128. Accetto...

 

Sto scrivendo questo libro e, più scrivo, più mi sento scuotere.
E' come se ogni giorno ricevessi delle 'picconate' che demoliscono quella statua della 'realtà' che mi ero creato dentro.
Giudico quello che scrivo una sorta di fatto 'intellettuale', forse anche culturale, speculativo, filosofico, quello che volete, ma mi rendo conto che esso - giorno per giorno - incide sulla mia corazza psicologica, la incrina, la smonta, ragionamento dopo ragionamento e, alla fine, ne trovo tutti i vari pezzi sparsi per terra, mentre rimango nudo!
E ora che fare? Rivado con il pensiero a quanto scritto qualche giorno fa, 19 marzo, S. Giuseppe, Festa del Papà.
Cosa dovrei fare? Dovrei fare il 'primo gradino' che mi veniva proposto, quello di 'accettare di soffrire con amore almeno le normali sofferenze che una vita normale mi impone' ...? E' una parola.
Come si svolgeva, in quel mio sogno iniziale, quel dialogo con la Luce? Quale era più il 'patto' che avevamo fatto?
Cerco di fare uno sforzo di memoria. Sì, ora ricordo...
Sognavo di partire per il Tibet, come molti fanno, per andare a cercare nelle foreste e sui monti, in un monastero tibetano, le risposte spirituali ai quesiti che la convulsa vita moderna non ci lascia neanche porre. Durante il percorso, durante la sosta in una caverna, durante il sonno, una Luce mi appare in sogno e mi parla:

Luce          : Chi sei?
Io              : Uno che cerca la Verità.
Luce          : Perchè rifiuti la mia?
Io              : Perchè non sa darmi risposte che convincano la mia
                     Ragione.
Luce          : Ma conosci tu veramente la mia Dottrina?
Io(incerto)   : Veramente no, ma quel poco che so non mi ha mai
                     convinto...
Luce          : E se Io ti convincessi, mi seguiresti e ti presteresti a
                     convincere quelli che sono come te?
Io              : Sì!
Luce          : Bene. Da adesso tu sarai il Catecumeno ed Io sarò il
                     tuo Maestro...

Rimango pensoso, pensoso.
Mi faccio un esame di coscienza.
Ora, sono 'convinto' o no?
Mi rispondo che, per quanto io continui a cavillare e tergiversare, non posso - onestamente - che dire di essere convinto, almeno intellettualmente.
Ma mi manca il coraggio. Ma quale coraggio, mi dico. In fin dei conti mi si chiede solo il coraggio di accettare di soffrire con amore le normali sofferenze che una vita normale impone.
Non chiedere sofferenze, non fare come la Valtorta o altri mistici come lei, ma  solo prendere quello che arriva, quello che comunque arriverebbe, e accettarlo, anzi 'offrirlo'. Quale è la differenza? Nessuna!
Nessuna? No, la differenza c'è, eccome se  la differenza c'è... e sta proprio  in quell' altra spiegazione ricevuta dopo per cui l'accettazione è una duplice sofferenza perchè ‘l'Io grida due volte: quando viene ferito nella 'carne' e quando impone a se stesso di accettare, offrendo’.
La differenza, poi, sta anche in questa mia difficoltà di abbandonarmi. Se mi abbandono, mi dico, sono nelle 'sue' mani. Chissà cosa farà di me... Io 'voglio' la mia umanità, la mia aggressività, voglio continuare ad essere 'violento' se mi provocano, non voglio farmi mettere i piedi in testa da nessuno.
Mettersi nelle mani di Dio significa lasciarsi trasformare, farsi modificare il proprio 'Io'. Il mio 'io' sono Io. E 'Io' non voglio cambiare, perdere la mia identità, morire a me stesso.
Ecco cosa mi fa paura :  la Morte!
Abbandonarmi significa accettare la morte del mio Io, morte lenta magari, come da veleno, ma sempre Morte. E dopo la morte di questo Io, cosa ci sarà?... Sento esplodermi dentro le mie ansie.
Ma possibile, mi dico, che non ci sia un modo più tranquillo, più 'normale', di essere cristiani? Cosa fanno gli altri?
Vivono tranquillamente, hanno moglie, figli, vanno in chiesa, pregano, sono contenti... Non sono cristiani forse? Non sono figli del Padre? Ed Io?
Perchè, Io, diversamente?
Mi blocco di colpo, fulminato. Rivado col pensiero al passato, al mio passato, sfoglio allora le prime pagine di questo libro, rileggo:

