro branco, distante un centinaio di miglia, senza  contatto con loro.
            Da questa osservazione Ken Lensey  avanzò la teoria della 'massa critica' di una specie, secondo cui una volta raggiunta una certa dimensione, il  comportamento appare in tutti i membri della stessa specie.
            La  conseguenza di questo concetto è di grande importanza, poichè possiamo  cominciare a coltivare fondamentalmente l' idea che se un numero sufficiente di persone pensasse, parlasse e agisse con  un atteggiamento mentale positivo, con amore e reciproca armonia, raggiunta la  massa critica, potrebbe esserne influenzata la stessa specie umana.
            E come ha iniziato questo processo?  Simbolicamente, con una scimmia che incomincia a lavare una patata e ha avuto  il coraggio di agire in modo differente dal gruppo, seguita poi da un' altra  scimmia, e da un' altra ancora, fino al raggiungimento della massa critica.  Mediante questo 'movimento' della coscienza collettiva, una persona dal  comportamento 'controcorrente' al proprio gruppo determina una maggioranza, e  le patate che questa persona dovrebbe  lavare si chiamano: apertura, ascolto,  servizio, pazienza, ecc. tutte sfaccettature del ben noto 'farsi uno'.
          ***
          E ora eccomi qua a riflettere  sopra queste considerazioni. 
            In sostanza, anche se qui  viene solo appena alluso, mi sembra che vi sia proprio un accostamento fra il  concetto di Carl Gustav Jung di 'inconscio collettivo' con quello - per  certi versi analogo - di 'coscienza  collettiva'. 
  Jung ne  parla anche nel suo libro 'Inconscio,  Occultismo e Magia' .
            Egli non sapeva spiegarsi  come mai popolazioni distantissime fra loro e che egli era virtualmente certo  non avessero avuto mai contatti, fossero portatrici di comportamenti, aspetti culturali,  e persino credenze religiose o 'miti', molto simili. 
            Se ben ricordo, dopo viaggi  e studi egli concluse - con tutto quell' ampio margine di incertezze che  secondo me è dovuto verso 'conclusioni' di questo genere - che i vari esseri  umani dovevano essere in qualche misteriosa maniera collegati telepaticamente fra di loro, a livello inconscio.
            E da qui - detto in maniera  molto semplice, anzi semplicistica - il concetto di 'inconscio collettivo'. 
            L'idea dell' inconscio  collettivo esercita su di me - appassionato di psicologia - un suo fascino  perverso, e provo allora ad immaginarmela – per una mia personale e più  ‘scientifica’ esigenza di razionalità -  come una sorta di rete telepatica di  tipo telematico (cioè come le ‘reti’ dei   computers) dove - mi esprimo alla buona per farmi capire meglio e non  inorridiscano gli esperti di informatica - ognuno dei nostri 'cervelli’ rappresenta come un 'nodo intelligente’di accesso alla 'Rete' che collega i vari 'nodi', i  quali contengono un loro 'specifico' bagaglio  di informazioni che vengono messe a disposizione di chi si inserisce nella rete  stessa.. 
            Di norma, per accedere alle  informazioni disponibili nella Rete (infomazioni costituite quindi dalle conoscenze ed esperienze sommate di tutti i 'nodi', cioè di tutti  i 'cervelli' collegati alla Rete) bisogna chiedere l' accesso e pagare anche  una tariffa. Avete presente Internet? 
            Ma nel caso dell' inconscio collettivo e della meditazione degli scienziati – mi  dico invece - uno non pagherebbe, anzi 'ruberebbe', sintonizzandosi come una  radio ricevente su una 'frequenza' di un' altra radio trasmittente: le due  radio sarebbero cioè sintonizzate sulla stessa 'frequenza' di pensiero, ed ecco  che zac!… salta fuori la risposta  giusta sotto forma di ‘impulso radio' o ‘onda di pensiero’ telepatica che dir  si voglia.