Luce:
Perchè te? e perchè non te? Cosa hai mai fatto nella tua vita per Me? Ti ho dato la vita. Di più, ti ho dato un' anima. Essa aveva la sua missione. Tu l' hai dimenticata. Sei cresciuto, hai vissuto, tutto hai avuto, tutto ciò che ti ha potuto rendere sereno, persino nel dolore, perchè Io ti ero presso. Io che ti assistevo. Io che ti seguivo. Io che ti rimettevo nella strada quando ne uscivi. Oh, quante volte ti sei disperso. Quante volte non mi hai riconosciuto.
Ho dovuto colpirti con il Dolore! 
Colpire te e la tua compagna, la compagna della tua vita, per salvare entrambi. Salvare ella con la morte, salvare te con la vita, perchè entrambi poteste guadagnare la vera Vita, quella eterna. Perchè te, dunque? Perchè te? Non ti senti in debito? Non hai sempre pensato che la vita è bella e non ha prezzo? E se questa vita non ha prezzo, quale sarà mai il prezzo dell' altra? Infinito, perchè essa è Vita, di gioia, infinita.
E allora te! E allora tu pagherai il tuo debito verso di Me, tu pagherai il tuo debito verso di Me pagando ancora il prezzo, per il tempo che ti manca. E spera che sia lungo, perchè tanto è il prezzo che devi pagare e che ti costerà questa fatica! Fatica relativa, in quanto fatica, prezzo grande - ma mai abbastanza... - perchè sarai pietra d' inciampo, come tutti i servi miei.
Ma come contro la mia Pietra non prevarranno le forze dell'Inferno, non prevarranno neanche contro quest'altra perchè Io non lo consentirò, perchè la pietra scartata sarà ancora una volta pietra d'angolo, tanto più solida quanto più bassa perchè l' umiltà, quella che Io voglio da te come da tutti, è la base della mia Dottrina, perchè senza umiltà non vi è Amore, perchè senza Amore non vi è Dio.
Resta dunque pietra bassa, bacia la terra dalla quale ti ho tratto, non alzare mai gli occhi della mente ma solo quelli dello spirito, perchè in realtà, finchè tu sarai umile, Io non sarò quassù, ma laggiù, dentro di te. E tenendo basso lo sguardo, guardandoti dentro, chiamandomi, incontrerai il mio sguardo che ti trarrà a Me...

Rifletto... piango. Piango amaramente, alzo lo sguardo e dico: 'Accetto'.

Dico che accetto elevando mentalmente una preghiera al Padre, allo Spirito Santo, al Figlio.
Mi spaventa l'idea della mia debolezza, la paura di venir meno a questo impegno. Chiedo l' aiuto di Maria SS. e del mio Angelo Custode perchè mi fortifichino, e mi illuminino, e sopratutto non mi lascino diventare uno spergiuro...
Mi rigiro fra le mani un libro della Valtorta, chiuso. Sono i ‘Quaderni del  '43’ che stavo rileggendo...
Piangendo, quasi a cercare inconsciamente una lettura di consolazione, lo apro a caso.
E' un 'dettato' alla Mistica del 24.11.43 in cui - dopo aver rivolto una sorta di invettiva agli uomini, creature colpevoli ed ingrate davanti al miracolo d' amore costituito dalla incarnazione di Gesù per redimere e salvare il genere umano - il Padre conclude con le seguenti parole sulle quali m' era caduto l' occhio:

"... Ma voi non tutti siete dei lebbrosi e degli insatanassati. Fra voi, rari come perle nel seno delle ostriche, sono i fedeli di mio Figlio e miei. Ad essi dico: "Rimaneteci fedeli ed Io vi giuro che sarò con voi. Siate i banditori del mio Verbo e i testimoni della Giustizia, della Misericordia, della Santità nostra. In questa vita ci avrete vicino e nell'altra ci sarete vicini e vedrete le opere della Divinità. Quando Colui a cui ho deferito ogni giudizio verrà a dividere la messe dal loglio e a benedire gli agnelli maledicendo gli aspidi e gli arieti, voi sarete intorno a Lui, ruote di luce festante intorno alla Luce tremenda e regale della Divinità incarnata. Voi sarete il nuovo popolo di Dio, il popolo eterno su cui il mio benedetto e santissimo Figlio regnerà, e ne annunzierete alle stelle e ai pianeti le lodi poichè ciò che è stato fatto fu fatto per fare trono alla Vittima, all'Eroe, al Santo su cui non è macchia e su cui posa la compiacenza del Padre, e astri e pianeti devono, nell'ora del suo trionfo, fare tappeto di gemme al Re del mondo che passa seguito dal suo corteo di santi per entrare nella Gerusalemme eterna, quando avrà avuto termine questa vicenda della creazione con la distruzione della Terra e il Giudizio delle Genti ".

Rimango a fissare con lo sguardo vuoto questa pagina, e piango, piango su me stesso, o meglio, sulla mia 'umanità'...