            Salta fuori dalla nostra  testa? No. E' lì il bello..., salta fuori da quella degli altri… che non si son  neanche resi conto di averci inconsciamente dato una risposta che valeva  milioni…Bello!
            Ecco - mi dico sorridendo -  scienziati, mistici, visionari, etc. possono dunque attingere senza saperlo  alla 'Rete telematica della Conoscenza Superiore' e - con poco prezzo, anzi 'gratis' - far anche bella figura. 
            Loro non lo sanno ma - come  dice l’ articolo sulla Coscienza  collettiva - magari è tutta una questione di 'meditazione', tanto quanto basta per sintonizzarsi sulla fase 'Alpha profonda, quasi Teta...' , insomma  tutto come quelle scimmie che lavano le patate per cui le altre scimmie,  distanti qualche centinaio di chilometri, si mettono a lavar patate anche loro. 
            Mi viene però di colpo un  dubbio: ma siamo noi umani che abbiamo insegnato alle scimmie a lavar le patate  o saranno state le scimmie - visto che dicono che discendiamo da loro - ad  averlo insegnato a noi, magari telepaticamente?
            Questo potrebbe essere l’  argomento – per uno che ne abbia voglia – di un’ altra bella meditazione.
            Comunque, mi dico cercando  di tornare ad esser serio, non si può  escludere che - come viene ipotizzato nell’ articolo laddove si parla di  onde alpha e teta - negli stati di meditazione,  nei quali l’Io si concentra profondamente ed esclude tutti gli stimoli esterni  ed i disturbi che lo distolgono dal suo pensiero dominante, la mente diventi  telepaticamente ricettiva rispetto ad impulsi 'mentali' che vengano da fuori, senza con ciò necessariamente postulare  una coscienza o un inconscio ‘collettivo’.
            Può darsi allora veramente -  e d' altra parte la ‘disciplina’ della psicologia è appena agli esordi e la  nostra psiche, che è poi la nostra anima,  è ancora tutta da scoprire – che le famose ‘ispirazioni’ di certi scienziati – venute loro  all’ improvviso proprio mentre meditavano assorti sul loro problema e talvolta  anche quando, assorti, non ci pensavano – abbiano avuto origine da un diverso  ‘livello di conoscenza’.
            Infatti mi viene in mente  un' altra ‘lezione’ della Luce che –  nell’ altro libro e proprio sul tema di certe 'ispirazioni' - si era invece così espressa:
          (G.Landolina:  ‘Alla ricerca del Paradiso perduto’ – Cap. 3 – Edizioni Segno)
          3. Dio parla agli  uomini per ispirazione... 
           
          Luce:
              Dio parla agli  uomini per ispirazione. Sono secoli e secoli che parlo al vostro orecchio  spirituale ma voi non intendete la mia voce perchè non volete ascoltare.
              Le scoperte che ha fatto l' Umanità, le "piccole" scoperte tanto incomprensibili sul loro essersi  formate quanto preziose per gli effetti pratici sulla vita dell' uomo son ben  nate dietro mia ispirazione per soccorrere alle esigenze primarie di una  Umanità "imbestialita".
              Così si è evoluta l' Umanità. Perchè solo l' intelligenza  unita all' Amore di Dio poteva farla migliorare e progredire.
              Anche oggi non è l' umana scienza da sola, ma l' unione con  Dio quella che può fare veramente progredire l' uomo.
              Ove manchi l' unione è il progresso, ma verso la materia,  verso l' annientamento della vostra essenza spirituale. E l' uomo è sempre più  sordo alle mie ispirazioni, ma soprattutto alla mia Parola che viene irrisa. L'  uomo separato da Dio non sale ma precipita nel baratro materiale e spirituale.  Per questo devi vivere in Me.
              Vivendo in Me ti fondi con il tuo Creatore e si realizza il  ciclo chiuso dell' Amore. Il ciclo chiuso dell' Amore è la forgia che produce  l' energia che regge l' universo, perchè tutto ha origine nell'Amore, come è  nell' Amore il vertice del rapporto che lega la Trinità nostra. 
              L' Amore di Dio non è l' amore dell' uomo.
          Sono in treno.  Rientro da un viaggio di lavoro a Roma e sono comodamente abbandonato allo  schienale, mentre la carrozza fila via silenziosa e la stupenda campagna romana  mi balza incontro dal finestrino. 
            Medito. Le 'piccole' scoperte...
            Mi ero sempre  chiesto, ad esempio, come avessero mai fatto gli uomini, sin dall' antichità, a  conoscere le proprietà delle erbe...
            Mi ero detto:  quegli 'stregoni'... avranno ammazzato tante di quelle persone che alla fine,  per 'esperienza', di generazione in generazione, avranno imparato. Oppure  avranno avuto, certe persone, una 'sensitività' particolare, come ad esempio  quella del 'rabdomante', o 'radioestesista' che dir si voglia, che 'sente' e  trova l' acqua o gli idrocarburi, o certi minerali facendo risparmiare sui  costi di 'perforazione'. Sono fenomeni comunissimi, questi della ricerca dell'  acqua, conosciuti da millenni e che ancora oggi nelle campagne vengono  utilizzati per scavare pozzi.
            E la medicina  omeopatica? Hanno scoperto fin dall' antichità che, se si somministrano ad un  malato (similia similibus curantur)                                                      in piccole dosi quelle sostanze che nelle persone sane produrrebbero gli  stessi sintomi che si vogliono combattere nel malato, il malato guarisce. Se  non muore prima... mi dico sorridendo fra me e me.
            Mi viene in  mente la storia del Re Mitridate che, per paura di morire avvelenato, si  'assuefaceva' ai veleni assorbendone in piccole dosi per immunizzarsi. Pare che  funzioni...
            D' altra parte  non potrebbe essere lo stesso principio delle vaccinazioni mediante le quali  viene inoculato un agente patogeno, un virus indebolito, che ha il compito di  attivare le difese immunitarie dell' organismo?
            E l'  agopuntura dei cinesi? Roba da matti. Pungi un dito di un piede e ti risponde  la spalla... o la testa. Come avranno mai fatto ad 'indovinare' centinaia e  centinaia di punti 'nervosi' sottocutanei pungendo i quali ti guariscono da un  disturbo o da una malattia?
            E' pazzesco.  Ci vuol proprio una pazienza da ...'cinese'.
            Non me lo  spiego 'umanamente'. La nostra medicina, basandosi peraltro sulle esperienze  degli antichi, fa invece delle 'prove' in laboratorio, esperimenta sulle cavie  e poi sugli uomini, poveri loro!.
            Ma  ve li vedete i cinesi a punzecchiare le  persone per vedere se pungendo l' alluce gli passa il mal di stomaco? Non è  possibile.
            E allora  rimane l' ispirazione. Che cos'è l' ispirazione? Che cos' è la 'sensitività'?  Non è forse un 'sentire' un qualcosa? Un sentire l' idea di un 'qualcosa'? La  'sensazione' non è forse un' idea non ancora messa bene a fuoco, più o meno  conscia, ma comunque sufficiente a farti fare quella determinata cosa? E allora  perche' Dio non avrebbe potuto ispirare degli uomini, uomini con particolari  doni 'naturali, dei 'sensitivi' appunto, per aiutare l' umanità, senza che  questi si rendessero neanche conto di essere stati 'ispirati' ? 
            Come avrebbero potuto mai del resto capire che le idee che  gli venivano in mente erano 'ispirazioni'? Certo la sensitività può essere  anche una qualità semplicemente 'naturale', come la creatività, la capacità di  dipingere, di scolpire, di scrivere, un dono naturale insomma. Ma quando è dono  naturale o è 'ispirazione'? Dove finisce l' uno e comincia l' altra?
            E per tornare  al mondo della ricerca scientifica 'occidentale', non è stato forse scritto che molte delle più grandi scoperte  'scientifiche' sono avvenute come 'per caso'? 
            Per caso? Che  cos' è il caso? Cos' è il 'caso', realmente? Cosa sono state certe 'intuizioni', i famosi 'lampi di genio', di tanti medici e  scienziati?
            L' intuizione,  o 'ispirazione' che dir si voglia, non è forse un' idea che ti 'viene' all'  improvviso, come se venisse da un mondo estraneo (gli yoghi orientali  direbbero: da un diverso livello di coscienza, la 'coscienza cosmica'),  talvolta quando non pensi neanche a quella certa cosa, talvolta quando sei  invece 'assorto' sulla stessa ma con la mente non propriamente vigile e attiva,  e cioè più facilmente 'raggiungibile' da comunicazioni telepatiche, essendo  stato parzialmente rimosso il controllo dell'io dal livello della 'coscienza',  controllo 'vigile' che costituirebbe altrimenti come una 'barriera'? 
            E nella musica?  Queste meravigliose composizioni, che ci hanno fatto dire tante volte: "ma  questo è 'ispirato'..."  e che ti  trasmettono delle vibrazioni interiori, delle emozioni profonde? Come possono  delle semplici 'percussioni' acustiche di strumenti raggiungere l' orecchio e  trasformarsi in suoni 'emotivi'? 
            La spiegazione  scientifica c'è, lo sappiamo. Ma è la spiegazione dell'emozione che manca. 
            Perchè un  certo suono procura una emozione e la procura indistintamente a tutti, come se  ognuno di noi avesse codificato dentro al proprio Dna mentale  un concetto 'assoluto' del 'bello' che, in  quanto tale, suscita 'emozioni'? 
            Come una  poesia, no? Non suscita anch' essa delle emozioni tanto da farci dire che anch'  essa è 'ispirata' ? 
            Ispirata da  che? Dalla Musa? Ecco la Musa. Gli antichi forse avevano colto nel segno. La  Musa era una sorta di 'Dea'. 
            L' ispirazione  gli antichi  greci e romani l' avevano  collegata a Dio. 
            Ma perchè,  perchè queste 'ispirazioni' suscitano 'emozioni'? 
            Può un  cervello 'freddo', un organo come lo potrebbe essere un altro, molto più  sofisticato ma pure un 'organo', subire 'emozioni'? 
            Oppure le  emozioni sono qualcosa che coinvolgono qualcosa di più profondo e nobile di un  mero 'organo', la 'psiche' appunto, intesa non come elaborazione di pensiero  prodotta da un 'organo', ma come un qualcosa di 'spirituale' che 'utilizza' lei  stessa l' organo per comunicare con il mondo esterno? 
            Quale è il  rapporto fra Psiche e Anima ?
            La filosofia  yoga, i più grandi 'yoghi', spiegano infine che alterando con tecniche  particolari (aspirazioni, espirazioni, posture particolari del corpo, ecc) il  nostro stato di coscienza ci possiamo mettere in contatto con il mondo  preternaturale, con la Sapienza, cioè con la Conoscenza, che viene da un altro  'livello', un livello 'superiore'. 
            E cosa  potrebbe allora essere questo livello di ispirazione se non il 'livello' di  Dio?
            Ecco,  mentre il 'Pendolino' fugge via veloce, in un' atmosfera confortevole, fresca e  ovattata, e le immagini della campagna scorrono   rapide davanti al mio occhio che non le vede, penso pensoso a tutte  queste cose...e mi dico: perchè mai non  potrebbe Dio parlare veramente agli uomini per 'ispirazione'? Perchè no? 
          
            ***
          Rimango pensieroso a  riflettere su quest’ ultima frase e mi dico alla fin fine che l’ispirazione  di Dio mi convince di più dell’inconscio  collettivo, della coscienza  collettiva, del campo morfogenetico e della massa critica della … ‘centesima scimmia’.